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Autore: Juliet_Stories    29/05/2020    0 recensioni
Quando l'obiettivo è la salvezza del mondo e il fallimento la sua distruzione, cosa si è disposti a rischiare? Quante vite, quanto dolore? Anche se solo all'inizio del suo viaggio, Katie deve già imparare una dura lezione di vita. Costretta a farsi carico di un ruolo, quello della Prescelta, che non ha mai voluto, dovrà lottare con le unghie e con i denti contro nemici agguerriti e anche contro sè stessa. Sorretta da compagni di viaggio alquanto insoliti, si troverà a viaggiare nel tempo, fino al Medioevo, facendosi strada in mezzo a battaglie sanguinose e trappole oscure e crudeli. Un viaggio difficile, con un'alba tinta di rosso e fosche nubi all'orizzonte.
“Stava piangendo. I fantasmi delle sue vittime lo tormentavano e non riusciva a perdonarsi il fatto di aver spento tutte quelle vite, di aver spazzato via tutte le loro speranze... Me ne andai perché non avrei saputo cosa dirgli, come consolarlo. Non avevo risposte alle sue domande. I fantasmi che lo torturavano erano gli stessi che popolavano i miei incubi, il suo tormento uguale a quello che non mi faceva dormire la notte…”
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 4
Quando il destino chiama
 
Era un pomeriggio soleggiato, rinfrescato da una leggera brezza, e le nuvole nere del temporale erano solo un ricordo.
Katie osservava la vallata dal balcone della sua camera, assaporando la tranquillità di quel momento. Non ricordava molto di ciò che era successo la notte prima nel bosco, quasi come se la sua mente avesse voluto rimuovere quell’esperienza dalla sua memoria. Alla fine erano riusciti a fuggire e avrebbe dovuto esserne contenta, ma aveva troppi pensieri per la testa per riuscire a godersi quella piccola vittoria. I suoi genitori, i suoi incubi e anche il simpatico vecchietto che si era preso cura di loro in quei giorni.
Si appoggiò al balcone, pensierosa. Quel nuovo incontro le aveva dato molto su cui riflettere; Arkel sembrava una brava persona, gentile e premurosa, ma le ultime esperienze l’avevano resa cauta verso gli sconosciuti. Dopotutto non molto tempo prima qualcuno aveva già cercato di uccidere Lyer e rapire lei, per cui non si sentiva molto ben disposta, almeno non in quel momento. Eppure Lyer si fidava di lui e l’aveva affidata alle sue cure dopo aver rischiato la vita per proteggerla; inoltre, sin dal primo momento in cui l’aveva sentito parlare, aveva riconosciuto quella voce, la stessa che aveva tentato di avvisarli nel bosco, e proprio allora aveva deciso di concedergli il beneficio del dubbio, almeno momentaneamente. Quello che ancora non sapeva però era perché quell’Eledier avesse tentato di rapirla; non aveva dubbi che Arkel fosse in grado di spiegarle cosa stava succedendo, ma quando aveva tentato di chiedergli qualcosa sull’orologio, la timidezza aveva avuto la meglio e lei era rimasta in silenzio.
Arkel, ne era certa, sapeva cosa la tormentava, eppure stranamente non aveva ancora accennato a ciò che l’aveva condotta da lui, quasi evitasse di proposito l’argomento. Forse voleva darle un po’ di tempo per riprendersi, dopo tutto ciò che aveva vissuto in soli due giorni, o forse l’aveva fatto per permettere a Lyer, ancora ferito dallo scontro con Eledier, di recuperare, per quanto possibile, le forze; entrambi comunque sapevano che quella parvenza di normalità non sarebbe durata a lungo. Perciò Katie non era rimasta sorpresa quando, quel pomeriggio, Arkel l’aveva avvicinata in giardino, un’espressione molto seria sul volto.
“Mi dispiace essere un po’ brusco, Katie, ma è arrivato il momento di parlare. Speravo di poterti dare un po’ più di tempo per riprenderti, ma visti gli ultimi avvenimenti sono costretto ad accelerare i tempi. Ora ho ancora alcune faccende da sbrigare, ma tra poco sarò libero; nel frattempo vai pure nella tua stanza, manderò qualcuno a chiamarti.”
Lei aveva annuito ed era andata in camera sua, assillata da mille pensieri, e ora era lì, in attesa; presto avrebbe finalmente saputo la verità. Ne era sollevata? Non lo sapeva ancora.
Cominciò a camminare in tondo, agitata. Quanto sapeva Arkel? Molto, almeno da quanto aveva lasciato trapelare. Eppure c’era qualcosa, in quella situazione, che ancora non le tornava. Lei era riuscita a collegare l’orologio all’incidente, all’Ombra insaziabile che ne era stata la causa. Anche Arkel sapeva di quel legame? Poteva sapere qualcosa sull’incidente, qualcosa che l’avrebbe finalmente aiutata a scoprire tutta la verità?
Si accasciò accanto alla finestra, senza una risposta, il viso rivolto verso la brezza leggera che le accarezzava la pelle. Si sentiva stanca. Erano accadute troppe cose strane tutte insieme perchè lei avesse avuto il tempo di accettarle tutte; ormai in testa sentiva solo un’enorme confusione e le sembrava di non riuscire a ragionare lucidamente. Chiuse gli occhi, cercando di riflettere. Quanto avrebbe potuto dire ad Arkel? Non gli avrebbe raccontato dei suoi incubi, ma l’Ombra? Lui doveva saperlo o era meglio che restasse un segreto ancora per un po’? E in fondo, cos’era? Solo un sogno...
La macchina correva veloce, cercando di sfuggire al buio che lentamente incombeva su di loro. Katie poteva sentire distintamente la voce spaventata di suo padre, ma poi sentì anche un altro suono, agghiacciante, come quello di due pezzi di metallo che si scontravano l'uno contro l'altro. Fu solo quando l’Ombra li circondò, affamata, che lei capì all’improvviso cosa fosse. Una risata, maligna, crudele... e, nell’oscurità, un brillio, l’ultimo segno prima dell’attacco. La macchina cominciò a sbandare, ad andare fuori strada. Stavano puntando contro gli alberi, ormai erano vicini, vicinissimi...
“NO!!”
Katie si svegliò di colpo, urlando, il respiro affannoso. Gli ultimi ricordi le danzavano ancora davanti agli occhi, imprigionandola in una verità a cui non voleva credere. Si strinse le braccia attorno alle gambe, tremando. Quel brillio... No, non poteva sbagliarsi. Quelli erano occhi.
Si raggomitolò ancora di più su sé stessa, cercando un riparo, un luogo in cui sentirsi al sicuro. Come poteva riuscire ad allontanarsi da qualcosa che era dentro di lei, che non la abbandonava nemmeno un istante? Non aveva via di fuga, non aveva angoli in cui nascondersi. Quell’incubo era sempre lì, davanti a lei, pronto ad aggredirla di nuovo non appena avesse abbassato la guardia, non appena si fosse addormentata…
Rabbrividì. Quell’Ombra l’avrebbe perseguitata per tutta la vita, durante il giorno con il suo ricordo e nella notte con la sua presenza. Di fronte a quell’essere lei era indifesa, inerme, proprio come la bambina che era un tempo, seduta, ignara di tutto, sul seggiolino di un’auto in corsa…
Scosse la testa, il respiro affannoso. Sentiva ancora quella risata che le rimbombava nelle orecchie, rivedeva nitidi davanti a sé quegli occhi di ghiaccio, quello sguardo insaziabile. Come era possibile che quella cosa fosse umana?
Un colpo improvviso alla porta la fece sobbalzare, facendola quasi gridare di nuovo dallo spavento.
“Katie?”
Lei si asciugò in fretta le lacrime, cercando di ricomporsi e di ritrovare la voce.
“L-Lyer?”
“Katie, va tutto bene? Ti sento strana.”
La ragazza chiuse gli occhi, tormentandosi le mani, ancora agitata.
“No, va tutto bene. Ti ha mandato Arkel?”
“Sì. Vieni, ti faccio strada.”
“Oh d’accordo, io… arrivo subito.”
“Fai in fretta, ti aspetto qui fuori.”
Katie annuì automaticamente, cercando di controllare il tremore. Né Lyer né Arkel avrebbero dovuto vederla in quello stato, nessuno avrebbe dovuto sapere. Era il momento di controllarsi e di mettere da parte i suoi incubi; li avrebbe affrontati da sola una volta trovato il tempo, ne era certa.
“Katie?”
Strinse la presa sulla maniglia, prendendo un bel respiro. Non poteva più tornare indietro.
 
*
Seduta sullo spazioso divano dello studio, Katie attendeva l’arrivo di Arkel. Lyer l’aveva lasciata lì per andare a raggiungerlo, ma era già passata mezz’ora e ancora non si vedeva nessuno.
Sospirò, sprofondando un po’ di più tra i cuscini e studiando per l’ennesima volta la stanza, unica sua occupazione mentre stava lì ad aspettare. Era grande per essere uno studio e, come aveva immaginato, l’elemento di spicco dell’intero arredamento era una grande libreria, ricolma di volumi di ogni genere.
La ragazza si alzò, stiracchiandosi, poi si avvicinò ad osservarla. Molti di quei libri erano di dimensioni enormi e vista la loro usura era chiaro che erano stati letti molte volte.
Si avvicinò ancora, incuriosita, sfiorandone con la punta delle dita i dorsi sfilacciati. Ci sarebbe voluta un’eternità per leggere tutto e a quel pensiero le sfuggì un sorriso. Da quando era arrivata e aveva iniziato a conoscere Arkel, si era chiesta quanti anni potesse avere. Le sembrava quasi che la normale durata della vita umana non fosse abbastanza per riuscire ad acquisire tutta quella conoscenza e quella saggezza. Era possibile quindi che fosse su quella terra da molto più tempo di quanto lei potesse immaginare?
Scosse la testa, strofinandosi gli occhi un po’ rossi. Cominciava a sentire il peso della mancanza di sonno degli ultimi giorni, ma dubitava che sarebbe riuscita a dormire più di qualche ora a notte se gli incubi non fossero cessati. Sospirò, riaprendo gli occhi, ma un secondo dopo si impietrì, la bocca spalancata dalla sorpresa. Stava accadendo di nuovo. Proprio come quando aveva incontrato Lyer, adesso un’altra creatura leggendaria era seduta di fronte a lei, una creatura che però sembrava incredibilmente umana. Il suo sguardo, sprezzante e affilato come un rasoio, la trapassava da parte a parte, il suo viso era incorniciato da corti capelli biondi, lievemente ondulati. Un aspetto umano in tutto e per tutto, se non fosse stato per le due leggere ali translucide che si aprivano sulla sua schiena e per un’altezza che non superava i 15 centimetri.
Katie non avrebbe saputo come definirla. Folletto? Ninfa? Fata? Non ne era sicura e francamente neppure voleva saperlo, anche perché in quegli occhi verdi non leggeva altro che odio e disprezzo, tanto intensi quanto ingiustificati.
“Katie. Ti chiami così, giusto? Arkel mi ha parlato molto di te, anche troppo anzi.”
Inclinò lievemente la testa, lo sguardo sempre fisso su di lei.
“Stai per essere caricata di un peso non indifferente, ragazzina; lui crede che riuscirai a reggere questa responsabilità senza problemi, ma io invece faccio fatica a credere che una debole umana come te sia capace di sopportare tutto ciò. Quindi dimmi, Katie; saprai essere forte abbastanza?”
La ragazza ricambiò quello sguardo, cercando di mostrarsi sicura, decisa a non lasciarsi intimidire da quell’ostilità e quella freddezza.
“Se potrò essere d’aiuto cercherò di fare del mio meglio. Non sono tipo da tirarmi indietro.”
La fatina inarcò le sopracciglia, scettica, ma qualcosa nel suo sguardo cambiò e all’improvviso un brillio di furia si accese in quegli occhi verde smeraldo.
“Oh, davvero? Allora devi essere una rarità fra la tua razza. Dopotutto, voi umani siete esseri così volubili e inaffidabili...”
Fu il turno di Katie di irritarsi.
“Oh certo, perché immagino che la tua razza, qualunque essa sia, non abbia alcun difetto. No sai, è che a giudicare dal tuo atteggiamento non mi sembrate poi chissà quanto civili. Noi umani non saremo perfetti, è vero, ma almeno lottiamo fino alla fine per ciò in cui crediamo.”
A quelle parole i lineamenti della fata si irrigidirono, mentre la rabbia divampava sul suo viso.
“Così giovane e ignorante e già così arrogante. Ragazzina, tu non hai la minima idea di quello che ti aspetta, nessuna! Ti vanti della forza della tua gente, ma io vi conosco molto bene, più di quanto credi. Siete deboli, corruttibili e per salvarvi la vita non esitereste a sacrificare anche chi vi è più caro. Non avete rispetto per la vita e non seguite altro che i vostri futili interessi. Siete creature egoiste e infide, vili e spregevoli. E nonostante questo, proprio qui davanti a me, dici di poter essere forte abbastanza da sopportare il peso di una responsabilità di fronte alla quale chiunque della tua razza fuggirebbe via. La tua ipocrisia mi disgusta.”
Katie rimase immobile, tremante dalla rabbia, cercando di trattenersi dal reagire in modo avventato.
“Mi ferisce sentirti dire queste cose, Maki. Speravo avessi un’opinione migliore di me e delle mie azioni.”
A quelle parole la ragazza si voltò verso la porta, sorpresa. Arkel stava entrando nello studio, un sorriso triste sul volto, seguito a ruota da Lyer.
“Sai bene che non è così, Arkel. Tu sei diverso dagli altri umani e nessuno lo sa meglio di me. Questo discorso non è rivolto a te.”
Lui scosse la testa.
“Davvero Maki? E invece è qui che ti sbagli. Io sono parte integrante della razza umana e come tale i tuoi giudizi coinvolgono anche me. Spero davvero di non essere la creatura spietata che hai appena descritto con tanta energia.”
Maki si morse il labbro, distogliendo lo sguardo dagli occhi comprensivi di Arkel, quasi come se non riuscisse a sopportare la compassione che vi trapelava.
“Dovresti sapere più di chiunque che ho i miei motivi. Tu...”
“Non ho dimenticato quello che è successo, non potrei mai; capisco come ti senti, quali sofferenze hai passato, ma credimi quando ti dico che questo non è il modo giusto di affrontare i tuoi demoni. Non puoi giudicare ogni persona con lo stesso metro, perchè ognuno è diverso, con le sue sfumature e le sue ombre, con i suoi lati di luce e di buio. Nessuno è perfetto e ogni razza ha il suo bagaglio di vergogna, una lunga lista di colpe che non potrà mai essere cancellata, ma non è per il comportamento di un solo individuo che si può giudicare un intero popolo.”
Maki rimase immobile, rifiutandosi di rispondere. Ferma ad osservare la scena, per Katie non fu difficile capire che non era la prima volta che affrontavano quel discorso.
“Può darsi che stia sbagliando, ma non puoi aspettarti che non abbia dubbi su di lei. Non è pronta. Non è adatta.”
Lui alzò una mano a fermarla, il volto stanco.
“È stata scelta e questo vuol dire che è più che adatta. La decisione è stata presa e non può in alcun modo essere messa in discussione; lei è la Prescelta e il nostro compito è darle tutto l’aiuto possibile. In quanto ai tuoi dubbi, solo il tempo saprà dare una risposta alle tue domande.”
Maki abbassò lo sguardo, ancora contrariata, ma non ribatté. Il tono di Arkel non ammetteva repliche.
“Bene, ora è tempo di passare ad altri argomenti. Vieni Katie, sediamoci.”
Lei si sedette, tesa, ripensando a ciò che aveva appena sentito. La Prescelta? Cosa significava quella sorta di titolo per lei? Un compito enorme, a quanto aveva capito dalle loro parole, e di fronte al quale la maggior parte delle persone sarebbe fuggita.
Gettò un’occhiata veloce a Maki, mentre Arkel era occupato a prendere un vecchio libro dalla libreria. Era impressionante la quantità di odio che trapelava da quella figura così piccola. Quando prima aveva attaccato così duramente la razza umana, avrebbe voluto ribattere, avrebbe voluto urlare a pieni polmoni che non era vero, che gli umani erano gentili, delle brave persone. Eppure quelle parole le erano rimaste impigliate in gola e non era riuscita a dire nulla. Come poteva essere altrimenti? Pur essendo cresciuta quasi sotto una campana di vetro, al sicuro da qualsiasi pericolo, non ignorava la malvagità che erodeva il suo mondo. E, sapendo la bassezza a cui erano capaci di arrivare molti umani, poteva guardarla negli occhi e dirle che si sbagliava?
“Eccoci qui. Allora Katie, stiamo per affrontare un argomento particolarmente spinoso e che richiederà una buona dose di fiducia da parte tua. Molte delle cose che ti dirò ti potranno sembrare incredibili o impossibili e forse penserai addirittura che io sia pazzo. Non fare quella faccia, non sarebbe la prima volta che mi succede, non me la prenderei. Quello di cui ho bisogno però è che tu faccia il possibile per credere a ciò che sto per raccontarti. Diciamo che ci vorrà una buona apertura mentale.”
Le sorrise, cercando di diminuire il disagio che le leggeva negli occhi.
“Non so come attutire il colpo né come dirtelo in un modo più delicato, ma devi sapere che esistono delle creature che quasi nessuno ha mai visto. Forse sotto forma di leggende o di racconti ne avrai sentito parlare, magari anche nelle fiabe che ti raccontavano quando eri una bambina. Strane creature, che si prodigavano per salvare innocenti e che di tanto in tanto, spinti dalla curiosità, si affacciavano nel mondo degli uomini...”
“Stai dicendo che le leggende in realtà sono vere?”
Arkel ridacchiò di fronte alla sua espressione scettica.
“Be’, non proprio tutto quello che è stato tramandato è vero, ma alcune di quelle storie non sono poi così lontane della realtà. Fate, elfi, tutti loro esistono e, come puoi immaginare, sia Lyer che Maki fanno parte di queste creature. Tutti e due arrivano da... be’, da un altro mondo.”
Fece una piccola pausa, osservandola attentamente. Katie tentò del suo meglio per nascondere la sorpresa, ma aveva la netta sensazione che quegli sforzi fossero inutili. Non aveva idea di come facesse, ma Arkel sembrava leggerle dentro con sconcertante facilità.
“So che è difficile da credere, ma esiste davvero un mondo parallelo al nostro: Ghalad. Le creature che vi abitano sono molto attente a non farsi scoprire da noi e una barriera invisibile ad occhio umano divide i due mondi.
D’altronde non è difficile riuscire a capire perché abbiano scelto questa vita di quasi totale isolamento dalla nostra. Come sai noi umani, benché capaci dei migliori sentimenti, siamo purtroppo capaci anche dei peggiori. Alla sola idea di un nuovo mondo da colonizzare e da sfruttare si scatenerebbe una lotta di proporzioni mai viste, una lotta che saremmo destinati a perdere, come già successo in passato.”
La ragazza si sporse verso di lui, mentre la curiosità superava lo scetticismo.
“Vuoi dire che è già successo? Che questo Ghalad è già stato scoperto?”
Arkel annuì, amareggiato.
“Non è una storia che ci fa molto onore, anzi. Vedi, diverse centinaia di anni fa l’umanità stava vivendo uno dei suoi rari momenti di pace e da tempo a Ghalad si discuteva sulla possibilità di rivelarsi agli umani. Era un dibattito molto acceso e la maggioranza riteneva che dopo tutti quei secoli di isolamento e di diffidenza fosse arrivata l’ora di uscire finalmente allo scoperto e tentare di instaurare una convivenza pacifica con i popoli che abitavano il mondo oltre la barriera. Pensavano che, dopo un iniziale smarrimento, saremmo stati in grado di adattarci alla loro esistenza. Eppure, benché ci avessero ritenuti pronti, non lo eravamo affatto.”
“Immagino che non sia andata a finire bene.”
“E hai ragione. Tuttavia i Ghaladiani non erano degli sprovveduti, tanto che prima decisero di fare una prova, una sorta di test per studiare le nostre reazioni. Si decise di mandare una piccola delegazione, allo scopo di instaurare rapporti pacifici con gli umani e di spiegare in modo esauriente ciò che era stato tenuto segreto per anni, l’esistenza di un mondo proprio accanto al nostro. Non tornarono mai.”
Katie lo fissò, amareggiata.
“Hanno davvero reagito così drasticamente? Perché?”
Arkel scosse la testa.
“Non potremo mai saperlo. Nessuno di quella spedizione tornò vivo e ciò che accadde allora è sempre rimasto nell’oblio. Ora, non credo tu abbia difficoltà ad immaginare le reazioni che si scatenarono a quell’inaspettata violenza; in un attimo la fiducia e la curiosità si trasformarono in odio, in un’ondata di rabbia senza precedenti. I Ghaladiani volevano vendetta, giustizia contro coloro che avevano ucciso i loro fratelli. La mano tesa della pace e dell’amicizia si trasformò in pugno di ferro. Di quel villaggio non rimasero altro che cenere e macerie, e corpi riversi sulle strade.”
Sospirò.
“Ciò che successe pose fine ad ogni tentativo di comunicazione tra i due mondi. Come hai potuto constatare soltanto poco fa, a Ghalad gli umani non godono di un grande rispetto e sono visti con un’innata diffidenza. Nonostante siano passati tanti secoli, la ferita è ancora aperta e bruciante e molto lontana dal guarire. Questo ha portato la loro società a fossilizzarsi sempre più, cristallizzandosi in una struttura che non cambia da secoli. Si stanno dirigendo verso un baratro da cui non potranno più tornare indietro.”
“E io dovrei aiutarli? È questo il mio compito?”
Lui scosse la testa.
“Non sarà questo il tuo compito, anche se le tue azioni avranno un ruolo determinante nel decidere il destino di Ghalad. Sono certo che anche se ci vorrà tempo e dedizione, alla fine le tue gesta cominceranno a scuotere alle fondamenta le loro più radicate convinzioni. Non ci vorrà molto, poi, a far crollare ciò che sarà rimasto ancora in piedi.”
A quelle parole Katie si sforzò di rimanere seria e non ridere. Era tutto così assurdo!
“Le mie gesta? Davvero Arkel, ora sto cominciando a non seguirti più.”
“Sì, immagino che per te sia difficile. Dover accettare tutto questo in un tempo così breve è chiederti molto, ma ti stai comportando in modo eccellente, molto più di quanto avessi mai osato sperare.”
Lei lo fissò, ancora scettica. Lui le sorrise.
“Cosa ti turba?”
“Tutto. Mi parli di grandi imprese, di un altro mondo, di creature che dovrebbero essere solo leggende…”
Lui annuì, comprensivo.
“Capisco che possa sentirti confusa e disorientata, chiunque lo sarebbe nella tua situazione, ma è vitale che tu comprenda l’enorme responsabilità che sta per esserti posata sulle spalle. Non sei solo una semplice ragazza, sei destinata a qualcosa di grande, qualcosa di cui possiamo a malapena comprendere la portata. Non è stato un caso che tu abbia trovato l’orologio o che Lyer sia arrivato a salvarti, né che Eledier volesse rapirti, e non è stato ancora un caso che tu sia arrivata qui, da me. Queste non sono state coincidenze. La strada è tracciata e nonostante tu possa fare delle deviazioni, la fine, il punto di arrivo, sarà sempre lo stesso. Non si può sfuggire al destino.”
Katie scosse la testa.
“Ma io sono una normale ragazza. È solo che mi sono ritrovata invischiata in qualcosa in cui non volevo essere coinvolta.”
“Alle volte scegliere non è possibile. Spesso non si ha che una sola strada davanti e non si può fare altro che imboccarla.”
Katie incrociò le braccia, il viso cupo.
“Questo non è giusto.”
“E cosa lo è? Ognuno ha il proprio destino da seguire, un qualche scopo a cui dedicare la propria vita e io posso dirti qual è il tuo.”
La ragazza non rispose, distogliendo lo sguardo da quel volto serafico. Non era sicura di voler sapere quello che aveva da dirle, non aveva mai voluto rimanere invischiata in quella situazione. Quasi non riusciva a sopportare il peso di quello sguardo carico di aspettative che non era certa di poter soddisfare.
“Continui a parlare di responsabilità e di grandi gesta, ma non ho ancora la minima idea di cosa volete da me.”
“Allora lascia che te lo racconti.”
Fece una pausa, raccogliendo i suoi pensieri.
“Vedi, l’esistenza di Ghalad è retta da sei Essenze, globi di magia pura senza i quali quel mondo non ha possibilità di esistere. Queste Essenze, o Pietre, hanno un potere enorme e illimitato, che va al di là di qualsiasi comprensione. Nessuno ha mai saputo quanto ne abbiano realmente, o quale sia la loro vera capacità, e proprio quest’ignoranza ha alimentato per secoli le leggende sulla loro forza. Con il passare del tempo, le Essenze sono diventate il simbolo stesso del potere e dell’invincibilità. Ormai ci si è convinti che chiunque le controlli, controlli il mondo intero.”
A quelle parole Katie aggrottò la fronte.
“Perchè qualcuno dovrebbe volerle? Se qualcuno le rubasse il loro mondo sparirebbe, giusto? Non avrebbe alcun senso.”
“Hai ragione, ma l’equilibrio necessario alla sopravvivenza di Ghalad può essere mantenuto se le Essenze non lasciano i suoi confini. Finchè rimangono a Ghalad, anche se in altre mani, non ci sono rischi, a parte l’incognita di come potrebbero essere usate, ovviamente. È per questo che vengono sorvegliate molto strettamente, per fare in modo che nessuno possa prenderne il controllo; un tale potere deve restare indipendente da qualunque fazione.”
Sospirò.
“Nonostante i nostri sforzi però, nel corso dei secoli non sono mancati i conflitti per ottenere la forza delle Pietre: per quanto provassimo a nasconderle, infatti, la loro magia era troppo grande per riuscire a passare inosservata e cuori bramosi continuavano a tentare di avvicinarsi. Ci furono tante guerre che purtroppo non riuscimmo a evitare, vite che non riuscimmo a salvare, tutte sacrificate in nome della brama di potere. Finchè un giorno alcuni esploratori scoprirono un luogo rimasto nascosto fino ad allora, un luogo impervio, difficile da raggiungere e in cui, e questa era la cosa più importante, non era possibile ricorrere alla magia. Nessuno ha mai compreso il motivo di questa sua peculiarità, ma proprio questo lo rese il posto ideale in cui nascondere le Pietre. O almeno così credevamo. Per ben due volte le Essenze sono state rubate; la prima volta siamo riusciti a fermare tutto da soli, ma ormai questo non è più possibile. Perché adesso le Pietre sono lontane da Ghalad e la sua distruzione è già cominciata. Volevi sapere il motivo per cui ti trovi qui, Katie. Sei qui per salvare umani e creature, sei qui per salvare tutti. Tu sei la Prescelta.”
A quelle parole Katie lo fissò a bocca aperta, scioccata. Sapeva che quello che la aspettava non poteva essere un compito facile, ma addirittura salvare un mondo intero in una sorta di folle corsa contro il tempo? Davvero le stavano chiedendo una cosa del genere?
“Andiamo Arkel, ma mi hai vista? Come pensi che sarei in grado di salvare Ghalad??”
Lui sorrise, per nulla sorpreso dalla sua reazione.
“Certo che ti ho osservata, e anche molto attentamente, e davanti a me vedo una giovane donna, forte e decisa, che non si arrenderà di fronte alle difficoltà che incontrerà sul suo cammino.”
Lei sbuffò, incrociando le braccia sul petto.
“Tu vedi quello che vuoi vedere. Non mi conosci affatto, credi che io abbia tutte queste qualità solo perchè ho trovato un orologio. Che razza di motivo sarebbe?”
“Ah, ma quello non è un orologio qualunque. C’è molto altro sotto quell’apparenza banale; quell’orologio, che noi chiamiamo Ilyes, è antico quasi quanto questo mondo ed è molto più potente e pericoloso di quanto tu possa immaginare. Lui ti ha scelta come nuova padrona e la sua non è stata una decisione casuale: ti ha affidato il destino di un intero popolo e non lo avrebbe mai fatto se non fossi stata in grado di aiutarci. Nel momento stesso in cui è apparso davanti a te, ti ha designata come l’unica persona in entrambi i mondi in grado di rovesciare un destino già scritto.”
Katie scosse la testa, rifiutandosi di credere a quelle parole. Una cosa del genere non era assolutamente possibile: quale sano di mente avrebbe mai affidato una missione del genere ad un’adolescente? Un solo, piccolo errore avrebbe provocato la morte di centinaia di persone e il suo fallimento la completa distruzione di un mondo intero. Le sembrava tutto talmente assurdo...
Si morse il labbro, mentre un senso di ansia e angoscia cresceva rapidamente dentro di lei, minacciando di soffocarla. Avrebbe potuto rifiutarsi. Poteva scegliere. Ci sarebbe sicuramente stato qualcun altro a prendere il suo posto, qualcuno di affidabile, di esperto, che non sarebbe rimasto immobile su quella poltrona, terrorizzato. C’erano indubbiamente centinaia di persone più adatte di lei, là fuori.
Quasi le avesse letto nel pensiero, Arkel spazzò via in un soffio anche quell’ultima speranza.
“Non può farlo nessun altro. L’Ilyes ha scelto te e non accetterà nessun altro come suo padrone. Se ti tiri indietro adesso, l’esistenza di Ghalad è segnata.”
La ragazza gli lanciò uno sguardo torvo, sforzandosi di mascherare il terrore che le stringeva la gola. Era in trappola, senza vie di uscita. Come poteva rifiutarsi, dopo quelle parole? Come poteva decidere deliberatamente di causare la morte di migliaia e migliaia di vite?
Stretta all’angolo e con le spalle al muro, improvvisamente le tornarono in mente le ultime parole di Sophie.
Recidi ogni legame, lasciati alle spalle tutte le persone che ami. Solo in questo modo potrai essere veramente libera, perchè nessuno potrà fare presa su di te. Se invece continui a preoccuparti per gli altri, se continuerai a mantenere questi legami, non sarai altro che una preda fin troppo facile, un burattino che chiunque potrà usare a suo piacimento.
A quel ricordo un sorriso amaro si aprì sul suo viso; poi, prendendo un profondo respiro, alzò gli occhi verso Arkel. Perché non la sorprendeva che lui sembrasse già sapere cosa aveva deciso?
“Se davvero nessun altro può farlo allora... mi prenderò le mie responsabilità. Cercherò di fare del mio meglio. Dopotutto sono la Prescelta, giusto?”
Lui le sorrise, un sorriso caldo e rassicurante.
“Sono davvero orgoglioso di te. Ci vuole molto coraggio a scegliere la strada più giusta, anche se è quella che presenta maggiori difficoltà.”
“Non è che avessi molta scelta, non credi?”
Lui scosse la testa.
“No, non è così. Tu sei libera di scegliere, libera di decidere di abbandonare persone che non conosci per poter tornare a casa dalla tua famiglia. Ma ero sicuro che non ti saresti tirata indietro una volta saputa la posta in gioco, e questo perchè hai un animo buono e gentile. Non tutti avrebbero preso la tua decisione, non tutti avrebbero scelto di sacrificarsi per degli sconosciuti.”
Lei abbassò lo sguardo.
“Forse, ma le buone intenzioni non possono aiutarmi in questa situazione. Spero davvero di non deludere le tue aspettative.”
“So che non mi deluderai, sono sicuro che farai grandi cose, cose che nessuno avrebbe mai immaginato. Ah, ma ormai comincia a farsi tardi. Vuoi sentire il resto della storia?”
Lei annuì.
“Preparati allora, perchè adesso arriva la parte peggiore. Devi sapere che le Pietre sono state rubate da una pericolosa organizzazione, gli Scarlatti. Questo sanguinario gruppo è composto in parte da umani in cerca di gloria, umani che però hanno un ruolo minimo; spesso sono usati solo come pedine e molti di loro, se non tutti, sono all’oscuro di quale sia la vera natura di coloro che li comandano. No, i loro capi e la maggior parte dei membri degli Scarlatti sono creature di Ghalad e hanno tutti un unico obiettivo: la riuscita di un piano talmente complesso e segreto che persino loro non ne conoscono che una piccola parte. C’è una sola persona che gestisce tutto, la stessa che ha dato il via agli eventi, un essere che è disposto a tutto pur di realizzare il suo desiderio più profondo.”
“Quale desiderio?”
Arkel chiuse gli occhi, cupo in volto.
“È una lunga storia, una storia di tradimenti e sotterfugi che preferirei non dover raccontare, ma sono costretto, altrimenti non riusciresti a capire fino in fondo contro cosa dovrai lottare, per cosa tutti noi metteremo a rischio la vita.”
Voltò la testa, rivolgendo lo sguardo oltre la finestra.
“Più di un secolo fa, quando Ghalad era all’apice del suo splendore, un giovane e assai promettente elfo cominciò a venire corrotto dalla malvagità e dall’ambizione. In breve tempo la sua mente e il suo cuore vennero divorati dal desiderio di possedere le Pietre, da quell’unico sogno che poteva renderlo il signore della vita e della morte, ma ancora non agiva, attendendo il momento più adatto, cominciando lentamente a tessere la tela nella quale ci avrebbe inevitabilmente intrappolati. Nessuno di noi si accorse di nulla. Molti si credevano al sicuro, come se i malvagi ma naturali desideri di cui gli umani facilmente cadevano preda non li riguardassero, non appartenessero alla loro natura. Non si soffermarono sul semplice fatto che i loro sentimenti erano gli stessi che tanto disprezzavano. Non posso fare a meno di pensare che se allora si fossero comportati in maniera diversa, molte vite avrebbero potuto essere salvate. Invece, a causa della loro incoscienza, migliaia di giovani sono morti nel tentativo di fermare un unico pazzo. Una strage che poteva essere evitata.”
Katie osservò tristemente il volto tormentato di Arkel.
“Tu non potevi saperlo e sono certa che abbiate fatto tutto il possibile per fermarlo.”                            
“Ci abbiamo provato tante volte, ma ormai era tardi. Il danno più grave, irreparabile, era già stato compiuto. Heirood aveva realizzato il suo sogno.”
“Era riuscito a prendere le Pietre?”
“Sì, e devo ammettere che fu molto astuto. Come ti ho detto le Pietre erano custodite in un luogo praticamente inaccessibile, l’Antro di Laedas; ma una volta ogni 10 anni, durante la Fers Gaevin, le Essenze venivano prelevate per la cerimonia.”
“Fers Gaevin?”
“La Fers Gaevin è la più importante celebrazione a Ghalad, l’unica occasione in cui le Essenze vengono mostrate alla popolazione. Il nome stesso significa Festa della Memoria, per ricordare sempre che cosa ci permette di vivere in pace. Quello era l’unico momento in cui le Pietre erano vulnerabili. Heirood lo sapeva bene, visto che era riuscito ad entrare tra le guardie che le custodivano, e sfruttò quel punto debole nella nostra difesa per prenderle finalmente sotto il suo controllo.”
“Questo Heirood sembra un tipo davvero subdolo.”
Arkel annuì, lo sguardo amareggiato.
“Lo è, molto più di chiunque abbia mai incontrato ed è forse questo che gli permise di passare totalmente inosservato, di nascondere così bene la sua vera natura da non suscitare mai neppure il più piccolo sospetto. Era un elfo molto dotato, contraddistinto da un’abilità senza pari nel combattimento corpo a corpo e con la magia; tutti si aspettavano molto da lui, qualcuno addirittura intravedeva per lui un futuro da comandante. Eppure un giorno, improvvisamente, qualcosa si ruppe dentro di lui e da allora non fu mai più lo stesso, anche se riuscì a non destare sospetti per molto, troppo tempo.”
Katie spostò lo sguardo verso la finestra, pensierosa.
“Da come ne parli sembra quasi che tu lo abbia conosciuto.”
A quelle parole un’ombra passò sul volto di Arkel. L’attenzione nella stanza si risvegliò e persino Lyer, che sembrava essersi addormentato su una delle poltrone, riaprì gli occhi, puntandoli verso di loro.
“E non sbagli. Io lo conobbi. Per diverse ragioni mi trovavo a Ghalad in coincidenza del periodo della Fers Gaevin e lo incontrai mentre passeggiavo assieme ad alcuni Consiglieri. Ricordo che era solo, il che era insolito per lui. Lo avevo visto diverse volte in città e normalmente era sempre accompagnato dai suoi amici, che gli erano e gli furono devoti fino alla fine, ma sul momento non badai a quel particolare. Lui sorrise quando ci vide e si fermò a conversare con noi, comportandosi in maniera assolutamente naturale. Fu di una cortesia squisita e io, lo ammetto, rimasi molto affascinato dal suo atteggiamento gentile e disponibile. Mi pregò a lungo di raccontargli aneddoti sugli uomini, di condividere con lui la mia conoscenza. La sua curiosità sembrava genuina e senza doppi fini, ma avrebbe dovuto insospettirmi. Solitamente gli elfi non si interessavano agli umani, li ritenevano indegni di qualsiasi particolare attenzione. Eppure non ci feci caso, non pensai neanche per un istante ai motivi che avrebbero potuto essere nascosti dietro tutte quelle domande. Fui un povero sciocco. Ero talmente lusingato da tutta quell’attenzione che non mi accorsi dell’inganno. Gli raccontai tutto.”
Scosse la testa, afflitto.
“Heirood stava solo raccogliendo informazioni per perfezionare il suo progetto di dominio. Prima avrebbe conquistato Ghalad, poi sarebbe toccato agli umani. Sarebbe stato il signore incontrastato dei due mondi e ci andò pericolosamente vicino.”
Katie lo fissò, tormentata dal dolore sul suo volto.
“Ma tu non lo sapevi. E lui avrebbe ottenuto comunque quelle informazioni in un modo o nell’altro.”
“Non cercare di sollevarmi dalle mie responsabilità. Ho commesso un errore imperdonabile quel giorno.”
Lyer sbuffò.
“Non stiamo dicendo che tu non abbia sbagliato, ma che nessuno avrebbe potuto prevederlo. Noi sbagliamo, Arkel, questa è la nostra natura. Non è strano che riguardi anche te, nonostante tutta l’esperienza che hai accumulato. Nessuno è onnipotente.”
Lui scosse la testa.
“Vero, ma in ogni caso avrei dovuto sospettare qualcosa. Se allora avessi prestato più attenzione, avrei potuto impedire ciò che accadde.”
Katie appoggiò la schiena alla poltrona, pensierosa.
“Il fatto che siano state rubate le Pietre?”
Vide una piccola esitazione sul volto di Arkel, prima che lui annuisse.
“Sì, in parte. Come puoi immaginare, alla scomparsa delle Essenze si scatenò il panico. Cosa avrebbero fatto gli ignoti ladri con quell’enorme potere a loro disposizione? Rabbrividivamo alla sola idea, ma non avevamo indizi, nessun appiglio a cui aggrapparci. L’unica cosa che ci rimaneva era un’antica leggenda.”
Le sorrise.
“Ed ecco che ci ricolleghiamo a te. Credo tu abbia già capito ormai di cosa parlasse questa leggenda; vi si narrava che, nel caso in cui le Pietre fossero state sottratte, la Prescelta sarebbe comparsa e, utilizzando l’enorme potere dell’Ilyes, perduto da secoli, sarebbe riuscita a riportare la pace a Ghalad.”
Le mostrò il libro che aveva posato sul tavolo all’inizio della loro conversazione.
“La leggenda è stata tramandata a voce per secoli, finchè non è stata trascritta in questo libro.”
Lo aprì, sfogliando qualche pagina, fino ad arrivare ad un’antica strofa, scritta in una lingua sconosciuta.
“Che cosa vuol dire?”
“Tradotto letteralmente? Vediamo... Quando l’empia mano trafugherà la luce dai sei colori, la Prescelta dal Destino si leverà dalle ombre. Finalmente riunita alla sua Forza, caccerà il malvagio dal tempo e dallo spazio, fino a quando, oltrepassati i laghi di sangue e di fuoco, con mano benevola riunirà a sè le luci, riportando pace in questa landa. Che il malvagio tremi a codeste parole, poiché la verità della Prescelta sarà più forte del veleno delle sue menzogne.
Katie lo fissò, rimuginando sul significato di quella strofa.
“I laghi di sangue e di fuoco... Hai idea di cosa voglia dire?”
Arkel scosse la testa.
“Credo che non lo sapremo finchè non sarà il momento.”
“Nella strofa c’è anche scritto che ogni volta che le Pietre verranno rubate ci sarà una Prescelta. Quindi anche la prima volta? Non sono stata l’unica, giusto?”
Arkel annuì, ma la sua espressione si fece ancora più cupa e il ricordo di un antico dolore passò sul suo volto.
“Sì, non sei stata l’unica. Ma questa… è un’altra storia.”
La ragazza lo fissò, mentre un brutto presentimento le faceva intuire il motivo dietro quella reticenza.
“È morta, non è così? La Prescelta prima di me è stata uccisa.”
Lui sospirò, prendendosi la testa tra le mani. Per un lungo momento nessuno parlò e il silenzio nella stanza sembrò prolungarsi all’infinito. Poi Arkel, in un sussurro, disse una sola frase.
“È stato un mio errore.”
Katie rimase immobile, incapace di trovare le parole per replicare. Poi si sporse, posando una mano sulla sua spalla, tentando di confortarlo.
“Lei com’era?”
La ragazza sentì un lungo sospiro, prima che lui le rispondesse.
“Si chiamava Laerys. Era una giovane elfa, bellissima e molto intelligente. Lei era la nostra luce.”
Alzò il volto verso di lei, tormentato.
“Quella era la prima volta che avevamo la prova che la leggenda fosse almeno in parte vera, ma non avevamo alcuna idea di cosa fare o di cosa ci aspettasse. Fu un inizio davvero difficile e io riponevo ogni speranza in questo libro, certo che da qualche parte tra queste pagine ci fossero le informazioni di cui avevamo così disperatamente bisogno. Passai ogni momento libero, ogni istante delle mie giornate a studiare la leggenda, cercando di riuscire a decifrare il modo per utilizzare la connessione tra Laerys e l’Ilyes, ma anche così ci voleva tempo, troppo tempo. I giorni si trascinavano senza risultati ma io continuavo, imperterrito; ormai riuscivo a pensare solo più a quelle pergamene, che a poco a poco erano diventate la mia ossessione. Ed ero talmente preso dalla mia ricerca da non vedere nient’altro.”
Chiuse gli occhi, mentre una lacrima solitaria gli scivolava lungo il viso.
“La morte di Laerys fu colpa mia, della mia incompetenza e del mio scarso giudizio. Non mi soffermai sul fatto che anche Heirood conosceva quella leggenda, che avrebbe potuto decidere di eliminare la minaccia che rappresentava prima che diventasse troppo pericolosa, quando era ancora troppo inesperta per riuscire a contrastarlo. Avrei dovuto accorgermene, e invece rimasi chiuso nel mio studio, chino su fogli polverosi, abbandonando Laerys nelle sue mani.”
Strinse i pugni, la mascella rigida.
“Heirood fu molto scaltro. Sapeva come essere affascinante, come catturare l’attenzione delle persone attorno a lui e non gli fu difficile attirare Laerys in un posto isolato. Nessuno capì in tempo cosa stava accadendo. Quando Maki corse nel mio studio e mi diede la notizia, io rimasi immobile, con le mie preziose pergamene sul tavolo, chiedendomi come avessi potuto permetterlo. Così vecchio eppure così stupido...”
Chiuse gli occhi, la voce sempre più bassa.
“Quando arrivai sul posto, trafelato e sconvolto, ormai era troppo tardi; la conseguenza del mio errore era davanti a me, stesa a terra, pallida, con una grande chiazza rossa sul petto e il pugnale ancora conficcato. Il suo corpo riverso sembrava così fragile, così orribilmente strappato alla vita… E per cosa? Per la possibilità che lei potesse rappresentare un pericolo. La possibilità, capisci? Laerys era morta solo per il titolo che portava.”
Aprì di nuovo il libro, questa volta all’inizio, e da quelle pagine estrasse un foglio di carta, ingiallito dal tempo.
“Trovai questa lettera accanto al suo corpo. Un ultimo messaggio di Heirood per me.”
Le porse la lettera e Katie la prese con delicatezza, temendo di rovinarla. Se pensava a chi l’aveva scritta si sentiva ribollire dalla rabbia, ma si costrinse a rimanere calma e la aprì.
 
Arkel,
sarai sorpreso che ti scriva mentre le mie mani sono ancora macchiate del caldo sangue di Laerys. Non prenderla troppo sul personale; non potevo rischiare che il mio piano fallisse. Ma ora che il potere dell’Ilyes è stato neutralizzato non ho più ostacoli sul mio cammino. Sono finalmente libero.
Devo questa libertà anche a te, in un certo senso; tu sei l’unico che abbia mai sospettato di me, che abbia mai avvertito l’inconsistenza della maschera che ero costretto ad indossare ogni singolo giorno. Da dopo il furto delle Pietre mi ero accorto che controllavi i miei movimenti e che cercavi delle prove per confermare i tuoi sospetti. Sono sicuro che se avessi avuto abbastanza tempo forse le avresti trovate e saresti riuscito ad impedire la morte della tua preziosa protetta, ma invece di affrontarmi direttamente, come avresti dovuto, ti sei rifugiato in quegli inutili libri, concentrando così tutta la tua attenzione su di essi e distogliendola da me. Con te in giro non credevo che avrei avuto la possibilità di avvicinarmi a Laerys, ma con il tuo comportamento hai reso il tutto ridicolmente facile e probabilmente dovrei ringraziarti per questo. Anche questa volta però ti sei dimostrato più cauto e previdente di quanto mi aspettassi. A quanto pare ti avevo sottovalutato, un errore che mi assicurerò di non commettere più. Mettere Lyer a proteggere Laerys è stata una mossa scaltra. Nessuno se ne sarebbe accorto perchè quel gatto è maledettamente bravo quando si tratta di seguire qualcuno. Persino io stavo per non accorgermi della sua presenza ma qualche imprevisto mi ha aiutato ad accorgermene in tempo. Quasi mi dispiace di non aver potuto avere una degna lotta contro di lui, sono sicuro che sarebbe stata appassionante. Purtroppo altri impegni reclamavano la mia attenzione e non ho potuto fare altro che disorientarlo un po’. In questo momento probabilmente starà vagando da qualche parte e tra poco crollerà svenuto. Sono sicuro che saprai ritrovarlo in tempo per non farlo morire, Arkel. Sono generoso, non credi? Ti do la possibilità di salvare almeno una vita, oggi.
Presto ci rivedremo nei campi di battaglia, ne sono certo. Ma fino ad allora, Arkel, vivi con il rimpianto e la consapevolezza che tu saresti stato l’unico in grado di porre fine in tempo a tutto questo.
 
                                                                                               Heirood
 
Katie scosse la testa, divisa tra il disgusto e la furia.
“Sai che non è stata colpa tua. Non devi ascoltare le parole di un pazzo.”
“Sarà anche un pazzo, ma non è uno stupido. Sai bene anche tu che quelle parole sono vere. Io avrei potuto fermarlo.”
Lei lo fissò, decisa.
“No, non avresti potuto. Tu eri impegnato a tradurre quelle pergamene, eri impegnato a trovare un modo per salvare Ghalad. È stato Heirood a uccidere Laerys, non tu. Non devi sentirti in colpa per delle cose che non hai fatto.”
Lyer sbuffò.
“La ragazza ha ragione, Arkel. Non è stata colpa tua e sono decenni che te lo ripeto. Anch’io se fossi stato più attento nel sorvegliare Laerys avrei potuto cambiare il corso degli eventi. Se solo… solo…”
“Lyer!”
Katie si alzò di scatto, avvicinandosi alla poltrona sulla quale Lyer era improvvisamente crollato. Sembrava svenuto e il suo respiro era rapido e affannato. Anche Arkel si avvicinò, cupo in volto.
“Gli avevo detto di non esagerare, ma non ha voluto ascoltarmi.”
La ragazza si voltò verso di lui, preoccupata.
“Cos’è successo? È per via di Eledier?”
Arkel sospirò.
“Sì, ma non solo. Lyer era già debilitato quando si è scontrato con lui. Solo poche ore prima che tu trovassi l’Ilyes, mentre stava svolgendo una missione di ricognizione ha avuto uno scontro con tre Scarlatti e non ha avuto il tempo di riprendersi, prima di venire da te. Probabilmente ha stressato troppo il suo fisico e queste sono le conseguenze.”
“Ma si riprenderà vero?”
Lui annuì.
“Sì, ha solo bisogno di riposare un po’.”
Spostò lo sguardo verso la finestra, pensieroso.
“Non mi ero accorto che si fosse fatto così tardi. Credo sia meglio fermarsi qui per oggi, dopotutto ti abbiamo già dato molto su cui riflettere.”
Le sorrise, prendendo il corpo esanime di Lyer tra le braccia e dirigendosi fuori dalla stanza.
“Vai pure ad aspettarmi in sala da pranzo, arriverò tra poco.”
“Sei davvero sicuro che Lyer stia bene?”
Arkel ridacchiò.
“Serve qualcuno di molto più potente di Eledier per riuscire a metterlo in difficoltà, te lo assicuro. Con un po’ di riposo starà molto meglio.”
Katie annuì, immobile nel corridoio, osservandoli allontanarsi. Nonostante le rassicurazioni di Arkel il senso di colpa che pesava nel suo petto non accennava a diminuire. Da quando l’aveva conosciuto, Lyer le aveva sempre dato un’impressione di forza, di stabilità, e vederlo collassare a quel modo l’aveva spaventata. Chissà quanto doveva essere stato stravolto…
Strinse i pugni, lo sguardo fisso davanti a sé. Una cosa del genere non sarebbe mai più dovuta succedere.
Mai.
   
 
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