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Autore: Willow99    29/05/2020    0 recensioni
«Pronto?» Risposi al cellulare.
«...» Silenzio dall'altro lato.
«Pronto?» Dissi di nuovo.
«...» Nulla ancora.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 35                


                                                                                                           -Vattene-


Svoltai a destra arrivando finalmente a destinazione, ovvero a casa di Nathan e come al solito avevamo fatto molto tardi. Non era una novità, ormai avevamo fatto l'abbonamento con i ritardi... ma questo succedeva soltanto quando c'era anche Nathan. 


Mi ero dovuta fermare un paio di volte da quando eravamo partirti da casa mia. Mi ero fermata per picchiare Nathan, per il traffico o perché lui doveva fare “urgentemente” pipì. Dico davvero, mi ero fermata tre volte per quello!


Comunque come stavo dicendo, eravamo arrivati a casa di Nathan con molto ritardo, eravamo partiti alle cinque e giù di lì del pomeriggio da casa mia per arrivare a casa sua alle sette di sera. Caspita, Nathan mancava da casa quasi da un giorno!


Un pò fu anche colpa nostra perché c'eravamo svegliati abbastanza tardi, un pò perché Nathan aveva perso tempo al bagno a fare i suoi bisogni. Un pò perché come al solito avevamo beccato il traffico e anche perché Nathan doveva sempre fare pipì.


Entrai nell'area “parcheggio” del condominio, io e Nathan notammo Alexandra che aspettava sull'entrata del condominio. Mi sembrava un soldato che faceva da guarda a qualcosa di tanto importante.


Aveva le braccia conserte al petto, lo sguardo cupo e gli occhi pieni di rabbia, aveva addosso il pigiama e le occhiaie sotto agli occhi. Aveva anche i capelli spettinati, legati alla cavolo da un mollettone ed indossava ai piedi le pantofole.


Spensi il motore della macchina, io e Nathan ci guardammo negli occhi pronti per “eseguire” il nostro attuale piano. Mi stava salendo un pò d'ansia, ma allo stesso tempo ero euforica, non chiedetemi il motivo... non lo sapevo neanche io.


Sospirammo all'unisono, scendemmo dalla macchina e ci avvicinammo ad Alexandra e salimmo sul “marciapiede” del condominio. Speravo che il piano avrebbe funzionato e che lei ci avrebbe creduto... lo speravo veramente.


«Buonase-» provai a dire.
«Tu ascoltami bene!» Mi interruppe Alexandra.
«No-» Fui interrotta di nuovo.
«Sta lontana da mio figlio!» Urlò lei.
«IO LO AMO!» Urlai più forte.
«Non me ne frega un cazzo.» Disse lei, tra i denti.
«Lo amo... non posso farci nulla.» Affermai.
«Vattene Shiver.» Mi ordinò lei.
«No!» Esclamai.
«Vattene!» Ripetette.
«Non me ne vado.» Mi impuntai.
«Chi ti credi di essere?» Chiese Alexandra.
«Chi siete voi per dirmi cosa fare.» Risposi, alterata.
«Te lo ripeto per l'ultima volta: VATTENE!» Mi voltò le spalle.
«HO DETTO DI NO!» Urlai.


Successe all'improvviso, non ero pronta e non sapevo che sarebbe potuto succedere. Fatto sta che Alexandra si voltò velocemente e mi spinse violentemente con le mani. Non avrei mai creduto che l'avrebbe fatto per davvero, ma lo fece.


Caddi all'indietro con la schiena a terra senza battere con la testa al suolo fortunatamente. Nathan urlò dicendo alla madre che era una stupida e che stava come sempre fraintendendo tutto, e che era matta e che quei “gesti” erano sbagliati.


Riuscii qualche secondo dopo a sollevarmi di poco, guardai Alexandra come se non la conoscessi. Nathan provò ad avvicinarsi a me per aiutarmi ma fu bloccato da due omoni belli grandi... chi erano quelle persone?


Nathan fu portato via mentre si divincolava e si ribellava senza successo... possibile che stessero vincendo in quel momento i cattivi? Era impossibile! Pregai Dio che non gli facessero alcun male, perché sennò avrei fatto una strage incredibile.


Mi alzai all'mpiedi con le gambe tremolanti, avevo un dolore lancinante alla schiena e al bacino: tipo pulsazioni continue e colpetti nelle ossa. Mi mancava il respiro e non riuscivo a stare dritta e tendevo nel piegarmi in avanti.


Mi scapparono alcune lacrime dagli occhi, strinsi i pugni e mi avviai il più velocemente possibile alla macchina. Salii dentro e guardai Alexandra: la guardai negli occhi che erano tristi, abbattuti come se stesse per piangere... perché?


                                                                                           Let it be


Chat WhatsApp tra Shiver e Danielle.


Danielle:
Com'è andata?

Me:
Malissimo.

Danielle:
Come mai?

Me:
Il piano non ha funzionato.

Danielle:
Come non ha funzionato?

Me:
Esattamente.

Danielle:
Spiegati meglio!

Me:
Non ci ha dato modo di parlare, ha fatto un casino incredibile e se le presa con me! Come se la colpa fosse mia ma non è affatto così e tu lo sai. Io amo follemente Nathan e farei qualsiasi cosa per lui. E in cambio vengo trattata da schifo... non è giusto: NON SI FA!


Danielle visualizzò il messaggio, non rispose ma mi chiamò telefonicamente, risposi alla chiamata e mi chiese di raccontarle tutto, così mi avrebbe dato un parere e un buon consiglio. Del resto lei era abbastanza brava in questo.


Sospirai ed iniziai a parlare, le raccontai che io e Nathan avevamo studiato per bene il piano e che lo avevamo ripetuto mille volte in macchina. Ma, una volta arrivati a casa sua non avevamo avuto modo di fare nulla, perché Alexandra non aveva voluto sentir ragione. 


Le raccontai di come Alexandra mi avesse ordinata di andarmene e di lasciar stare suo figlio. Le dissi che avevo puntato i piedi a terra e che avevo urlato che amavo follemente Nathan e che non volevo fargli del male.


Io volevo il meglio per lui, proprio come lei: ma questo lei non lo capiva... lo ignorava. Ignorava le mie parole, ignorava il mio amore, ignorava la mia esistenza. Ignorava la realtà dei fatti, ignorava tutto e tutti. 


Le raccontai alla fine anche quando Alexandra mi aveva spinto violentemente a terra. Danielle rimase senza parole e come darle torto neanche io mi capacitavo del suo gesto. Però quello che non capivo era il suo sguardo abbattuto. 


Come se non volesse realmente farlo e che fosse stata in un certo senso costretta. 


«Perché, che sguardo aveva?» Mi domandò Danielle.
«Abbattuto... come se non volesse realmente farlo.» Rispose.
«E allora perché l'ha fatto?!» Chiese confusa.
«Non lo so.» Sospirai.
«Forse sa qualcosa di Nathan e non vuole farti soffrire.» Suppose Danielle.
«Nah... Nathan me lo avrebbe detto.» Dissi.
«Tesò ti dico la verità, vedo Nathan strano.» Si confidò lei.
«Strano? In che modo?» Domandai.
«Come se avesse qualcosa da nascondere.» Rispose.
«Tu credi?» Chiesi.
«Sì...» Rispose.
«Cosa potrebbe essere?» Le domandai.
«... non lo so... ma apri gli occhi.» Mi consigliò.
«Credi che mi stia prendendo in giro?» Le domandai sul punto dal piangere.
«Vorrei tanto saperlo.» Mi rispose. 


Arrivai a pensare realmente che Nathan mi stesse prendendo in giro e che stesse giocando con i miei sentimenti. Arrivai a pensare realmente che Nathan mi stesse solo usando per i suoi loschi scopi: per soddisfare le sue voglie.


Arrivai a pensare realmente che Nathan mi facesse compagnia solo perché si stava annoiando e che non avesse niente di meglio da fare. Del resto mi aveva abbandonata in passato e questo non gli vietava di farlo per la seconda volta.


Allora perché mi baciava, faceva l'amore con me e mi dava delle attenzioni? Quali erano i suoi veri scopi, a che punto voleva arrivare, cosa voleva fare, qual'era il suo limite? Quando si sarebbe fermato? Quando si sarebbe stufato?


Voleva continuare a prendermi in giro? Però se fosse così allora perché aveva provato a difendermi? Per far scena o mi stavo semplicemente facendo dei filmini mentali e che lui non stava facendo davvero nulla di male.


Era sua madre che non voleva che si fidanzasse con me, anzi, non voleva che si fidanzasse a prescindere dalla persona. Lo voleva tutto per se, e allora perché aveva deciso di mettere su famiglia se non aveva intenzione di farli vivere?


Non aveva neanche accettato che Nathan si era fidanzato all'epoca con Eleonor. Bè, Eleonor era una gran mignotta comunque, non era neanche degna di essere paragonata a me, eravamo completamente diverse di carattere e di personalità.


Comunque, ritornai alla realtà ricordandomi che ero ancora al telefono con Danielle, le diedi la buonanotte e riattaccai la chiamata. 


Posai il cellulare, mi misi meglio sotto alle coperte e mi ritrovai a vagare con lo sguardo nel buio. Volevo solo essere felice, ma non me ne stavano dando l'occasione per farlo... mi stavano complicando la vita.


Dovevo lottare!
   
 
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