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Autore: elfin emrys    07/06/2020    4 recensioni
{post5x13, sorta di postApocalisse, Merthur, 121/121 + epilogo}
Dal capitolo 85:
Gli sarebbe piaciuto come l’aveva pensato secoli prima, quando era morto fra le braccia del suo amico, non ancora consapevole che sarebbe tornato, con Merlin, sempre, sempre con lui.
In fondo, non aveva mai desiderato null’altro.
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù | Coppie: Gwen/Artù, Merlino/Artù
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nel futuro
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Gli Arthur – Capitolo 17

 
Era stato lungo spiegare a Nicholas e a Theodora tutto ciò che, effettivamente, potevano raccontare. Arthur e Merlin avevano detto di aver trovato tramite un racconto un antico genere di arma magica che poteva sconfiggere i morti e che, per puro caso, Merlin aveva scoperto di possederne un unico esemplare, appartenuto a un suo antenato. I due sovrani Niall erano sembrati molto poco convinti, ma i cani del crepuscolo erano stati cacciati definitivamente e questo, per il momento, bastava loro per perdonare una storia poco convincente.
Merlin aveva anche spiegato perché il fuoco non aveva funzionato. Succedeva, in alcune potenti creature, che effettivamente esse assorbissero parte di ciò che le aveva uccise, rendendole più resistenti la volta successiva. Poiché nessuno aveva mai ricacciato quel tipo di spettri in modo efficace, non c’erano testimonianze che essi avessero quella caratteristica; era, tuttavia, l’unica spiegazione convincente non solo per quello che era accaduto al Tempio, ma anche per spiegare perché la prima volta Nicholas aveva usato il fuoco per battere i cani del crepuscolo e invece la volta successiva essi si erano dimostrati molto più difficili da incendiare.
Sfortunatamente, molte erano state le vittime anche in quell’ultima battaglia e la tribù intera ne era uscita decimata. Gli accompagnatori deceduti degli oracoli non sarebbero stati sostituiti a breve, ma in ogni caso erano stati tutti costretti ad abbandonare momentaneamente il Tempio per trasferirsi in città, anche se il pericolo sembrava in realtà passato. Infatti, il numero preciso dei cani del crepuscolo non era mai stato chiaro e molto probabilmente non erano solo i tre che erano stati abbattuti da Arthur e Nicholas.
Il re e Merlin tornarono indietro prima di vedere gli ultimi funerali, dopo aver ricevuto una curiosa benedizione da parte degli oracoli, i quali avevano posto le mani sulle loro teste e avevano donato una specie di vecchio ramo nodoso… O almeno, al biondo era parso solo un vecchio ramo, e anche piuttosto brutto, ma dalle espressioni di Nicholas e Theodora doveva essere un simbolo molto forte per la tribù.
Quando Merlin e Arthur, una volta abbandonata la città dei Niall, arrivarono dai Lamont, fecero una sosta di un giorno prima di ripartire e un gruppo di uomini delle Pianure vennero portati loro di fronte.
Erano tre coppie con i loro figli e, sebbene fossero tutti legati come prigionieri, chiesero di essere accolti sotto l’ala protettrice degli Arthur: avevano, infatti, trovato il corpo morente di un cane del crepuscolo, il quale si era lentamente dissolto sotto i loro occhi, e quando avevano incontrato per caso dei Niall e avevano chiesto loro spiegazioni, quest’ultimi avevano raccontato ciò che era accaduto. Sebbene il nuovo re Nicholas avesse dimostrato un animo forte e saldo e la regina Theodora avesse ben gestito l’intera vicenda come nessun altro avrebbe mai potuto fare, con la fermezza e l’onestà che l’avevano sempre contraddistinta, era chiaro che nulla avrebbero potuto se non fosse stato per il detentore della Spada; per questo e per tante altre storie che avevano iniziato a sentire nel tempo, dalla vicenda dell’elfo nel casolare a quella dell’avventura ad Asgol Ewchradd, quelle tre famiglie dalle Pianure avevano abbandonato il loro popolo e desideravano diventare cittadini degli Arthur, concedendo i propri servigi in cambio della protezione che il re di quella tribù era in grado di offrire.
Arthur, Merlin e il consiglio dei Lamont discussero a lungo di quella richiesta, poiché faceva sempre più freddo e altre bocche da sfamare non erano l’ideale, ma, alla fine, accettarono la richiesta di quegli uomini e chiesero loro se desideravano rimanere uniti o separarsi, così che una famiglia sarebbe rimasta in quel villaggio e due avrebbero seguito il re e il suo secondo a quello centrale, dall’altra parte del lago.
Essi accettarono subito di venir anche divisi; Arthur si premurò che non venissero considerati prigionieri e che venissero accolti dalla popolazione, che avessero un tetto sulla testa, e poi portò le altre due famiglie nell’ex villaggio dei Grant.
Lì, i nuovi cittadini dimostrarono subito di voler dare un valido contributo alla comunità e ben presto trovarono un lavoro: uno degli uomini, che era un audace combattente, venne allenato fra le guardie, anche se ancora più come apprendista, sua moglie si dimostrò un’ottima raccoglitrice e l’altra coppia trovò posto nelle stalle. Le conoscenze dei briganti delle Pianure erano diverse da quelle di chi viveva nella foresta e avrebbero, a lungo andare, arricchito il villaggio.
Diedero qualche problema, all’inizio, poiché non erano abituati a rispettare la proprietà privata e Arthur fu costretto a lunghe sedute di riappacificazione, ma lentamente la situazione si fece più serena.
Qualche giorno dopo, giunse una lettera da parte dei Niall con degli aggiornamenti. Nessun cane del crepuscolo era più stato avvistato nelle vicinanze e i soldati Donald sarebbero, entro qualche giorno, tornati a casa e, quindi, sarebbero probabilmente passati nei villaggi degli Arthur. Inoltre, Theodora e Diane avevano adottato una bambina la cui madre era morta in difesa della città contro gli spettri; il padre della giovane era proprio Nicholas ed era chiaro che ciò avrebbe permesso loro di rimandare le ulteriori partecipazioni alle feste cittadine.
Leggere di quell’evento rese Arthur pensieroso, inaspettatamente, e Merlin non riusciva a capire cosa avesse in mente. Lasciò che i giorni passassero, finché, un giorno, mentre stava in infermeria a scrivere un resoconto sulla salute di Emily, che ormai si stava avvicinando al parto, venne una guardia che lo avvisò della chiamata del capo.
Merlin terminò di scrivere il rapporto e lo chiuse a chiave nella scatola dove teneva le cartelle che aveva di recente iniziato per tutti gli abitanti, poi corse alla tenda centrale.
Quasi si contrò con Edward prima di entrare. I due si scambiarono qualche saluto e, quando lo sciamano gli chiese se sapeva cosa volesse il capo, l’uomo rispose con un’alzata di spalle, dicendo che lui stesso era stato chiamato per questioni che erano state definite urgenti, ma che l’altro era stato straordinariamente criptico e gli aveva domande strane, apparentemente senza senso.
Merlin aggrottò le sopracciglia e, una volta salutato Edward, entrò.
Arthur era seduto sopra il trono. Si passava pensierosamente il mignolo sulle labbra, poggiato col viso sopra la stessa mano. Il moro sospirò, notandolo, e gli si avvicinò in silenzio. Gli posò un palmo sulla spalla.
-Arthur…
Il re sospirò e, senza guardarlo, posò i gomiti sui due braccioli del trono, unendo gli indici e portandoseli sul mento. Ci volle qualche secondo prima che rispondesse.
-Questa faccenda dell’eredità va risolta, Merlin.
-“Faccenda dell’eredità”?
-È una delle prime cose che ci è stata detta di Grant. È uno dei motivi che aveva portato alla rivolta coloro che avevano organizzato gli incendi. E ora che ti è stato detto che la mia presenza non è assicurata, devo fare in modo che questa tribù sia al sicuro nel caso…
Merlin ritrasse piano la mano e si lasciò scivolare seduto a terra, una sottile paura gli afferrava lo stomaco. Arthur deglutì e portò le dita vicino al viso del mago, lasciando scorrere un pollice su un suo zigomo. Mormorò.
-Ho già preparato i documenti e vorrei che anche tu li firmassi.
Il mago sbatté le ciglia, confuso, mentre il timore faceva spazio alla perplessità.
-Documenti?
Il biondo annuì e prese dei fogli che aveva sul tavolino accanto al trono; li tese al compagno.
-Penso che seguire l’esempio dei Niall sia la cosa migliore da fare. Certo, per loro il problema è stato solo rimandato poiché il punto reale non era certo l’eredità, ma la mancanza di bambini in sé. Il nostro caso, tuttavia, è totalmente diverso. Lamont è riuscito a passarmi il suo regno solo grazie ai racconti di Lenore, ma per ora non c’è alcuna veggente a predire un degno erede per me.
Le mani del moro tremarono e Merlin guardò l’altro, esterrefatto.
-Vuoi… Vuoi adottare…?
Arthur annuì.
-È un uomo adulto, ormai, ma non posso lasciare certamente questa tribù in mano a un bambino, giusto?
-Lui lo sa?
-No e per ora preferirei non lo sapesse. Se si presenterà un’altra situazione di evidente pericolo, gli rivelerò la mia decisione.
-E se rifiutasse?
-Nessuno rifiuterebbe un trono!
-Lui sì. Del resto, sotto alcuni punti di vista… Beh, l’ha già fatto. Ma questo…
Merlin assottigliò lo sguardo, continuando.
-Lo sai anche tu. È per questo che non vuoi lasciare la scelta ai due Consigli, vero? Perché sai che lui non si farebbe avanti.
Arthur non rispose e sospirò.
-Allora, firmi o no?
Il mago rimase in silenzio e rilesse i documenti. Fra tutti gli uomini presenti fra gli ex Grant e gli ex Lamont, tra Edward, Frederick, Charles, Henry, Michael, Liam e William, tutti con le proprie qualità e i propri doveri, la propria visione del mondo e il proprio carattere, proprio lui aveva dovuto scegliere. Ma persino Merlin era consapevole del fatto che, probabilmente, quella era la scelta più giusta, per quanto gli facesse quasi male ammetterlo.
Allungò la mano e Arthur gli diede una penna. Il mago iniziò a scrivere il proprio nome, ma sospirò, guardando l’altro con tristezza.
-Lo stiamo praticamente incastrando…
-Lui sarà il re, ma solo il Consiglio lo saprà all’inizio: se proprio non vorrà, potrà semplicemente decidere di non accettare. Inoltre, spero davvero che questo documento non si rivelerà necessario.
Il re tentò un sorriso, che Merlin ricambiò timidamente, poi finì di firmare.
 
Jacob inzuppò l’ultimo pezzo di pane e si mise a spingerlo verso il fondo della ciotola col cucchiaio, facendo in modo si impregnasse bene, e continuò ad annuire, mentre Betty continuava a parlare.
-E quindi secondo voi il nostro Arthur sarebbe una sorta di… re leggendario e sarebbe quello di cui ha raccontato quella compagnia errante che è venuta a Natale…
Jacob assentì, precisando.
-Beh, quella era una versione, ovviamente. Per noi non esiste questa storia della semola.
Betty si grattò il collo – la maglia pesante, che le arrivava fino a subito sotto al mento, le prudeva – e strinse le labbra, perplessa.
-Mh, è una cosa strana. Quindi Merlin è una specie di…
La ragazza agitò la mano.
-Insomma, di semidio strano.
Jacob inclinò il capo, mentre finiva di mangiare.
-No no, Emrys effettivamente possiede il dono della Dea, ma non è… Non so… Più figlio della Dea di quanto lo sia tu, per esempio. È una persona che, per le sue qualità, è stata scelta.
Betty ridacchiò.
-Non so, è troppo strano pensarci. È per questo che di fronte a loro sei sempre così…
La ragazza fece dei segni con le braccia come qualcuno che si inchina con la fronte a terra e Jacob rise, esclamando.
-Io non faccio così!
-Noooo.
-Porto loro il rispetto che si meritano!
-Mh mh.
-E non sono per nulla untuoso.
-Certo.
I due si girarono, ancora ridendo, quando il suono della campanella di fine pausa li fece girare. Poco lontano, il fabbro stava facendo un cenno con due dita. Il significato era ovvio: “Tagliate”.
Jacob smise di ridere e sospirò.
-Devo tornare a lavoro. Grazie per avermi portato il pranzo.
Il ragazzo guardò la ciotola e tenne il viso basso mentre Betty se la riprendeva. Mormorò.
-Non dovevi. Voglio dire, tu… Tu sei… Te ne sono davvero, davvero grato. Ricambierò la tua gentilezza, non dubitarne.
La fanciulla sorrise, mentre risistemava tutto nel suo cestino.
-Non l’ho mica fatto perché tu ricambiassi.
-Sì, questo lo so, ma…
I due sobbalzarono, sentendo il vocione del fabbro.
-Jacob! Smettila di fare il pesce lesso e torna a lavoro!
Lo Jura si alzò di scatto e iniziò a chinare la testa, borbottando, mentre se ne andava.
-Non so cosa voglia dire, ma non stavo facendo il pesce lesso perché ha l’aria di qualcosa di molto, molto irrispettoso e…
Betty fece un cenno con la mano e chiese.
-Ti va stasera di venire da me? Ci saranno anche Elisa e le altre.
-Sono onorato, ma stasera sono stato già invitato altrove, magari…
-Jacob!
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo e gridò “Arrivo!” in direzione del fabbro, per poi continuare con gentilezza.
-Magari un’altra volta.
-Certo, certo. A domani!
-A domani.
Betty finì di salutare e si diresse verso casa propria, mentre Jacob rientrava nella fucina. Se doveva essere onesto, in quei giorni c’era davvero poco da fare e le sue finanze ne avevano risentito; per questo la sua amica gli aveva portato il pranzo, perché aveva davvero pochi spiccioli e non sempre riusciva a fare un pasto decente, per quanto fosse sempre meglio di quando non era ancora in quella tribù ed errava nelle Pianure o sulle Montagne. Frederick gli aveva consigliato di parlarne anche con Arthur e Merlin, i quali sicuramente gli avrebbero dato una mano, ma lo Jura non voleva gravare ulteriormente sui due e quindi era stato in silenzio. Nonostante questo, gli faceva piacere che tutti fossero gentili e che, addirittura, alcuni ragazzi avessero invitato anche lui oltre a Frederick per una serata. Era una cosa che Jacob aveva sempre trovato strana, poiché nel suo popolo erano rare delle occasioni simili; il ragazzo era quindi molto emozionato e, per una volta, si trovava a sperare che, anche quel giorno, non sarebbe arrivato nessuno a richiedere il servizio del fabbro.
Passarono le ore e Jacob terminò un lavoro piuttosto curioso che gli era stato affidato – un uomo aveva comprato i resti del bagagliaio della macchina che era stata ritrovata e aveva chiesto loro di modificare alcune parti per renderlo non si sapeva bene cosa –  ma che non era precisamente remunerativo.
Alla fine, il fabbro lasciò andare il giovane e Jacob si tolse il pesante grembiule da lavoro e si infilò sciarpa e guanti, uscendo velocemente per dirigersi verso casa dove si cambiò con una rapidità mai avuta e si sciacquò il viso.
Jacob, pronto, si infilò nelle stradine e, visto che in realtà ancora non conosceva bene la strada per arrivare alla casa di Frederick, che lo avrebbe accompagnato nel luogo dell’appuntamento, decise di fare il giro lungo seguendo il percorso delle mura fino a trovare un punto che, invece, ben conosceva.
Non c’era nessuno e le luci delle strade illuminavano bene solo poche di quelle zone. Le guardie facevano, ovviamente, il giro, ma ancora non era abbastanza tardi perché se ne trovassero tante e, anzi, in tutto il percorso Jacob ne aveva incontrata appena una.
Lo Jura si guardò intorno, indeciso, poi continuò ad avanzare attaccato alle mura, finché non si bloccò, udendo dei rumori. Tese l’orecchio: erano dei sospiri bassi e Jacob arcuò le sopracciglia, ridacchiando; fra gli Jura non era scandaloso trovare in giro persone in dolce compagnia e il ragazzo era rimasto sorpreso quando, tempo prima, una volta fuggito, aveva saputo che quella tranquillità era qualcosa di raro. Anche fra gli Arthur c’era riservatezza, anche se la natura delle loro strutture e, in generale, la densità della popolazione portavano al fatto che tutti sapessero un po’ tutto e fosse effettivamente difficile avere una vera e propria intimità.
Jacob si guardò intorno, cercando di capire se, entrando nelle strade ed evitando la coppia, sarebbe riuscito ad arrivare alla sua meta, ma capì che non ce l’avrebbe fatta e risolse per essere il più silenzioso e discreto possibile. Del resto, neanche li scorgeva, quindi o erano nel buio o li avrebbe potuti trovare proprio girando per entrare in città, nel tentativo di evitarli.
Jacob avanzò lentamente, finché non scorse quella che sembrava nell’oscurità un’unica figura con quattro gambe e il ragazzo si allontanò dalle mura, camminando raso alle tende di lì, molte delle quali non erano neanche abitazioni, ma luoghi di lavoro che, di sera, si svuotavano.
Camminò velocemente, attento a non fare rumore e convinto a non guardare nella direzione dei due amanti, perché sinceramente non gli interessava nulla né di vedere quello che stavano facendo né di sapere chi fossero, ma si portò una mano alla bocca per trattenere la risata quando un sospiro femminile rivelò un nome. Jacob iniziò ad andare più velocemente, il volto rosso, a metà fra il riso e il disgusto. Quando vide Frederick in lontananza si bloccò per riprendersi. Non aveva alcuna voglia di raccontargli che aveva beccato in una situazione del genere proprio lui... Insomma, quale donna si sarebbe messa con... con Callum, pffff!
Jacob mosse la mano cercando di togliersi l'immagine dalla mente, poi si avviò verso l'amico.

Note di Elfin
Eccoci eccoci con il primo capitolo di passage.
Penso che sarò piuttosto rapida e stavolta lo dico seriamente, c’è ben poco da dire e già con questo capitolo abbiamo fatto diversi giorni, quindi dovremmo arrivare alla prossima tribù molto presto :) Vi chiederete tutti che c'entra la cosa di Callum alla fine. C'entra. C'entra c'entra. Vi assicuro che ha senso.
Ringrazio dreamlikeview e uelafox che hanno recensito lo scorso capitolo e royal_donkey che ci ha quasi raggiunti perché è arrivata al capitolo 10 dei Niall quindi… Niente… Impressionante.
Ci vediamo domenica prossima :3
Kiss

   
 
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