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Autore: Ladydevilexo16    31/05/2020    1 recensioni
TRATTO DAL PRIMO CAPITOLO:
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La scena si ripete, la stessa scena da giorni, settimane ormai. Io solo in casa, seduto sulla mia poltrona, che tossisco, tossisco e mi fiondo in bagno a vomitare sangue e quei dannatissimi petali viola che amo ed odio allo stesso tempo.
Quei petali che mi fanno pensare a John...
L'uomo che amo.
Quegli stessi petali che saranno la causa della mia fine, la fine di tutti quei momenti che ho vissuto e sto vivendo con il mio coinquilino...
La fine della mia vita...
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Buonasera! Rieccomi con il capitolo 7, non che il penultimo molto probabilmente... spero vi piaccia. Buona lettura! 😘 P.s. se mi lasciate un commentino mi fareste molto felice... Senza obblighi ovviamente.

 

 

I giorni passano, lenti, tutti uguali. Vuoti. È rimasto solo il dolore. Da quando, da quando lui… Non riesco nemmeno a dirlo. Non ci riesco. Al ricordo mi si forma un nodo in gola e le lacrime mi inondano gli occhi, offuscandomi totalmente la vista. Sono passate esattamente quattro settimane. Quattro settimane da quel giorno in cui mi è crollato il mondo addosso, da quando ho perso l’uomo che amo. Un mese Intero senza né vederlo né sentire il suo profumo, quello del dopobarba, che usava tutte le mattine. Un mese senza sentirlo o vederlo gironzolare nell’appartamento, facendo strani esperimenti discutibili o sparare al muro in piena notte. Un mese, ed è solamente il primo.  Non tornerà, è… lui, è morto. Non tornerà mai da me. Manco me ne sono accorto, ma le lacrime continuano a sgorgare dai miei occhi imperterrite. Mi fa male il petto, prima una poi due e tre fitte lancinanti. Ormai sono sempre più frequenti. A volte fa così male da non riuscire nemmeno a respirare. Mi manca…

 

Il mio corpo si muove da solo, va avanti per inerzia. La testa non controlla più le azioni. Prima di renderne pienamente conto mi ritrovo seduto sulla poltrona in mezzo al salotto, stringendo tra le mani la stoffa dei braccioli. La poltrona, quella di Sherlock… Stringo ancora più forte tra le mani il tessuto inspirando forte, mi ci aggrappo. Mi sento precipitare. Chiudo gli occhi e cerco di inspirare il più possibile il suo odore, quel poco impregnato ancora nella stoffa. Ed eccole di nuovo, le lacrime. E poi i petali. Quei petali che comunque continuo a vomitare. Eccoli lì, sul pavimento a prendersi gioco di me. Qualche istante più tardi, con le lacrime ancora a rigarmi il viso, la gola in fiamme ed il petto trafitto da lancinanti fitte di dolore mi addormento esausto. Lì su quella poltrona. La sua…

 

Ho deciso di tornarci, oggi. Ho deciso dopo un mese intero di tornare da lui. Dopo il funerale non ho più messo piede al cimitero, non ho più rivisto la sua lapide. Non ne avevo la forza. Ma la ricordo, è impressa nella mia mente, indelebile. Il freddo marmo nero, il suo nome scritto in eleganti caratteri oro. Non ce l’ho fatta fino ad ora, perché vedere la sua lapide fa male, infinitamente male. Rivivo di continuo la sua caduta, e mi sento morire. Ma oggi ne ho bisogno, lo sento. Ho bisogno di sentirlo almeno un po’ più vicino.Mi manca, mi manca come l’aria nei polmoni. Ne ho bisogno davvero. Mi manca ogni giorno un po’ di più… Senza di lui non ce la faccio. Fa troppo male.

 

Non so quanto abbia dormito, non molto probabilmente. Non riesco più a dormire ormai. Due, forse tre ore per notte. Stanotte è successo di nuovo. Mi sono coricato verso le 11, quando, un paio di ore dopo circa, un attacco violento di tosse mi ha svegliato. Ho vomitato di nuovo petali bianchi e sangue. Apro gli occhi, sono ancora lì nella sua poltrona. Mi sfrego un occhio, la pelle tira. Lacrime secche, mi sono addormentato piangendo. Mi alzo lentamente e mi dirigo in cucina, metto su l'acqua per il thè. Mentre aspetto che l'acqua bolla getto uno sguardo al orologio. Mezzogiorno. Ho dormito poco più di un ora. Non ho nemmeno voglia di mangiare. Verso il thè e aspetto qualche minuto. Sono totalmente assorto nei miei pensieri. Mi porto la tazza alle labbra e faccio un sorso del liquido bollente.

 

Alzo lo sguardo, fuori dalla finestra. Londra scorre frenetica come sempre. Già, non è cambiato niente da quel maledetto giorno… è ancora tutto come prima, è tutto al suo posto… eppure è cambiato tutto, per me. Lui non è al suo posto. Non è nel posto in cui dovrebbe stare. Qui con me… Nulla è più come dovrebbe essere e non lo tornerà mai. Un paio di lacrime solitarie mi solcano il viso, mentre il volto di Sherlock mi si stampa dietro le palpebre, che ho chiuso per qualche istante. Ho pensato più di una volta di andarmene da qui. Dopo la sua morte ho pensato davvero di trasferirmi, allontanarmi dal 221b e da tutto quello che rappresenta. Non l’ho fatto. Non ci sono riuscito.

 

Le ore passano, non faccio molto. Me ne sto ancora lì sulla poltrona, la sua. Non lo faccio quasi mai. Non mi ci siedo quasi mai. Mi sembra di deturpare, contaminare, invadere uno spazio che non mi appartiene. Uno spazio che appartiene e apparterrà sempre a lui. Ma oggi no, ne avevo bisogno. Perché mi manca, più del solito. Più di ieri, ma meno di domani. Con un profondo sospiro mi alzo, lasciando il tessuto morbido che mi ha accolto fin ora. Vado in camera mia a vestirmi per uscire. È il momento di tornare da lui. Apro l'armadio e inizio a buttare sul letto i miei vestiti. Non so cosa mettermi. Resto lì qualche minuto ed inizio a chiedermi per quale motivo lo stia facendo. Per quale motivo sto scegliendo i miei abiti come se stessi andando ad un appuntamento!? Infondo andrò al cimitero, andrò soltanto a piangere sulla tomba del uomo che amo. Diversi, violenti colpi di tosse mi riscuotono dai miei pensieri.

 

La gola fa sempre più male, sembra che mi risalgano da essa schegge di vetro o metalliche. Faccio appena in tempo a portarmi la mano davanti alla bocca che chi vedo cadere i soliti petali di fresia. Li osservo. Non credo di avervi mai fatto caso prima d'ora, ma sono così maledettamente azzeccati quei petali per Sherlock. La Fresia, il fiore del fascino verso l'ignoto e il mistero.  Proprio come quello che possiede lui. Il fiore del amore platonico, quello che non ci siamo mai dichiarati, quello che io non gli ho mai dichiarato anche se agli occhi di tutti era palese da sempre. E dell’amicizia duratura. Quella che ci ha legato da subito e che si è rafforzata nel tempo, prima di sbocciare in quei sentimenti che ora provo per lui.

 

Alla fine opto per un maglione nero, pantaloni semplici dello stesso colore e una camicia bianca indossata sotto al maglione, lasciando spuntare solo il colletto. Infilo le scarpe ed il mio solito giacchetto nero ed esco di casa. Ho preso anche il bastone. Era parecchio tempo che non lo usavo più, ma, da quando Sherlock non c’è, ho ricominciato, la gamba ha ricominciato a farmi male, tremendamente. Il viaggio in taxi è silenzioso e infinitamente lungo. Anche se arrivo a destinazione meno di dieci minuti più tardi.

 

Mi aggiro tra la fredda pietra che caratterizza quello posto triste e desolato. Non arrivo subito alla sua tomba, anche se so esattamente dov’è collocata. Pur essendoci stato solo una volta prima di adesso. Cerco di rimandare l'inevitabile il più possibile. Ma alla fine, eccola, si staglia a pochi metri davanti ai miei occhi, facendosi beffe di me. Mi avvicino, l’unica cosa che riesco a fare è allungare una mano e toccare il freddo marmo nero, traccio con le dita il suo nome inciso in oro. Mi accascio a terra, le lacrime iniziano a scendere come un fiume in piena che rompe gli argini. La testa pulsa di dolore, gli occhi e la gola bruciano, il mio corpo è come paralizzato, lì in quella posizione. Un altro colpo di tosse, poi tanti piccoli petali bianchi insanguinati cadono sul terreno davanti a me. Mi sembra di rivivere la stessa scena del funerale.  Io nella stessa posizione, i petali per terra. Io che confesso ad alta voce di amarlo, e le parole mi escono da sole, senza poterle controllare. E stavolta quasi lo urlo. “Io ti amavo, io ti amo Sherlock…” La mano destra pulsa, tra le lacrime vedo che è sporca di sangue, un taglio è presente ora sulla pelle. Senza rendermi conto ho cominciato a tirare pugni al marmo, fino a tagliarmi. Continuo a piangere.

 

Poi, qualche istante dopo sento qualcuno inginocchiarsi di fianco a me. La testa fa ancora male e gli occhi sono offuscati dalle lacrime, non do importanza a chi sia… errore. Infatti subito dopo sento una mano posarsi tra i miei capelli facendomi posare il capo su un petto caldo. Questo profumo penso. “perdonami John…” “la sua voce… non è possibile…” “perdonami.” Un singhiozzo, il suo o il mio? Non lo so. Chiudo gli occhi, le lacrime aumentano poi diventano violenti singhiozzi che mi scuotono il corpo intero, quando nel mio campo visivo ancora velato di lacrime scorgo il colletto alzato di un cappotto blu.

 

 

   
 
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