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Autore: kuutamo    02/06/2020    1 recensioni
Se dieci anni prima le avessero detto che a trent’anni si sarebbe ritrovata sola, infelice e al buio nel suo appartamento di venerdì sera, Elizabeth non ci avrebbe mai creduto. Già, perché prima non aveva nessun dubbio riguardo a chi le avrebbe tenuto compagnia per tutte quelle notti.
Ricordava la sua adolescenza come il periodo più bello ed emozionante di tutta la sua vita, e sapeva di non esagerare. La sua adolescenza era stata Adam.
E anche adesso, a distanza di anni, Elizabeth seduta al buio sul suo letto rimaneva sempre della stessa idea. Certo, era dura ammetterlo a se stessa, ma era esattamente così che stavano le cose. La cruda realtà era quella, anche se continuava a ricacciarla via, quasi fosse stata una mosca fastidiosa. Chissà dove si trovava Adam in quel momento, in quale città si era stabilito, se era felice, e soprattutto con chi lo era. Adam era come un fantasma che si ostinava ad infestare la sua testa, e questo succedeva perché Adam era parte di lei e lo sarebbe sempre stato.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Elizabeth era ferma davanti al banco frigo ormai da cinque minuti buoni, cercando ancora di scegliere il gusto del suo caffè freddo. La nota catena americana aveva messo in commercio delle bottigliette di vetro di vari gusti e lei era perennemente indecisa tra il caffè macchiato e quello con infusione al caramello. Stranamente le piaceva di più quello del supermercato rispetto a quello della caffetteria o ancora meglio di casa sua, perché adorava il modo in cui era zuccherato. Non riusciva proprio ad indovinare la dose giusta di zucchero per raggiungere il suo risultato ideale, quindi risparmiava tempo e soldi andandoselo a comprare direttamente al supermercato.

Aveva pensato tutta la notte all'incontro del giorno precedente e non aveva chiuso occhio, perciò quella mattina era stato il caffè freddo imbottigliato l'unico motivo per cui si era alzata trascinandosi al nuovo immenso market che avevano aperto, così con la scusa avrebbe dato anche un'occhiata.

Aveva aggiunto qualcosa da mangiare visto che ora che si appoggiava momentaneamente da suo fratello si sentiva un po' come un peso, ma forse era solo una sua impressione.

Il soffitto del soggiorno di Harry non era per niente attraente, pensava. Inoltre la linea d'intonaco era leggermente inclinata, ma fin ora nessuno l'aveva notata perché nessuno era rimasto a fissarla tanto a lungo sdraiato sul divano.

Rivedere Adam era stato come morire e perdersi per qualche secondo nel limbo delle anime che escono dai corpi e poi venire rianimati forzatamente, ritornando al mondo. Quando si era avvicinato la sua le era parsa una voce familiare, ma a causa della durezza del timbro non l'aveva riconosciuta del tutto. C'era una parte, o meglio gran parte del suo cervello che forse si era rifiutato di credere che poteva essere davvero lui.

Si ricordò che era stato un pò sbrigativo quando lei gli aveva chiesto cosa ci facesse in città; lei era stata molto più precisa e dettagliata, e a quel punto forse si rese conto di aver detto troppo. Il ragazzo - e adesso l'uomo - che era sempre stato una presenza fissa seppur invisibile per tutti questi anni, ora era ritornato dal suo passato, come se anche lui fosse stato rianimato e catapultato di nuovo nel mondo. Come nei film, dal nulla, senza spiegazioni o avvertimenti, il personaggio fulcro della sua intera esistenza era tornato nella sua vita. Si diede della stupida innumerevoli volte, più o meno tutte quelle in cui aveva ripensato al loro incontro e alle sue reazioni. Lui era cambiato molto: si era lasciato crescere la barba, dando l'impressione d'essere un po' incolta e conoscendolo forse era proprio così che voleva che sembrasse; come aveva notato poco prima, le sue braccia e il suo torace si erano ingrossati, più robusti sotto le sue spalle larghe. Il suo viso sembrava avere qualche cicatrice in più rispetto all'ultima volta che l'aveva visto. Adam era una delle persone più gentili e cordiali che avesse mai conosciuto, e nonostante la sua gentilezza fosse direttamente proporzionale al suo essere introverso, toccando i tasti sbagliati era sufficiente un solo attimo perché la sua bontà si tramutasse in ira. In altre parole, se provocato non rimaneva certo con le mani in mano. Peggio poi, era se qualcuno infastidiva lei. Non era mai stato un tipo violento, ma aveva protetto Elizabeth sempre e comunque.

Suo padre, da eccentrico stronzo che era, non le aveva detto niente riguardo al fatto che era tornato chissà da quanto tempo. Una piccola e flebile vocina interiore le disse che forse sapendolo lì avrebbe fatto le valigie molto prima. Ma non voleva illudersi, nemmeno un pò. Non ne aveva più il tempo. L'ultima volta che era successo era stato per una buona causa, ma anche se ora aveva smesso di credere alle fate, restava convinta del fatto che quello che avevano condiviso in quei teneri anni era stata la cosa più importante, struggente, emozionante e profonda della sua vita sino ad allora. Forse gli ormoni adolescenziali ne amplificavano il ricordo miticizzandone le sensazioni, o forse no. Forse era stato davvero il più bel periodo della sua vita.

Una parte di lei lo avrebbe rivoluto indietro, ma chi non l'avrebbe desiderato?

Elizabeth si era trasferita appena il liceo terminò, non aspettò neanche che l'estate finisse; non tollerava più di rimanere in quel posto. Dal momento in cui il suo ragazzo se n'era andato, era rimasta sola. E quella solitudine era molto più pesante e aggressiva delle parole di suo padre che la tormentava con le richieste più assurde.

S'iscrisse alla facoltà di Psicologia all'università di Atlanta e fortunatamente trovò una compagna di stanza non eccessivamente invadente, a cui non piaceva spettegolare più del dovuto. Dopo qualche mese di frequentazione, capì che non ce l'avrebbe fatta, che forse non era per lei quella facoltà, quindi cambiò con Letteratura, che le era sempre piaciuta. Era sempre stata attratta dai libri, innamorandosi di innumerevoli personaggi fittizi che rasentavano la perfezione, lasciandola vivere in una bolla di carta e inchiostro dalla quale solo lei stessa poteva liberarsi e soprattutto dove era l'unica che decideva quando farlo. I libri erano stati la sua culla e il suo porto sicuro, l'unico posto in cui non era costretta a sfoggiare un sorriso forzato ed essere se stessa senza sembrare anormale e far preoccupare gli altri. Perché in ogni caso gli altri non avrebbero capito: è vero, non è certo la prima né l'ultima volta che una giovane ragazza vede il suo mondo crollare, ma per ogni persona è diverso. Il dolore è personale, intenso e mai scontato. Può sembrare di passaggio o lieve, ma è tutta una questione di percezione, di quanto quella persona vuole farti intravedere della sua sofferenza. Nessuno è davvero se stesso con gli altri, forse non si riesce ad essere onesti nemmeno con se stessi alla fine dei conti, ma rare volte capita che ci sia qualcuno in grado di andare al di là della dura facciata superficiale e capire come ci si senta a perdere tutto e sentire di non appartenere a niente.

Ad Atlanta aveva alleviato la sua solitudine e il senso di vuoto che la attorniava, con alcuni uomini conosciuti sporadicamente negli anni ma in nessuno aveva trovato ciò che cercava. Loro non erano lui, e sapeva non lo sarebbero mai stati. Per quanto suonava squallida quell'idea come un orrido campanello d'allarme nella sua testa, quei corpi avevano la stessa prestanza di un effetto placebo, invisibile e del tutto superfluo. In un certo senso finalmente aveva avuto un metro di giudizio, perché prima di loro non era stata con nessun altro se non il suo ragazzo del liceo, ma ora che aveva acquisito un po' di esperienza non ne vedeva i lati positivi che qualunque donna avrebbe apprezzato. A lei non importava dei profondi e sexy occhi azzurri del ragazzo del bowling o delle avances insistenti del suo collega che la riempiva d'attenzioni spudoratamente. Si era sentita anche piuttosto in colpa a volte di non essere capace di provare sentimenti e quindi di non ricambiare l'affetto sincero che altre persone avevano dimostrato di provare per lei.

Si considerava una brutta persona, indurita e forgiata dal tempo come la più solida, inespressiva ed opaca delle lame. Una stronza, insomma.

Pagò la sua merce alla cassa del supermercato dopo una fila mediamente lunga e snervante e finalmente fu fuori. Appena raggiunto un piano d'appoggio che consisteva nella giostra a tema western davanti alle porte scorrevoli dell'entrata, vi posò il sacchetto di carta e frugò dentro finché non afferrò il suo amato latte. Alla fine lo aveva preso al caramello, si disse che una volta ogni tanto poteva anche concedersi un extra sull'extra che già consisteva nell'eccessivo quantitativo di zuccheri del caffè che beveva. Ne buttò giù un sorso sentendosi subito meglio, ma quando posò di nuovo le labbra sul collo della bottiglietta per poco quel secondo assaggio non le andò di traverso soffocandola. Forse sarebbe stato meglio.

Davanti a sé, un po' in lontananza vide Adam che spingeva un grande carrello vuoto: dentro di esso c'era una bambina con corti riccioli biondi e con un braccio teneva aggrappato al suo fianco un bambino con dei calzoncini blu che gli stringeva le braccia al collo. Una donna della sua età con un carré biondo cenere gli stringeva l' altro braccio sorridendo mentre era intenta a rileggere quella che doveva essere la lista della spesa.

Adam sorrideva agli angoli della bocca, sembrava felice.

' Felice, senza di te, imbecille. '

Elizabeth avvertì un gelo improvviso dentro di sé, aveva come l'impressione che le sue viscere avessero una consistenza simile alla carta vetrata e che strusciando insieme l'una contro l'altra si ferissero ripetutamente, come animate da un serpente sinuoso ed invisibile. Il dolore si faceva largo strisciando, soffocandola.

Tremava, di nuovo.

La bionda scoccò un bacio a stampo sulle labbra dell'uomo, cogliendolo un po' di sorpresa ma nonostante ciò rispose.

Non ne aveva alcun diritto, ma non accettava, no, non avrebbe mai potuto accettare il fatto di vedere Adam con un'altra. Non sotto il suo naso.

Si sentì venire meno. Iniziava a vedere quelle dannatissime lucine bianche ai lati della sua visuale, tipiche, e in quel momento ringraziò la sua buona stella per averle fatto bere un sorso di concentrato di zuccheri in bottiglia.

Tra un respiro profondo e un'imprecazione di lei, i loro occhi s'incontrarono: fu inspiegabile, ma appena la donna entrò nel campo visivo di Adam, si vergognò profondamente. Era ridicola. Non le doveva niente, eppure era così che stavano le cose.

Vide lo sguardo attonito ed impassibile della donna ormai poco lontana da lui. Era immobile, quasi in trance. Adam fece scendere il bambino dal suo fianco e mentre con gli occhi seguiva i movimenti fulminei della donna che si allontanava, disse a Kim di andare avanti e di scusarlo perché si era appena ricordato di un appuntamento. Così si congedò ed iniziò a correre sotto lo sguardo un po' perplesso della donna che fino a qualche secondo prima si stringeva a lui.

Nel frattempo Elizabeth aveva gettato stupidamente con rabbia la sua spesa in un cestino che si era ritrovata a tiro, latte compreso. Aveva accelerato il passo e preso la strada per il bosco su per il lato dell'edificio di mattoni rossi, continuando a respirare profondamente. Voleva scomparire all'istante, volatilizzarsi, fondersi con l'aria per non essere più visibile e sopportare la vista della scenetta familiare che si era appena consumata davanti ai suoi occhi.

Non sapeva perché, ma vedere e non più soltanto immaginare le labbra del suo Adam che sfioravano quelle di una donna l'aveva annientata. Perché aveva ancora questo potere su di lei? Lo sconquasso emotivo del giorno precedente lo aveva ingenuamente giustificato col fatto che non lo vedeva da molto, molto tempo, e si era detta che era una reazione perfettamente normale visti i trascorsi. Ma questo? Questo profondo odio e malessere fisico l'aveva travolta come un treno ad altissima velocità: le si era schiantato proprio nello stomaco, sotto le costole, e forse anche quelle si erano spezzate nell'impatto.

Non poteva lasciare che un amore infantile ed ingenuo la trasformasse in una bambinetta senza alcun controllo delle proprie emozioni. Non poteva lasciarglielo fare, altrimenti tutto ciò che aveva fatto sino a quel momento non era servito a niente. Ormai lui non significava più niente per lei. L'aveva superata anni e anni fa, si ripeté come un triste mantra ormai stantio.

Ma allora perché continuava imperterrita a correre verso un rifugio sicuro fuori dagli occhi insolenti del mondo? Perché continuava senza sosta a scappare, da cosa poi? Da chi.

Stava iniziando a piovere. 'Perfetto' pensò, mentre si piegava in due respirando affannosamente. Poi tra il timido scroscio della pioggia, udì una voce profonda provenire da dietro le sue spalle.

" Fermati ! " le intimò. Si stava avvicinando sempre più.

Ma lei si rialzò e continuò a correre più che poteva. Al liceo le era sempre piaciuto correre e quando poteva continuava quel rito.

" Fermati, Elizabeth! " urlò più forte Adam per farsi largo sotto il rumore della pioggia scrosciante. I suoi capelli erano ormai zuppi d'acqua e gli finivano inevitabilmente davanti agli occhi in tutta la loro lunghezza mentre inseguiva la donna, tentando disperatamente di convincerla a fermarsi. Sapeva che era un'eccellente gazzella quando si ci metteva d'impegno, ma anche lui se voleva non era da poco.

Accelerò ancora di più per quanto possibile e con un ultimo slancio azzerò quasi del tutto la distanza che li separava, afferrandola per un avambraccio. Il colpo improvviso fece inciampare la donna, che sarebbe caduta nella fanghiglia del sentiero se non fosse stato per la presa salda di Adam ad impedirglielo. Il corpo di Elizabeth si scontrò con il busto dell'uomo, ma quel contatto provocò in lei un improvviso senso di repulsione. In quella minuscola frazione di secondo aveva potuto sentire il suo profumo misto all'odore penetrante della pioggia.

" Lasciami " disse lei decisa.

" Ma cosa diavolo stai facendo? "

" Lasciami, voglio stare da sola. Lasciami " continuava a dire divincolandosi.

" Che cavolo t'è preso? "

" Niente. Voglio solo che mi lasci in pace. Una volta per sempre però. "

A quelle taglienti parole Adam mollò la presa e si fece da parte. Lei gli diede subito le spalle e iniziò di nuovo ad andare via camminando più in profondità verso il cuore del boschetto.

" È per Kim? È per quello che hai visto? "

" No, non mi interessa con chi vai a letto. Puoi divertirti con chi vuoi. Però almeno fammi il favore di non raccontare cazzate anche a lei. Sai, le persone grazie alla loro infinita stupidità, credono a tutto quello che gli si dice " sbottò girandosi rabbiosamente.

" Cazzate? " Adam non capiva, e più lei parlava alludendo a chissà che, più lui si faceva scuro in volto, sforzandosi di tenere gli occhi aperti nonostante la pioggia.

Lei gli si avvicinò dandogli uno spintone con entrambe le mani, sorprendendosi di quanta forza le uscisse fuori in momenti di rabbia come quelli.

" Cazzate, come quelle che mi hai raccontato per tre anni. Cazzate, come quella di partire insieme e andarcene via da questo buco di città - lo spinse - Cazzate come quella enorme e squallidamente utopica e adolescenziale di stare insieme per sempre - lo spinse ancora più indietro - Cazzate come quella che non avresti mai potuto amare nessun altra. " riprese fiato. La durezza nella sua voce si era improvvisamente rotta in gola alla fine dell'ultima frase e le sopracciglia le si erano inarcate in un'espressione di dolore. Sentiva una stretta e fittissima morsa micidiale all'addome. Lo guardò negli occhi stabilendo una connessione particolare e assolutamente intima. La pioggia continuava a scendere copiosa, ma in quel momento erano rimasti soltanto loro due, ovattati dal resto del mondo.

" Avevi detto che io ero l'unica persona con la quale avresti avuto il coraggio di fare dei figli.. " disse tutto d'un fiato un'ultima volta.

'Sei proprio una ragazzina, Beth' pensò di sé stessa. Quello era sicuramente da annoverare nella classifica dei momenti più penosi di sempre.

" Quelli non sono figli miei .. " disse debolmente cercando la sua mano. Ma lei si ritrasse. Scosse la testa.

" Io ti odio. Ti odio profondamente e con ogni singola parte di me. Perché dopo tutto.. - si fermò, le lacrime salate si mischiarono alle gocce d'acqua che cadevano dal cielo e le si posavano sul volto - ..perché dopo tutto questo tempo tu riesci ancora ad insidiarti dentro di me in questo modo. Io non te lo permetto. " urlò più a se stessa che all'uomo che le stava davanti.

" Io non posso.... " soffiò via quelle parole a fior di labbra, prima di ricadere sulle ginocchia che cedettero esauste e sprofondarono sul terreno fangoso.

<< ..We never said goodbye

Do you think we should have

Or is it better this way? >>

Adam le s'inginocchiò di fronte prendendole finalmente le mani gelate. Se le portò alle labbra e ci soffiò dentro per scaldarle, baciandogliele con galanteria.

" Neanch'io posso lasciartelo fare.. " disse con un sospiro. Lei alzò il mento, come se avesse il terrore di non aver sentito bene, come per essere sicura di non essersi immaginata tutto. In quel momento capì che Adam era terrorizzato almeno quanto lei. Le mise una mano sul petto all'altezza del cuore per farle sentire il suo battito veloce e irregolare.

" Hai appena corso.. " giustificò lei cercando di mantenere distacco per quanto possibile. Allora lui guardandola negli occhi le spostò la mano posandola sulla propria guancia, in un modo che solo loro conoscevano. Quando le dita di lei vi si posarono, Adam chiuse gli occhi ispirando a fondo come se quel tocco fosse stato insieme liberazione e supplizio.

Non riuscì più a sostenere quel tocco che lui stesso si era inferto e la accolse con un movimento rapido e fluido tra le sue braccia, stringendola al petto. Con le dita le accarezzava i capelli ormai bagnati e come in un sussurro disse:

" Sei ancora qui " riferendosi al suo petto. Lo disse a bassa voce per paura che quella sensazione già di per sé evanescente non sparisse del tutto.

Lei ricambiò quelle parole con un singhiozzo. Era vero. Erano ancora l'uno dentro l'altra quasi intrappolati in un legame indissolubile che non li lasciava andare via.

Il tempo non era bastato a spazzar via quello che c'era stato. Perché ciò che c'era stato era molto più tenace del passare del tempo.

Aveva freddo, d'un tratto si strinse ancor di più nel suo abbraccio caldo e sicuro, ma l'attimo dopo si ritrasse, ridestandosi da un sogno magnifico, quasi reale.

" No " disse ad alta voce, con il volto sfuggente che cercava di evitare la figura che aveva davanti. Lui rimase con le braccia aperte e all'improvviso sentì quel freddo che si prova quando ci viene strappato bruscamente via qualcosa di caro.

La donna respirava ancora affannosamente e tenendo lo sguardo basso non poté fare a meno di soffermarsi di nuovo sulle sue braccia e sul suo torace le cui linee ora erano ancora più visibili sotto i vestiti bagnati. In un attimo il lampo di un ricordo lontano le piombò addosso: i loro corpi che si completavano come metà perfette e indivisibili tra le lenzuola del letto di Adam, una giornata di pioggia proprio come quel giorno, il calore del suo tocco sulla pelle, i suoi baci ai lati del collo e poi giù tracciando una scia fino alla clavicola. Il suo ventre a quei pensieri fremette e si contrasse senza alcun preavviso e subito ordinò a se stessa di rialzarsi e andare via da lì, di mettere quanta più distanza possibile tra di loro.

Si alzò e fece per andarsene ma lui la intercettò nuovamente.

" Non puoi andartene di nuovo come se niente fosse "

" Certo che posso. Quello che non posso fare è ricadere in questa.. cosa " non sapeva come spiegarsi. Non sapeva come spiegarlo in primis a se stessa.

A quel punto Adam le lasciò malamente la mano.

" Credi di risolvere tutto fuggendo. Sei sempre la stessa ragazzina "

" Sentitelo.. Sei tu che risolvi tutto andandotene via senza nemmeno dare il tempo di spiegare "

" Non c'era un bel niente da spiegare. I tuoi silenzi, piuttosto imbarazzanti direi, hanno parlato molto meglio per te. Inequivocabili. " Adam sentì tutta l'amarezza passata riversarsi di nuovo su di lui.

" Io non volevo che succedesse quello che è successo . Non lo volevo "

" Ma è successo - constatò oggettivo - Dimmi, te lo ha richiesto? Ora sei sposata con lui, ma hai ancora i sensi di colpa per il modo in cui l'ho saputo? Dev'essere così, altrimenti non ti saresti animata tanto per una storiella successa una vita fa" disse riferendosi mentalmente a quello che il suo subconscio stava provando in quel momento.

" Io non sono sposata - urlò - John si è trasferito dopo il liceo e d'allora non ci siamo più parlati "

" Oh, per favore.. Sicuramente avrà giocato la carta dell'amico prezioso del cuore, e dimmi, alla fine è riuscito a portarti a letto come aveva detto di voler fare davanti a tutta la scuola? "

Un sonoro schiaffo colpì violentemente il viso di Adam, arrossando leggermente la zona su cui poi si portò la mano.

" Non so chi frequenti tu - disse, involontariamente riferendosi alla donna che aveva visto prima con lui nel parcheggio del supermercato - ma io non sono una del genere. Ma forse non te lo ricordi "

" Ricordo fin troppe cose "

" Continui a fare la vittima della situazione, dopo dodici anni ne hai ancora il coraggio? Ma diavolo sei cresciuto e pure un bel po', smettila di addossarmi colpe che non ho " disse voltandosi.

" Tu sei colpevole quanto lo sono quegli esseri meschini che ancora chiami genitori - si guardarono in cagnesco - Ti aveva comprato un anello, un anello! E tu non hai detto una parola... Hai aspettato che tua madre con quella sua spavalderia e fierezza bussasse alla porta della mia mostrandole quella maledetta scatolina che sapeva non ci saremmo mai potuti permettere. Quindi oltre ad avermi pugnalato alle spalle, ha profondamente ferito mia madre che si è sempre fatta in quattro per crescermi, ma questo lo sai "

Elizabeth era senza parole, non riusciva a respirare. Un macigno pesantissimo le opprimeva il petto tanto che si massaggiò la gola per illudersi che un po' d'aria riuscisse ad entrare in circolo. Poi si fece coraggio.

" È per questo che non te ne ho parlato.. Hai reagito esattamente come avevo previsto, non mi ero sbagliata. Non avresti mai dovuto saperlo " la donna insisteva.

" Allora sei più stupida di quanto pensassi. Dovevi dirmelo, io avevo il diritto di sapere quello che stava succedendo, e non essere l'ultima ruota del carro delle vostre macchinazioni, com'è invece successo"

" Loro " precisò lei.

" Non fa alcuna differenza. Avresti dovuto mettere le cose in chiaro fin dall'inizio con loro e invece hai sempre preferito evitarli e scappare da me a piangere nel cuore della notte, come se questo avesse davvero sistemato le cose. Quando le cose non ci stanno bene, ebbene se ne parla! "

" Tu non avresti voluto sentir ragioni. Ti saresti fiondato su John e Dio solo sa cosa gli avresti fatto. Ti saresti rovinato la vita, e per cosa? Una proposta declinata sul nascere " aveva ragione, e lui lo sapeva.

" Probabilmente lo avrei picchiato fino a farlo sanguinare, ma tu e io saremmo stati ancora insieme "

" Insieme, ha! - rise stizzita - E dove, al carcere della contea con una visita settimanale? Davvero una magnifica prospettiva Adam "

" Se ci tenevi così tanto a noi, lo avresti fatto. Avresti fatto di tutto se ciò ci avesse tenuto uniti. O almeno è così che ho sempre pensato si comportassero le persone innamorate, ma su di te mi sbagliavo. Sbagliavo alla grande, devo dire " concluse squadrandola, facendola sentire inadatta e inutile, quasi sporca.

" Le persone innamorate. Tu non sai niente di me. Non sai un cazzo. Non sai come sono stata da cani dopo che tu sei sparito, volatilizzato. Sai, quella sera ero tornata come un'idiota a cercarti per avere un dialogo con te, ma tutto ciò che ho trovato è stata la tua camera da letto vuota. Hai rovinato per sempre gli anni migliori della mia vita con la tua assenza, non sono più riuscita ad essere quella di prima e tu vieni a parlarmi di persone innamorate? Il ragazzo che idealizzavo, evidentemente, non se ne sarebbe mai andato, questo è certo. Mi hai lasciata sola in una guerra persa. E ora ti opponi se voglio andarmene e lasciarti nel mezzo di questa cazzo di foresta? Ma fottiti. "

A quelle parole si accese una scintilla mista a rabbia nel cuore di Adam, il battito accelerò e la riprese con sé attirandola nelle sue braccia quasi come fossero state i fili di una letale ragnatela. Le prese il volto tra le mani e la baciò. Lei sbarrò gli occhi che si specchiarono in quelli di lui, arrabbiati, violenti, rabbiosi, scintillanti ma allo stesso tempo pieni di passione. Tutta quell'ira aveva donato nuove sfumature dorate e color oliva alle iridi di Adam, non aveva mai visto i suoi occhi così prima d'ora. La metteva in soggezione essere guardata in quel modo, ma cercò di ricambiare e sostenere quanto più a lungo lo sguardo di lui. I loro nasi si scontrarono mentre le labbra danzavano sempre più veloci e i baci si facevano più lunghi e coinvolgenti al punto che la donna prese anche lei tra le mani il viso di Adam e premette il proprio corpo contro il suo avvertendo di nuovo quel calore che le era sempre piaciuto tanto. Lui a quel punto chiuse gli occhi e prese ad accarezzarle la schiena sotto la maglietta sino ai fianchi morbidi per poi arrivare alla pancia. La prese in braccio, quasi proteggendola tra le sue braccia forti e la portò sotto un albero dalle cui foglie sembrava filtrare meno acqua. Elizabeth sentiva la corteccia irregolare e piena di muschio del tronco pizzicarle la schiena, ma contemporaneamente non era pronta a lasciare andare la presa forte di lui che in quel momento si scagliava contro la sua bocca, non staccandosene mai. Non prese fiato neanche un attimo ma nonostante ciò si sforzava d'inalare il suo profumo, quanto più possibile. Le mani di lui si muovevano su quel corpo di cui conoscevano ogni centimetro. Elizabeth fremette ancora guardando il corpo di Adam e arrivò alla conclusione che ciò che sentiva fin dentro le ossa non era per niente un blando effetto placebo, ma una vera e propria iniezione d'adrenalina.

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Lei si staccò da lui brutalmente e con un unico gesto veloce lo liberò dalla maglietta intrisa d'acqua: Adam fece lo stesso con lei e in poco tempo i loro vestiti altro non erano che una poltiglia colorata appesantita dall'acqua che giaceva ai loro piedi.

Adam doveva ammettere che anche dopo tutto quel tempo lei lo spossava, fisicamente quanto mentalmente. Non era però lo stesso imbarazzo provato da ragazzi, come quella prima volta. No, ora poteva guardarla negli occhi e senza vergognarsi sostenere il suo sguardo mentre entrambi danzavano coi loro corpi. Riusciva ad intrappolarlo, quasi come se fosse una di quelle sirene che rapiscono i marinai col proprio canto. E con la medesima delicatezza con cui si tratterebbe una creatura tanto fragile e speciale, la prese di nuovo tra le braccia posandole una mano dietro la schiena fino a che entrambi non raggiunsero il terreno erboso sotto le fronde.

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I'll blow back in your mouth and you can blow back too>>

La baciò di nuovo, prendendole dolcemente le labbra tra le sue, mentre lei graffiava la sua schiena che sussultava muovendosi sotto quel tocco: le baciò le guance, le palpebre chiuse, il collo, la spalla, il petto fino ad arrivare al suo centro, provocando in lei un brivido che le fece inarcare la schiena creando una sorta d'improvvisa discesa dall'addome sino al ventre che Adam continuò a riempire di baci e morsi fino ad arrivare all'interno delle cosce dove ripose un ultimo bacio prima di adagiarsi col proprio corpo su quello di lei, unendosi finalmente dopo quella che a entrambi era sembrata un'eternità. Ma i loro corpi, a differenza dei rispettivi proprietari, si riconobbero all'istante. Come se il tempo si fosse fermato. L'imponente presenza di lui torreggiava su quel corpo esile che avvolgeva completamente in un languido susseguirsi di gemiti e sguardi. Entrambi si stavano dicendo quello che per anni non si erano detti: sussurravano ognuno il nome dell'altro in quella che sembrava una canzone senza fine e soprattutto senza rimpianti. Adam la guardava negli occhi e ora riusciva a scorgere la sua stessa immagine riflessa; riusciva a vedere il volto di lei che lo guardava con un'intensità lancinante mentre si contorceva sotto di lui. Si disse che quello era il suo posto; quello il motivo per cui aveva vissuto fino a quel momento.

Riaverla.

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Love. Pain. Hate. Rain... we're alright, alright.>>

 

  
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