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Autore: mgrandier    01/06/2020    13 recensioni
La vita è un rincorrersi di fasi differenti, nelle quali si alternano sentimenti, emozioni e priorità diverse, che ci inducono a compiere scelte e finiscono per dare un’immagine di noi parziale, evidenziando un aspetto piuttosto che un altro. Per questo, in un puzzle di fasi e punti di vista, ogni storia corre tra alti e bassi e modifica continuamente lo spunto per la lettura di quello che sta accadendo; per questo, volta per volta, è questione di …
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Nuovo personaggio, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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1 – … pelle
 
Nella penombra della camera, si mette a sedere sul bordo del letto, lasciando che le gambe scivolino da sotto le lenzuola stropicciate, fino a posare i piedi nudi a terra, quasi stesse cercando un qualunque contatto con la realtà. Piegandosi in avanti, punta i gomiti sulle cosce e solleva i palmi aperti, nascondendovi d’istinto il viso; preme con forza le dita sugli occhi, ma le macchie brune che si fondono con il buio che lo avvolge non riescono a redimerlo da nessuna delle immagini che tornano ad insinuarsi nella sua mente.
Impossibile fermare dei ricordi che vanno ben oltre le immagini che si affollano tra le sue tempie, sovrapponendosi in un turbine prepotente che finisce per deflagrare in brividi caldi lungo la schiena; brividi che lo hanno scosso, e continuano a farlo, andando dritti a pungere il suo corpo proprio là dove tutto il desiderio, contro il quale si era imposto di lottare per settimane, sembra aver trovato sfogo in un’unica notte di fine estate.
Scuote il capo, soffiando tra le labbra tese tutto il fiato che ha in corpo, e poi socchiude gli occhi, filtrando tra le ciglia nere la realtà della propria camera, l’ampia parete vetrata aperta sulla loggia e, più oltre, il panorama della piazza lunga e stretta sulla quale si affaccia il suo piccolo appartamento; la città pare ancora assopita nel torpore del primo mattino, a giudicare dalle poche, soffuse, voci che gli giungono lontane, quasi da un altro mondo.
- Saranno sì e no le sei … - mormora tra sé, valutando quei bisbigli cittadini e la luce limpida del cielo del nord, mentre cerca un modo per distrarsi.
Non hanno nemmeno chiuso le lunghe tende, la sera precedente, e, come spesso accade, hanno atteso che il sole affogasse oltre i tetti scuri dei palazzi del quartiere, portando con sé anche l’ultimo riflesso caldo di quella giornata, fino a perdersi nel buio rassicurante della notte; ed ora lo stesso sole caparbio e indifferente ai suoi problemi, torna a illuminare Amburgo, la piazza e la sua camera, venendo quasi a riscuotere il conto per quelle ore di tregua concesse.
Abituandosi alla luce, riconosce a terra la stoffa scura dei boxer e, con un gesto rapido, si affretta a raccoglierli, sentendosi quasi a disagio, per infilarli con un unico gesto; poi si leva dal grande letto per aggirarlo e raggiungere il disimpegno con passi nudi e silenziosi, attento a non fare alcun rumore. Giunto alla soglia della stanza, con il braccio sollevato e la mano aperta, poggiata allo stipite, rimane per qualche istante bloccato, incerto su come sia meglio affrontare non solo quel giorno, ma anche tutti quelli a venire.
Si sorprende per quel tentennamento, per quello strano senso di insicurezza che gli pare estraneo a se stesso; soffoca un accenno di sorriso, prendendosi gioco di sé, perché la situazione in cui si è deliberatamente cacciato, lo ha messo alla prova ben di più di quanto non avrebbe potuto immaginare.
Disciplina e razionalità, sempre e comunque! Era sempre stato il suo motto; il tormento con cui mister Mikami lo ha praticamente cresciuto, forgiando il suo carattere deciso e il suo corpo dalla forza innata nel portiere statuario e indomito che era diventato, e in quel momento gli pare di riuscire a riconoscere la stessa voce e lo stesso monito nella cantilena con cui la sua coscienza lo redarguisce, come un diavolo bigrigio appollaiato sulla spalla.
Possibile che riesca a provare sensi di colpa per essersi concesso di dare voce ai propri sentimenti? Non riesce a capacitarsi del fatto che la sua educazione lo abbia segnato così profondamente, tanto da tremare al solo pensiero di aver concesso al proprio cuore di guidarlo fino a quel punto.
Si volge alle proprie spalle, cedendo all’istinto di guardare davvero in quella camera, perché fino a quel momento, si rende conto, ha guardato dovunque, tranne che in direzione del letto, là dove, ne è consapevole, ogni ricordo, immagine o sensazione che sia, prenderebbe la forma di un confronto con la realtà che, prima o poi, deve giungere, strappandolo definitivamente dal cumulo di pensieri in cui si sta crogiolando e struggendo.
Vedere quella sagoma snella, quel corpo sinuoso intuibile tra le lenzuola bianche gli spezza il respiro.  Assottiglia lo sguardo, scrutando il volto nascosto e i capelli lunghi, scuri come ebano e che ora sa morbidi come seta, sciolti sul guanciale; scivola lento lungo le spalle scoperte, seguendo la curva della schiena morbida che si insinua sotto un lembo di stoffa, fino a perdersi oltre la curva intuibile del fianco. Il movimento lento delle spalle gli dona un soffio di tranquillità: dorme ancora e probabilmente il risveglio non arriverà molto presto, ma quella vista gli è stata sufficiente per recuperare almeno in parte le proprie certezze. Perché quella notte non è stata una follia o una debolezza, e nemmeno una avventura vissuta con leggerezza (quelle, lo sa ormai da tempo, non fanno per lui). No! A quella notte è giunto dopo un lungo percorso fatto di lente spirali, di strappi inattesi, di speranze e di passi mossi a ritroso, e sebbene non riesca ancora a immaginare come quella strada possa proseguire, tuttavia sente in un angolo remoto del proprio animo la certezza di aver preso l’unica scelta possibile per la sua stessa salute mentale. Sì! Ha maturato un’unica sicurezza: quella di non essere stato avventato, ma di aver, anzi, agito con attenzione, scrutando per giorni e giorni ogni segnale, ogni sguardo, ogni sorriso e ogni brivido … perché quello è il suo modo di affrontare la vita e davvero, nonostante i dubbi iniziali, con il trascorrere del tempo gli è parsa la scelta giusta.
Rinfrancato da quei pensieri e con un sorriso leggero a tendere le labbra, si decide a muoversi, superando il disimpegno e procedendo nel soggiorno, avvicinandosi al bancone con l’unico intento di distrarsi preparandosi la colazione, nonostante sia ancora presto, per mettere a tacere almeno lo stomaco, se non la coscienza che ancora cerca di alzare la cresta. Aperta la dispensa, tenta di mettere a fuoco il caleidoscopio di scatole che gli si para davanti, una montagna di confezioni multicolori, per la maggior parte aperte, che condensano all’interno dello scomparto una confusione di profumi che spaziano dal delicato sentore di camomilla all’aspro odore di erbaccia stantia. Arriccia il naso, faticando a comprendere come la sua sguarnita dispensa si sia tramutata in un bazar della tisana salutare e quindi, spostando qualche confezione, gli pare di riconoscere, in fondo al ripiano, l’involto lucido del tè nero, l’unico che lui abbia mai bevuto e acquistato di sua spontanea volontà. Armeggia per qualche istante, cercando di sfilarlo dalla stretta del disordine e quando gli pare di aver vinto la battaglia, concentrato su ogni minimo movimento, lo squillare improvviso del telefono lo coglie di sorpresa, tanto da farlo sobbalzare, lasciando la presa dalla confezione del tè per ritrarsi di scatto, rischiando di svuotare la dispensa in un colpo solo.
Ricorda di aver lasciato il cellulare sotto carica la sera precedente, proprio sul ripiano della cucina e si allunga per afferrarlo, chiedendosi chi mai possa pensare di chiamarlo a quell’ora del mattino. Preso il telefono tra le mani, tuttavia, realizza immediatamente che la situazione che già, al risveglio, gli era parsa complessa, si sta complicando ulteriormente. Indugia qualche istante, osservando con una sottile sensazione di panico l’immagine di Tsubasa, sorridente e abbracciato alla sorella, fotografia che ricorda perfettamente di aver scattato lui stesso; arriccia d’istinto il naso, chiedendosi da quando, l’amico, l’abbia messa come foto del profilo. Poi scuote il capo e trae un profondo respiro, quindi passa l’indice sullo schermo, scacciando l’immagine molesta e recuperando il proprio migliore tono sicuro.
- Pronto! –
- Wakabayashi! – lo investe l’amico con il suo innato entusiasmo – Credevo di conoscerti abbastanza da sapere che non sei uno che fa le ore piccole … ma al quarto squillo ho iniziato a temere che fossi ancora a letto! –
- Beh, in realtà hai mancato di poco l’obiettivo di farmi da sveglia. – gli risponde cercando di restare calmo, evitando ogni parola che possa essere di troppo.
- Lo immagino, ma siccome ti ho mandato almeno trenta messaggi ieri sera e non li hai ancora nemmeno letti, ormai non potevo fare altro che chiamarti … - riprende l’altro, senza lasciargli nemmeno il tempo di intromettersi; quindi si limita a buttare un’occhiata alle notifiche dove, in effetti, sono segnalati oltre trenta messaggi in sospeso – Comunque, avrai tempo di leggerli; il concetto è questo: ieri ci hanno avvisati che, per non so quale impedimento del mister, la ripresa degli allenamenti sarà posticipata di una settimana ancora e siccome ho trovato un volo diretto per Amburgo già per questa mattina, non ho perso tempo. Sono al check-in e parto tra un paio d’ore … Ah, ecco i documenti … prego … - si interrompe Tsubasa, evidentemente impegnato con il personale al banco - … e questo è il biglietto… Ti chiamo quando atterro! – torna a tuonare diretto a lui – Non vedo l’ora di rivedervi e di controllare se stai tenendo bene quello che hai in custodia! -
Resta di stucco, abbandonando il cellulare sul banco senza nemmeno chiudere la chiamata, mentre la voce di Tsubasa diventa lontana e confusa, fino a scomparire del tutto.
Si gira perplesso, puntando il fianco al mobile e lasciando che il proprio sguardo si perda nell’ambiente che ha di fronte: il tavolo per il pranzo con quattro posti a sedere, il moderno mobile con la tv, quell’orrendo tavolino basso e, infine, il divano letto che in passato era utilizzato dall’ospite, ma che la notte scorsa è rimasto intonso.
Si porta una mano alla fronte e poi riporta la propria attenzione alla dispensa; infine, gonfia il petto in un respiro profondo, certo che quel giorno sia il caso di iniziare con una tisana rilassante.

Angolo dell'autrice:
E' il mio esordio in questa sezione, dopo anni trascorsi altrove, e mi sento come una primina che fa il suo ingresso in aula.
Mi tremano le mani, mentre pubblico ... consapevole di raccontare i personaggi in modo tutto mio e al contempo desiderosa di scoprire se qualcuno si unirà a me in questo viaggio.
Ma se ci siete, e siete arrivati fino qui, vi ringrazio fin d'ora.
  
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