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Autore: Milich996    02/06/2020    0 recensioni
Il leader di un clan Yautja porta uno dei suoi nipoti (non particolarmente abile nell’arte della caccia) sulla Terra. Lo scopo è di allenarlo, insegnandogli a catturare prede poco impegnative. Il clan non caccia gli esseri umani, salvo venire attaccati deliberatamente da questi ultimi. Sulla terra incontreranno una giovane umana; A differenza del nipote, il Predator più anziano non si fida, e tende a mantenere le distanze. Tuttavia, col tempo, cambia idea: i tre impareranno così a rispettare la loro diversità...e il leader del clan imparerà anche qualcos’altro
Genere: Science-fiction, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Yar’lath aveva seguito le tracce della Kalei’Pyode’a fino alla collina, dove si interrompevano. Una volta giunto in cima, lo scanner del bio-elmo aveva rilevato la presenza della capanna. Allora lo Yautja si era affrettato a raggiungela, con l’intento di cogliere la Kalei’Pyode’a e gli altri umani di sorpresa.
Ma alla vista di Lara, semisvenuta e in procinto di essere sbranata, tutta la rabbia era svanita di colpo. Lasciando spazio alla paura. La paura di perderla.
Yar’lath aveva sparato senza esitare, come una sorta di riflesso incondizionato.
E adesso se ne stava inginocchiato accanto alla ragazza. Il bio-elmo rilevava un leggero trauma alla testa. Il leader del Clan provò a scuoterla leggermente.
“Forza, umana!” Le disse, nella propria lingua. Non ottenne alcuna reazione.
Un senso di angoscia gli pervase l’anima: e se non fosse riuscito a svegliarla?
Ormai a corto di idee, si tolse la maschera. L’aria era putrida, sarura di un odore che lui conosceva...quello delle cose morte. Perchè la sua Kalei’Pyode’a avrebbe dovuto seguire una simile traccia? Poco importava, dovevano andarsene. Delicatamente, Yar’lath la sollevò con un braccio, stringendola a sè.
Le quattro mandibole esterne, presero poi ad accarezzarla, come se fosse la cosa più fragile e preziosa dell’universo.
Che cosa rappresentava esattamente quella creatura per lui? Avrebbe voluto tenerla così, vicina, per sempre.
D’un tratto, un flebile lamento attirò l’attenzione di Yar’lath... Era Lara, stava rinvenendo; la giovane, aprì gli occhi e vide lo Yautja...
“Sei arrivato” gli sussurrò. Poi, immerse la piccola mano tra i dreads grigi dell’alieno e cominciò a grattare dolcemente.
Il cuore di Yar’lath aumentò le pulsazioni. Rimase immobile, come pietrificato, mentre le soffici dita umane percorrevano un lato del suo volto, fermandosi alle mandibole.
“Perdonami...” disse la ragazza, facedo scivolare pollice e indice più volte su quelle strane zanne esterne, in particolare sullo sperone inferiore. Lo accarezzò ancora e ancora, aggiungendo, poco prima di svenire:
“Che forza, questo spuntone!..”
Il leader del Clan comprese ogni singola parola pronunciata da Lara.
Come in trance, la strinse ancora di più a sè, portando l’enorme mano verde scura rimasta libera, sopra la testa di lei, in un gesto di protezione.
“Chi sei davvero tu?” le chiese piano “Chi ti ha mandato da me?”
Il vento sollevò nuova aria fetida, facendolo trasalire.
Dovevano tornare indietro. Non c’era nulla per loro, lì. Solo morte.

Yar’lath camminò tentendo Lara tra le braccia, per quasi tutta la strada. Non voleva che si affaticasse, dopo quanto aveva passato.
Man mano che si allontanavano dal covo fatiscente, lo Yautja tornò a percepire sempre meglio l’odore di fiori emanato dalla ragazza.
Stava diventando una droga necessaria, per lui.
“È tutto sbagliato”pensò, sospirando. Ma non poteva impedirsi di provare qualcosa per quella Kalei’Pyode’a così testarda e chiassosa.
Con gli occhi verdi come le gemme del suo Clan.
Sperava davvero che non fosse amore, ma solo qualcosa dettata dall’ammirazione (per le doti da guerriera), e dalla riconoscenza. Per aver contribuito a salvare Yn’gve.
No, lui era il Leader. E questo comportava dei doveri e delle responsabilità. L’umana non poteva far parte della sua vita: sarebbe stato un grave insulto agli dei e un disonore per l’intera famiglia.

Raggiunto lo chalet, Lara si ritirò in una delle camere da letto e chiuse la porta.
Yar’lath la lasciò stare; preferiva che stesse lontana da lui, come all’inizio, quando si erano appena incontrati.
Piuttosto, riversò le attenzioni sul nipote. La medicina aveva fatto effetto. L’indomani, pur non completamente guarito, Yn’gve sarebbe stato in grado di tornare all’astronave.
Erano dunque giunti alla fine di quella spedizione disastrosa.
“Domani torniamo a casa. Partiremo presto.” disse Yar’lath al giovane parente.
“Lei... viene con noi?” s’informò Yn’gve, titubante
“Come potrebbe?! È un’umana...Basta con questi discorsi”
“È gentile, e profuma di...”
“Ki’cte! Non è una di noi! Non farmi pentire di averla risparmiata!”
Così terminò la conversazione. E poi, ore dopo, anche l’assurda giornata. Nel buio della camera tuttavia, Yn’gve non intendeva darla vinta allo zio.
“Tu le vuoi bene, vero?” Gli chiese ad un certo punto.
Dopo un po’, Yar’lath rispose:
“Il suo posto è qui. Tra i suoi simili”
“Non è quello che ti ho chiesto...”
“Yn’gve...”sospirò lo zio, esausto “Ki’cte...” (enough)

La mattina dopo, Lara si alzò presto. Desiderava ringraziare il suo ospite per averla salvata dall’orso.
Ma in casa non c’era nessuno. Degli alieni nemmeno l’ombra: avevano portato via ogni cosa, incluse le armi.
L’unico rimasto era il cucciolo di lupo, che ululava nel soggiorno. Stavolta non sarebbero tornati. Mai più. Lara lo sapeva.
Lentamente tornò nella camera che avevano occupato i due viaggiatori, e si sdraiò sul letto. C’era un forte odore muschiato, pungente, l’odore del suo guerriero.
Quel maschio così alto e forte, venuto da chissà dove a rivoltarle la vita. In pochi giorni.
L’antropologa avvertì un groppo alla gola, mentre gli occhi iniziarono a diventarle umidi. Strinse il lenzuolo in una mano e cominciò a piangere.
Desiderava vederlo un’ultima volta, anche se sapeva da sola che era pura follia.
Un alieno. Un’altra specie, completamente diversa dagli umani. Ognuno doveva restare nel proprio mondo.
E del resto, una volta tornato al suo pianeta, lui l’avrebbe dimenticata.
   
 
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