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Autore: Abby_da_Edoras    04/06/2020    3 recensioni
Questa storia nasce da un sogno che ho fatto e sinceramente non avrei mai creduto di tornare a scrivere in questo fandom, eppure... mai dire mai! Questa ff è il sequel della mia storia "Shadows and lights" (ma non è indispensabile averla letta): sono passati più di due anni dalla conquista di Napoli da parte del Re Carlo e dalle atroci esperienze del Principe Alfonso. Nel frattempo il Re è tornato in Francia, lasciando il Generale a guidare il Regno di Napoli in sua vece, ma all'inizio di questa storia il Generale è morto. Il Papa Borgia, allora, non perde l'occasione per ampliare i suoi domini e manda il figlio Juan come "protettore" del Principe Alfonso, perché sia lui a governare Napoli. Il rapporto tra Juan e Alfonso, però, evolverà in maniera inaspettata...
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a registi, autori e produttori della serie TV The Borgias.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alfonso II di Napoli, Altri, Juan Borgia
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Salvation'
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Capitolo terzo: Never give up

 

Oh yeah, I'm haunted by the distant past
Called to the skies but she was she overcast

But I won't never give up, no, never give up, no, no
No, I won't never give up, no, never give up, no, no

And I won't let you get me down
I'll keep gettin' up when I hit the ground
Oh, never give up, no, never give up no, no, oh…

(“Never give up” – Sia)

 

Non poteva essere vero, doveva essere un incubo, pensava Alfonso, travolto dal terrore, mentre si lasciava condurre da Juan lungo le scale che portavano alle segrete. Non poteva finire così, non un’altra volta! Ormai non vedeva nemmeno più bene, le lacrime gli offuscavano la vista, e poteva solo affidarsi, suo malgrado, al giovane Borgia, nonostante lo stesse portando verso l’orrore.

Era proprio come quella sera maledetta in cui Re Carlo lo aveva fatto condurre nelle segrete dal Generale, per poi consegnarlo ai soldati che avrebbero straziato il suo corpo senza pietà. Le immagini e il terrore mortale di allora si confondevano con ciò che stava accadendo adesso… solo che il Generale non c’era più e, questa volta, nessuno sarebbe arrivato in suo soccorso, nessuno avrebbe interrotto le torture.

Juan Borgia che, evidentemente, non aveva la più pallida idea di cosa stesse passando per la mente del Principe, continuava a sostenerlo mentre entravano nella camera degli orrori e si guardava intorno con sincera curiosità. Quella era una cosa che gli mancava, non aveva mai visitato una stanza delle torture e pensava che Re Ferrante, nella sua follia, avesse avuto comunque una buona idea perché minacciare qualcuno di trascorrere anche solo un’ora tra quei tormenti era un deterrente molto convincente.

“Vostra Maestà, posso capire che non vi faccia piacere tornare in questo luogo di dolore, specie dopo quello che mi avete raccontato” disse ad un certo punto. “E’ stato morboso e crudele da parte del Re francese farvi una cosa del genere, specialmente considerando che non aveva motivo di farlo, non dovevate confessare niente, non costituivate una minaccia per lui… una malvagità gratuita che, in tutta sincerità, non riesco a comprendere. Però non c’è bisogno di reagire così, insomma! Adesso siete voi il Re di Napoli e sarebbe opportuno che imparaste a gestire tutte le armi di cui siete in possesso per spaventare i vostri nemici, così come faceva vostro padre.”

Vedendo che Alfonso non aveva intenzione di calmarsi, Juan lo fece sedere sui gradini all’ingresso della stanza e si mise a osservare quegli strumenti spaventosi per conto suo, riflettendo su quanto sarebbero stati utili per consolidare il suo potere sul Regno di Napoli. Perché, a dirla tutta, non aveva nessuna intenzione di fallire, questa volta, e non avrebbe lasciato che fossero Goffredo e Sancha a prendersi tutta la gloria. Toccava a lui e non gli dispiaceva affatto lasciare che, ufficialmente, fosse Alfonso a governare. In fondo, il giovane Principe dava prova ogni giorno di più di essere debole, spaventato e del tutto dipendente da chiunque si prendesse la briga di guidarlo. E, in particolare, stava dimostrando di essere molto vulnerabile in sua presenza… Juan non avrebbe mai pensato di finire per esercitare il suo fascino su un Principe aragonese piuttosto che su una prostituta ma, tutto sommato, era pure meglio così! I vantaggi che una prostituta poteva dargli erano immediati e di breve durata, ma quanto avrebbe potuto ottenere come protettore del giovane Re di Napoli?

Ma, per fare questo, doveva innanzitutto fare in modo che tutti lo temessero, così come temevano Re Ferrante. Se si fosse fatto un nome in quel senso, il padre avrebbe lasciato che fosse lui a governare il Regno, tenendo Alfonso sotto tutela, e Goffredo e Sancha avrebbero dovuto arrangiarsi.

E chissà quanto si sarebbe infuriato Cesare! Sarebbe schiattato d’invidia, quel guastafeste…

Juan sorrise tra sé mentre si crogiolava in quei pensieri di soddisfazione e trionfo, finché non si accorse che Alfonso non aveva la minima intenzione di tranquillizzarsi e, anzi, continuava a singhiozzare sempre più forte. Adesso aveva iniziato anche a supplicare, come se qualcuno lo stesse realmente seviziando. Ma che accidenti gli prendeva?

Gli si avvicinò per cercare di calmarlo, ma fu anche peggio.

“No, vi prego… vi prego, non fatemi del male… Farò tutto quello che volete, Gonfaloniere, vi supplico, non portatemi là…” piangeva Alfonso, le parole spezzate dai singhiozzi.

“Che vi prende, Vostra Maestà? Perché mai dovrei farvi del male o, peggio, torturarvi? Ma non avete capito che… Oh, ma che diamine!” Juan non era un uomo molto paziente e si stancò presto di quel tono deferente. Si sedette accanto al ragazzo e lo strinse a sé. “Non sono qui per farti del male, lo vuoi capire sì o no? Insomma, Alfonso, vuoi ascoltarmi una buona volta?”

Il tono spazientito ma tutto sommato più confidenziale del giovane Borgia riuscì finalmente a scuotere Alfonso che, cercando di soffocare i singhiozzi e di fermare il pianto, parve uscire dall’incubo nel quale era precipitato e ritornare alla realtà.

“Voi… Gonfaloniere, non mi avete portato qui con l’inganno per torturarmi a morte?” domandò, con un filo di voce.

“Va bene che la mia fama mi precede, ma che idea ti sei fatto di me, si può sapere?” esclamò Juan, esasperato ma al contempo intenerito da quella reazione da ragazzino e decidendo di abbandonare una volta per tutte la messinscena del Vostra Maestà… “Non ho nessuna ragione di farti del male, anzi, ti ho già detto mille volte che sono qui per proteggerti e per difendere questo Regno. E, comunque, non sono certo così meschino da portarti qui con l’inganno per seviziarti, se pure avessi qualche motivo per volerti eliminare. Dammi retta, se avessi voluto davvero farti del male te ne saresti accorto. Questi non sono certo i miei metodi: i miei avversari li pugnalo o taglio loro la gola, non ho bisogno di assurde sceneggiate!”

E, per quanto la cosa fosse tranquillizzante solo fino ad un certo punto, Alfonso si calmò davvero a quelle parole, si asciugò le lacrime e riuscì anche a guardare Juan dritto in faccia.

“Ma io… credevo che mi aveste portato quaggiù per…” mormorò, senza fare caso al fatto che Juan Borgia lo avesse chiamato per nome e fosse passato disinvoltamente ad un più familiare tu, “come successe quella sera… Re Carlo mi chiese di mostrargli le segrete di mio padre, ma poi mi consegnò ai suoi soldati e mi… ordinò che mi torturassero per tutta la notte! E questa volta non ci sarebbe stato nessuno a salvarmi, perché il Generale mi ha lasciato solo, mi ha abbandonato anche lui! Io credevo che…”

“Credevi male, Alfonso” rispose Juan, disgustato dalla codardia e dalla crudeltà mostrata da Re Carlo. Adesso capiva perché il giovane fosse rimasto così sconvolto all’idea di tornare a visitare la stanza delle torture. Non era, come aveva pensato lui, il ricordo dei passati tormenti a straziarlo, ma la paura che quello che era accaduto allora stesse avvenendo di nuovo, nello stesso identico modo.

Quanto devi aver sofferto, povero Principe abbandonato da tutti, pensò, con uno slancio di tenerezza e di empatia che non erano sicuramente sentimenti a lui familiari.

Ma Alfonso, a quanto pareva, gli aveva toccato il cuore… o quello che aveva da quelle parti, più o meno. Juan Borgia era abituato a seguire i suoi istinti, sempre e comunque, e in quel momento l’istinto lo portò a stringere più forte il giovane Principe tra le braccia, ad affondargli una mano tra i capelli e a baciarlo profondamente, intensamente, incollandosi al suo corpo, esplorandolo con la lingua avida e prepotente. Quel bacio così intimo e inaspettato aveva accelerato i battiti del cuore del giovane Principe e gli aveva incendiato il sangue nelle vene, Alfonso si era sentito fremere in tutto il corpo come mai gli era avvenuto prima: anche il Generale l’aveva baciato più e più volte e aveva fatto ben altro con lui ma… ma non era mai stato così. Cosa gli stava succedendo? Per lunghissimi frammenti di tempo Alfonso desiderò che quei baci profondi e appassionati non finissero mai e dimenticò perfino che si trovava nella stanza che più lo terrorizzava, perduto tra le braccia del giovane Borgia non aveva più paura e nient’altro sembrava esistere.

In qualche modo, Juan riprese il controllo di sé, si staccò dal Principe e cercò di recuperare un certo contegno, mentre Alfonso continuava a guardarlo come incantato. Bene, il Principe si era tranquillizzato, poteva essere il momento giusto per parlargli, si disse, mentre continuava a chiedersi che diavolo gli fosse preso per afferrarlo e baciarlo in quel modo. Non si era mai interessato al suo stesso sesso, prima di quel momento e, a onor del vero, anche il sesso opposto gli interessava solo in base alla quantità e alla qualità del piacere che poteva procurargli.

Ritenne che fosse giunta l’ora di passare a discorsi più seri. Avrebbe pensato poi a ciò che lo aveva spinto a baciare Alfonso con tanto ardore…

“Io sono venuto qui per ordine di mio padre, è vero. Ed è vero anche che la protezione dei Borgia sul Regno di Napoli significa al contempo una sorta di controllo su di esso” riprese Juan, decidendo di essere completamente sincero con il Principe. Del resto, a quel punto aveva raggiunto una certa intimità con lui e tanto valeva arrivare fino in fondo. “Tuttavia ciò non vuol dire che voglia farti del male o che tu sia in pericolo con me, al contrario: sono qui per proteggerti e la tua salvaguardia è anche nel mio stesso interesse, per questo non hai alcun motivo di temermi.”

“Mi… mi dispiace, io… per me è stato come rivivere quella sera…” fece Alfonso a voce bassissima, ancora fortemente scosso dal modo in cui era stato stretto e baciato.

“E io non me ne sono accorto” replicò il giovane Borgia, in tono più leggero. “Non sono famoso per essere un uomo sensibile… Ma di una cosa puoi essere sicuro: io non ti farò mai del male e non lascerò che nessun altro si azzardi anche solo a pensare di fartene. Tu credi di essere solo e abbandonato a causa della morte del tuo Generale, ma non è così, ci sono io a proteggerti e non ti lascerò solo, hai la mia parola.”

Alfonso continuava a fissare Juan come se non potesse credere a ciò che gli stava dicendo. Era così abituato ad aspettarsi sempre il peggio da tutti che quell’improvvisa gentilezza del giovane lo coglieva alla sprovvista e lo turbava: era tutto così strano e surreale, Juan gli parlava con pazienza e cordialità e poi lo aveva baciato in un modo che gli faceva tremare le gambe e i polsi anche solo a ripensarci!

“Il Generale mi aveva promesso che non mi avrebbe mai lasciato solo, ma poi anche lui mi ha abbandonato” obiettò il Principe, chiaramente dicendo la prima cosa che gli era passata per la testa in tanto sconvolgimento.

“Non per sua volontà” ribatté Juan. “Non ho avuto modo di conoscerlo personalmente, ma da quello che mi hai raccontato ho capito che ti era davvero molto affezionato e che sicuramente, quando si è ammalato, la sua preoccupazione maggiore è stata che saresti rimasto solo. Credo che sarebbe sollevato nel sapere che c’è qualcuno a prendersi cura di te anche adesso.”

Ovviamente il Generale francese non sarebbe stato per niente contento di sapere che il Principe si affidava alla protezione di un Borgia e che avrebbe finito per dipendere da lui, ma questo non c’era motivo di dirlo ad Alfonso, no?

Si alzò in piedi e aiutò il Principe a fare altrettanto, notando con piacere che il ragazzo era rimasto veramente scombussolato dal suo bacio e da quel modo di fare più affettuoso. Era soddisfatto. In tutta la sua vita aveva sempre desiderato sentirsi importante per qualcuno ed era sempre rimasto frustrato in questo suo desiderio: adesso Alfonso pareva dipendere da lui per più di un motivo, proprio come voleva suo padre, e il bello era che lui non aveva fatto nulla di speciale per ottenere la sua fiducia.

“Credo di avere visto abbastanza di questa camera delle torture” disse poi, prendendo Alfonso per un braccio e conducendolo per le scale. “Non era mia intenzione turbarti, riportandoti quaggiù. Certo immaginavo che per te sarebbe stata dura, ma non credevo così tanto. In realtà vorrei farti capire che non devi più temere questo luogo, perché saranno i tuoi avversari a doverlo temere, così com’era ai tempi di tuo padre. Non avevo capito che stavi addirittura rivivendo quella notte.”

“Non è colpa vostra, nessuno avrebbe potuto saperlo” replicò il giovane, rabbuiandosi. “Una cosa del genere è… inimmaginabile, finché non ci si trova a viverla. E forse nemmeno allora. Quando scappai dal castello, sapendo che i Francesi stavano arrivando, non so fino a che punto sperassi di cavarmela. Ero a piedi, da solo, senza cibo né acqua… Il mio era un tentativo disperato, ma ero certo che, se fossi rimasto al castello, sarei morto comunque.”

“Sei scappato a piedi dal castello?” Juan era incredulo. Che ingenuo ragazzino era, quel Principe? Era ovvio che lo avrebbero catturato facilmente!

“Credo di non averci pensato più di tanto, ho fatto quello che mi è venuto istintivo. Mi hanno ritrovato un paio di giorni dopo, i soldati mi hanno mandato contro i cani” era come se il ragazzo stesse raccontando le disavventure di un’altra persona. “In quel momento ho capito di aver fatto una sciocchezza, ma era tardi. E le pensai tutte, ve l’assicuro: immaginai che mi avrebbero fatto sbranare dai cani, che mi avrebbero catturato per poi uccidermi o rinchiudermi in una cella per il resto della mia vita… ma mai, nemmeno in mille anni, avrei potuto indovinare che cosa passava per la testa di Re Carlo. Una cosa del genere…”

“Basta, adesso, non pensarci più” lo interruppe Juan. Cominciava ad avercela a morte con quel maledetto Re francese. Già lo odiava per averlo umiliato in battaglia nella sua prima missione come Gonfaloniere dell’esercito papale, ma sentiva di detestarlo sempre di più ogni qual volta ripensava a quanto quel tronfio bastardo avesse fatto soffrire Alfonso senza alcun motivo. Era strano, non gli era mai capitato prima di provare compassione per i patimenti di qualcuno. Evidentemente la meschinità e la crudeltà immotivata di Re Carlo erano eccessive anche per lui… oppure c’era qualche altra ragione? “D’ora in poi sarà tutto diverso. Ben presto tutti sapranno che sei sotto la protezione dei Borgia e saranno loro a temerci.”

“Perché i Borgia avvelenano la gente?” la domanda scappò di bocca al giovane prima che potesse rendersene conto, ma Juan la prese bene. Scoppiò a ridere come non gli capitava da un pezzo (aveva avuto anche lui i suoi guai, ultimamente…), la qual cosa contribuì ulteriormente a turbare parecchio Alfonso, che rimase a fissarlo come incantato.

“E’ questo che si dice in giro? Beh, non è del tutto falso, ma diciamo che è un po’ riduttivo” replicò, in tono disinvolto. “Abbiamo molti modi per farci rispettare dai nostri nemici… e per difendere i nostri amici.”

Alfonso sussultò.

“Ah, siamo… amici, adesso?” domandò, intimidito e affascinato al contempo da quel giovane scanzonato e baldanzoso.

Juan gli circondò le spalle con un braccio e lo attirò a sé, scherzoso.

“Direi proprio di sì, non ti pare, Principe Alfonso?”

Sì, era decisamente riuscito a conquistarsi la totale fiducia di quel ragazzo solo al mondo e spaurito.

Aveva fatto ciò che suo padre voleva da lui, questa volta non lo aveva deluso.

Ma non era soltanto per questo che Juan Borgia si sentiva così soddisfatto e sereno…

Fine capitolo terzo

 

   
 
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