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Autore: Il cactus infelice    31/05/2020    3 recensioni
Estate 2020. Il riscaldamento globale colpisce non solo il mondo Babbano, ma anche quello dei Maghi. La frenesia dei social, della tecnologia, sta travolgendo anche i maghi e le streghe. Bisogna tenersi al passo coi tempi.
Ma mentre queste questioni vengono lasciate ai Babbani - che se ne intendono di più - il Mondo Magico avrà un'altra gatta da pelare.
Harry Potter si ritroverà a dover risolvere un altro mistero, forse addirittura a combattere un'altra guerra e questa volta lo riguarda molto, molto da vicino.
Tutto inizia con un ritorno inaspettato una mattina del 10 Luglio 2020.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Famiglia Potter, Famiglia Weasley, I Malandrini, Nimphadora Tonks, Teddy Lupin | Coppie: Bill/Fleur, Harry/Ginny, James/Lily, Teddy/Victorie
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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AL SAN MUNGO


Se i giornalisti avessero avuto la possibilità di intervistare gli Auror e tutti i presenti sul posto, chiunque avrebbe detto come prima cosa di aver trattenuto il fiato. E indubbiamente era così.

La seconda cosa che avrebbero detto sarebbe stata che quello che era successo sembrava essere uscito direttamente dalla scena di un film - ormai quasi tutti i maghi erano familiari con i film Babbani; quei pochi secondi sembrarono avvenire al rallentatore, per poi riprendere velocità non appena il pericolo fu scampato.

E Harry Potter sarebbe stato dichiarato nuovamente l’eroe della situazione. Non bastava che avesse salvato il Mondo Magico da Lord Voldemort ben due volte. 

Con ancora Andrew ben saldo dietro di lui sulla scopa, Harry aveva fatto una virata repentina non appena notato il masso che stava cadendo addosso a Tonks e l’aveva afferrata per la spalla trascinandola via malamente. La poverina non aveva avuto davvero il tempo di realizzare quello che stava per accadere, se non che aveva appena scampato una morte quasi certa. In un secondo momento Harry avrebbe ringraziato mentalmente i suoi riflessi da quidditch - ancora presenti nonostante la mancanza di allenamento - oppure la sua solita sfacciata fortuna. Poco importava, davvero.

“Harry Potter, sempre l’eroe della situazione”, commentò Victoria facendogli l’occhiolino.

“Che vuoi farci? Abitudine”, disse lui facendo atterrare Andrew e affidandolo alle cure dei medi-maghi.

Sirius fu il primo a correre incontro alla cugina, aiutandola a girarsi dopo essere finita con la faccia a terra. Aveva un brutto taglio sulla fronte ma quello era niente in compenso a ciò che sarebbe potuto succedere.

“Stai bene?” le chiese Black.

Tonks si spinse con le braccia per appoggiarsi meglio contro il muro. “Immagino di sì”, disse la ragazza portandosi due dita alla fronte e ritirandole piene di sangue.

“Shay!” Sentirono una voce forte urlare dall’altra parte.

Teddy era ancora inginocchiato accanto al ragazzo - Jeremy - e fissava le proprie mani tremanti. Vedere sua madre rischiare la vita a quel modo, davanti ai suoi occhi stavolta, l’aveva mandato fuori di testa. 

Shay, una collega di Teddy a giudicare dalla divisa rossa, si girò verso di lui dopo aver caricato un ferito sull'ambulanza e lo guardò con curiosità. 

“Vai da quella parte”, le ordinò Teddy indicando col dito verso Tonks

Shay obbedì immediatamente e Teddy potè tornare a rivolgere la propria attenzione al ragazzo sotto le sue mani. Lo aveva stabilizzato ma ora doveva fare in modo di spostare la costola dal polmone e permettergli di respirare normalmente, senza farglieli esplodere. Doveva cacciare via il pensiero di quello che sarebbe potuto essere di sua madre se Harry non fosse intervenuto. No, non doveva pensarci. Doveva lavorare e concentrarsi e salvare la vita a centinaia di altri feriti che erano lì. 

Finalmente, dopo aver fissato la costola del ragazzo in attesa che arrivasse all’ospedale, poté rivolgere la sua attenzione ad altro. Non perse tempo quindi a correre in direzione di Tonks, ancora seduta contro il muretto. Shay se ne era andata pochi istanti prima per soccorrere un’altra vittima ben più grave.

Le si inginocchiò accanto e le prese il volto tra le mani per poterla guardare. “Stai bene? Ti gira la testa? Hai la nausea?”

“Woah!” esclamò lei colta di sorpresa. “Sto bene. Sto bene. Non perdere tempo con me. Ci sono feriti più gravi”.

Teddy sembrò ignorarla e tirò fuori un fazzoletto da una delle tante tasche che aveva sulla giacca della divisa per premerglielo contro il taglio sulla fronte. Poi piegò le labbra in un leggero sorriso. “Non posso certo lasciare un Auror a terra ferito”, disse il ragazzo, ma quello che in realtà avrebbe voluto dire era non posso certo lasciare mia madre ferita a terra.

“Potresti avere una commozione cerebrale”.

“Sto bene. Davvero”.

“Teddy!” Una voce distrasse il medi-mago che guardò verso la ragazza che lo aveva chiamato; Shay inginocchiata di fronte a un uomo steso a terra. “Mi serve una mano per fermare l’emorragia”.

Teddy si alzò e, passando accanto a Sirius, gli disse: “Portala alle auto-ambulanze”. Poi corse verso la collega.

“Direi che hai avuto uno dei figli migliori che si potessero avere”, mormorò Sirius aiutando la cugina ad alzarsi. Questa sogghignò. “Ha preso tutto da me ovviamente. Anche se devo dire che il contributo di Remus si percepisce”.

“Puoi dirlo forte”.



Una volta liberati i feriti non ci furono motivi per tutti gli Auror di restare nella zona del crollo. Si radunarono insieme un’ultima volta per innalzare una barriera e impedire a chiunque di avvicinarsi, anche solo per curiosare, almeno finché non si fosse ripulita l’area dalle macerie. Persino i passanti curiosi e preoccupati se n’erano andati; avrebbero sentito parlare della questione per molti giorni a seguire. I giornalisti, infatti, non se n’erano ancora andati e c’erano maghi con le telecamere che riprendevano.
Harry rimase indietro con un paio di Auror più anziani - tra cui Ron e Adam - e altri membri dell’Ufficio dell’Applicazione della Legge sulla Magia, dell’Ufficio per l’uso improprio delle Arti Magiche e del Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici che aveva chiamato poco prima per capire come fossero andate le cose; il sospetto fin da subito era stato che non si era trattato di un qualsiasi incidente.
James, Lily, Victoria, Giosué e tutti gli altri se ne tornarono alla base; Sirius seguì Tonks al San Mungo.
Nel girarsi su sé stesso per la Smaterializzazione notò che c’erano diversi sacchi neri a terra che venivano portati via poco alla volta dai para-medi-maghi. Nella corsa e nell’ansia di recuperare le persone che erano rimaste ferite sotto al ponte non aveva avuto il tempo di pensare anche a coloro che erano morti. Ma, come gli avevano insegnato sempre all’addestramento degli Auror, bisognava rimanere stoici.
“Non c’è bisogno che rimani con me, davvero, Sirius”, disse Tonks una volta che si fu trovata su uno dei lettini del pronto soccorso del San Mungo. Le infermiere l’avevano fatta accomodare lì e le avevano detto di aspettare un medico. Ma considerata la situazione e il via vai frenetico e ansiogeno dei medi-maghi e degli infermieri, era quasi certa che avrebbe aspettato parecchio tempo.
Sirius chiuse le tende attorno a loro e si accasciò sulla sedia di legno che trovò accanto al letto, cercando di isolare i rumori che sentiva provenire nel resto del reparto.
“Ho mandato un Patronus a Moony. Aspetto che arrivi. Non mi va di lasciarti da sola”.
“Oh, da quando sei diventato un cavaliere”. 

Il cugino le fece la linguaccia e la Metamorfomagus scoppiò a ridere. Remus arrivò prima di quanto gli altri due si aspettassero, portando con sé un’espressione preoccupata.
“Woah! Moony! Come ci hai trovati?”
“Il tuo odore, Pads, si sente da fuori”. 

Sirius sbuffò indispettito e incrociò le braccia sul petto.
“Che è successo?” chiese poi il lupo mannaro avvicinandosi al letto della moglie e osservando la sua ferita sulla fronte. 

“Nulla di cui ti devi preoccupare”, gli disse lei. “Sto bene”.
“Oh sì. E’ stato solo un masso che le è quasi caduto addosso. Se non ci fosse stato Harry… Insomma, una bazzecola proprio”, commentò Sirius in tono piuttosto acido. 

“La tua preoccupazione mi commuove, Sirius, davvero. Però per favore. Non parliamone più”.
“Ne parleremo quando torniamo a casa”, disse Remus allora mostrandosi più calmo dell’amico. Aveva avuto tutto il tempo di preoccuparsi al ricevere il Patronus di Sirius. “A proposito, non ti hanno ancora vista?”
“No. Ma con il casino che è successo, temo che aspetteremo un po’”. 

“Ma cosa è successo? Quel ponte…”.
“Non sappiamo ancora. Harry e alcuni altri sono rimasti indietro per verificare”.
Remus annuì e probabilmente avrebbe detto altro, fatto qualche altra domanda come suo solito, se non che un improvviso suono squillante e piuttosto fastidioso li distrasse tutti quanti. 
Sirius spostò la tenda attorno al letto di Tonks col piede e i tre sbirciarono fuori; un paziente, steso su un altro letto poco distante da loro, stava collassando e i macchinari ai quali era attaccato si erano accesi in allarme. Diverse infermiere si erano precipitate attorno a lui.
“Dottore, è in arresto”, disse una di loro a qualcuno che si stava avvicinando.
Teddy comparve nella visuale di Remus, Tonks e Sirius e i tre lo videro estrarre la bacchetta e puntarla contro il paziente. Una luce chiara lo avvolse e quello rimbalzò sul letto un paio di volte, prima di stabilizzarsi, a giudicare dal suono più regolare dei macchinari.
“Chiamate la dottoressa Tuppet. E preparate della Pozione Rimpolpasangue”, ordinò il giovane medi-mago allontanandosi dal letto del paziente.
“Certo”. 

Poi Teddy si girò dall’altra parte e notò i tre nascosti dietro la tenda che lo osservavano. Inclinò il capo da un lato e si avvicinò con passo tranquillo verso di loro. Si era cambiato, non indossava più la divisa rossa di prima, ma la solita azzurra dei medi-maghi.
“Non ti hanno ancora visitata?” chiese guardando la madre. 

“No, ma io posso aspettare”.
Teddy sospirò e si limitò a prendere uno sgabello dalla postazione vicina per portarlo accanto al letto di Tonks e sedercisi sopra. 

“D’accordo, allora. Fammi dare un’occhiata”. 

Dal cassetto vicino estrasse un paio di guanti di lattice e li indossò con agilità. Poi appoggiò indice e pollice sulla fronte di Tonks, delicatamente, e si avvicinò per osservare la ferita.
“Come sta andando?” gli chiese Remus. 

Teddy, senza alzare lo sguardo ma tirando fuori altre cose dal cassetto - cotone, boccette, garze - rispose: “E’ un casino, come ci aspettavamo. Temo che finiremo tutti tardi oggi”. 

Poi estrasse anche la bacchetta e la puntò alla fronte della madre ripulendo la ferita dal sangue incrostato. 

“Comunque basteranno un paio di punti per quella”. 

“Oh. Non usi un semplice incantesimo di richiusura delle ferite?”
Teddy piegò le labbra in un piccolo sorriso. “No. Lasciano le cicatrici quelli. Hanno inventato dei punti magici che si ispirano a quelli Babbani e non lasciano alcun segno”.
“Ottimo!” 

Il medi-mago stava per mettersi al lavoro quando un uomo alto, con diverse striature di grigio tra i capelli scuri, spostò bruscamente la tenda e guardò prima Sirius e Remus, poi Tonks nel letto e infine posò gli occhi su Teddy che aveva teneva del disinfettante a mezz’aria.
“Lupin, non perdere tempo e vieni a aiutarmi in sala operatoria”, ordinò, sparendo subito dopo nella confusione del pronto soccorso senza lasciare all’altro il tempo di rispondere. 

Teddy sospirò per l’ennesima volta quel giorno. Poi con la coda dell’occhio notò qualcuno dietro di lui. “Elijah!” esclamò. L’amico - arriva pochi istanti prima - si girò e, notando gli altri tre presenti, si aprì in un sorriso allegro. “Ehi!”
“Puoi finire tu qua? McCallaghan mi chiamato per un intervento. Se non hai da fare”.
“Certo!” 

“Grazie!” 

“Ci vediamo dopo”. 

Poi scappò quasi correndo. 

Elijah prese il posto di Teddy e continuò da dove l’altro aveva lasciato. “Vediamo di abbellire questa fronte”. Elijah sembrava l’unico in quell’ospedale ad aver mantenuto un certo entusiasmo nonostante la situazione. 

Per un po’ di tempo, mentre il ragazzo curava la ferita di Tonks, rimasero tutti in silenzio. Fu Remus il primo a interromperlo. “Da quanto siete amici tu e Ted?” gli chiese mostrando una certa casualità, ma in realtà curioso di sapere la risposta. 

Senza smettere di lavorare, Elijah rispose: “Dai tempi di Hogwarts. Ci siamo incontrati nel dormitorio la prima volta e abbiamo legato subito”. Il ragazzo fece una pausa come se stesse pensando a qualcosa, poi in tono più serio - o comunque più marcato - continuò. “Dovete sapere che io non andavo molto d’accordo con la mia famiglia. Quando non stavo a Hogwarts passavo più tempo a casa di Teddy che non nella mia”. 

Sirius, rimasto in disparte e distratto per tutto quel tempo, all’improvviso alzò lo sguardo. 

“Non andavo d’accordo con mio padre e la mia matrigna. Mia madre è morta un anno prima che io partissi per Hogwarts. Eravamo molto legati io e lei, si poteva quasi dire che fosse lei la mia migliore amica. Mio padre è un uomo severo, con delle regole tutte sue, e quindi non gli piaceva che fossimo così legati. Aveva paura diventassi un mammone o qualcosa del genere. Insomma, una di quelle stronzate da padri. Però non stava mai in casa, quindi non aveva molta parola su questo”. 

“Era un Purosangue?” gli chiese Sirius, ora attento. 

“Sì, ma non gli interessavano quelle stronzate. Semplicemente gli interessa solo il suo lavoro e apparire bene davanti ai colleghi, alla società. Un figlio troppo legato a sua madre non gli faceva fare bella figura. E io ero molto timido e introverso”. 

“E come è morta tua madre, se posso chiedere?” 

“A un certo punto si è ammalata”. Mentre parlava, Elijah continuò a lavorare. Sembrava che raccontare tutto quello gli risultasse più facile se si teneva distratto e non guardava nessuno. “Qualcosa che aveva a che fare col cervello, i medi-maghi non hanno mai capito bene cosa. In ogni caso era incurabile. Aveva degli episodi… di isteria… si metteva a urlare a caso, si faceva del male da sola. Una volta ha aggredito un passante perché pensava le volesse rubare la borsa, ma il poveretto stava solo attraversando la strada. Gli elfi domestici non riuscivano a tenerla a bada e quindi mio padre non ha perso tempo a farla ricoverare al Reparto di Malattie Mentali del San Mungo. E ammetto che a un certo punto è diventata difficile da gestire e che ci voleva pazienza e tempo, ma… Mio padre non le è mai stato particolarmente legato, almeno non da quanto l’ho conosciuto io. Penso non vedesse l’ora di liberarsene. Una moglie pazza non faceva bene alla sua immagine”.

Gli altri tre grugnirono o borbottarono sottovoce. Avevano avuto a che fare con persone di quel tipo diverse volte nella loro vita, soprattutto Sirius, la cui famiglia non era certo un esempio di affetto e amore. 

Non potevano che mostrare la propria empatia per Elijah ma nessuno di loro sapeva cosa dire.

“Al San Mungo riempirono mia madre di medicine, tanto che non sembrava più lei. Era sempre stata una persona allegra e piena di voglia di fare. Lì non faceva che dormire e trascinarsi in giro confusa. Non durò nemmeno un anno. Penso capisse più o meno, a tratti, cosa le stesse succedendo e… Be’, non voleva vivere quella vita. Si impiccò nella sua stanza di notte, usando le tende della finestra”.

“Oh, Elijah… Mi dispiace così tanto”, mormorò Tonks dolcemente, guardando il ragazzo con occhi simpatetici. Nel frattempo lui aveva finito di metterle i punti e si era allontanato, lo sguardo perso da qualche parte mentre riponeva gli oggetti. 

“Oh be’. È stato terribile, lo ammetto, però pensandoci oggi… so che può sembrare brutto da dire ma mia madre non poteva e non voleva vivere quel tipo di vita. Quindi, mi piace credere che ora stia meglio e che sia in un posto migliore”.

Sirius si trovò ad annuire vigorosamente. “Sono sicuro anche io che sia così”.

“Quindi tu e Teddy…”, fece Remus. Era commosso da quella storia ma non era sicuro dove volesse andare a parare con l’amicizia tra lui e suo figlio. Gli sembrava di aver perso un pezzo.

“Oh certo!” esclamò il ragazzo riprendendosi in un istante e tornando a sorridere, ora un po’ imbarazzato. “Come al solito ho divagato. Dopo la morte di mia madre, mio padre non perse tempo a risposarsi. E se a mio padre io non stavo particolarmente simpatico, sua moglie non sembrava proprio tollerarmi. Non che a me importasse, a quel punto ero già partito per Hogwarts e avevo conosciuto Teddy. Quindi passavo sempre del tempo a casa sua, da Andromeda o Harry. Se i Natali a casa mia erano freddi e distaccati, da lui erano sempre pieni di gente che gridava, rideva, si scambiava regali con quei maglioni colorati che faceva la Signora Weasley. Andavo d’accordo con tutti lì dentro. Praticamente mi avevano adottato come un trovatello. E io lo adoravo. Alla mia famiglia nemmeno importava che non stessi con loro, mi volevano fuori dalle palle il più possibile”.

Sirius sorrise trovando sempre più somiglianze con un altro tipo di storia, la sua, tanto che la cosa gli parve un po’ inquietante.

“E al settimo anno, qualcosa di simile a ciò che accadde a mia madre sembrò accadere pure a me”. 

Di nuovo un velo d’ombra scese sulla stanza. Sembrava si stesse di nuovo andando a parere verso qualche parte oscura della storia.

“Avevo iniziato anche io a soffrire di episodi, avere allucinazioni, cambi d’umore repentini… Mio padre era convinto che avessi la stessa malattia di mia madre. I problemi mentali possono essere ereditari. Lui e sua moglie erano pronti a farmi ricoverare, come se si fossero dimenticati che cosa ciò ha fatto a mia madre. Ma credo che a quel punto non gli importasse, volevano solo liberarsi di me. Per fortuna Teddy si rifiutò di credere che fosse quello. Eravamo al settimo anno e lui in quegli ultimi mesi aveva divorato libri sulla medicina. Quindi aveva scoperto, forse un po’ per puro caso, che avevo semplicemente avuto un infiltrazione di Nargilli. Mi erano entrati dalle orecchie mentre vagavo vicino alla Foresta Proibita e avevano fatto casino col mio cervello”.

“Nargilli?”

“Sì! Liberarsi di quelli è molto più semplice che curare un disturbo mentale, credetemi. Teddy mi ha praticamente salvato la vita. Ha mostrato a Madame Chips che si trattava di quello e quando li hanno tolti sono tornato come prima. Nessuna malattia mentale. E io ho smesso di parlare con mio padre”.

“Oh”.

Elijah si alzò dalla sedia e si tolse i guanti che fecero un suono scoppiettante nell’arrotolarsi su sé stesse. 

“Che cerotto vuoi? Neutro o colorato?” chiese poi a Tonks, cambiando argomento come niente fosse.

“Colorato ovviamente!”

“Con le puffole pigmee va bene?” le domandò tirando fuori il suddetto cerotto.

“Benissimo!” 

Elijah glielo applicò sulla ferita e sorrise soddisfatto. 

“Ora devo proprio andare. Ma se dovessi avere nausea o capogiro, chiamami immediatamente”.

“Certo!” 

Quando il medi-mago uscì, Sirius, fermo ancora nell’angolo dove si era posizionato, guardò verso Remus che ricambiò il suo sguardo con un altro che portava un’aria di intesa. Per quanto quella storia lo avesse da un lato commosso, dall’altro non poteva che sorridere all’ironia di come alcune storie sembrassero ripetersi in un sorta di eterno ritorno. Però era contento che Elijah avesse trovato in Teddy quello che Sirius aveva trovato in James: un amico, un rifugio, una famiglia.  



“Signor Potter!”

Harry si girò verso la voce del capo del Dipartimento delle Catastrofi e degli incidenti magici che gli stava venendo incontro. 

Ormai la zona era stata liberata da tutti i curiosi e giornalisti. “Abbiamo la conferma che non si è trattato di un incidente. Il Ponte è stato sabotato. Qualcuno ha messo delle Pozioni esplosive nel terreno”.


*** 


Buongiorno a tutt*!!
Come sono andate queste due settimane senza di me? Vi sono mancata?
Eccomi qua con l’aggiornamento, puntuale puntuale come avevo promesso. Che ne dite? Forse qualcuno troverà banale che sia stato Harry a salvare la povera Tonks, ma francamente a me sembrava la cosa più logica e, be’, è Harry. E’ sempre l’eroe della situazione.
In generale, però, non so se sono soddisfatta di come è venuto questo capitolo, se non per l’ultima parte dove Elijah racconta la sua storia (che era da un po’ che smaniavo per scriverla).
Mah, ditemi voi.
E per chi non avesse visto, questa settimana ho aggiornato di nuovo anche In un battito col settimo capitolo se volete leggerlo :) 


Ora lascio la parola a voi.
A presto,

C.


   
 
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