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Autore: Fanny Jumping Sparrow    29/05/2020    2 recensioni
Il malvagio ed affascinante Capitan Vegeta ha un cuore nero come gli abissi, è vittima di una maledizione e con la sua nave Bloody Wench semina morte e terrore per i sette mari; la bella e intrepida Bulma Brief è una coraggiosa avventuriera con l'umore mutevole come la marea che nasconde un singolare segreto. Entrambi attraversano gli oceani alla caccia dello stesso tesoro: le magiche sfere del Drago. Il giovane tenente di vascello Son Goku, fresco di accademia ed amico d'infanzia della ragazza, riceve l'incarico di catturare i due fuorilegge, che nel frattempo hanno stretto una difficile alleanza, e consegnarli al capestro...
Personale rivisitazione in chiave piratesca del celebre anime su suggerimento della navigata axa 22 (alla quale questa storia è dedicata;) e della mia contorta immaginazione. Possibili numerose citazioni e riferimenti ad opere letterarie e cinematografiche esterne. Gli aggiornamenti saranno dettati dalle capricciose onde dell'ispirazione. BUONA LETTURA! Se osate...
Quella tonalità era insolita, appariscente, innaturale. Non umana.
Contenne uno spasmo di eccitazione. “Troppa grazia”, obiettò pessimisticamente.
Aveva dato la caccia ad un colore simile innumerevoli notti, sondando bramoso il blu profondo.
Troppo facile, troppo assurdo che l’avesse proprio lei.

*CAPITOLI FINALI IN LAVORAZIONE*
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Freezer, Goku, Vegeta | Coppie: 18/Crilin, Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti ^_^
Eccomi, come promesso, con un nuovo capitolo di questa lunga avventura!
Prima di cominciare a scrivere, questo capitolo avrebbe dovuto includere la tanto attesa "svolta" che chi ha seguito questa storia sta aspettando da parecchio tempo! :D
Ma, volendo concentrarmi sull'azione, mi sono resa conto che stavo sforando la lunghezza prefissata e così vi toccherà attendere ancora un pochino :)
Intanto spero che la chiusura che ho scelto vi lasci un po' sulle spine!XD

Ringrazio come sempre quanti leggono, seguono e lasciano like, chi si affaccia a sbirciare e chi ha avuto o avrà il coraggio di imbarcarsi nella lettura. La vostra presenza, anche silenziosa, mi stimola a continuare ^.^
Al prossimo approdo!)


XXX: CAUGHT IN THE TRAP

Una miriade di isolotti puntellavano le calde acque cristalline dei mari orientali, come meteoriti cadute dal cielo in un’epoca arcaica, senza alcun ordine né scopo. In maggioranza si trattava di ammassi rocciosi o sabbiosi, inospitali per la sterilità e la scarsa estensione del suolo, che erano perciò rimasti inabitati, non fornendo alcun appoggio o risorsa di rilievo per l’impiantarsi di una civiltà stabile.
Al contrario, il Regno dei Diamanti Blu, benedetto dalla ricchezza di minerali e terreni fertili, si diceva avesse una popolazione in grado di competere con quella di un pullulante formicaio, sebbene, col passare dei decenni e l’impoverirsi dei giacimenti e degli scambi commerciali, molti abitanti avessero abbandonato quella località così piccola e remota.
Una fitta foschia aleggiava tra i massicci faraglioni che, al pari di insormontabili guardiani di pietra, proteggevano i confini di quel recondito reame sorto su di un arcipelago separato dal resto del mondo frequentato e conosciuto. Le rocce calcaree, che sotto i raggi del sole spandevano riflessi quasi accecanti, erano intarsiate da una capillare venatura di scisto blu che conferiva a quelle scogliere il sembiante di una corona di diamanti purissimi, rendendo facilmente comprensibile le origini di quel nome.
Sembrava quasi un luogo irreale, fluttuante tra cielo e mare.
La sua fulminea comparsa, avvenuta dopo una serie di giorni trascorsi a contemplare quella desolante vastità salata, ridestò e sbalordì gli animi assopiti dei pirati, causando scompiglio ed euforia.
Capitan Vegeta era stato piuttosto restio a dar credito ai testimoni che avevano potuto interpellare durante il loro approssimarsi alla meta. Ben sapeva che i racconti che viaggiavano di bocca in bocca erano spesso tendenziosi, filtrati dalla rielaborazione personale di ciascun narratore, e, nel caso provenissero da avventori di taverna, erano quasi sempre annaffiati anche da una buona quantità d’alcol o storpiati dalla diffusa tendenza dei marinai all’esagerazione e a manie di protagonismo. Ciò nonostante era consapevole che anche il minimo errore di valutazione avrebbe potuto irrimediabilmente compromettere i suoi scrupolosi piani.
La Bloody Wench avanzava come uno squalo a caccia tra quella corolla di scogli adamantini, accerchiati da una cortina di nebbia che ne confondeva le forme e i contorni.
Per quel motivo, oltre ad aver imbracciato personalmente il timone, aveva predisposto di far misurare con uno scandaglio i fondali che andavano solcando, per evitare il rischio di incappare in qualche secca in cui si sarebbero potuti arenare. Aveva sentito raccontare anche che fosse così che l’autoproclamatosi imperatore di quell’infimo regno si fosse arricchito: depredando i carichi di navi affondate nel tentativo di penetrare in quel gorgo quasi inaccessibile.
Un flebile alito di vento umido e afoso spirava tra quegli stretti, quel tanto da portare le vele a gonfiarsi senza però riuscire a spostare con sufficiente velocità il considerevole peso del pur agile galeone. Perciò era stato necessario supplire con quel nuovo marchingegno rotante, che in quella circostanza si era rivelato di un’utilità davvero indispensabile.
Lo sguardo accigliato di Vegeta ricercò quasi inconsciamente la figura della stravagante femmina di cui forse era diventato, contro ogni previsione, addirittura alleato.
Da che aveva memoria e consapevolezza di sé, era sempre stato abituato a ordinare, non a condividere. Eppure da quando l’aveva conosciuta, con suo gran rammarico e disgusto, stava quasi cominciando a riconsiderare la sua visione cinica, egoista e opportunista.
Al di sotto di un’esotica e spudorata avvenenza, quella creatura serbava una volontà difficile da piegare. Aveva una scorza dura quanto la sua e, seppure donna, era qualcuno con cui poter discutere alla pari.
Dal loro approssimarsi a quei canali perniciosi e atri, però, non aveva più emesso un fiato e, riservandole una lunga e furtiva occhiata di sghembo, gli sembrò insolitamente nervosa. Mentre si spostava da una fiancata all’altra della nave, le suole dei suoi alti stivali di cuoio sfioravano appena le assi del ponte, quasi volesse produrre il minimo udibile scalpiccio, e non aveva smesso per un istante di controllare col suo binocolo ogni anfratto riconoscibile nelle pareti irregolari di quella falesia. Non capiva cosa mai potesse spaventarla tanto, incosciente e incauta come si era dimostrata di essere, ma neanche lo allettava darle adito di imbastire una discussione infinita, se solo avesse azzardato a domandarglielo.
Avvertiva anche lui che qualcosa o qualcuno li stesse spiando, tuttavia era più impensierito dall’atteggiamento di sfida assunto da qualche giorno da Nappa e Radish. Li aveva sorpresi di tanto in tanto a confabulare tra loro e a lanciargli sogghigni ambigui, al punto che aveva cominciato a ipotizzare che quegli ingrati stessero complottando per spodestarlo.
Il turbinare dei suoi frustranti grattacapi interiori fu spezzato dal richiamo esagitato di un marinaio che, ritirata la sagola graduata, comunicò loro la nuova misurazione della ridotta profondità toccata in quel momento.
- Continuando ad addentrarci in questa fottuta gola, rischieremo di rimanere incagliati! – sputacchiò aspramente il quartiermastro, attirandosi il suo sguardo incollerito.
Stava perdendo il suo ascendente su di loro, proprio ora che erano così vicini a conquistare l’ultimo pezzo del tesoro, sebbene, per vincere del tutto, presto avrebbe dovuto fare i conti anche con Freezer. Vegeta serrò rabbiosamente le dita sulle maniglie del timone, ma preferì non rispondere a quella futile provocazione, imponendosi di mantenere i nervi saldi e la mente lucida.
Pochi minuti più tardi, calato nuovamente il piombo a fondo, lo scandaglio questa volta raggiunse una profondità maggiore, rassicurando blandamente la ciurma, poiché la chiglia continuava ad urtare ripetutamente contro ostacoli sottomarini, e quello scricchiolare stava diventando un suono sinistro e foriero di cattive previsioni.
Sviata da una nuova incalzante preoccupazione, Bulma riappese al collo lo strumento ottico, col quale non era riuscita ad individuare nulla di particolarmente significativo o allarmante. Si adagiò sulla convinzione che quei temuti quanto misteriosi esseri, presumibilmente volanti, citati nell’enigma decifrato nelle Carte del Supremo, potessero essere semplicemente dei rapaci, oppure pipistrelli pescatori, animali innocui che vivevano in luoghi lagunari e che nel peggiore dei casi si cibavano di pesci o granchi.
Ciò che invece la assillava era una sensazione da cui raramente la sua inguaribile testardaggine si permetteva di essere soggiogata. Cominciava a dubitare di aver sbagliato qualcosa. Più precisamente di aver sbagliato ad interpretare alcune parole di quel fuorviante indovinello.
- E se “tramonto” non si riferisse ad un momento del giorno, quanto piuttosto ad un punto cardinale? – tartagliò con una vocina appena udibile, ben diversa dal suo solito tono deciso e squillante.
Il Capitano la fissò, più interdetto che irritato, e a lei parve di riuscire a sentire i muti interrogativi che lo stavano rimescolando, nel riesaminare le sue smozzicate parole.
Radish le si addossò, aggredendola verbalmente: - Cosa vorresti dire? Che saremmo dovuti entrare dal lato opposto?
- Ci avete condannato! – gli fece eco un altrettanto polemico Nappa, non esimendosi di rivolgere quell’accusa parimenti al Capitano, il quale restava trincerato nella sua inquietante e impassibile fissità, che tuttavia poteva celare un subitaneo rovesciamento della situazione.
Bulma aveva stretto le palpebre e si era parata le braccia davanti, temendo l’inizio di una feroce zuffa tra quei bricconi, in cui inevitabilmente sarebbe rimasta coinvolta anche lei.
Capitan Vegeta impugnò contemporaneamente sciabola e pistola: - Menagrami che non siete altro! Tappatevi quelle cloache e cercate di restare concentrati – linciò con intransigenza i sottoposti, per poi aggiungere in un sussurro sibillino, guardandosi torvamente attorno – Ci osservano.
Senza abbassare le armi affilate e scintillanti si spostò al centro della tolda, mentre un palpito di agitazione percorreva i tendini degli altri bucanieri, che ammutolirono scrutando anche loro quelle cavità ramificate nei costoni pietrosi, che ora, essendo avvolte da ombre vaghe, parevano grotte senza fondo da cui avrebbero potuto traboccare ineluttabilmente tutti i demoni confinati nell’inferno.
Ugualmente scossa dall’inafferrabile sensazione di una minaccia imminente, la Brief si sentì come calamitata dalla necessità di rifugiarsi dietro le spalle nerborute del suo collega, ma non arrivò a compiere che un paio di passi nella sua direzione, prima che il serpeggiare di quel silenzio denso e pesante venisse squarciato dalla deflagrazione a salve di un cannone, il cui rombo echeggiò tetro tra i versanti di quella muraglia rocciosa.
Tutti gli occhi si appiccarono, accusatori e furenti, su di lei che era appena passata accanto a quell’obice: - Non è possibile che il colpo sia partito da solo! Io non ho toccato niente! – si discolpò con fervore, sventolando le mani libere, a riprova della sua innocenza – Ho finito di collaudare e revisionare ogni singolo falconetto e archibugio, proprio ieri! – puntualizzò a scanso di equivoci, cercando l’appoggio del Capitano per avvalorare quell’asserzione e respingere le nascenti calunnie nei suoi riguardi.
Qualsiasi discussione morì sul nascere.
Un frusciante frinire, simile a un rapido batter d’ali, si abbatté fugace sulle loro teste e l’urlo straziato della vedetta lacerò l’aria, diventando sempre più distante e strozzato.
Nessuno riuscì a cogliere cosa fosse accaduto di preciso, ognuno si affidò ai propri sensi e riflessi, oltre che alle proprie armi, poco prima che scoppiasse il pandemonio.
Come uno sciame impazzito disturbato dall’intromissione di un predatore, un’orda di grossi volatili dalla pelliccia fulva e il muso zannuto si riversò fuori dagli antri occultati tra le pareti cavernose, sfrecciando freneticamente attorno alla Bloody Wench e prendendola in ostaggio insieme a tutti coloro che vi si trovavano a bordo.
- Ecco, lo sapevo! È l’alato flagello! – strillò istericamente Bulma, correndo a nascondersi sotto le scalette del cassero, impallidita e terrorizzata. Da lì continuò a sbirciare quelle mostruose bestie volanti, che di certo non erano ancora state inserite in alcun compendio di zoologia. Sembravano un orripilante incrocio tra vampiri troppo cresciuti e scimmie carnivore, con enormi ali, iridi rotonde e vermiglie e denti tremendamente aguzzi.
Ed erano maledettamente affamati.
Lanciando versi striduli e acuti che ferivano i timpani e stordivano le percezioni, cominciarono a gettarsi in picchiata sugli uomini, cercando di ghermirli tra i robusti artigli o direttamente nelle fauci, venendo respinti alla meno peggio con colpi di lama e di schioppo, ma lo scontro era impari e  l’orrido stormo, anziché disperdersi, divenne sempre più numeroso e compatto.
- Siamo spacciati! – sentenziarono alcuni, chi tuffandosi in acqua e chi rifugiandosi sottocoperta, mentre il panico si diffondeva a macchia d’olio.
Capitan Vegeta, appollaiato su di una sartia, la sciabola già imbrattata e la pistola fumante, inveì severamente contro i suoi sfiduciati compagni: - Branco di molluschi! Piantatela di crogiolarvi nella commiserazione! Datevi da fare, se non volete trasformarvi in esche vive! – criticò il loro intollerabile disfattismo – Ai posti di combattimento! Preparate le bombe incendiarie! – si spolmonò per essere udito al di sopra di tutto quel putiferio, esplodendo poi un proiettile per difendersi dal rapido attacco di una di quelle bestie che gli era piombata addosso, quasi silenziosa nel clamore predominante.
In un vortice di urla e garriti, polvere e sangue, Nappa, Radish e un altro gruppetto di intrepidi si affrettarono a raggiungere i mortai, caricandoli, così come aveva impartito il Capitano, con palle di ferro riempite con una miscela di carbone, salnitro e solfuro, tentando di abbattere quanti più volatili possibili, ma, superato lo spavento, essi affinavano la tecnica di assalto, riuscendo a schivare velocemente quelle lente raffiche e a trovare delle brecce per avventarsi su quelle che per loro erano diventate succulente prede.
Bulma, che aveva continuato a guardare dal suo nascondiglio improvvisato quei combattimenti indiavolati, si accorse allora di una situazione sconcertante: in quel parapiglia tutti si erano mobilitati a combattere per salvarsi la pelle e il timone era rimasto privo di nocchiere. Il veliero stava procedendo per inerzia, e nonostante l’alleggerimento cui era stata sottoposta la stiva, aveva ripreso a raschiare su quel fondale insidioso, sbandando contro le sponde frastagliate delle falesie.
Uno stridente concerto di pallottole e lame imperversava senza tregua, pezzi di corpi maciullati si infrangevano sul ponte, che stava diventando viscido e carminio.
La turchina consultò freneticamente le Carte, alla disperata ricerca di qualche altro indizio sul come poter contrastare le bestiali sentinelle che stavano impedendo loro di proseguire indenni. Lesse e rilesse ogni scrittura indicata dalla lancetta della bussola, appurando che disgraziatamente non era comparsa null’altra indicazione da che si erano inoltrati lì.
Anche se l’istinto di conservazione le suggeriva di rimanere al sicuro, la sua coscienza le imponeva di dare il suo contributo, perciò racimolò quella stessa irragionevolezza che l’aveva condotta ad imbarcarsi su quel vascello, e procedette zigzagando a saltelli fino ad afferrare la ruota timoniera, pregando di non attirare l’attenzione di quelle voraci creature.
- Controbracciare e appoggiare la barra tutta! – ordinò proprio in quell’istante Capitan Vegeta, spostandosi in volo da una cima all’altra per cercare di seminare gli aggressivi volatili che lo braccavano, colpendoli con le granate di cui si era guarnita la fusciacca.
- Sì, Capitano!
Si sentì rispondere prontamente dall’inconfondibile ugola della piratessa, che solo allora notò essersi appropriata del comando della sua nave, incurante delle conseguenze nell’essersi così esposta al pericolo.
Avrebbe voluto urlarle qualcosa di stupido e potenzialmente compromettente come “Mettetevi al riparo, mi servite tutta intera!”, ma si trattenne, dovendo prendere la mira per tirare una pugnalata proprio a uno di quei mostri volanti che minacciava di acciuffarlo.
La Bloody Wench intanto virò in prua, portandosi a prendere il vento necessario a circumnavigare un faraglione solitario, contro cui alcuni di quei flagelli alati, sospinti dalla forsennata foga di inseguirli, andarono invece a sfracellarsi. 
Con quella collisione a Vegeta sfuggì l’appiglio, finendo per cozzare violentemente sulla plancia. Ricadde sull’addome, urtando anche i gomiti e le ginocchia, i polmoni faticarono ad espandersi per incamerare ossigeno, traumatizzati dal forte impatto e intossicati dalla polvere pirica, così che la sua vista si appannò per qualche secondo, finché non distinse una figura minuta corrergli incontro, chinandosi su di lui, stravolta e affannata: - Cercate di non farvi ammazzare, mi servite tutto intero! – lo rimbrottò sfiorandogli l’orecchio, sardonica ma intimamente preoccupata, mettendogli un esile braccio sotto il petto per aiutarlo a rigirarsi sulla schiena e a rialzarsi.
Un assordante strillo in rapido avvicinamento lo fece rinvenire del tutto. La mano destra si allungò di scatto a impugnare lo spadino che pendeva sul fianco della donna, scrollandola da sé con una spallata, poi, con un formidabile colpo di reni, saltò in piedi, si scagliò sul feroce demone alato e gli tagliò di netto la gola, facendone schizzare fuori un fluido viscoso e violaceo.
Dopo l’uccisione di quell’enorme esemplare, che forse era una sorta di capobranco, il nugolo infernale si elevò vorticando e per alcuni minuti parve allontanarsi da loro, ma l’atmosfera continuava ad essere pervasa dalle vibrazioni prodotte dai loro striduli richiami e dal brusio incessante delle loro grandi ali.
- Quei dannatissimi ahool1 non sono ancora sazi. Si preparano a sferrare l’attacco finale – ruggì lapidario Vegeta, sputacchiando e strigliandosi i vestiti impiastricciati, esternando il timore degli uomini che, feriti e allo stremo, attendevano di scoprire la sua prossima mossa, malgrado perseverare in quell’intento sembrasse ormai più che altro un suicidio, deliberato e dissennato.
- Capsule esplosive, bolle incendiarie e stelle volanti sono più adatte a scontri ravvicinati – parlò con moderata sollecitudine Bulma, riferendosi alle speciali armi che si era portata dietro dal suo brigantino, proprio in previsione di un loro provvidenziale futuro utilizzo in circostanze simili.
Le dita del bucaniere tamburellarono per qualche secondo sui bicipiti che aveva incrociato al petto, rimanendo assorto a studiare una qualche strategia da mettere in atto per uscire da quella sgradevole impasse che già gli stava facendo perdere tempo prezioso.
Finora soltanto la metà di quei mostri era stata neutralizzata e il terribile attacco aereo non accennava a scemare con metodi tradizionali.
Si avvide che la piratessa teneva ancora con sé le Carte e, folgorato da una repentina intuizione, gliele strappò dalle mani, scorrendo gli occhi sulla riga che gli interessava rileggere: - Non c’è bisogno di niente di tutto ciò – confutò con un sorriso scaltro, picchiettandovi l’indice affinché anche lei potesse comprendere quale locuzione sbrogliasse tutta quella matassa di congetture su cui si erano lambiccati per giorni.
- Ma certo! “A ritroso2! – intuì difatti istantaneamente la Brief, carezzandolo con uno sguardo ammirato e raggiante.
Gli altri rimasero perplessi, in attesa di delucidazioni, pur non osando intromettersi a spezzare la gomena invisibile che sembrava essersi intrecciata tra i due capitani, accomunati da un’identica propensione a sfidare la sorte con la loro scaltrezza e audacia.
Al riecheggiare di acuti stridii e alla ricomparsa di sagome scure tra le nuvole, Capitan Vegeta capì che doveva ragionare e agire in fretta. Restituì burberamente le carte alla collega, aizzando i suoi: - Sistemate tutte le catapulte con le reti a poppa e a prua! Faremo cadere in trappola quel che resta di quei dannati obbrobri e così li stermineremo una volta per tutte!
- Ben detto! Voi badate all’artiglieria. Qui ci penso io! – approvò di rimando Bulma, la chioma azzurra che svolazzava libera e ribelle mentre si apprestava a manovrare con ostentata sicurezza di sé la ruota timoniera.
Il suo ardire e la sua bellezza folgorante lo contrariarono in maniera prepotente e viscerale: - Non esiste! Ve lo proibisco! – si oppose categorico, catapultandosi ad agguantare le maniglie; era un insulto che il suo galeone potesse essere governato da una donna.
Quella sbatté le ciglia, provocante e civettuola: - Orsù, non preoccupatevi per me. Me la cavo egregiamente, a differenza dei vostri scagnozzi – lo bacchettò sfrontata, ammiccando al pandemonio che stava scatenandosi tutto attorno.
Era una situazione paradossale. Pur trafitto dalla tremenda voglia di mozzarle la lingua con i suoi stessi denti, si limitò a ringhiarle contro e mollò la presa, rigettandosi in quella mischia strepitante per dare manforte e soprattutto un ordine razionale a quelle operazioni tanto precipitose quanto infruttuose.
- Brutti babbei! Non sparpagliatevi e non restate in mezzo! Dobbiamo far sì che finiscano dritti dentro le nasse! – li incitò pressante, recuperando un fucile da un cadavere, e sventando il primo tentativo di incursione da parte di una di quelle bestie, centrandola in volo. Compiendo una rapida gincana, andò ad abbarbicarsi sul bompresso, impartendo agli uomini di concentrarsi alle due estremità opposte della nave, così che anche gli attacchi dei mostri volanti si sarebbero concentrati in due soli punti.
Il flagello alato formò una spirale di morte, roteando e muovendosi come un unico corpo per sfondare con maggiore impeto quella grandinata di proiettili, che erano scagliati ad un ritmo già memorizzato. Bulma, che intanto aveva ottenuto l’appoggio di un paio di marinai per dirigere le vele, seguiva con spasmodica trepidazione le gesta spericolate del suo alleato. In perfetto equilibrio su quell’asta traversa, le pupille in febbrile osservazione dello spazio sopra di sé, teneva il braccio destro sollevato e perpendicolare al corpo, stringendo unicamente la sua sciabola. Non avrebbe saputo dire se il suo fosse coraggio o presunzione, ma di certo quella sua mente furba e strategica l’attizzava dannatamente.
- Catapulte in posizione, signore! – annunciò impaziente Radish.
Il braccio del Capitano si abbassò e, in una sequenza di gesti calibrati e inesorabili, tutti i verricelli furono attivati, sparando nell’aria delle grandi reti metalliche che si avvolsero sulle minacciose creature, tarpandone le ali. L’imboccatura era stata in precedenza opportunamente modificata, così che più prede entravano, più le maglie si restringevano e per loro non c’era più alcuna possibilità di fuga.
I bucanieri esultarono alla riuscita del trabocchetto, mentre Capitan Vegeta non lasciò trapelare alcuna soddisfazione. Quei nemici erano solo denti, muscoli e istinto predatorio, tutto sommato facili da ingannare. Stava per ordinare di innescare i cannoni, quando d’un tratto accadde qualcosa d’inaspettato.
Benché fossero ingabbiati in quelle reti asfissianti, con il loro continuo strepitare e dibattersi, gli ahool riuscirono a deformare le tramature e insistendo a muovere le loro robuste ali divennero come abnormi aquiloni, cominciando a sollevare gradualmente il vascello sul pelo dell’acqua.
Il terrore e lo sconforto attanagliarono anche i cuori più intrepidi.
- Che accidenti state aspettando, fottuti smidollati? Fuoco dannazione! Fuoco a iosa! Bruciateli tutti! – imprecò Capitan Vegeta, saltando giù dal buttafuori e provvedendo lui stesso ad accendere il primo stoppino.
Il colpo andò a segno, brandelli di carne sanguinolenta e bruciacchiata piovvero sul ponte, altre raffiche esplosero, innescando un’autentica carneficina, ma mentre si godeva quel cruento spettacolo delle grinfie bitorzolute lo abbrancarono, trascinandolo via, sempre più in alto.

ahool
1 Questa volta ho voluto attingere ad una delle tante specie di criptidi, ovvero animali di cui si hanno racconti e testimonianze ma la cui reale esistenza non è mai stata provata dalla scienza. Nello specifico gli ahool sono pseudo vampiri giganti che si dice vengano avvistati nella giungla Indonesiana. Ho pensato che Vegeta ne avesse sentito parlare e riconoscendoli e li chiamasse perciò con il loro nome.

2 Il termine ritroso indica la ripiegatura in dentro che vien fatta alla bocca di alcuni arnesi (di rete metallica o di vimini) da pesca e da caccia, in modo che la preda, una volta entrata, non possa più uscire.
   
 
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