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Autore: Shora    01/06/2020    2 recensioni
Può l'amore esistere tra persone separate da secoli di differenza? E se ciò accadesse che ripercussioni avrebbe sugli anni a venire? Il destino ha deciso di unire tre ragazzi. Amore, morte, misteri... Cosa nasconde Parigi che tutti ignorano? Che segreti custodiscono le persone che ognuno di loro pensava di conoscere?
Ecco a voi il primo capitolo di quella che spero cresca e diventi una trilogia. Buona lettura e spero vi piaccia XD!
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Chloè, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo dodici:
Dopo l’iniziale sorpresa ripresi in mano la situazione e, dopo aver vagliato una serie di emozione, decisi che uno sguardo arrabbiato era la scelta migliore.
«Mi stavi pedinando?» domandai invece io.
«Sai com’è, quando qualcuno ruba in casa tua vuoi sapere cose uno tende fare con la refurtiva.» Ahia, le sue parole fecero un po’ male.
«Cosa sei andata a fare nel 1421?» mi chiese. Mi morsi la lingua.
«Marinette, qualsiasi cosa sia per favore dimmelo! Hai ucciso qualcuno? Sei nei guai?» nonostante la situazione non fosse delle migliori non riuscii a trattenermi e scoppiai a ridere. Come poteva pensare che avessi ucciso qualcuno?
«Non è divertente Marinette.» mi disse lui, abbastanza piccato. «È da quando ci siamo separati che sei diventata strana. Io davvero posso aiutarti, ma devi aiutarmi a capire!» aveva uno sguardo così sincero, così profondo. Il mio cuore fece una capriola nel petto.
«Io… io ho parlato con Tikki.» le parole uscirono come un sospiro e fui incapace di trattenerle. Adrien mi guardava in attesa, il suo sguardo era una silenziosa incitazione ad andare avanti.
«La verità è che sto ancora cercando di capire. Adrien, tu sei sicuro di essere schierato dalla parte giusta per questa missione?» lui mi mando un’occhiata confusa.
«Cosa vuoi dire?»
«Pensaci… non sappiamo nemmeno per cosa stiamo viaggiando avanti e indietro nel tempo. Non ti pare strano?»
«Io mi fido di mio padre. Se non ha voluto dirci cosa cerchiamo avrà le sue buone ragioni.»
«Ne sei certo? Io credo che invece la cosa vada molto al di là di noi. Qualsiasi cosa stiamo cercando non va trovata Adrien.» insistetti. «Credo si tratti di qualcosa di molto pericoloso...» aggiunsi poi, piano. Il ragazzo non disse nulla, ma sembrava molto pensieroso. Dopo qualche secondo di completo silenzio mi guardò.
«Perchè non mi ha detto nulla?»
«Avevo… ho paura che tu lo dica a tuo padre. Prima di affrontare questo discorso devo cercare di capire. Volevo raccogliere prove e...»
«Dobbiamo.» mi interruppe il ragazzo.
«Come?» chiesi confusa, presa com’ero dal mio fiume di parole. Mi sembrava di non potermi più fermarmi.
«Dobbiamo cercare di capire. Tu, io e quando riterrai opportuno di renderla partecipe, anche Chloè.» incrociò le braccia e corrugò la fronte.
«Non fido ciecamente di quello che ha detto Tkki. Potrebbe voler solo depistarci, ma se tu ne sei così convinta allora voglio darti credito. Almeno provare a fidarmi del tuo istinto.» il cuore mi si riempì di gioia. Allora potevo fidarmi di lui! Almeno per il momento sembrava di sì. Un sorriso spontaneo fece capolino sul mio viso, mi sentivo finalmente più leggera di qualche grammo. Anche Adrien mi mandò un fugace sorriso e poi, inaspettatamente, mi tese la mano.
«Torniamo a casa.» mi disse. Sentii un brivido quando le nostre dita si intrecciarono. Pregai che il buio nascondesse il rossore sulle mie guance perché mi parevano stessero andando a fuoco.

Il giorno dopo, a pomeriggio inoltrato, mi trovavo avvolta in un ingombrante vestito rosso. I capelli intrecciati in una maniera così elaborata che provare a riprodurla su qualcun altro sarebbe risultato impossibile. Ero seduta in una limousine con Chloè, che portava un vestito blu marino davvero stupendo. I suoi capelli erano acconciati in modo tale da sembrare una cascata d’oro, ondulati e rilucenti, mandavano mille riflessi. In confronto a lei mi sentivo davvero una piccola cimice goffa e incapace. Aveva un broncio in faccia che piuttosto che farla apparire arrabbiata la faceva sembrare tenera. Ovviamente ce l'aveva con M. Agrèste perché non mi aveva lasciato a casa. In quel momento ci stavamo infatti dirigendo a Versailles, dove avrei preso parte al mio primo ballo nel passato. Precisamente nel 1689. Ero a dir poco terrorizzata. Per una volta davo ragione a Chloè. Ballavo un minuetto pessimo e il valzer era poco meglio del primo, anche se mi fossi impegnata al massimo non avrei potuto passare per una nobildonna dell’epoca. Avevo ancora bisogno di contare i passi e quelle poche volte che avevo ballato con qualcuno che non fosse il mio amato e immaginato Fabian era tornato a casa con i piedi doloranti per tutte le volte che glieli avevo pestati. Avevo così deciso di fingere che mi facesse molto male una piede o qualcosa del genere così da non dover ballare. Mandai uno sguardo di sbieco ad Adrien, seduto accanto alla ragazza. Non aveva detto una parola da quando eravamo partiti. Per una volta eravamo tutti d’accordo sul fatto che la mia partecipazione alla missione fosse inutile, ma M. Agrèste aveva insistito sul fatto che la mia partecipazione fosse essenziale, ovviamente senza dirci il perché. Una volta arrivati alla reggia mi sentivo più tesa che mai. A guidarci al Portale c’era solo il nostro autista, per nulla colloquiale e il tragitto proseguì nel più tombale dei silenzi, rotto solo dal rumore dei nostri passi sulla ghiaia. Una volta raggiunto lo Squarcio, situato in una parete esterna del palazzo, l’uomo si fermò e ci fece segno di entrare. Il primo fu Adrien, poi toccò a Chloè ed infine a me. Chiusi gli occhi, trepidante e spaventata per quello che avrei visto una volta dall’altra parte. Quando sollevai le palpebre rimasi senza parole. Mi trovavo in una sala favolosamente decorata d'oro e rosso. Le poche persone lì presenti non si erano resi conto della nostra entrata e restarono a parlare fra di loro senza degnarci di uno sguardo, come se fossimo sempre stati lì. Come da istruzioni ci muovemmo verso la sala da ballo e lì rimasi davvero a bocca aperta, tanto che Chloè dovette darmi una gomitata nella costole per farmela richiudere. La sala era immensa, con enormi lampadari di cristallo che scendevano dal soffitto riccamente affrescato. Enormi finestre correvano per entrambe le pareti, ma essendo ormai sera la stanza era illuminata a giorno da una miriade di candele profumate e mi chiesi quanto effettivamente fosse sicuro, vista la crinolina dei vestiti e le parrucche di certe dame. Notai alcuni divanetti addossati ai muri e alla finestre dove sedevano alcune nobildonne più anziane. Decisi che quello sarebbe stato il mio posto per la serata. Toccai Adrien per una spalla.
«Vado a sedermi lì.» dissi, indicando ai miei compagni un divanetto rosso, vuoto. Lui annuì.
«Mi pare un’ottima idea. Ma non ti muovere da lì.» capivo la sua apprensione, la sala era davvero ghermita da gente. Perdersi lì in mezzo sarebbe stato facilissimo. Mi accomodai, sprofondando tra gli strati del vestito e tra i morbidi cuscini. Dopo un sospiro mi permisi un lungo sopralluogo sulla folla. Adrien e Chloè si erano già immersi nella parte. Notai la ragazza civettare perfettamente con un tipo mai visto, ma molto carino. Il mio compagno invece era già immerso in una danza con una ragazza bellissima. Una stiletta di gelosia mi attraverso il cuore. Doveva proprio sorriderle così? E poi non mi sembrava che il valzer prevedesse quell’attaccamento l’uno al corpo dell’altra o sbaglio? Scossi la testa. Non era il momento di distrarsi con simili idiozie. C’era un motivo per il quale ero lì dovevo solo concentrarmi per trovarlo. Dopo circa mezz’ora avevo gli occhi stanchi per il mio scandagliare la folla alla ricerca di qualche indizio. Ero abbastanza certa che il nostro viaggio qui centrasse con Tikki, Plagg o chiunque fosse l'antenata di Chloè, ma a parte le poche informazioni che avevo sugli ultimi due di Tikki non c’era ombra. E anche se ci fosse stata, tra tutta quella gente era impossibile vederla. Stavo per abbandonarmi allo schienale in maniera poco signorile, con un sbuffò già sulle labbra quando una voce mi fece sobbalzare.
«Perdonatemi, voi non ballate?» mi voltai verso destra e vidi un bel ragazzo, vestito di tutto punto. Aveva i capelli blu e degli occhi azzurro ghiaccio veramente magnetici. Non sapendo bene come reagire, feci un sorriso di circostanza.
«Purtroppo mi sono distorta una caviglia durante una passeggiata.»
«Già, Parigi di questi tempi è davvero piovosa. Basta una pozza di fango per scivolare e farsi del male.» mi sorrise lo sconosciuto.
«Posso sperare in una passeggiata qui fuori con voi?» domandò poi.
«Emm… ecco...» non sapendo bene cosa rispondere feci vagare lo sguardo sulla folla, in cerca dei miei compagni per avere un’ispirazione, che arrivò non appena vidi Adrien praticamente appiccicato alla rossa con la quale stava ballando da quando eravamo arrivati. Cosa avevano da sussurrarsi tanto? Sentii la rabbia montare nel petto, ma nascosi tutto dietro un sorriso zuccheroso.
«Con molto piacere.» dissi infine prendendo la mano del ragazzo accanto a me. Poi mi ricordai della buone maniere e feci una leggera riverenza.
«Molto piacere Marinette Dupein-Cheng.» lo sconosciuto mi fece un sorriso davvero irresistibile.
«Avete un cognome davvero particolare.» altro sorriso da parte di entrambi.
«Voi invece siete…?» domandai, distogliendo lo sguardo, leggermente in imbarazzo.
«Pardon che maleducato!» esclamò. Fece una riverenza.
«Luka Couffaine. Ma per voi chiunque vogliate che io sia.» mi diede una leggero bacio sul palmo facendomi arrossire. Con un movimento e fluido e dolce allo stesso momento mi condusse verso una porta finestra che dava sul bellissimo cortile. Prima di varcarla mi lanciai un’occhiata alle spalle, ma non vidi nessuno né compagni né belle antenate. Fuori l’aria era fredda e frizzante. Notai che anche altra gente aveva avuto la stessa idea di Luka e stava passeggiando nella sera. Dopo poco ci fermammo in uno spazio un po’ appartato. Non eravamo completamente isolati, la luce veniva dalle finestre e si sentiva l’orchestra suonare.
«Bene, direi che qui non ci vede nessuno.» mi disse con un sorriso furbo sul viso. Lo guardai confusa, con le peggio idee che mi si stavano affollando in mente. Del tutto inaspettatamente Luka mi fece una riverenza.
«Mi concedete questo ballo?» aprii la bocca per obbiettare.
«Vi prego.» continuò lui. «So che la caviglia era una scusa per non dover ballare davanti a tutta quella gente. Dopotutto non avete zoppicato nemmeno un momento durante la passeggiata.» maledizione! Un po’ titubante presi la mano del ragazzo e senza nemmeno rendermene conto stavo ballando un valzer in maniera quasi impeccabile. Luka mi conduceva con naturalezza e ballare con lui risultava facile come respirare. Mi sciolsi tra le sue braccia,volteggiando nella notte del 1689. Per la prima volta non stavo pensando alla missione, ma mi stavo semplicemente godendo il momento. Solo le stelle mi furono testimoni, ma in quei pochi attimi nei quali ballai mi sentii finalmente felice.

  
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