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Autore: QueenOfEvil    30/05/2020    0 recensioni
Prima che Aa perdesse due dei suoi tre occhi. Prima dell'ultimo verobuio. Prima della Profezia.
Mia era senza alcun dubbio "una ragazza con una storia da raccontare".
Ma, vedete, gentili amici, quella definizione poteva benissimo valere anche per i suoi genitori.
"Julius non aveva mai visto qualcuno morire quando, a sei anni non ancora compiuti, Atticus aveva deciso che era il momento per lui di assistere al suo primo venatus magnii. Non conosceva l’odore ferroso del sangue, né il modo in cui la sabbia cambiava colore, mentre dai corpi caduti sbocciavano fiori vermigli. Non conosceva le urla estasiate della folla adorante, né tantomeno quelle agonizzanti degli schiavi che trovavano la morte per l’altrui divertimento.
Dopo averli conosciuti, non era riuscito a dormire per settimane.
La seconda volta, quando di anni ne aveva otto, era andata meglio: si era limitato a rimettere il suo ultimopasto, l’illuminotte seguente.
La terza, l’unica reazione che quello spettacolo gli aveva procurato era stata uno sbadiglio."
Genere: Avventura, Fantasy, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Alinne Corvere, Altri, Julius Scaeva, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Neh diis lus'a, lus diis'a'
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Necessitas non habet legem








Credo che aiuterò Alinne”
Julius era steso sul letto, braccia incrociate dietro la schiena e occhi chiusi. Non ebbe bisogno di aprirli, per sentire la sottile non-presenza di Sussurro che saliva sulla tavola di legno e gli si arrotolava a fianco, a poco più di un pollice dalla sua testa.
… E perché dovresti farlo…?
Julius rispose alla domanda con un cenno infastidito della mano: “Io non devo fare proprio niente, almeno in questo caso.”
… Continuo a non capire…
“È presto detto: per prima cosa, lei ovviamente non ha intenzione di andarsene fino a che non avrà tirato fuori suo fratello di prigione e converrai con me che è improbabile che ci riesca, da sola. Il che vuol dire che saremmo responsabili della sua sicurezza per un periodo di tempo indeterminatamente lungo-”
… Una situazione scomoda…
“Esatto, come se non avessimo già abbastanza situazioni scomode anche senza il suo contributo. Ma stavo dicendo: o succederà quello, oppure lei si farà beccare in breve tempo -e considerando il suo carattere, questa mi sembra l’ipotesi più probabile-. Come credi che reagiranno Hëloise ed i Luminatii alla scoperta che l’abbiamo tenuta noi nascosta in cantina?”
Sussurro questa volta emise solo un sibilo di preoccupazione in risposta.
“Già,” Julius sospirò, passandosi una mano sulla fronte “Quindi, ho tutti gli interessi a fare in modo che Alinne se ne vada da qui il prima possibile. In più, sono stanco di aspettare che la situazione si risolva da sé: sono passati più di due mesi ormai da quando sono qui, mia zia non accenna più a guardarmi neanche di striscio -qualsiasi interesse provato nei miei confronti si è dissolto quando le è stato chiaro che il suo amato Semprevigile con me non voleva avere nulla a che fare- e Oonan continua ad usarmi come cavia. Non so quali fossero i rapporti tra il morto e la sua familia -e se il suo comportamento dentro le mura di casa somigliava anche solo lontanamente a quello che ha tenuto nei confronti di Alinne, temo che appellarsi alla pietà filiale servirà a poco-, ma non credo che si dimostrerebbero neutri di fronte alla possibilità non tanto di liberare un innocente, quanto di punire il vero colpevole,”
… E questo cosa c’entra con te…?
“C’entra, perché se riuscissi a trovarlo, se riuscissi a trovare delle prove inconfutabili che condannino qualcun altro, potrei barattarle con qualcosa di più prezioso. E, nel caso non dovesse funzionare, ci sarebbe sempre il vero responsabile -che di certo non è ansioso di finire dietro le sbarre- a cui chiedere”
Sussurro non si mosse né replicò, aspettando che proseguisse.
“Non mi interessa quanti siano i debiti che legano mio padre a mia zia. O, almeno, mi interesserebbero se da questo potessi capire quanto mi ci vorrebbe per liberarmi, ma anche se li ripagassi comunque non avrei un posto dove andare. Se, invece, ottenessi una buona somma di denaro per altri mezzi, potrei dare il ben servito a questa villa, a questa città. Sarei sempre un ragazzino di dodici anni senza nessun tipo di appoggio, ma almeno avrei dei mezzi per sostentarmi”
… E tornare a Godsgrave…
Julius sorrise, ma era un sorriso privo di divertimento: “Oh no, neanche per sogno: tornare a ‘Grave? Con i creditori di mio padre pronti a prendermi non appena mettessi piede in città? L’unico motivo per cui lui non è stato venduto come schiavo era che non sarebbe servito a nessuno: la gente a cui doveva dei soldi era troppa e, per sua fortuna -o sfortuna, dipende dai punti di vista-, hanno deciso che tagliarlo in parti uguali sarebbe stato meno divertente che vederlo nella Pietra1. Non so cosa farebbero di me, se mi prendessero.”
… Lasceresti tuo padre lì dentro…?”
A quella domanda, Julius si tirò su di scatto e guardò Sussurro dritto nei suoi non-occhi, le dita che artigliavano la stoffa sottile che aveva come lenzuolo: “Non ho mai detto questo,” rispose “Non ho mai detto questo. Ma ho più probabilità di trovare i soldi che mi occorrono da persona libera che confinato alle dipendenze di mia zia”
Per tutta risposta, il suo interlocutore gli strisciò accanto, appoggiandosi alla sua spalla “… Quindi questo è quello che intendi fare…
“Non è un gran piano, nevvero? Ma meglio questo che rimanere inattivo fino ad Aa sa quando,” tracciò il contorno dell’ombravipera con la punta delle dita “Mi auguro che vorrai seguirmi, quando me ne andrò. Se me ne andrò”
Sussurro alzò la testa, la sua risposta che già sibilava nell’aria, quando si sentirono dei passi pesanti in corridoio: svelta e senza che ci fosse bisogno di scambiare una parola, la sua figura si fuse con le ombre di Julius, che scese dal letto e sporse la testa fuori dall’uscio. 
Un Bert molto agitato e molto affannato -e molto sudato- gli venne incontro e gli fece capire, in un Liisiano basilare, che c’era bisogno che scendesse al pianterreno e che tutta la servitù avrebbe dovuto fare altrettanto. E, sì, Hëloise sapeva perfettamente che era illuminotte inoltrata e che al cambio seguente mancavano ancora parecchie ore.
Il primo pensiero di Julius fu che l’entropia universale avesse deciso di privarlo anche delle sue poche ore di sonno ampiamente meritate.
Il suo secondo pensiero fu che qualcuno avesse trovato Alinne nella cantina, che lei gli avesse rivelato come era riuscita ad entrare e che la zia volesse dargli una punizione esemplare davanti a tutti: senza la presenza di Sussurro, sapeva che sarebbe stato spaventato.
E ancora non riusciva a decidere se questa sua nuova mancanza di paura fosse un bene o un male.
Da un lato, si sentiva sicuro. Solido. Più forte di quanto non fosse stato prima.
Dall’altro, il suo destino era già legato a troppe persone per rendergli desiderabile un nuovo motivo di dipendenza.
Scacciò quei ragionamenti scuotendo il capo e si affrettò giù per le scale, in coda dietro agli altri che gli scoccarono un’occhiata di sufficienza, prima di tornare ad ignorarlo: quasi nessuno di loro parlava Itreyano e, anche se lo avessero fatto, dubitava che sarebbero stati interessati a rivolgergli la parola. Erano passati due mesi dal suo arrivo in casa e ancora portava addosso l’invisibile contrassegno del nuovo arrivato: solo Bert, forse per dovere, forse per pietà, dimostrava una certa simpatia nei suoi confronti2. Nessuno dei due possibili motivi era particolarmente gratificante.
Le porte dell’atrio erano spalancante e i servitori si stavano disponendo con la schiena rivolta verso le pareti, le mani raccolte in grembo e gli occhi bassi in un atteggiamento di quieta rassegnazione. Al centro della sala, stava Hëloise. 
Hëloise che, però, era in buona compagnia.
A fianco della padrona di casa, vestita come al solito nel suo abito candido di due taglie troppo grande, stava una ragazza dall’età indefinibile, anch’ella vestita completamente di bianco e con un velo che le copriva i capelli. Le due donne erano intente in una conversazione molto fitta e Julius avrebbe quasi potuto pensare che stessero litigando non fosse stato per l’espressione sul viso della più anziana: da quando era arrivato nella sua casa, non aveva mai visto sua zia manifestare un’emozione diversa dalla sottile delusione o del più sincero disprezzo -tanto che aveva iniziato a pensare che qualcosa in lei si fosse atrofizzato lasciandola in grado di provare solo quelle due emozioni-. Quel momento, nelle stalle, era stata un’eccezione che non si era più ripetuta. Pertanto, era con sorpresa che in quel momento egli vedeva Hëloise non solo pronunciare frasi più lunghe di quattro parole, ma addirittura sorridere mentre lo faceva.
Lucius era anche lui lì con suo padre -evidentemente servi o non servi tutto il personale della casa era stato chiamato all’appello- e sorrise così tanto quando lo vide che Julius non riuscì a fingere di non vederlo, anche se lo stretto contatto prolungato con Oonan oramai gli dava la nausea. Il momento in cui sentì la mano dell’uomo posarsi sulla sua spalla, dovette fare appello a tutta la sua forza di volontà per non scostarsi.
Quando ciascuno ebbe preso posto e fu calato il silenzio, Hëloise distolse, a fatica, lo sguardo dalla sua interlocutrice e si rivolse a loro: “Vi ho convocati tutti qui perché alla nostra umile dimora è stato fatto un grandissimo onore. La figura che vedete qui, al mio fianco,” accennò con la mano destra alla ragazza “è Sorella Claudia, giovane membro della Sorellanza della fiamma. Quando, qualche cambio fa, ho ricevuto una lettera dalla sua Madre Superiora -Sorella Hortensia-, che mi pregava di ospitare la sua allieva più promettente per quello che sarà il suo periodo di Limbo3, ho ritenuto fosse mio sacro dovere accoglierla ed esprimere la nostra più profonda gratitudine per l’opportunità che ci sta venendo concessa. Voi pregherete per noi, vero, Sorella Claudia? Perché le nostre anime vengano accolte nel caldo abbraccio del Focolare dopo aver abbandonato le nostre spoglie mortali?”
La suora alzò lo sguardo e Julius potè rendersi conto, con suo grande stupore, che non poteva avere che quattro o cinque anni più di lui: “La Vostra gentilezza e generosità non passerà inosservata né al Semprevigile né alle sue Figlie. È per persone che Voi che i tre occhi di Aa splendono le cielo,” Ella accompagnò la sua dichiarazione alzando le tre dita della mano destra e Hëloise ordinò a tutti i suoi dipendenti di imitarla. Julius eseguì, ancora una volta chiedendosi se quella divinità, su nel cielo, si sentisse presa in giro.
“Accompagnerò io stessa Sorella Claudia nelle sue stanze per assicurarmi che la sua sistemazione si confaccia alle sue aspettative. Voi potete tornare nelle vostre camere: assicuratevi, però, di essere più che puntuali domani. Il Semprevigile non ci perdonerebbe mai una mancanza di rispetto nei confronti di una servitrice di sua Figlia”
“Siete troppo buona con me, Mea Domina: Vi garantisco che sistemazioni alquanto più spartane sarebbero state altrettanto appropriate”
Le due donne si avviarono su per la scalinata e Julius ebbe così modo di osservare meglio i movimenti della novizia: la sua esperienza con le discepole della Sorellanza della fiamma era limitata -come già sapete, gentili amici, nessuno nella familia Scaeva era un devoto seguace della religione-, ma ricordava perfettamente il modo la sua matrigna si comportava ai ricevimenti o nei salotti, quando voleva ottenere qualcosa dagli ospiti. Quell’atteggiamento a metà tra il vezzoso e l’ingenuo, quel sorriso un po’ sfuocato che lasciava sempre presuppone un’attenzione minore di quella davvero prestata. La seconda moglie di Atticus non era un genio, ma Julius si era più volte chiesto se, in fin dei conti, non si sapesse muovere in società meglio del padre. 
E quei particolari gli tornarono in mente, perché gli parve di riconoscere quella stessa affettazione nella ragazza che aveva davanti: non capiva se se lo stesse immaginando, se il suo cervello avesse ceduto alla paranoia e vedesse una nuova trappola dove in realtà non c’era, oppure se davvero la giovane donna davanti a lui non fosse chi diceva di essere. E poi, c’era il tono sommesso con cui ella aveva replicato alle parole di Hëloise, in contrapposizione con il portamento sicuro, quasi troppo eretto, troppo rigido, che ella aveva tenuto durante tutta la conversazione…
Cercò di allontanare quelle sensazioni, ragionando che, fosse come fosse, quello non era affar suo e per di più aveva faccende più importanti di cui occuparsi, ma il suo cervello -anche tornando nella sua camera, anche stendendosi sul letto- continuava a ripetersi di continuo quella domanda.
E se...? 
E se...?
Decise che avrebbe fatto meglio a verificare di persona e togliersi il pensiero una volta per tutte.
Beh, quasi di persona.
“Sussurro?”
L’ombravipera alzò la testa: “…Sì…?
“Per tutta questa illuminotte e durante il prossimo cambio, tieni d’occhio la nuova arrivata”
… Sorella Claudia…? … Non ti fidi di lei…?
“Non lo so. Non capisco se i miei sospetti siano fondati o meno, né tantomeno so di cosa io la stia sospettando, ma se sta nascondendo qualcosa ho bisogno di saperlo: ci sono già troppe incognite in questa casa, non intendo aggiungerne altre”
… E sei convinto che osservarla di nascosto ti darà quello che cerchi…
“Sempre meglio che andare direttamente da lei e chiederglielo”
 “… Anche questo è vero…” Il suo interlocutore rifletté per qualche secondo e poi emise un sibilo di assenso “…Tornerò da te la prossima illuminotte, d’accordo…?
“Perfetto”
Sussurro iniziò a scivolare sul pavimento e poi verso la porta.
“Ah, ancora una cosa,” l’ombravipera si girò, già per metà nel corridoio, fissando Julius con i suoi non-occhi. Il ragazzino lo ricambiò con un sorriso flebile: “Sta’ attento, d’accordo?”


 

❊❊❊



Il cambio passò ancora più lentamente del solito.
Senza la presenza rassicurante di Sussurro a tenergli compagnia, Julius si ritrovò a passare ore ed ore in completa solitudine a lavare, asciugare e ripiegare panni che -presumibilmente- avrebbero fatto parte del corredo da destinare alle stanze della suora. Gli capitava, di tanto in tanto, di gettare un’occhiata alla sua ombra e di osservare, con una delusione che lo infastidiva, quando apparisse più chiara adesso che erano solo lui e i soli a produrla: non si era reso conto di quanto si fosse già abituato alla presenza dell’ombravipera ed era una buona cosa, si disse, che l’avesse mandata via per un po’, o avrebbe corso il rischio di affezionarcisi troppo.
E poi, era grato di poter nuovamente sentire la sua paura.
Non vide né Alinne né Lucius -l’una probabilmente rintanata in cantina e l’altro occupato ad aiutare suo padre in qualsiasi cosa stesse facendo- e accolse quella solitudine -totale, completa, per la prima volta dopo settimane- con sollievo misto ad inquietudine: poteva pensare, quello era vero, ma ancora una volta gli mancava il materiale per agire.
Sperò che l’appostamento del suo compagno stesse dando frutti migliori.
Dopo l’ultimopasto, avrebbe voluto andare direttamente in camera sua ed aspettare gli aggiornamenti di Sussurro, ma quel cambio Oonan era stato irremovibile: doveva vederlo. Se, fino all’illuminotte prima, quella sua frase non gli aveva dato particolarmente da pensare, in quel momento, pugno già serrato per bussare alla porta del suo studio, iniziò a temere che il motivo di tutta quella fretta non fosse da attribuire alla carta che aveva sottratto dal cassetto segreto dell’armadio: poteva averlo scoperto? Poteva aver scoperto che era lui il responsabile?
Non aveva avuto ancora né modo né tempo di soffermarcisi -se avesse potuto mettere le mani su un dizionario di certo la questione si sarebbe risolta in meno tempo-, ma aveva concluso che era molto probabile avesse a che fare con la questione di contrabbando in cui sembravano implicati sia il padre di Lucius che il fratello di Alinne. Non si spiegava, però, come fosse possibile che Hëloise non ne fosse solo a conoscenza, non solo lo tollerasse, ma prendesse addirittura parte all’affare: la sua fede al Semprevigile era salda e sincera, non avrebbe mai fatto nulla che mettesse in pericolo la propria salvezza spirituale…
Da dietro la porta gli venne detto di entrare e così fece.
Oonan era appoggiato al lavello, mani dietro la schiena e il suo solito sorriso in volto: “Spero tu abbia passato un buon cambio, Julius,” gli disse, mentre prendeva posizione di fronte a lui.
“Cosa volete che faccia, quest’oggi?” I falsi convenevoli lo avevano sempre esasperato, e in occasioni come quelle, soprattutto, gli sembravano totalmente fuori luogo: sembrava che Oonan si divertisse a prenderlo in giro, a ricordargli, con quella gentilezza non sentita e non dovuta, quale fosse il potere che aveva su di lui.
“Ti vedo piuttosto nervoso. Non hai dormito bene? O forse la presenza di una servitrice di Tsana in questa casa ti turba più di quanto non sei disposto ad ammettere?” Scrollò le spalle “Comunque sia, puoi stare tranquillo: ti volevo vedere solo perché volevo controllare una cosa. Ci vorrà solo un attimo” Dopo aver detto questo, l’uomo si arrotolò una manica della camicia. Si frugò in tasca. Ed estrasse, ancora una volta, il ciondolo di Aa.
Julius cadde subito a terra, il dolore atroce che combatteva con la crescente sensazione di nausea.
Sentiva l’odio del dio che lo bruciava come se si fosse trovato direttamente davanti a lui e ai suoi tre occhi.
Era la terza volta che lo provava, ed era la terza volta che si ritrovava completamente alla sua mercé.
Aveva chiuso gli occhi senza volerlo, come se non vedere il ciondolo potesse in qualche modo impedirne gli effetti, ma anche in quel modo poté sentire il calore farsi più intenso, più insopportabile -e fino ad un attimo prima non avrebbe creduto se gli avessero detto che poteva peggiorare ancora-: Oonan doveva essersi inginocchiato proprio davanti a lui.
Si morse le labbra a sangue, soffocando il gemito che minacciava di uscire suo malgrado.
“Interessante… credevo che con lo sviluppo dei propri poteri un tenebris si rafforzasse, ma non vedo differenza tra il nostro primo incontro…” sospirò “Allora, cosa mi dici Julius? Ti sembra di sentire meno o più male?”
Uguale, avrebbe probabilmente risposto, se fosse stato in grado di parlare.
Ma non riusciva.
Non poteva.
“Mi devi scusare se te lo chiedo mentre sei ancora sotto il suo effetto, riconosco che non debba essere una sensazione… piacevole, ma credo che un parere dato nel bel mezzo dell’esperienza sia più affidabile di uno a posteriori. Allora? Che ne pensi?” E poi, vedendo che non rispondeva “Avanti, dai, fa’ uno sforzo. Una sola parola e lo metterò via”
Julius provò a parlare, a replicare, ma dalla bocca non gli uscì altro che un gemito strozzato. Scosse la testa.
Per favore, avrebbe probabilmente detto, se fosse riuscito a parlare. Per favore basta.
Ma Oonan non accennava ad allontanarsi o a cambiare posizione. Aspettava anche una risposta.
Julius realizzò, in quel momento, che quella situazione non si sarebbe risolta da sola.
Che Oonan non avrebbe abbassato il braccio fino a che non avesse ottenuto ciò che voleva.
Che, anche fosse svenuto quel cambio, la situazione si sarebbe ripetuta invariata in un altro.
Che nessuno lo avrebbe aiutato.
Che, anche se non era possibile, lui avrebbe dovuto parlare lo stesso.
E così si concentrò, si impose di ignorare il proprio corpo che supplicava pietà, fece appello a tutta la sua forza di volontà e riuscì, dopo quelli che furono i secondi più lunghi della sua vita, a mormorare un quasi impercettibile u-uguale.
Il medico fu di parola: un attimo dopo, bruciore e dolore erano svaniti, lasciandogli solo un pulsare sordo nelle ossa.
Sentiva le gambe che gli tremavano, ma non poteva sopportare di rimanere rannicchiato in quella posizione, sul pavimento, perciò si tirò su in piedi quasi immediatamente. Appoggiò, solo, la mano sinistra alla tavola di pietra, con una naturalezza che sperò bastasse a mascherarne lo scopo.
“E così non è cambiato nulla da quando ci siamo conosciuti,” Oonan storse la bocca “Peccato. Speravo di stare facendo passi avanti nel capire cosa esattamente tu sia, ma evidentemente ho ancora tanto da imparare,” poi sorrise, e Julius sentì il bisogno improvviso di vomitargli addosso “Fortunatamente, tu non andrai da nessuna parte per un bel po’, no?”
Julius ignorò la domanda -la ignorò nonostante il suo pensiero andasse a ‘Grave, alla sua casa, a suo padre- e pensò invece a cambiare argomento: “I-il ciondolo,” replicò, rimproverandosi perché, nonostante tutto, la sua voce tremava ancora “È quello d-di mia zia?”
“Tu che dici? Ti sembro tanto facoltoso -o tanto religioso- da potermene permettere uno?”
“Come lo avete preso, allora?”
Oonan accennò un risata: “Hëloise si fida di me, ecco come. Vedi, non permette a nessuno di accedere alla biblioteca, come credo ti abbia detto lei stessa, ma mi capita spesso di dover consultare alcuni dei suoi libri di medicina -a scopo puramente professionale, s’intende- e questo mi dà… una certa libertà. Una libertà che non si limita solo alla biblioteca in realtà” scrollò le spalle e poi continuò, quasi stesse parlando a se stesso “Quella donna ha troppa venerazione per le autorità, spirituali o altro che siano: mi ha confidato, una volta, di tenere tutti i suoi documenti più importanti proprio in un cassetto all’interno dell’altarino, come se la fede bastasse a tenere alla larga i malintenzionati.” Fece una pausa e scosse la testa: “E dire che da giovane…”
Si bloccò di colpo, e fece scattare lo sguardo verso Julius, che nel frattempo aveva ascoltato il suo quasi-monologo con molta, molta attenzione: “Beh, direi che per oggi abbiamo finito. Va’ pure, ti chiamerò quando avrà di nuovo bisogno di vederti”
Julius fu ben felice di potersene andare e si avviò verso la porta, ma, una volta sull’uscio, sentì una nuova ondata di dolore.
Durò meno di un attimo, ma fu abbastanza per farlo inciampare, costringendolo ad aggrapparsi allo stipite della porta per non cadere a terra di nuovo.
“Perdonami,” disse alle sue spalle Oonan, in un tono che era tutto meno che dispiaciuto “Ma volevo essere sicuro che non mi avessi mentito, prima: sai com’è, non si sa mai. Anche quelli come te possono rivelarsi pieni di sorprese”
Le sue parole continuarono a risuonargli nelle orecchie molto dopo che la porta era stata chiusa dietro di lui, mentre si avviava nel corridoio verso la sua stanza. E ogni volta che ci ripensava, sentiva lacrime di umiliazione e rabbia bagnargli le guance.


 

❊❊❊



Sussurro era già arrivato, e Julius fu grato di avere qualcosa da fare che lo distraesse da quello che era successo nell’ultima mezz’ora, perché chiuse subito la porta a chiave, si sedette a gambe incrociate sul letto e aspettò il resoconto del cambio. L’ombravipera, per tutta risposta, lo squadrò per qualche secondo, sibilando piano, ma alla fine sembrò intuire lo stato d’animo del suo compagno, perché si astenne dal fare domande.
Julius gliene fu grato.
… Ho seguito la ragazza fino ad adesso, come mi hai detto di fare… Io non so molto di religione, o di conventi, ma credo che tu abbia ragione: è tutto meno che una suora…
Il ragazzino sentì il cuore che accelerava i battiti, ma si sforzò di rimanere calmo: “Perché lo dici?”
… Dopo che Hëloise le ha fatto vedere la sua camera lei è scesa sotto per aiutare a prendere i suoi bagagli… Aveva una sola borsa, in realtà, e non ha voluto che nessuno la toccasse. Ha detto che è parte della tradizione monacale aiutare il più possibile e lasciarsi aiutare solo lo stretto necessario…4
“Mia zia ci ha creduto?”
… Assolutamente… E come è ovvio nessuno si è sentito di contraddirla… Comunque sia, hanno portato su il tutto e l’hanno lasciata sola in camera: ha detto che doveva prendersi del tempo per ‘pregare e ringraziare il Semprevigile per il viaggio privo di imprevisti e per la generosa accoglienza’…
“Immagino abbia fatto tutt’altro”
… Appena se ne sono andati tutti ha chiuso a chiave la camera, si è tolta velo e casacca e si è infilata un paio di pantaloni tirati fuori dalla valigia… Poi si è stesa sul letto e si è addormentata quasi subito…
“E immagino tu non abbia perso tempo per dare un’occhiata al contenuto della borsa…”
L’ombravipera emise un sibilo di approvazione: “… Non ho potuto vedere bene, perché la ragazza la teneva proprio accanto a sé e aveva il sonno leggerissimo… Si è destata tre volte solo perché qualcuno stava percorrendo la scalinata principale… Avevo paura che l’avrei svegliata se le fossi anche solo passato vicino… Ma ho dato un’occhiata e mi è sembrato di vedere dell’argento…
“Argento come… posate?”
Sussurro scosse la testa: “… Come coltelli…
“Ah,” sapere di avere avuto ragione con così pochi elementi a sua disposizione era senza dubbio una sensazione gratificante, ma Julius non poté fare a meno di chiedersi se, con quelle sue ricerche, stesse aggiungendo l’ennesimo problema ad una lista personale già troppo lunga: “E il cambio? Come l’ha passato?”
… Hëloise non l’ha praticamente mai lasciata sola. Ha voluto passare quasi tutto il tempo con lei, rivolgendole domande spirituali e chiedendole pareri sui libri di testo da lei usate per le preghiere…
“E lei rispondeva?”
… Sembrava preparata… Però l’ho vista esitare su un paio di cose… Tua zia non vi ha dato molto peso, però: credo immaginasse che, in quanto novizia, ella non fosse ancora iniziata a tutti i misteri del culto, ma è anche vero che le sue indagini sono state poco approfondite… Si sono separate solo nel tardo pomeriggio e Sorella Claudia si è subito ritirata nelle sue stanze…
“Ha fatto qualcosa di particolare?”
… All’inizio no… Si è limitata a camminare per la camera, avanti e indietro, svogliata… Non sembrava particolarmente soddisfatta… Dopo un po’ deve essersi stancata, perché ha aperto la borsa e vi ha frugato dentro per un po’: non ho potuto vedere bene come e da dove, ma ha tirato fuori un foglio di carta e l’ha riletto…
“Perché dici ‘ri-letto’?”
… Sbuffava, mentre l’aveva in mano, come se ne conoscesse già il contenuto… Però potrebbe essere stata una mia impressione…
“E immagino tu non abbia idea di cosa vi sia scritto lì dentro”
… Ti ho già detto che non potevo avvicinarmi senza il rischio di farmi scoprire… Sono rimasto lì ancora un po’, giusto per essere sicuro, ma ha rimesso la busta dov’era prima… Poi, ha aperto tende e finestre e ha iniziato a fumare un sigaro…
“Beh, direi che abbiamo appurato che, chiunque sia, non è una suora. C’è altro?”
… Solo una cosa… Mi dava le spalle, quindi stavo per passare dalla porta e tornare da te, ma poi l’ho sentita mormorare qualcosa…
“Cosa?”
… Non ho capito la prima parte della frase… Ma la seconda… La seconda…
“Sì?”
… ‘scomodarsi tanto per uno che si è fatto sbudellare per strada’… Ecco cosa ha detto…
Julius raccolse le ginocchia al petto e appoggiò il mento sopra di esse: “Anche se credessi alle coincidenze, in questo caso sembrerebbero comunque improbabili”


 

❊❊❊



Sei sicuro di quello che hai sentito?” Alinne si sistemò i capelli dietro le orecchie e abbassò lo sguardo, giocherellando con un sassolino. Non sembrava particolarmente sconvolta dalla notizia.
“Sì. Sì sono sicuro. A che scopo raccontarti una bugia?”
“È che mi sembra veramente strano che tu sia riuscito a sentirla senza farti beccare. Insomma, aveva chiuso la porta, no? Mi vuoi davvero far credere di esserti trovato al posto giusto al momento giusto?”
“In effetti è strano… ma, voglio dire, non impossibile,” anche Lucius -a cui Julius aveva deciso di raccontare tutto perché stesse il più lontano possibile da quella ragazza- sembrava scettico. Di certo, però, non poteva raccontare loro il vero modo in cui era arrivato a conoscenza di quelle informazioni: si era trattenuto dal parlare loro della lettera e delle possibili armi -cose che, con una porta chiusa nel mezzo, avrebbero fatto perdere di credibilità alla storia-, ma stava trovando difficile convincere i suoi compagni anche solo che la frase incriminante fosse stata davvero pronunciata.
Non che potesse, in tutta coscienza, biasimarli: neanche lui ci avrebbe creduto, se glielo avessero detto.
Erano in una delle celle della cantina, il buio appena intaccato da una finestrella che sporgeva dal soffitto e il sollievo che aveva provato entrando in quello spazio così poco illuminato gli aveva causato l’ennesimo attacco di nostalgia per la sua camera nelle Costole. Ora che sapeva il motivo della sua sensibilità alla luce, gli sembrava di sopportarla ancora meno.
Avrebbero potuto rimanere lì a discutere per ore, per tutto il cambio, se avessero voluto, ma la situazione non sarebbe cambiata se non si fossero mossi in fretta. E Alinne non era affatto disposta a concedergli fiducia.
Decise perciò di tentare un approccio diverso.
Si alzò, pulendosi con le mani i pantaloni in un tentativo poco convinto di migliorare le loro condizioni, e si avviò verso la porta.
“Dove stai andando?”
Julius sorrise alla domanda: “Nella sua camera,” replicò con noncuranza “Visto che non mi credete, troverò il modo di provarvi che ho ragione”
“Aspetta!” Alinne lo raggiunse e lo fissò dritto negli occhi, braccia incrociate e labbra strette: “Non ho mai detto che non ti credo in assoluto. Ho detto che mi sembrava alquanto improbabile che tu avessi sentito quello che avevi sentito per puro caso
“Quindi sei disposta a fidarti?”
“No. Ma sono disposta a venire con te in quella camera e trovare delle prove per conto mio,” il suo sguardo si indurì ancora “Fino a qualche cambio fa mi avresti lasciato ai Luminatii per strada e adesso vuoi aiutarmi: perdonami, se faccio fatica a darti credito. Nel bel mezzo della ricerca potresti cambiare idea e tentare di fottermi di nuovo”
Lucius emise un suono molto simile ad uno squittio sentendo quelle parole: “Voi volete… volete davvero andare lì? Adesso?”
Julius scrollò le spalle: “Perché no? Insomma, in questo momento lei sarà con Hëloise, quindi abbiamo campo libero”
“Ma… ma lei potrebbe tornare e voi potreste non sentirla e…”
“In questo caso, Alinne farà da guardia mentre io cerco nella stanza”
“Io direi l’incontrario: io cerco e tu fai il palo”
“Non se ne parla”
“In questo caso, abbiamo bisogno di una terza persona”
Non ci fu bisogno di dire altro, perché i loro sguardi si dirigessero all’unisono verso Lucius.
“Io?”
“Avevi detto che volevi aiutarmi, no?”
“Sì… sì certo, ma a nasconderti! Non a metterti nei guai: se mio padre lo scoprisse…”
“E tu non dirglielo”
“Non è così semplice! E poi… e poi, scusate, ma voi non avete paura?”
“E di cosa?” Alinne sorrise senza allegria: “Credi che la mia situazione potrebbe peggiorare ancora?”
Anche Julius non era spaventato, ma per un motivo diverso: poteva sentire la preoccupazione, l’ansia, tutto ciò che avrebbe potuto togliergli sicurezza venire trascinato verso il basso, inghiottito dall’ombra di Sussurro, fusa alla sua. E, suo malgrado, lo apprezzò.
“D’accordo, allora. Sono dei vostri,” Lucius pronunciò quelle parole con una rassegnazione che gli fece quasi pena “Ma ho tutto questo non promette nulla di buono”
“C’è ancora un problema,” disse Julius “La porta sarà probabilmente chiusa a chiave. E non credo sia una buona idea tentare di sottrarla alla sua legittima proprietaria5
“Questo, in realtà, è facilmente risolvibile,” Lucius evitò di incrociare il suo sguardo, ma la sua voce fu ferma, nella replica: “Mio padre non ti ha mai detto di avere un passe-partout che apre tutte le stanze della villa, vero?” E, davanti allo sguardo stupito di entrambi i suoi interlocutori, aggiunse con un sorriso sottile “Lo tiene sotto il cuscino”


 

❊❊❊



Lucius venne lasciato all’imbocco del corridoio, un secchio d’acqua mezzo vuoto e uno straccio vicino a lui per dare l’idea che stesse lavorando: l’accordo era che, se e quando avesse visto Sorella Claudia arrivare, avrebbe dovuto bloccarla sul posto e iniziare a porle quante più domande possibili su questioni di teologia. L’acustica della villa era ottima e si poteva sentire con chiarezza quello che veniva detto nell’atrio dalla camera della sedicente suora: era sufficiente tenere un tono di voce moderatamente alto, che era anche, per loro fortuna, quello che Lucius usava tutti i cambi per conversare.
Alinne e Julius si trovarono davanti alla porta della stanza e si scambiarono uno sguardo, se non complice, almeno di mutua comprensione: una volta infilata la chiave nella serratura, non sarebbe stato possibile cambiare idea.
D’accordo, ci siamo…” sussurrò la ragazzina, tra sé e sé, facendo scattare gli ingranaggi e girando il pomello della maniglia.
Alle sue spalle, le ombre tremarono e Julius trattenne il fiato.
Come era ovvio che fosse, la camera aveva un aspetto del tutto ordinario, con nulla di particolare a contraddistinguerla dagli altri ambienti della villa e la stessa, nauseante luce proveniente dalle finestre.
Julius notò lo sguardo critico con cui Alinne stava squadrando l’ambiente attorno a sé e non poté trattenersi dal sussurrarle, canzonatorio: “Beh, cosa ti aspettavi? Un coltello insanguinato lasciato in bella vista sul letto?”
Lei, per tutta risposta, gli pestò il piede con estremo savoir faire e iniziò ad ispezionare la stanza.
La borsa era in fondo all’armadio, dietro a coperte di riserva e vecchi scatoloni vuoti e rivelò, al suo interno, niente di più che cambi d’abito bianchi, un velo di riserva e un’edizione tascabile di uno di quei testi sacri che nessuno dei due aveva mai letto: nulla di quanto l’ombravipera gli aveva raccontato.
“Beh? Trovato qualcosa di interessante tra la biancheria della suora?”
Julius ignorò il commento, anche se iniziava a chiedersi se Sussurro non si fosse sbagliato: non dubitava della sua sincerità -perché mai avrebbe dovuto mentirgli?-, ma era anche vero che per sua stessa ammissione non era stato in grado di osservare o ascoltare bene quanto avrebbe voluto.
Che stessero davvero perdendo tempo?
No, pensò, non aveva senso farsi venire dei dubbi adesso. Sussurro aveva visto quello che aveva visto e spettava a loro trovarlo: perciò, lasciò ad Alinne il compito di guardare sotto le coperte e il letto -“Potresti darmi una mano, però, invece che fissare il vuoto!”- e tirò fuori, uno dopo l’altro, tutti gli effetti personali di Sorella Claudia, impilandoli con cura a fianco. Una volta che la valigia fu vuota, la prese per il manico e la scosse con violenza.
E sentì quello che aveva sperato che avrebbe sentito.
Un frastuono metallico che tutto poteva appartenere tranne ad una borsa senza nulla dentro.
Alinne si voltò -un’espressione di sorpresa sul viso che a Julius fece più piacere di quanto fosse disposto ad ammettere- e ritornò davanti all’armadio, osservandolo mentre posava la valigia e ne tastava i bordi e l’interno.
Fu lei ad accorgersi per prima che due cuciture non si allineavano alla perfezione. Vi passò sopra le dita della mano, cercando un’intercapedine che rivelasse la presenza di un fondo segreto, e le sue labbra si curvarono in un sorriso soddisfatto quando trovò il buco che stava cercando.
“Ci sono dei bottoni qui… ma sono talmente tanti e così ben allineati che quasi non li ho notati. È il doppiofondo meglio costruito che io abbia mai visto. E, prima che tu lo chieda,” Alinne gli scoccò un’occhiata in tralice “sì, ne ho visti parecchi”
Una volta aperta, la tasca rivelò esattamente il tipo di contenuto a cui Sussurro gli aveva accennato. 
C’erano tre stiletti, lì, disposti con tanta cura da sembrare animali addormentati in una tana, e, anche se nessuno dei due osò toccare le lame, il modo in cui rilucevano alla luce dei soli rendeva piuttosto chiaro quanto essi fossero affilati. A fianco, due boccette dal contenuto ignoto -e perciò sospetto- e un foglio di carta piegato in quattro.
Mentre Alinne fissava affascinata l’impugnatura dei piccoli pugnali, Julius prese il foglio e lo aprì, tendendo al contempo l’orecchio per essere sicuro di sentire la voce di Lucius, nel caso ci fosse stato bisogno. 
Il suo contenuto si rivelò, per sua sfortuna, più deludente di quanto si fosse aspettato: somigliava, più che ad una lettera vera e propria, ad una lista della spesa, un elenco puntato con alcune informazioni essenziali. Informazioni essenziali che, Julius realizzò in fretta, riguardavano sia la città in generale che sua zia. Un nome in particolare catturò la sua attenzione, esattamente a metà della pagina, e lo lasciò alquanto perplesso: Deliquio
Sapeva, per esperienze di seconda e anche terza mano, che il deliquio era un sedativo molto potente che dava facilmente dipendenza: era semplice da reperire -a prezzi piuttosto bassi se non si guardava troppo alla qualità- e veniva usato soprattutto per combattere nevrosi e malattie per eccessiva esposizione alla luce solare. Sapeva, anche, che a ‘Grave c’erano parecchi luoghi in cui si poteva consumare -non vi era mai entrato, ma vi era passato vicino qualche volta e se chiudeva gli occhi poteva sentire ancora l’odore acre di sudore e miseria- e che era l’ultima spiaggia di molti disperati a cui la vita non aveva riservato che tragedie… ma sua zia? Cosa poteva centrare sua zia con una sostanza del genere? Di certo non aveva l’aspetto o le movenze di qualcuno che ne faceva uso abituale. Né, tantomeno, si spiegava perché a quel nome seguisse la parola “verobuio” e poi “Sanguenero”. 
In fondo al tutto, poi, una firma che si riduceva ad una sola lettera: una C puntata, senza altro indizio su chi potesse essere stato a scriverla.
Si girò per chiedere ad Alinne se avesse trovato altro, ma in quel momento sentì la voce di Lucius che risuonava per il corridoio e una scarica di adrenalina gli percorse la schiena: era arrivato il momento di andarsene.
Il suo sguardo incrociò quello della sua compagna e, una volta di più, non ebbero bisogno di parlare per capire esattamente ciò che volevano dirsi: rimettere tutto a posto. E in fretta.
Non riagganciarono tutti i bottoni, né si preoccuparono di ripiegare gli indumenti esattamente come erano prima: l’importante era che la ragazza non si accorgesse immediatamente dell’incursione nella sua camera e che loro non venissero sorpresi nei paraggi nel frattempo. Se anche avesse realizzato che qualcuno era entrato -e che aveva sottratto qualcosa, dato che Julius non aveva intenzione di lasciare quella lettera dove l’aveva trovata- di certo non avrebbe potuto rivolgersi alla padrona di casa per denunciarne la sparizione. E per quanto riguardava trovare i colpevoli… la casa era piena di servi: chi avrebbe sospettato di lui?
Certo, c’era il fatto che il padre di Lucius avesse un doppione delle chiavi, ma questo rischiava di mettere più in pericolo Oonan che suo figlio. E, dopo quell’ultima illuminotte, Julius non sentiva di tenere in modo particolare alla sicurezza dell’uomo.
Così, si scrollò di dosso anche i rimasugli di quelli che avrebbe potuto chiamare sensi di colpa e , dopo aver chiuso a chiave la porta, si affrettò per il corridoio insieme ad Alinne, nascondendosi dietro a un angolo proprio nel momento in cui Sorella Claudia -o qualunque fosse il suo vero nome- faceva la sua comparsa. Lucius, ancora nell’atrio, lanciava occhiate angosciate alla scena e si torturava le mani.
Julius sorrise, divertito, mentre osservava la ragazza girare la chiave nella toppa, entrare e chiudere la porta dietro di sé; solo dopo che il corridoio fu nuovamente silenzioso, si sporse fuori dal rifugio improvvisato e fece un cenno con la mano a Lucius, il cui volto si illuminò vedendoli entrambi fuori.
Avevano decisamente trovato qualcosa, in quella camera.
Ora, l’unico problema era capire cosa.







 

[1] La schiavitù per debiti era, come io credo che voi già sappiate, estremamente diffusa non solo a Godsgrave ma in tutto il continente Itreyano: guardando i cerchi blu che marchiavano la guancia destra dell’uomo che ti stava curando le unghie, leggendo un poema satirico o accontentando… diversi tipi di voglie, era difficile intuire se quell’individuo fosse nato in quella posizione, oppure se vi ci fosse capitato per qualche tiro mancino del caso. Di solito i creditori erano ben contenti di acquistare servitori con poca fatica: motivo, questo, per cui non troverete mai un uomo più ragionevole e cortese di un Itreyano che si sta offrendo di prestarvi dei soldi. Poteva però occasionalmente capitare che una certa persona fosse contesa tra più individui: ciò comportava sempre un certo imbarazzo, perché ovviamente nessuno aveva ancora pensato all’invenzione della multiproprietà ed era molto difficile che qualcuno rinunciasse alla propria parte del credito. Per risolvere la situazione, un legislatore particolarmente saggio redasse e promulgò una legge che permetteva -solo in situazioni simili- lo smembramento della persona in questione: compensazione emotiva al posto di quella liquida, capite?
[2] Non che Julius si fosse adoperato più tanto per entrare nelle loro simpatie. Certo, non aveva commesso alcuna scorrettezza, e l’ambiente estraneo l’aveva dapprima intimidito, ma poi aveva ricambiato la freddezza dei suoi compagni con altrettanta alterigia e qualsiasi curiosità nei confronti del nuovo arrivato si era ben presto dissolta in una coltre di antipatia condivisa. Quando si dice scelta poco oculata
[3] Il Limbo, per un membro della Sorellanza della fiamma, consisteva nel periodo in cui una novizia concludeva il suo periodo di prova all’interno dell’ordine e diventava una suora a tutti gli effetti. Considerando quanto mortalmente noios… ehm, volevo dire, intellettualmente gravosa fosse la vita di una Sorella della fiamma, le madri superiore volevano sincerarsi che le loro pupille non avrebbero subito un crollo nervoso nell’arco di un verobuio: pertanto, chiedevano alle famiglie di concedere ad ognuna di loro un periodo al di fuori del convento, durante il quale l’aspirante suora avrebbe dovuto testare la sua fede dinnanzi al peccato. Se, malgrado le tentazioni del corrotto mondo terreno, ella non avesse vacillato nelle sue intenzioni, allora sarebbe potuta entrare nell’ordine senza indugi. 

Il provvedimento riscosse molto successo tra le novizie, la maggior parte delle quali -lasciate che ve lo dica- erano state costrette a farsi suore per risparmiare alle loro familiae la grana di dividere l’eredità: più di una, infatti, con la scusa di mettersi veramente alla prova, sceglieva proprio la città di ‘Grave come luogo dove trascorrere il Limbo e riusciva a scampare ai voti con la scusa di avere ceduto al “richiamo della carne”. Non solo questo, ma suore ormai decrepite iniziarono a lamentare di non aver potuto mettersi alla prova all’epoca del loro ingresso in convento ed insistettero per sottoporsi allo stesso trattamento delle più giovani. Raramente qualcuna di loro lo superava. 
Come potete immaginare anche voi, l’ordine perse così tante accolite e così tante famiglie si lamentarono presso di esso che la regola fu prontamente abolita. Ma fu bello finché durò.
[4] In quello, almeno, non aveva mentito: le suore erano caldamente invitate all’autosufficienza in tutto. Il che spiega perché spesso fossero più in forma di molti dei senatori…
[5]  Quello, gentili amici, fu uno dei rari momenti in cui l’universo sorrise a Julius e lo graziò con un’intuizione decisiva. Vi posso confidare, in sincerità, che se avessero tentato tale via questa storia sarebbe finita ancora prima di cominciare.





Note finali: E anche questo capitolo è andato! Ormai posso dire che la narrazione è entrata nel vivo al 100%: mi auguro che la direzione che ha preso la storia possa ancora interessarvi e che continuerete a seguire il suo sviluppo mano a mano che gli avvenimenti si dipanano. C'è solo una precisazione che mi sento in dovere di fare, riguardante a storia della schiavitù per debiti e la possibilità per i creditori di smembrare il debitore insolvente: non me la sono -purtroppo- inventata, ma era una legge davvero presente nell'ordinamento civile romano nei primi tempi della Repubblica. Non abbiamo notizie che sia veramente stata usata, ma la sua presenza mi ha sempre... inquietato, ecco.
Spero che aspetterete anche il prossimo sabato e continuerete a seguire gli avvenimenti!
Ringrazio -come sempre- di cuore anche solo chi legge,
QueenOfEvil
   
 
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