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Autore: ChrisAndreini    07/06/2020    2 recensioni
"Le prime cinque regole imposte alla società dei supereroi sono:
1) Ogni supereroe deve avere un localizzatore nel flusso sanguigno, che deve essere impiantato entro due anni dalla nascita del suddetto;
2) I supereroi non possono utilizzare i loro poteri se non in territorio da loro posseduto o con specifici permessi elargiti dalla DIS, pena la reclusione immediata;
3) Ogni supereroe deve indossare, non appena uscito di casa, uno speciale bracciale che elimina il potere, e non può essere rimosso per nessuna ragione fino al ritorno in casa o con il permesso elargito dalla DIS;
4) Non sono permesse relazioni romantiche e soprattutto procreazione tra supereroi e persone prive di poteri superumani, e ogni matrimonio tra supereroi deve essere approvato e supervisionato dalla DIS;
5) Se e solo se la DIS lo riterrà utile, un supereroe ha il dovere di servire la DIS con il suo potere e di lavorare in un ambito che possa sfruttarlo nel modo migliore"
Quando un'onda di energia magica si abbatte sulla città, creando il caos, Eryn Jefferson, supereoina nata senza poteri, cercherà di cambiare le cose.
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Silenzio stampa

 

Quella mattina, la calma solitamente inesistente in casa Jefferson era rotta da un personaggio inusuale.

-Outlaw Team?! Quadriforce?! Non riesco a credere che dopo tutto quello che sto facendo per cercare di risollevare la situazione dei super arrivino questi fuorilegge pronti a distruggerci ulteriormente?!- si stava lamentando Madison, passata a casa per la colazione come faceva almeno una volta a settimana, e rimasta per lamentarsi durante la lettura del giornale.

Non c’era molto sull’incidente del giorno precedente, ma la diretta televisiva non era passata inosservata, e non poteva essere censurata con grande facilità dalla DIS.

-Calma, sorellona. Ti verrà un’ulcera se continui a urlare così- contrariamente al solito, Robin era molto tranquillo e rilassato, e beveva il caffè mattutino con calma e un sorrisino divertito. Era sempre un piacere per lui vedere la sorella maggiore sclerare.

-Sta zitto, Bobi! E perché hai la voce così gongolante? C’entri forse qualcosa, eh?- lo accusò Madison, fulminandolo con lo sguardo.

Robin sobbalzò leggermente, ma non diede altri segni che le parole della sorella lo avessero colpito, e mantenne la calma.

-Sono un supereroe registrato come te- le fece notare -Non potrei fare nulla neanche se volessi, anche se effettivamente vorrei. Ma sono comunque contento che qualcuno lotti per la nostra libertà- ammise con occhi pieni di energia e soddisfazione.

-Libertà?!- Madison non poteva credere alle sue orecchie -Lottano per le loro libertà. Libertà per eroi venuti dal nulla che portano solo il caos! Non otterranno mai nessuna libertà! Soprattutto credendosi al di sopra delle regole! Stai scherzando Bobi?!-

-Smetti di chiamarmi Bobi, Maddie- il ragazzo iniziava ad alterarsi.

Ci furono alcuni secondi di silenzio, in cui i due fratelli si fissavano a vicenda, con sguardo carico di rabbia.

-Su, calmatevi, ragazzi. Non è qualcosa che ci riguardi, alla fine. Probabilmente la DIS…- provò a clamare le acque Deborah, …

-Certo che la DIS farà qualcosa, ma…- 

-Davvero siete contro questi supereroi?!- Robin era incredulo -Finalmente c’è qualcuno che lotta, e voi…- 

-Io sto lottando, nel mio piccolo! Seguendo. Le. Regole!- Madison parlava con il tono che si userebbe con un bambino di due anni.

-Regole stupide imposte da una società che vuole solo controllarci! E usarci! E rinchiuderci se proviamo a fare qualcosa di buono!- obiettò Robin, battendo il pugno sul tavolo a ogni frase.

-Ci rinchiudono perché questo- Madison indicò il giornale -È quello che succede se non lo facessero! Questa è solo la dimostrazione che la DIS ha ragione! Perché ora come ora c’è il puro, totale, CAOS! E tu neanche te ne rendi conto. Si può essere più stupidi?- Madison si alzò in piedi e diede le spalle al fratello, esasperata.

-Io non sono stupido. E a cosa ti sta portando seguire le regole, eh, Madison?- la provocò Robin, facendola irrigidire.

-Per tua informazione al momento lavoro per uno dei politici più influenti del momento. Perché seguo le regole, sono brava nel mio lavoro e la DIS me lo sta riconoscendo!- gli fece notare la sorella, con un certo orgoglio, ma non altrettanta sicurezza.

-Sì, certo, lavori per uno dei più influenti uomini politici come… guardia del corpo? Non avevi una posizione molto più alta qualche giorno fa?- la provocò Robin.

Madison strinse i pugni, ma non si diede per vinta, anzi si risollevò.

-Hai centrato il punto, mi pare. Loro -indicò nuovamente il giornale -sono cambiati. Sono arrivati, hanno iniziato a creare il caos, la gente è spaventata e ci rimetto io! Un’onesta cittadina-

-Esatto! Tu non dovresti rimetterci. Noi non dovremmo rimetterci perché qualcuno fa un errore. Non bisogna fare di tutta l’erba un fascio- Robin allargò le braccia, per dare più enfasi al punto che stava cercando di trasmettere.

-Ma se ci comportiamo bene, sicuramente ci verranno riconosciuti dei crediti. Io sono sempre stata corretta, continuerò ad essere sempre corretta, e li prenderò! Dal primo all’ultimo!- 

-Come, se non ti fanno lavorare?- la replica di Robin la ammutolì.

Ci mise qualche secondo a trovare una risposta.

-Beh… non li prenderò io personalmente, forse, ma farò il mio lavoro comunque al meglio e farò in modo comunque di aiutare a prenderli- disse infine.

-Quindi se si tratta di salvare e aiutare i supereroi ti tiri indietro per seguire le regole, ma se si tratta di salvare la DIS e la stupida dittatura di questo orribile mondo sei in prima fila e pronta a infrangere le regole?- la provocò Robin, sbeffeggiandola.

-Non intendo infrangere le regole, ma farle rispettare… in un certo modo- Madison non sapeva più come spiegare ciò che considerava ovvio e inattaccabile.

-Sei un’ipocrita, Madison- sospirò Robin incredulo, infiammandola.

-Tu sei un idiota, invece. Come puoi stare dalla parte delle persone che stanno distruggendo sempre di più l’immagine dei supereroi?- insistette la ragazza.

-Ci sono persone buone, là fuori. L’Outlaw Team sta cercando di risollevare il nostro status. E tu non vuoi neanche cogliere questa occasione- Robin alzò la voce.

L’arrivo di Eryn, ancora assonnata e sbadigliante, interruppe la replica di Madison.

-Di che parlate?- chiese, stropicciandosi gli occhi e sedendosi accanto a Robin.

-Nulla che possa riguardare una “senza poteri”- tagliò corto Madison, riprendendo la tazza di caffè, ormai fredda, e prendendo un sorso, per far cadere l’argomento.

Robin dovette trattenersi dal ridere, e lanciò alla sorella di mezzo un’occhiata complice.

-Già, roba da supereroi- 

Eryn si sedette, non dando troppo peso ai commenti e al discorso che aveva inconsapevolmente interrotto.

Il resto della colazione finì nel silenzio quasi assoluto.

 

Madison era stata la prima a uscire di casa, e attendeva fuori dal palazzo De Marco l’arrivo del primogenito, che avrebbe dovuto portare in ufficio.

La strada era abbastanza sgombra, dato che ormai quasi tutti erano a lavoro, a quest’ora, e l’unica eccezione erano due uomini dall’altra parte della strada, seduti su una panchina a discutere amichevolmente tra loro. 

Madison non diede loro particolare attenzione e approfittava del ritardo del suo capo per discutere per telefono con l’agente Anderson le ultime novità riguardo al caso.

Novità praticamente inesistenti.

-L’hai rilasciata?- stava infatti chiedendo incredula.

-Ha un alibi di ferro per la notte dell’attacco alla torre De Marco, e non sembra avere nessun collegamento con associazioni ribelli o supereroi poco puliti. È una cittadina modello, e non ha fornito informazioni degne di nota. La terremo d’occhio, ma non possiamo trattenerla di più senza prove- la informò lui, con voce stanca.

Madison non riusciva a credere che Berenice Holler fosse stata rilasciata con tale semplicità nonostante fosse chiaramente collegata al caso. Purtroppo non poteva indagare da sola, e Anderson non le aveva dato troppe informazioni su di lei.

-Inoltre la priorità, al momento, è fermare il cosiddetto Outlaw Team- aggiunse poi William, con tono leggermente risentito.

-Questo Outlaw Team è insopportabile. Ha creato più guai di quanti ne ha provati a risolvere- Madison si portò una mano sulla fronte, irritata.

-Almeno loro provano a fare qualcosa- le arrivò la voce borbottata dell’ex collega all’orecchio.

Madison sperò di aver capito male.

-Come scusa?- chiese chiarimenti, stringendo la presa sul telefono per sentire meglio.

-Come procede il tuo nuovo lavoro?- chiese invece Anderson, cambiando argomento. Madison sbuffò.

-Sono davanti alla torre De Marco. Non mi hanno permesso di entrare. E aspetto il signor De Marco. È estremamente in ritardo- alzò gli occhi al cielo.

-Stavo solo aspettando che finissi la chiamata, mi sembrava scortese interrompere- una voce alle sue spalle la prese talmente tanto alla sprovvista che per poco non fece cadere il telefono.

Si girò in fretta pronta ad attaccare, ma era solo Finnegan De Marco, appoggiato al muro davanti alla porta, e accompagnato dall’agente Hagen, la sua altra guardia del corpo personale.

Madison sentì le guance riscaldarsi, ma si impose di restare impassibile. Era la prima volta che le capitava una cosa del genere, ma era comunque pronta ad affrontare l’imbarazzo ed uscirne da vincitrice e con la dignità intatta.

-La chiamo più tardi, agente Anderson- disse al telefono, prima di interrompere la chiamata.

-Era una chiamata di lavoro, ma al suo arrivo avrebbe dovuto avvisarmi, signor De Marco- disse intascando il telefono e indicando l’auto parcheggiata incoraggiandolo a precederla.

-Lavoro? Non mi pare di aver chiesto a nessuno di telefonarle. Sa, sono io il suo datore di lavoro- le fece notare lui, iniziando ad avviarsi all’auto.

-Sono innanzitutto un’impiegata della DIS, non lo dimentichi- sibilò Madison, tra i denti, seguendolo a poca distanza, e cercando di ignorare l’agente Hagen, che rideva sotto i baffi. Lo sguardo della ragazza venne attirato dagli uomini sul marciapiede dall’altro lato della strada. Erano lì da parecchio tempo, ma si erano appena mossi, e osservavano la loro direzione con curiosità. Una strana curiosità. Era solo per via della loro discussione? 

-Forse dovrei rimandarla lì, dato che non si è nemmeno accorta della mia presenza. Ero dietro di lei da parecchi…- una delle due figure fece un movimento brusco con il braccio destro, e Madison agì di puro istinto, interrompendo la minaccia di Finnegan De Marco, che prese per le spalle e spinse dietro la macchina, nell’esatto istante in cui un proiettile avrebbe colpito il suo volto se fosse rimasto fermo.

-Co…- prima che Hagen potesse rendersi conto di quello che stava succedendo, Madison lo prese per il braccio, trascinandolo con forza insospettabile dietro la macchina con lei, mentre altri proiettili iniziavano a sferrare l’aria sopra le loro teste.

La mano di Madison corse alla pistola che solitamente teneva su un fianco, ma alla luce delle nuove circostanze, la DIS gliel’aveva confiscata, in favore di un semplice e del tutto inutile taser, e un paio di manette.

Mentre Hagen armeggiava con la propria pistola, cercando di sporgersi in modo da notare e colpire chiunque li stesse attaccando, e Finnegan era appoggiato alla macchina, completamente immobile e inerme, tenendo la ventiquattrore come uno scudo, Madison prese le manette, e le sollevò in modo che specchiassero la situazione oltre la macchina.

I tipi che avevano iniziato a sparare erano due, ed erano palesemente supereroi.

Uno aveva un bracciale della DIS, e sparava con una pistola semiautomatica, mentre l’altro non aveva bracciali, ma le sue mani erano diventate due rivoltelle vecchio stile con proiettili che si rigeneravano da soli. Erano ai due angoli della strada, il primo coperto da un’automobile, il secondo si avvicinava velocemente, approfittando dei proiettili sparati uno dietro l’altro.

Era impossibile colpire il secondo senza venire colpiti a propria volta, e il primo era troppo ben nascosto.

Inoltre Madison non aveva un’arma.

Sollevò leggermente la manetta, cercando qualche aiuto nei suoi dintorni, e sorrise, mentre un piano le si formava nella testa.

Si possono dire molte cose su Madison Jefferson. Si può dire che sia insopportabile, pesante, troppo critica e troppo rigida. Si può dire che sia intrattabile, irritante e rancorosa. Ma è abile. E la parola migliore per descriverla è una: efficiente. Nessuno la può privare di questo attributo.

Prese con forza la mano del collega, che teneva la pistola e cercava senza successo di colpire il secondo tipo. La sollevò in diagonale verso il cielo, e sparò un colpo ben piazzato e perfettamente calcolato nonostante la resistenza di Hagen, che ritirò immediatamente il braccio, guardando Madison come se fosse impazzita o disgustosa. Probabilmente provava per lei entrambi i sentimenti. Ma Madison non era già più lì.

Infatti era scivolata sul cofano della macchina, e, con enorme velocità nonostante i tacchi a spillo, si dirigeva verso il secondo, che per un singolo istante aveva smesso di sparare, e non si accorse di lei.

Il proiettile aveva infatti colpito il palo della luce posizionato sopra il primo tipo, che si era ritrovato sommerso da ciocchi di vetro, e urlando aveva allertato il secondo, che si era distratto.

Un istante, un solo istante di distrazione gli giocò la probabile vittoria.

Madison lo ammanettò, e lui, riscosso, provò ancora a spararle con le mani a pistola, ma non sembrava riuscire ad utilizzare più il suo potere.

-Manette speciali, fatte con i bracciali per supereroi- spiegò lei, con un sorriso gongolante. Il tipo provò a ribellarsi, ma Madison era abile nel combattimento tanto quanto lo era in praticamente tutto il resto, e lo immobilizzò in fretta.

-Hagen! Prendi l’altro!- incoraggiò l’altra guardia del corpo, che aveva fatto spuntare la testa da dietro la macchina e la guardava a bocca aperta. Poi chiamò la DIS con un comando posto sul proprio bracciale.

-Abbiamo due sospetti supereroi, uno non registrato e privo di bracciale. Davanti alla torre De Marco. I soggetti sono stati immobilizzati, ma attendiamo rinforzi- chiese con voce professionale, attendendo conferma.

-Tu sei come noi. Perché ci hai fermati?- chiese il secondo ceffo, incredulo, con voce spezzata.

Madison strinse la presa sul suo braccio.

-Non metterci sullo stesso piano. Io sono una supereroina, ma seguo le regole- 

-Tu non hai idea di quello che ha fatto la sua famiglia. I De Marco sono dei mostri- insistette lui, con le lacrime agli occhi.

Madison sollevò la testa in direzione della torre. Non aveva obiezioni al riguardo, anzi, condivideva il pensiero. Dalla finestra del soggiorno la ragazza potè osservare Oscar e Drusilla che controllavano la situazione, il primo quasi indifferente, la seconda con il volto contratto per l’ilarità nonostante la situazione non avesse assolutamente nulla per cui ridere.

Poi però il suo sguardo si posò sulla macchina dietro alla quale Finnegan era ancora nascosto. Il primogenito De Marco sollevò la testa leggermente, rendendo visibile la fronte e gli occhi.

Lanciò a Madison un’occhiata, i loro sguardi si incrociarono.

Madison poté giurare che fosse riconoscente, forse addirittura ammirato.

Scosse la testa e tornò al prigioniero.

-Noi volevamo solo giustizia. Per i supereroi- continuò a farfugliare il criminale.

-Uccidere qualcuno per strada in questo modo non è giustizia- sibilò Madison, tenendolo fermo mentre aspettava la DIS, e controllando in giro che non ci fosse nessun altro pronto ad attaccare.

La sua convinzione di essere dal lato giusto del conflitto ormai inevitabile era sempre maggiore.

Tsk, altro che Outlaw Team, erano le persone come lei, disposte a fare del bene seguendo le regole, che avrebbero migliorato tutto.

 

Parlando di Outlaw Team, i due membri fondatori del gruppo erano in collegamento radio nel bel mezzo di un’operazione segreta e molto, molto importante: reclutamento.

Quando Eryn aveva raggiunto il posto di lavoro, quella mattina, Pat le aveva illustrato il piano. Aveva passato la notte insonne osservando in lungo e in largo blog, articoli e status online con l’hashtag “supereroi”, “Outlaw Team” e simile calibro.

Oltre a un paio di occhiaie molto profonde, la ricerca di Pat aveva condotto a ben pochi risultati. La maggior parte dei post erano di gente spaventata che si lamentava dei nuovi poteri e della DIS che non faceva abbastanza per sterminarli. Alcuni denunciavano vicini e amici di avere superpoteri o di essere membri dell’Outlaw Team o della Lega del Male. Una piccola percentuale sosteneva i supereroi ma non dava informazioni utili, e qualche piccola unità parlava di essere stata salvata da vari supereroi non registrati. 

L’unico di queste unità che aveva convinto Pat era un blog semisconosciuto che si era sempre dimostrato piuttosto affidabile. Pat conosceva l’autore, ma per qualche strano motivo non aveva voluto dire a Eryn di chi si trattasse. 

La ragazza sapeva solo che c’era un supereroe chiamato Il Segugio che stava mettendo in fuga i criminali da quattro soldi che popolavano un quartiere piuttosto povero ai confini della città, e aveva salvato molte persone innocenti, anche se purtroppo non era riuscito a catturare nessuno, dato che polizia e DIS erano stati molto poco collaborativi.

Al momento Eryn era appollaiata su uno dei palazzi, cercando di farsi il più possibile invisibile, e pattugliava la zona in cerca del supereroe o, in alternativa, di persone da proteggere. 

Si fidava dell’intuito di Pat al riguardo, e non aveva dimenticato l’aiuto che aveva ricevuto durante l’attacco al museo delle armi. 

Era positivamente certa che fosse opera della stessa persona che stava cercando, e sebbene il potere non fosse dei più forti, avere alleati era comunque un passo avanti per il team.

-Ti va davvero bene che ho scelto il nome senza consultarti?- chiese Eryn a Pat, tramite auricolare, chiacchierando per ingannare l’attesa.

-Trovo che sia un bel nome. Sia Robin che Blaire lo hanno approvato, e in ogni caso la mia opinione non è la più importante- rispose Pat, indifferente.

-Ma certo che è importante. Non esisterebbe l’Outlaw Team senza di te. Sei la mente dietro le tute, l’idea e praticamente tutto quanto. Sei tu il capo- affermò la ragazza con sicurezza.

-Oh beh…- Eryn non poteva vederlo in faccia, ma era piuttosto certa che fosse arrossito leggermente -Grazie, Quadriforce, mi fa molto piacere che la pensi così-

Eryn ridacchiò per la formalità. Era abitudine del suo capo diventare leggermente più formale quando era imbarazzato.

-Chi è l’autore del blog?- chiese poi la ragazza a sorpresa, approfittando della vulnerabilità.

-Scaltra. Perché ti interessa tanto? Non è così importante- Pat però riuscì senza problemi a non farsi raggirare.

-Se non è così importante perché non me lo vuoi dire?- Eryn era davvero curiosa.

-Tanto non lo conosci neanche. Il discorso si chiude qui- Pat era categorico, e la ragazza sbuffò, rassegnata, senza ribattere ulteriormente. Certo che gli appostamenti erano davvero noiosi. Ora capiva le lamentele di suo padre al riguardo. Si era sempre lamentato degli appostamenti e sosteneva che bisognava lavorare sui sistemi di sorveglianza in modo che i supereroi potessero agire in modo efficiente appena avvenisse un fatto, non aspettare spesso inutilmente che accadesse qualcosa e perdere tempo.

-Avrei potuto studiare…- borbottò Eryn tra sé, stiracchiandosi annoiata.

-Potresti esercitarti ad usare il volo- provò a suggerire Pat, mite, sentendosi probabilmente un po’ in colpa.

-Credo che attirerei troppo l’attenzio…- si interruppe al suono di alcuni cani abbaiare, e controllò la strada.

Una decina di cani si stavano avviando verso un vicolo oscuro poco lontano.

Eryn non si aspettava che dei criminali decidessero di attaccare così presto. Non era neanche ora di pranzo. 

-Vedo dei cani, li seguo- avvertì Patrick.

-Ti vedo dalla telecamera sulla maschera. Fai attenzione- la informò Pat, tornando del tutto serio.

Telecamera nella maschera? Eryn non ne era a conoscenza. Era un’ottima idea, però.

-Ricevuto- disse, senza ulteriori commenti, iniziando l’inseguimento

volando da un tetto all’altro senza troppo equilibrio. Doveva davvero allenarsi a volare, era un potere molto più difficile di quanto pensasse.

Arrivata al vicolo, diede un’occhiata per controllare la situazione, ma tirò un sospiro di sollievo nel constatare che non c’era nessun attacco in giro, ma solo un ragazzo mascherato che circondato da cani che stava dando loro da mangiare, e sussurrava loro qualcosa.

Un piccolo bassotto abbaiò qualcosa con vigore, e il Segugio sbarrò gli occhi, e alzò di scatto la testa, così in fretta che Eryn non riuscì neanche a provare a ritirare la propria, e venne beccata in pieno.

-Ciao- salutò, con un sorriso.

Dopotutto era quello lo scopo. Sperava davvero che il Segugio l’avrebbe ascoltata, e non sarebbe corso via a gambe levate lanciandole contro dieci cani.

Il supereroe la fissò a bocca aperta, senza parole. Tutti i cani si girarono verso di lei, con sguardi sospettosi.

-Presentati- la incoraggiò Pat. Non era così facile, con tutti quegli sguardi puntati su di lei. Ma dopotutto se era riuscita a fare un discorso davanti alle telecamere in una situazione di vita o di morte, poteva affrontare un supereroe e il suo esercito a quattro zampe.

-Sono Quadriforce. Forse mi hai visto in televisione. Tu sei Il Segugio, vero?- chiese, sollevandosi in volo e appoggiandosi su un muretto più vicino alla possibile recluta ma non troppo per farsi attaccare.

-Sei… sei proprio tu?- chiese lui, portandosi le mani davanti alla bocca, sconvolto e… emozionato?

-Sì, in persona- Eryn sollevò un sacchetto della spazzatura con la telecinesi per dare un’ulteriore prova, e lo mise dentro un secchio.

Il Segugio lo fissò come se fosse alieno, e poi tornò ad osservare la nuova venuta.

Eryn non sapeva assolutamente come prendere la sua reazione.

-Non ci credo! E mi conosci? Conosci il mio nome? Non riesco a crederci!!- la probabile futura recluta iniziò a saltellare da una parte all’altra, eccitato.

Eryn era un misto tra onorata, sollevata e completamente imbarazzata.

-Chiedigli di unirsi a noi- le suggerì Pat.

-Ho sentito che sei un ottimo supereroe da queste parti. Io e il mio team ci chiedevamo se volevi unirti a noi. Ti offriremmo una supertuta adatta alle tue esigenze, supporto e la tua identità segreta sarebbe completamente al sicuro con noi. I nostri contatti radio avvengono in una linea sicura- illustrò la proposta di lavoro.

Il Segugio smise di saltellare, e la guardò a bocca aperta.

-Mi stai… reclutando nell’Outlaw Team?- chiese, incredulo.

-Ovviamente non possiamo darti un compenso, è un’attività volontaria e fuorilegge, ma ci farebbe davvero comodo una mano, e da quello che abbiamo letto su di te sembri assetato di giustizia e pieno di coraggio. Saremmo onorati se volessi unirti a noi- confermò Eryn, scendendo del tutto a terra e offrendogli la mano con fare incoraggiante.

Gli occhi del Segugio si fecero leggermente lucidi.

-Io… non so cosa dire. Non me l’aspettavo proprio. Accetto con piacere- prese la mano con vigore, e un sorriso a trentadue denti. 

Eryn era sorpresa.

-Davvero? Non vuoi neanche pensarci un po’. Insomma, è davvero rischioso come lavoro- non doveva scoraggiarlo, ma non riusciva a credere che quel ragazzo si fidasse di lei così ciecamente.

-Lo so. Ma voglio aiutare gli altri, e il discorso che hai fatto al museo…- si interruppe, e la guardò con grande ammirazione -… erano anni che non provavo tanta speranza. Mi hai ricordato Mr. Change ai tempi d’oro- ammise, con un enorme sorriso.

-Tale padre…- sentì Pat sussurrarle all’orecchio.

Eryn era commossa. Abbracciò il nuovo supereroe di scatto.

-Benvenuto nel team, Segugio. Portiamo la speranza al mondo- lo accolse, separandosi e porgendogli un auricolare, in modo che potesse comunicare con Pat.

Il Segugio lo prese e se lo infilò all’orecchio, i cani avevano smesso di osservare Eryn e mangiavano o giocavano in giro.

-Benvenuto, Segugio. Io sono il Tuttofare- si presentò Pat. Eryn cercò di non ridere al soprannome. Era azzeccato, in effetti, ma non era grandioso come gli altri.

-Wow, che mezzi incredibili! Quanto è vasta la vostra organizzazione?- chiese il Segugio, strabiliato.

-Cinque persone, te compreso, ma i mezzi tecnici sono parecchi, e ho alcune conoscenze abbastanza potenti- rispose Pat, criptico.

-Ehm… devo rivelare la mia identità?- chiese poi il ragazzo, un po’ incerto, sistemandosi la maschera sul volto.

-Sarebbe l’ideale per rafforzare la fiducia reciproca, ma per il momento puoi anche tenerla segreta mentre ti ambienti nel Team. Ho un laboratorio segreto dove potrai recarti per ottenere tutte le informazioni in modo che nessuno origli la conversazione. Che tipo di potere hai, esattamente?- chiese Pat, professionale.

-Parlo e controllo i cani. Non è un potere così grandioso, ma ho sparso i cani per tutto il quartiere e se accade qualcosa me lo comunicano in fretta. Ho anche acquisito caratteristiche loro, come il fiuto, l’agilità e la velocità, e credo anche un certo sesto senso per le persone, non so spiegarlo bene- rispose Segugio, accarezzando distrattamente un labrador.

-Quindi il tuo costume dovrebbe puntare molto sulla comunicazione e sull’agilità. Ottimo, userò i materiali di Bolt Boy. Per il design, sentiti libero di dirmi tutto quello che vuoi aggiungere, a meno che non intralci la parte tecnica. 

Puoi tenere l’auricolare per comunicare con noi, e Quadriforce, porgigli la maschera- Pat incoraggiò Eryn, che la prese dalla cintura, insieme alle fasce verdi da indossare sulle braccia.

L’idea di Blaire sul simbolo era stata apportata su tutte le loro tute, ed era la prima cosa che stabiliva di far parte del team, insieme alla maschera.

-Le fasce verdi sono un riconoscimento, il simbolo della squadra. La maschera è strutturata in modo che sia impossibile riconoscerti. Questo è il modello base, quando avrò finito la tua tuta ti daremo la maschera ufficiale, con parole d’ordine, effetto camaleonte e tutto il resto- spiegò Pat. Il Segugio mise le fasce sulle braccia, poi fece per prendere la maschera, ma Eryn esitò.

-Tuttofare, su questa non c’è una telecamera, vero? Sarebbe una violazione della sua identità segreta- disse rivolta principalmente al capo, ma facendosi sentire anche dal Segugio, che si ritirò leggermente.

Pat rimase in silenzio per qualche secondo di troppo, poi ridacchiò tra sé.

-Ma per chi mi prendi, Quadriforce?! Certo che non c’è la telecamera. Dopo che Segugio ti ha salvato al museo mi fido di lui, e voglio che lui si fidi di noi. E che decida di rivelarci la sua identità con i suoi tempi- li rassicurò entrambi.

Eryn si diede della stupida per aver avuto un pensiero tanto stupido. Dopotutto conosceva Pat, e si fidava della sua integrità.

Consegnò la maschera al segugio, che la mise sopra quella che già indossava, ritirando poi quest’ultima.

-Wow, è davvero comoda- ammise, sistemandosela bene e guardandosi intorno.

-La tuta avrà una simile funzione- lo informò Pat.

-Come ci organizziamo per le faccende eroiche? Non sono mai stato parte di un gruppo- ammise Segugio, torturandosi le dita.

-Per il momento credo che tu possa continuare il lavoro che stai facendo. Verrai chiamato all’occorrenza nel caso di attacchi su larga scala. Siamo vigilanti, e vigilare è il nostro compito. Tieni sempre l’auricolare vicino. Se avrò notizie emetterà un suono simile a quello di una sveglia. Indossalo e saremo in contatto. La tuta dovrebbe essere pronta tra un paio di giorni- spiegò Pat.

-Grazie davvero dell’opportunità. Potete contare su di me- affermò Segugio con sicurezza, piegandosi per comunicare ai cani di tornare alle postazioni.

Il branco iniziò a disperdersi. Il cane color panna che aveva leccato la guancia di Eryn il giorno dell’attacco al museo le si strusciò su una gamba prima di andarsene.

-Grazie a te per aver aderito. E per averci salvato- Eryn si rivolse al capo del branco, e gli mise una mano sulla spalla, incoraggiante.

Il suono di una sveglia telefonica interruppe il momento.

-Ops, scusate tanto. Devo andare, ho un appuntamento tra poco- ammise il supereroe, osservando l’orologio.

-Uh, buona fortuna- Eryn gli fece un occhiolino, Segugio arrossì.

-Cioè, non è un appuntamento in sé, ma, ecco, pranzo con qualcuno, e non vorrei farlo aspettare. Grazie davvero di tutto, Quadriforce e Tuttofare. Non vedo l’ora di lavorare con voi- con un saluto rivolto alla ragazza, Segugio si tolse l’auricolare e corse via dal vicolo, saltellando allegro.

-Beh, è andata bene- commentò Eryn.

-Meglio di quanto mi aspettassi. Il Team si fa sempre più grande. È una vera fortuna- annuì Pat.

-Dovremo informare Bolt Boy e Ladysguise- aggiunse poi -E creare diverse frequenze di comunicazione, per non intasare la linea- 

-Mi affido a te, ho lezione questo pomeriggio- Eryn si sollevò in volo e iniziò ad avviarsi verso l’università, esercitandosi nel frattempo.

-Lascia fare a me, ho tutto sotto controllo- la rassicurò Pat.

Eryn era felice di poter contare su di lui.

 

-E poi Quadriforce si è lasciata cadere, e si è messa a volare. Ero così spaventata quando l’ho visto, temevo sarebbe morta. Ma non è morta, ed è piombata sulla Lega del Male come un angelo mascherato. E poi Bolt Boy è corso più veloce della luce, sembrava essersi teletrasportato via. E quando sono arrivati i cani. Diamine, è stata la mia parte preferita. Lo hai visto live? No, perché la DIS ha censurato le repliche. Per fortuna l’ho registrato da metà in poi. Se vuoi puoi venire a casa mia e te lo faccio vedere… cioè, se non lo hai già visto, e se vuoi. O posso prestarti la registrazione. Anzi, faccio una copia. È stato così incredibile. Quanto sono coraggiosi!- Holly Hopper aveva iniziato a parlare a raffica dell’Outlaw Team e dell’attacco al museo da quando si erano incontrati, lei e Robin, fuori dalla scuola per tornare insieme a casa.

Robin non l’aveva mai vista così logorroica, ed era davvero soddisfatto dall’entusiasmo che lui e il suo Team avevano provocato nella ragazza.

-L’ho visto. Sono stati forti, è vero. Ladysguise è stata la migliore- sospirò nel ripensarci. Era stata la meno ripresa dalle telecamere, ma erano i momenti di solitudine i migliori. 

Quando aveva liberato gli ostaggi e tolto la bomba alla piccola insopportabile De Marco. Era stata forte, determinata, incredibile e piena di sangue freddo in una situazione dove persino Robin stava a pochi passi dal farsi prendere dal panico.

…ma chi voleva prendere in giro. Quando aveva visto Eryn cadere dal palazzo gli era davvero preso il panico, e se non ci fosse stata Blaire era certo che non sarebbe mai riuscito a recuperare il sangue freddo necessario a continuare la missione.

Non si aspettava che il lavoro da supereroe fosse così complicato e spaventoso.

Ovviamente non aveva intenzione di rivelare i suoi dubbi a nessuno, ma prossimamente avrebbe dovuto agire con molta più attenzione.

-Beh, sì. È fantastica! Hai ragione!- gli diede man forte Holly, con poca sicurezza -…ma anche Quadriforce e Bolt Boy sono stati fantastici, non credi?- cercò approvazione, battendo le mani entusiasta.

-Sì, davvero forti. Sono sicuro che l’Outlaw Team risolleverà la situazione dei supereroi- sorrise speranzoso, soddisfatto e pieno di energia. Non vedeva l’ora di tornare a casa e dirigersi da Pat per allenarsi.

-Lo spero tanto. Questo bracciale è così stretto- Holly si rigirò il bracciale sul polso, cercando di far riprendere la circolazione sanguigna. Non era adatto a lei, avrebbero dovuto dargliene uno più largo.

-Aspetta, ti svelo un trucchetto- Robin le prese la mano e iniziò a sistemarle il bracciale sul polso. Notò che il suo battito sembrava aumentato, ma non ci diede troppo peso, e fece in modo che il bracciale fosse abbastanza largo da non darle troppo fastidio.

-Ecco qui, spero che andrà meglio- le sorrise, ma rimase di stucco notando che l’amica era diventata rossa come un peperone, ed evitava il suo sguardo.

-Ehi, tutto bene?- chiese, confuso. Forse aveva problemi con il contatto fisico. Poteva avere senso visto il suo potere. Si segnò mentalmente di non toccarla più senza permesso, e cercò semplicemente il suo sguardo.

-Sì, sì, benissimo, grazie!- esclamò lei in tono acuto -Continuiamo a camminare- lo incoraggiò poi, indicando la stazione degli autobus.

Robin alzò le spalle, e la seguì.

-Senti… Robin…- dopo qualche secondo di silenzio, Holly ricominciò a parlare, fissando le proprie scarpe che procedevano nella strada e torturandosi i capelli, a disagio.

Robin si voltò verso di lei, in attesa che continuasse, ma una voce interruppe il farfugliare della ragazza.

-Robin!- la voce profonda ma incredibilmente dolce fece perdere un battito al ragazzo, che girò la testa nella sua direzione e rimase completamente congelato quando individuò a chi apparteneva.

-Blaire! Ciao!- esclamò, con tono acuto quanto quello che poco prima aveva esternato Holly.

La ragazza in questione impallidì, e guardò la nuova comparsa come se fosse un fantasma spaventoso pronto a toglierle tutto ciò che aveva.

-Ti ho visto da lontano. Stai tornando a casa?- chiese Blaire, avvicinandosi con le mani dietro la schiena, curiosa e sorridente.

-Io… sì… ho finito le lezioni. Tu? Da che parte vai? Vuoi unirti a noi?- le propose, farfugliando un po’ imbarazzato, e non notando la faccia incredula e ferita di Holly, che abbassò lo sguardo, torturandosi i capelli con sempre maggiore forza.

-Oh, non mi ero accorta che fossi accompagnato. Ciao, io sono Blaire, un’amica di Robin- Blaire si piegò leggermente in direzione di Holly e le porse la mano.

-Holly Hopper- si presentò la ragazza, stringendole la mano per un istante senza guardarla negli occhi.

Blaire cercò di nascondere la delusione e mantenere il sorriso.

-Tutto bene, Holly?- chiese Robin, un po’ infastidito dalla freddezza che stava mostrando verso Blaire.

-Sì…- Holly sollevò la testa verso Blaire, ma controllò solo i suoi polsi, come a vedere se ci fossero bracciali. Tirò un sospiro interiore di sollievo quando si rese conto che non era una supereroina -…non ti ho mai vista a scuola- osservò, leggermente più amichevole.

-Frequento l’università, sono al DAMS. Sono un’amica della sorella di Robin- spiegò Blaire, in tono rassicurante, facendola rasserenare esponenzialmente.

-Ah, davvero? Sembra interessante- Holly accennò un sorriso, il gruppo continuò a camminare.

-Sei anche amica mia, no, Blaire?- ci tenne a sapere Robin incrociando le braccia, un po’ offeso che lei lo considerasse solo il fratello di Eryn.

-Certo- lo rassicurò Blaire, con una pacca amichevole sulla spalla -Sei anche tu una supereroina come Robin?- tornò poi a rivolgersi a Holly.

-Sì- Holly mostrò il bracciale.

-Holly mi stava parlando dell’attacco al museo e dell’Outlaw Team. Tu che ne pensi, Blaire?- Robin cercò di introdursi nel discorso, e immediatamente il sorriso della compagna supereroina si rafforzò.

-È stato incredibile, non è vero? Quadriforce e Bolt Boy sono stati i migliori- affermò, lanciando a Robin una discreta occhiata incoraggiante.

-Lo penso anche io! Il discorso di Quadriforce lo so ormai a memoria. Mi ha ricordato Mr. Change!- esclamò Holly, tornando entusiasta come prima, ma ammutolendosi immediatamente dopo, e lanciando un’occhiata preoccupata a Robin.

Effettivamente, sentendo nominare suo padre, il ragazzo si era irrigidito, ma cercò di non darlo a vedere. Dopotutto Eryn era stata effettivamente brava con quel discorso, doveva riconoscerlo.

-Meh, non è all’altezza di mio padre. E poi io penso che Ladysguise sia stata la migliore- Robin cambiò argomento, lanciando un discreto occhiolino a Blaire, che cercò di non arrossire o sorridere troppo.

-Macché, non ha fatto quasi nulla- negò, giocherellando con una ciocca di capelli.

-Ma ha un potere fantastico, e grande spirito di squadra!- obiettò Robin, con sicurezza.

-In ogni caso è un bel team. Spero proceda così- Blaire sospirò, speranzosa.

-Già… io devo andare, quello è il mio autobus. Ci vediamo domani a scuola, Robin. Ciao, Blaire- Holly sventolò la mano nella loro direzione e corse via, verso un autobus che sembrava in procinto di partire.

Robin non notò il tono leggermente più freddo utilizzato verso Blaire, e si limitò a salutarla con la mano.

-Sembra tanto dolce- commentò Blaire, una volta scomparsa alla vista.

-Sì, è simpatica. Ed è una delle poche persone che mi parlano, è una bella novità- Robin sollevò le spalle e mise le mani in tasca, procedendo verso il proprio autobus, a pochi metri di distanza.

-Tu le piaci davvero tanto- osservò Blaire, in tono casuale, accompagnandolo.

Robin si irrigidì.

-In che senso?- indagò, confuso.

-Beh, insomma… mi sembrava ci fosse del feeling. Spero di non aver interrotto un momento. Sembrava un po’ triste dalla mia intrusione- gli fece notare Blaire, un po’ preoccupata.

-No! Ma che dici? No! È solo un’amica! È timida, tutto qui!- Robin si mise sulla difensiva. Sentiva un brutto nodo allo stomaco. Non era possibile che Holly avesse una cotta per lui, vero? No, no, no. Sarebbe stato un disastro. 

-Scusa, non volevo intromettermi. Era solo un’impressione. Ma alla fine non sono proprio la più esperta della mente femminile- Blaire ritornò sui suoi passi, cercando di alleggerire la tensione. Sembrava anche sollevata, ma Robin non ne era certo.

-Perché non dovresti essere esperta della mente femminile? Sei una ragazza. Se non sei esperta tu, chi lo è?- Robin non aveva proprio capito il commento, e piegò la testa confuso, e alquanto divertito dall’assurdità del commento.

Non si aspettava però che Blaire impallidisse leggermente.

-Oh… ecco… sì, infatti. Solo che…- iniziò a balbettare, a disagio.

Robin fu colto in contropiede da questa improvvisa incertezza, e non sapeva assolutamente cosa avesse detto di sbagliato, o come rimediare.

Prima che potesse fare qualsiasi cosa, però, Blaire indicò un autobus.

-Oh, il mio autobus sta per partire. Devo andare!- esclamò a voce molto più alta di quella ostentata poco prima, che fece sobbalzare Robin -Ci vediamo- lo salutò in fretta, prima di correre via.

Robin si avviò da solo al proprio autobus.

Certo che le ragazze erano davvero strane e completamente illeggibili.

 

La televisione muta che Madison osservava sempre quando era davanti all’ufficio di Finnegan non stava trasmettendo alcuna notizia degna di nota. Sembrava che la DIS stesse censurando ogni tipo di informazione riguardante i supereroi, compresi eventuali attacchi in corso. Madison sperò che non ci fossero attacchi, ma non ne era certa, conoscendo i metodi del suo posto di lavoro.

Non c’erano neanche stati accenni all’attacco nei confronti di Finnegan di quella mattina, e sebbene da una parte fosse un sollievo, il lato narcisista di lei sarebbe stato davvero felice di apparire in televisione come la salvatrice della vita dell’illustre politico De Marco.

Anche se, probabilmente, non sarebbe comparsa neanche se avessero effettivamente fatto un servizio al riguardo.

Infatti, all’arrivo della DIS, si erano tutti diretti verso l’agente Hagen, complimentandosi con vigore per le sue gesta eroiche, e gli unici cenni rivolti a lei erano stati per farle porgere il criminale che teneva sotto scacco.

Beh, non doveva pensarci. Dopotutto aveva fatto la cosa giusta, era un riconoscimento più che sufficiente.

Mentre indugiava su quei pensieri, notò un giovane camminare distrattamente nel corridoio, cauto e un po’ a disagio, come se rischiasse di essere colto in flagrante su qualcosa.

Il suo abbigliamento casual e trasandato stonava parecchio con l’ambiente lavorativo formale dell’ufficio, e Madison si mise all’erta, con il taser già pronto all’uso, davanti alla porta.

Il ragazzo, della sua età, si accorse di lei, e le si avvicinò, cordiale.

-Salve! Mi può dire dov’è l’ufficio di Finnegan De Marco?- chiese, un po’ incerto, squadrandola con attenzione e curiosità.

Ora che lo vedeva da vicino, Madison doveva ammettere che era parecchio familiare, ma non si soffermò su di lui.

-È questo qui, sono la sua guardia del corpo. Lei chi è?- chiese, protettiva, squadrandolo dall’alto in basso.

-Diciamo un suo ospite? Non credo di poter dire il mio… Madison!- esclamò a metà frase, come colpito da un fulmine.

Madison si ritirò leggermente.

-Agente Jefferson, prego- lo corresse, sconvolta da questa improvvisa informalità, e dal fatto che lo sconosciuto l’avesse riconosciuta.

-Sono Kyle, Kyle De Marco. Siamo stati nella stessa classe… beh, un paio di giorni. Mi dispiace tanto che per colpa di mio padre sei stata cacciata- si presentò lui, con maggiore sicurezza, e un sorriso sincero e dispiaciuto.

Ora che Madison lo guardava meglio, si tirò una pacca mentale per non essersi accorta prima degli inconfondibili occhi De Marco.

-Sei qui per vedere tuo fratello?- chiese, cercando di tornare professionale.

-Sì, mi ha detto dell’attacco, mi sono preoccupato da morire, e volevo accertarmi che stesse bene. Sarei venuto prima ma avevo un appu… pranzo con un vecchio amico. Aspetta… sei la sua guardia del corpo?!- la guardò a bocca aperta, con espressione indefinibile. Sembrava offesa, o forse preoccupata. Di certo abbastanza sconvolta.

-Sì, qualche problema al riguardo? Se è vivo è solo grazie a me- Madison non riuscì a non prendersi il merito del salvataggio della mattina.

-Certo, non lo metto in dubbio. Anzi, sono felice che sia nelle tue mani, ma… sono solo sorpreso che suo padre abbia accettato, tutto qui- ammise, il sorriso era molto più tirato rispetto a prima. La preoccupazione sembrava prevalere sul suo volto.

-Puoi favorire un documento? Con supereroi come Ladysguise a piede libero non si è mai troppo sicuri- Madison tornò all’argomento principale, ignorando le preoccupazioni di Kyle.

-Certo. Mi sembra giusto- il ragazzo armeggiò nella tasca, e tirò fuori la carta d’identità.

-Sei sempre la solita- commentò poi, quasi tra sé, con un sorriso nostalgico.

-Mi sembra in ordine, vado ad avvertire il signor De Marco che ha visite- sempre ignorando i commenti, Madison gli restituì la carta d’identità e bussò alla porta.

-Avanti- le arrivò la risposta, ed entrò.

-Signor De Marco, volevo informarla che…- iniziò ad introdurre la visita, ma lui la interruppe.

-Signorina Jefferson, volevo proprio parlare con lei, si accomodi- le fece cenno di avvicinarsi alla scrivania.

-Ha una visita- provò a fargli presente la ragazza, ma lui la interruppe con un cenno della mano.

-Può aspettare qualche minuto. Volevo ringraziarla per stamattina- il signor De Marco accennò un sorriso, e Madison abbandonò l’intenzione di insistere sulla visita a sorpresa. Forse per lo shock di ricevere un riconoscimento, o forse per il desiderio inconscio di essere elogiata, finalmente.

-Ho fatto solo il mio lavoro- sminuì, senza trattenere un sorrisino soddisfatto.

-Forse, ma lo ha svolto molto meglio di chiunque altro. Mi ha… mi ha salvato la vita. Volevo davvero ringraziarla- c’era sincerità nel suo sguardo, e la stava guardando negli occhi, da persona a persona. Erano anni che Madison non riceveva uno sguardo così da qualcuno che non fosse sua madre. Le sue guance si imporporarono.

-Si figuri, signor De Marco- gli fece un cenno con il capo, sorridendo -Per quanto riguarda la visita…- provò poi a cambiare argomento e tornare al suo lavoro, ma il capo non aveva finito.

-Non era solo per questo. Considerato quello che è successo stamattina, mi sono reso conto che casa mia non è più un posto del tutto sicuro. Prima l’invasione di quel supereroe misterioso, poi l’attacco di quei due. Ho intenzione di aumentare la sicurezza, pertanto volevo chiederle di diventare la mia guardia personale ventiquattro ore al giorno, anche durante la notte. La sua paga sarà aumentata, avrà diritto a vitto e alloggio gratuitamente nella torre De Marco, e sarà la principale responsabile della sicurezza- le propose, in tono professionale, guardandola dritta negli occhi.

Madison era senza parole, non si aspettava minimamente una svolta simile.

-Pensavo che il responsabile della sicurezza fosse l’agente Hagen- commentò, sorpresa.

-È una brava guardia, ma siamo onesti, se non ci fosse stata lei io sarei morto. E io tengo conto dei fatti, non di opinioni o pregiudizi. Di certo non rischierò la vita lasciando lui al comando quando lei è molto più competente, efficiente e abile, nonostante sia una supereroina- le disse senza mezzi termini.

Madison voleva restare impassibile, ci provò con tutte le sue forze, ma l’ombra di un sorriso comunque riuscì a raggiungere i suoi occhi azzurri.

-Sono onorata dal suo commento. Mi dia un giorno per pensarci- gli fece un cenno, cercando di mantenere un tono professionale.

-Non ci metta troppo- concluse la questione Finnegan, sistemando dei fogli -A proposito, chi è venuto a farmi visita?- chiese poi, indifferente.

-Suo fratello Kyle- rispose Madison.

Finnegan alzò di scatto la testa, illuminandosi.

-Kyle! Non me lo aspettavo. La prego, lo faccia entrare subito. Spero che nessuno l’abbia visto- Finnegan la affrettò fuori dalla porta, e Madison uscì per accomodare l’ospite in ufficio.

Lui le sorrise caldamente prima di entrare e chiudersi la porta alle spalle.

Approfittò del suo lavoro sedentario davanti alla porta per riflettere sulla proposta appena sopraggiunta.

Non se lo aspettava minimamente, e doveva valutare bene i pro e i contro prima di accettare.

I contro erano piuttosto chiari: essere sempre a casa De Marco significava incrociare i suoi abitanti sempre, diventare a tutti gli effetti la cameriera, oltre che la guardia del corpo, dover tenere costantemente il bracciale sul polso e avere molto meno tempo libero per uno stipendio che sicuramente non sarebbe stato abbastanza.

I pro, però, potevano essere più interessanti.

Essere a stretto contatto con Finnegan di certo l’avrebbe aiutata ad indagare sulla sua famiglia, ed essere nell’edificio poteva farla agire indisturbata.

Inoltre, comunque avrebbe ricevuto un aumento, e del riconoscimento. Avrebbe potuto guardare l’agente Hagen dall’alto in basso, essere la superiore. Di certo era in grado di farlo. Non era il lavoro dei suoi sogni, ma era un gradino più in alto rispetto a dove stava adesso.

Guardò il bracciale simbolo della sua prigionia, poi lanciò un’occhiata alla porta dietro la quale c’erano due dei suoi peggiori nemici.

Beh, tieniti stretti gli amici, e ancora più stretti i nemici, giusto? I pro erano molto più allettanti dei contro, e se i De Marco avevano qualche cattiva intenzione nei suoi confronti, essere loro vicino sicuramente le avrebbe dato un vantaggio.

Sì, era deciso. Avrebbe accettato il lavoro.

Torre De Marco, preparati a una nuova inquilina.

 

Deborah Jefferson aveva un potere incredibilmente peculiare.

Poteva sembrare una semplice velocità di ragionamento, ma ai suoi tempi d’oro, era stata capace di catturare numerosi serial killer, anticipare numerosi attentati terroristici, e tagliare tutte le via di fuga dei nemici. Il suo allenamento costante l’aveva anche resa una supereroina fisica ai livelli di sua figlia Madison, e se non fosse stata dietro l’ombra gigantesca di suo marito, ma in un’altra città dove non c’era un Mr. Change pronto a monopolizzare la stampa ed essere considerato l’eroe migliore del mondo, probabilmente sarebbe stata una supereroina decisamente popolare. Nessuno lo diceva mai, ma aveva catturato almeno il doppio dei criminali del marito, facendo la metà dei danni sulla città.

Ma non aveva mai, neanche una volta, provato invidia per la mancanza di riconoscimento.

Deborah Jefferson voleva semplicemente fare del suo meglio, e creare un mondo migliore per i suoi figli.

Amava il marito dal più profondo del suo cuore, anche dopo tutti quegli anni, ma i suoi figli per lei erano al primo posto, e lo sarebbero sempre rimasti.

Pertanto, ormai in pensione, il flusso dei suoi pensieri, collegamenti, ragionamenti velocissimi, era sempre costantemente concentrato sui suoi figli. Se il cibo che dava loro era abbastanza salutare. Se quel caffè in più avrebbe causato problemi allo stomaco. In tal caso era meglio dare un antidolorifico per ogni evenienza. I vestiti che indossavano erano appropriati per il tempo? Forse viste le previsioni e le nuvole era meglio portare l’ombrello.

Perché Robin indossava quell’anello?

…quest’ultimo pensiero le vorticava in testa da qualche giorno, e non riusciva a trovare risposta, né a capire perché quel semplicissimo anello la sconvolgesse tanto.

Era come un puzzle di cui aveva tutti i pezzi ma non riusciva ancora a vederne la figura, per quanto si sforzasse.

Intenta a stirare i vestiti, guardando distrattamente il telegiornale mentre Robin ed Eryn lo commentavano tra loro e giocavano a braccio di ferro, Deborah scosse la testa cercando di archiviare quel pensiero in un angolo remoto della mente, ma esso tornava sempre in superficie, come un allarme rosso che le imponeva di fare attenzione, e di ricostruire il puzzle prima che fosse troppo tardi.

La mente della donna era troppo stanca per farlo.

Per fortuna, o purtroppo, dipende dal punto di vista, proprio mentre il pensiero ritornava nella sua mente per l’ennesima volta, lanciò una veloce occhiata verso il telegiornale, che stava mostrando le immagini di identikit fatti ai membri dell’Outlaw Team, e poi passò verso i figli.

E per la prima volta dopo anni, la mente di Deborah ebbe quello che lei definiva una “scossa”.

Tutti i pezzi del puzzle si misero insieme, e l’anello del figlio era solo il pezzo più piccolo, ma il letterale anello di congiunzione che li univa tutti insieme.

Robin era Bolt Boy.

Deborah smise di stirare per un secondo.

Un secondo per riflettere sulla situazione.

Un secondo per elaborare un piano per proteggerlo.

Un secondo per decidere come agire.

Poi riprese a stirare, facendo come se non fosse successo nulla.

-Ah ah! Ho vinto!- esclamò Robin, alzandosi in piedi e improvvisando un ballo della vittoria, nell’indignazione di Eryn.

-Congratulazioni, tesoro- si complimentò con il figlio, facendogli un grande sorriso.

-Sono proprio il migliore della casa- si vantò lui, prima che Eryn lo zittisse con un cuscino in faccia.

Deborah sorrise e alzò gli occhi al cielo, godendosi i momenti in famiglia.

Lei avrebbe fatto tutto per proteggere i suoi figli.

Lo aveva sempre fatto, e lo avrebbe sempre fatto.

Anche a costo di farsi odiare, anche a costo di mentire. O infrangere la legge.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Vorrei innanzitutto scusarmi per un ritardo mostruoso. Ma è stato un periodo davvero assurdo, l’ispirazione era sottoterra e nonostante la quarantena è stato difficile riprendere vecchi progetti. 

Parlando del capitolo…

Vorrei richiamare l’attenzione verso la discussione iniziale tra Robin e Madison, perché trovo che sia indicativa dei loro caratteri, e spieghi i loro punti di vista. Entrambi giusti nonostante siano opposti. Voi da che parte state? 

Poi nonostante non sappia scrivere ancora scene d’azione credo di non aver fatto un lavoro pessimo nella scena con Madison e l’attacco a Finnegan. Spero sia resa bene e non sia solo nella mia testa.

Il misterioso Segugio, presentato come un nuovo supereroe sicuro e potente… si è rivelato un enorme nerd entusiasta. Proprio un tenero cagnolino che è entrato nel gruppo senza pensarci due volte. Spero non sia risultato forzato, ma è il suo carattere.

Che ci sia un triangolo all’orizzonte per Blaire, Robin e Holly?

E Madison è stata invitata a lavorare a tempo pieno per Finnegan. Che quest’ultimo sia davvero un bravo ragazzo? Ha qualche doppio fine? Madison riuscirà ad indagare meglio?

E Deborah… qualcuno si aspettava che capisse tutto così presto? Si rivelerà un’ostacolo ai sogni di Robin, o un’alleata silenziosa per l’Outlaw Team?

Leggere per scoprire.

Ma non nel prossimo capitolo.

Il prossimo capitolo, forse, dovrebbe essere un capitolo speciale dal punto di vista di Blaire, un po’ scollegato dalla trama principale ma che se tutto va bene dovrebbe essere piuttosto carino.

Spero vi piaccia.

Grazie a tutti quelli che seguono la storia, mi dispiace ancora per il ritardo.

Un bacione e alla prossima :-*

   
 
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