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Autore: Artemide12    03/06/2020    2 recensioni
Le resta solo l’ultimo atto. Deve solo morire.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Mint Aizawa/Mina
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'After and Before'
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IL CIGNO BLU capitolo 4

L’appartamento è quasi completamente vuoto. Oltre al bagno e alla cucina gli unici pezzi di arredamento sono il materasso gonfiabile e una lampada a batterie. Un calendario e un orologio giacciono inermi sul davanzale di una finestra.

Il terrazzo ha il parapetto in muratura, spesso qualche millimetro meno del suo piede.

Mina ne percorre la lunghezza avanti e indietro come una trave da ginnastica artistica, le braccia spalancate e il peso concentrato sulle punte dei piedi. Sopra di lei il cielo si è schiarito velocemente dal blu all’azzurro al grigio perla. Sotto di lei, cinque o sei piani più in basso, le strade si stanno facendo via via più affollate.

Il vento ha l’odore della pioggia. Le frusta i capelli sciolti negli occhi, sulle guance, sul naso. Le gonfia i vestiti come vele.

Cinque settimane. Sono passate quasi cinque settimane da quando ha abbandonato il balletto. La carta di credito continua a funzionare. Nessuno si è presentato alla sua porta per riportarla indietro. Sono le uniche due prove che ha che nessuno la stia cercando o sentendo la sua mancanza.

Raggiunge il centro del parapetto e si ferma. Per l’ennesima volta soppesa il cellulare tra le mani. Una parte di lei sperava di dimenticarlo da qualche parte per sbaglio, o di vederlo scivolarle e precipitare verso il marciapiede sottostante.

È abbastanza leggero da poter essere lanciato facilmente e abbastanza pesante da distruggersi completamente una volta arrivato a terra.

È spento da quando l’aereo è decollato.

È l’unico legame con la sua vita di sempre.

Mina guarda in basso. Al pavimento del terrazzo sulla destra. Ai metri di aria vuota sulla sinistra.

In alto il cielo è schermato da uno strato uniforme di nuvole.

Il pavimento e il marciapiede. Vicini come i gradini di una scala.

Il cellulare nelle sue mani.

Mina chiude gli occhi e sbuffa, frustrata. «Va bene!» esclama, rivolta al nulla. Si accovaccia fino a sedersi sul bordo del terrazzo, le gambe verso l’interno e i piedi che sfiorano il pavimento.

Non riesce a resistere ancora. Niente può essere peggio di questo oblio autoimposto. Non intende concedersi il beneficio del dubbio.

Preme il bottone di accensione con tutta la forza che ha nelle mani, poi quasi le sfugge dalle dita quando si anima con una vibrazione. Prima che abbia finito di avviarsi, però, sullo schermo compare l’icona di una pila vuota e il cellulare di spegne di nuovo.

Mina solleva le sopracciglia, sentendosi presa in giro. Incrocia le braccia, nascondendo il telefono tra gomito e fianco e rimane così per un po’, incredula e vagamente divertita.

Il suono del campanello è così inaspettato che Mina per poco non si rovescia all’indietro. Sembra il verso di un uccello strozzato ed è quasi sicuramente la prima volta che lo sente da quando si è trasferita qui, esattamente un mese fa.

Si muove per raggiungere la porta con un secondo di ritardo. «Chi è?» chiede senza aprirla.

«Bonnie!» C’è urgenza nella risposta.

Mina apre la porta, la fronte corrucciata. «Cosa diavolo ci fai qui?»

Ebony Loo, la tatuatrice, la squadra dalla testa ai piedi, poi sbircia oltre la sua spalla dentro l’appartamento. Il suo silenzio innervosisce Mina più che mai.

«Le cicatrici vanno bene.» Ebony è venuta a controllarle dopo una settimana dalla scarificazione, non sarebbe dovuta tornare prima della fine del mese. «Non ho avuto nessun problema, perciò non c’è bisogno--»

«Abito non lontano da qui. Nel bar all’angolo fanno delle ciambelle che sono roba dell’altro mondo.»

Mina solleva un sopracciglio, confusa. «Okay, non ho tempo per queste cose» dichiara mentre richiude la porta.

Ebony infila una mano in mezzo per fermarla. «Ti ho vista» esclama tutto d’un fiato. «Passavo qui sotto e mi ricordavo che abitavi da queste parti.»

Mina appoggia per qualche secondo la fronte alla porta prima di spalancarla di nuovo. Fissa Ebony in silenzio.

«Ti ho vista sul davanzale.» E ha visto le cicatrici sui suoi polsi durante la sessione.

Mina non apre bocca. Raddrizza le spalle. Questa ragazza vista appena due volte pretende di sapere già tutto di lei?

«Posso entrare?»

«Certo che n-- ehi!» Ebony le sguscia di lato e entra nel soggiorno deserto. «Esci subito!»

Ebony si affaccia nel corridoio, poi ispeziona velocemente le altre camere – ci vuole un attimo: bagno e cucina da un lato, camera da letto dall’altro. Le lenzuola sono piegate ordinatamente sul materasso gonfiabile.

«Qualunque cosa tu creda di aver visto, non sono affari tuoi.»

La sfacciataggine con cui Ebony la ignora le ricorda Strawberry. Forse anche un po’ Paddy. Si è tinta i capelli di arancione neon – forse l’associazione deriva solo da questo. Si è anche sciolta i dreadlocks e al momento non ha trucco sugli occhi né lentiggini disegnate. Se non fosse per i tatuaggi che la ricoprono, Mina giurerebbe che si tratti di un’altra persona da quella che ha conosciuto allo shop.

Fa un respiro profondo. «Ebony…»

«Bonnie. Bonnie va bene» la corregge l’altra automaticamente.

«Perché stai frugando in casa mia?!» È la prima volta che di riferisce a questo appartamento in affitto come casa propria. «Se non sei qui per controllarmi allora--»

«Non hai bisogno che qualcuno ti controlli» replica Ebony, come se fosse la cosa più ovvia al mondo. Finalmente smette di guardarsi intorno e si ferma a fronteggiare Mina in mezzo al corridoio.

«Come scusa?»

«Non sei saltata.»

Silenzio.

«Ti ho vista e non sei saltata. Qualunque cosa tu stia passando, pare che tu sappia controllare te stessa quanto basta.»

Ancora silenzio.

«Qui non ci sono aghi, né bottiglie, né lame, né confezioni di farmaci. Non c’è assolutamente niente in realtà, fa paura! Comunque sei sobria e pulita, direi che non è poco.»

«Perché tutto quello che conta è che io sia viva e lucida?»

Ebony scrolla le spalle. «A volte sì.» Fa per andarsene, ma Mina le sia para davanti.

«Ma tu sei salita a controllarmi.»

«Io… » Ebony si gratta il retro di un orecchio. «Sì, suppongo di sì.» Accenna un sorriso di scuse. «Ho una specie di debole per i casi disperati.»

Mina spalanca la bocca.

«Sì insomma, tipo uccelli moribondi, gatti randagi e cani abbandonati. Diavolo, casa mia ha ospitato più animali che amici!»

«Io non sono… » stata abbandonata? Mina ricorda improvvisamente di avere il cellulare ancora in mano. «…un animale» conclude sbrigativamente, abbassando lo sguardo. Va a recuperare il caricabatterie dallo zaino ai piedi del letto.

Le torna in mente Mickey, il pomeriana nano con cui è cresciuta e che il veterinario ha insistito per sopprimere due anni fa perché “sarebbe stato più crudele farlo vivere qualche altro mese con il cuore in quelle condizioni”. Lascia che l’ondata di tristezza la attraversi e poi si ritiri per tornare ad essere un brusio di sottofondo. Quando si rialza Ebony è ancora in corridoio e si sta mordicchiando un’unghia mentre fa oscillare il peso da un piede all’altro.

«Vuoi…» non c’è niente dentro questa casa «un bicchiere d’acqua?»

Ebony sfodera un sorriso di sollievo e annuisce vigorosamente.

In cucina Mina attacca il telefono alla corrente, poi fa scorrere per un po’ l’acqua del rubinetto prima di riempire un bicchiere. «Cosa fai con i tuoi… casi disperati?»

«Mmh» Ebony cerca di parlare troppo presto e l’acqua le va di traverso. «Li faccio bere finché non si strozzano» afferma appena ha smesso di tossire. «Do loro tutto il cibo che non hanno visto nelle ultime settimane e loro lo mangiano tutto anche se è troppo. Quindi dopo di solito si sentono male.»

Suo malgrado, Mina sorride. «Sembra un piano terribile» la rimbecca appoggiandosi al bancone e incrociando di nuovo le braccia al petto, questa volta in modo più teatrale.

«Vero. Ma a loro piace.»

«A loro piace stare male per aver mangiato troppo?»

«Sentirsi voler bene un po’ troppo tutto insieme.»

Ebony si rigira il bicchiere fra le mani. Alla fine manda giù l’ultimo sorso l’acqua e si allunga per posarlo alle spalle di Mina. «Beh sarà… sarà meglio che vada.» Però rimane ferma dov’è. Ha una farfalla tatuata alla base del collo, nera con venature azzurre, così realistica che sembra appollaiata sulla clavicola.

Ebony solleva le braccia muovendosi al rallentatore. Le sfiora la mandibola, facendole inclinare leggermente la testa, poi si china e preme le labbra sulle sue.

Mina spalanca gli occhi e rimane immobile, pietrificata.

Ebony si ritrae dopo un momento e studia la sua espressione.

Mina batte le palpebre e prende fiato dalla bocca. Vorrebbe dire qualcosa ma la sua mente si è svuotata. Le fissa le labbra, poi gli occhi, poi di nuovo le labbra. Poi di nuovo gli occhi.

Ebony le prende il viso tra le mani prima di baciarla di nuovo, questa volta con un po’ più di decisione. Mina stringe il bancone e si protende in avanti, sprofondando nell’abbraccio.

Una sensazione di calore sboccia nel suo petto, debole ma regolare, e si espande gradualmente in tutto il corpo. Le loro labbra si schiudono, le loro lingue si incontrano e Mina si sente sciogliere. Un brivido le percorre la schiena, poi le gambe.

Si ritrae. Bonnie la insegue d’istinto, poi fa altrettanto. Dopo un momento le lascia andare il volto. Abbozza un sorriso incerto e mette un passo di distanza fra loro.

«Vuoi che me ne vada?»

Mina solleva il mento. «Sì.»

«Vuoi… vuoi che torni ogni tanto? A… controllare?»

Mina stringe le labbra e fissa lo sguardo in basso a sinistra, su una mattonella del pavimento in particolare. «Se lo ritieni necessario.»

Da dove è stato abbandonato sul bancone, il cellulare comincia a vibrare mentre notifiche di messaggi e chiamate perse affollano la schermata di blocco. Mina lo fissa a bocca aperta.

«Allora ciao!» continua Bonnie mentre esce dalla cucina camminando all’indietro e agitando nervosamente una mano. Mina la saluta con un gesto decisamente più elegante, poi ascolta i suoi passi mentre attraversa il corridoio e il soggiorno – sta saltellando? – e infine il rumore della porta che si apre e si chiude.
 


Nota: quella che segue è una ricostruzione delle notifiche sul telefono di Mina, presumibilmente dalla schermata di blocco, creata da me in modo da avere un minimo di realismo senza perdere del tutto l'utilità. Vanno in ordine decrescente perciò massaggi e chiamate più recenti sono in alto e quelli più vecchi in basso. Per leggerli in ordine cronologico bisogna quindi partire dal basso e risalire. Spero sia stata un'idea carina. Temo anche che efp sgrani tantissimo le immagini, se sono illeggibili segnalatemelo e provvederò a rimediare.


 

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