Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Dream89    07/06/2020    1 recensioni
La vita di Bilbo procede calma e pacifica. Le sue uniche preoccupazioni riguardano il suo amato bar, La Contea, e allevare Frodo al meglio. Tuttavia imprevisti e incontri inaspettati sono sempre in agguato, basta abbassare la guardia un momento e tutta la normalità sparisce.
Storia AU senza pretese, collegata (più o meno) della mia prima ff 'What color am I?'
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Gandalf, Thorin Scudodiquercia
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Buon pomeriggio a tutti!
Tutti lo volevano, tutti lo reclamavano, tutti lo aspettavano: LO SPIN OFF BAGGINSHIELD.
Ok, deliri i onnipotenza a parte, questa storia sarà un po'diversa dalle altre due precedenti (ho il sospetto di essermi imbarcata in qualcosa di troppo grande per i miei due neuroni); come al solito spero di non aver reso i personaggi troppo OOC e che la storia non risulti eccessivamente trash.
Detto ciò, spero che vi potrà piacere e/o divertire.
Remember: commenti, messaggi, critiche, curiosità e suggerimenti sono sempre ben accetti.

Buona lettura!

Un bacio!




Era un giorno come un altro in città; i negozi mostravano in scintillanti vetrine gli ultimi arrivi delle nuove collezioni, genitori con passeggini camminavano tranquilli su e giù per le strade, signori distinti e studenti stressati sedevano ai tavolini dei bar per una meritata pausa dal lavoro o dai libri. Insomma la vita di tutti i rispettabili cittadini scorreva placida e tranquilla e nessuno scandalo sembrava poter essere capace di sconquassare la calma di quella tarda primavera.

 

“Grazie a lei, arrivederci!” Bilbo salutò cortesemente il cliente, che aveva appena pagato e stava uscendo, con un sorriso gentile sul volto mentre metteva nella cassa i soldi.

Si appoggiò un momento al bancone, aveva passato le ultime due ore affannandosi a servire tutti gli avventori del bar senza avere nemmeno un attimo di respiro; afferrò un depliant (il quale esaltava le bellezze senza fine dei Monti Azzurri*) che si trovava lì accanto e cominciò a sventolarsi il viso, accaldato. Le temperature erano davvero molto elevate quell’anno anche se l’estate non era ancora ufficialmente cominciata.

Sospirò e lanciò uno sguardo all’orologio sulla parete: erano quasi le due; Frodo sarebbe dovuto giungere al bar da un momento all’altro; forse dovrei preparargli uno spuntino, pensò l’uomo, che non si fidava affatto della mensa della scuola,

era piuttosto certo che la qualità del cibo lasciasse alquanto desiderare.

Il locale, dopo l’abituale pienone che spesso e volentieri si creava durante l’ora di pranzo, era quasi vuoto (solo un paio di universitari stavano occupando un tavolino) e lui poteva tirare un po’ di fiato.

Sondò con un’occhiata l’intera stanza, controllando che fosse tutto in ordine; con grande disappunto notò che il pavimento era pieno di briciole, i clienti non facevano mai attenzione quando mangiavano.

Andò nello sgabuzzino a prendere scopa e paletta e si mise a spazzare di buona lena.

Quel bar era il suo orgoglio e il suo vanto. Aveva ereditato il locale da suo padre, Bungo Baggins, al quale aveva promesso di portare avanti l’attività con onestà e rettitudine.

La sala era abbastanza ampia per contenere una decina di tavoli e un bel bancone in legno sormontato da un piano in finto marmo; le vetrate che davano sulla strada erano grandi e rotonde, decorate con delle rigogliose fioriere all’esterno; la porta era dipinta di un bel verde brillante. 

Aveva cambiato gli asettici tavoli in plastica, risalenti a quando suo padre era giovane e mai più rinnovati, con dei tavoli in legno chiaro e sedie abbinate, ognuno era decorato da un elegante centrino; in un angolo vi aveva posizionato una libreria (ereditata da uno zio) con svariati volumi (l’idea gli era venuta quando aveva notato molti ragazzi, seduti da soli, trafficare ininterrottamente col cellulare: aveva pensato che magari un buon libro fosse una valida alternativa). Alle pareti erano anche appesi numerosi quadri raffigurante paesaggi bucolici e campestri.

Aveva fatto montare a terra un finto parquet di una calda tonalità di marrone.

In qualche modo, voleva che i suoi clienti, quando entravano per una bibita o un croissant, si sentissero in un comodo, accogliente, rispettabile, caldo rifugio.

Quando finì di pulire in terra, ripose gli attrezzi in maniera molto ordinata e tornò dietro il bancone a riordinare bicchieri e tazzine.

La campanella che era stata fissata sopra la porta tintinnò, annunciando l’arrivo di un cliente, e lui alzò automaticamente lo sguardo.

Sulla porta si stagliava, alto e magro, un anziano signore dai capelli grigi e un’impressionante barba, anch’essa argentea; aveva un viso segnato dal tempo ma che in gioventù doveva essere stato attraente. Indossava una tuta da ginnastica, che sicuramente aveva visto giorni migliori, e sia i pantaloni che la felpa erano grigi; un colore che non donava a tutti, ma che riusciva a dare all’uomo un aria saggia e antica, a discapito dell’abbigliamento sportivo.

Bilbo sorrise cortesemente. 

“Buongiorno!” Esclamò.

Il signore si avvicinò al bancone guardandolo e sollevando un sopracciglio chiese: “ Che cosa vuoi dire?”

Bilbo si stupì non poco di quella domanda, ma prima che potesse replicare qualsiasi cosa, l’altro continuò.

“Mi auguri un buon giorno o vuoi dire che è un buon giorno che mi piaccia o no? O forse vuoi dire che ti senti buono in questo particolare giorno? O affermi semplicemente che questo è un giorno in cui occorre essere buoni?”**

“Tutte e quattro le cose, suppongo…” L’uomo era a corto di parole, quel cliente l’aveva spiazzato; era serio? O stava scherzando? O forse era solo un po’suonato?

“Posso aiutarla?” Chiese recuperando presto un certo contegno; non aveva dimenticato le buone maniere e, nonostante lo sconcerto, gli anni trascorsi a lavorare a contatto con le persone gli avevano insegnato come mantenere una certa compostezza, o come fingerla.

“Un caffè, per favore.” Disse allora il signore.

Bilbo si affaccendò immediatamente attorno alla macchina del caffè, e in men che non si dica poggiò sul bancone una tazzina con dentro l’amaro liquido fumante.

Sul piattino, oltre la bustina di zucchero, aveva anche posato un piccolo cioccolatino avvolto in una carta dorata; era una piccola furbizia che gli aveva insegnato sua madre: tratta il cliente come se fosse speciale e vedrai che tornerà.

Il signore strappo la bustina di zucchero e ne rovesciò l’intero contenuto nel caffè.

“Forse tu non ti ricordi- disse mentre mescolava con calma- ma noi ci siamo già incontrati in passato. Il mio nome è Gandalf.” I suoi occhi azzurri erano scintillanti e allegri ed era intuibile che dietro di essi si nascondeva una mente acuta e saggia.

Bilbo socchiuse gli occhi, effettivamente quel nome gli era familiare, cercò di ricordare a quale memoria fosse collegato.

“Gandalf… Gandalf, l’allenatore di basket?” Chiese incerto, aveva praticato quello sport anni e anni addietro e per un tempo davvero limitato, la sua costituzione fisica era troppo minuta per uno sport dove il contatto fisico era così frequente, aveva anche realizzato molto in fretta che la sua natura lo spingeva verso la ricerca della comodità e degli agi (nonostante non avesse esitato un istante a rimboccarsi le maniche quando se ne era presentata la necessità).

“Ma sì certo, ora ricordo! Ci facevi fare degli allenamenti sfiancanti, ma alla fine era sempre divertente.” Continuò, entusiasmandosi a rivivere quei momenti passati.

“Beh, sono felice che ti ricordi di me, o anche solo dei miei allenamenti. Dimmi, Bilbo, come vanno gli affari?” Si informò Gandalf, cercando di mantenere una certa noncuranza nel tono di voce.

“Oh, non posso certo lamentarmi!- Esclamò Bilbo- Certo, ci sono sempre quelle giornate in cui la clientela scarseggia, ma in particolare nei weekend e nei giorni di mercato c’è una bella affluenza. Ma come mai, se posso chiedere, questo interessamento?”

“Vedi, devo confessarti che la mia presenza qui non è del tutto casuale. Sono venuto per sentire se tu fossi interessato ad un impiego.”

“Un impiego? - Gli fece eco Bilbo senza comprendere - Non capisco, io ho già un impiego.” E con un ampio gesto indicò l’intero locale.

“Ed è una gran bella attività, non fraintendermi. Ma ciò che ti sto offrendo io è qualcosa di molto diverso; potrei quasi dire che si tratta di… un’avventura.”

Un campanello d’allarme trillò nella mente di Bilbo; ‘pericolo’ sembrava dire; le avventure, di qualsiasi genere, erano ben al di fuori della sua comfort zone. 

“Un’avventura? No, grazie.” Disse subito, mettendosi sulla difensiva.

“Ma non vuoi nemmeno sapere di che cosa si tratta? Potrebbe dare una scossa alla tua vita, portarti via dalla monotonia delle giornate grigie e…” Bilbo non seppe mai cos’altro avrebbe potuto fare quell’impiego per rivoluzionargli la sua tranquilla e piacevole esistenza, perché proprio in quel momento la porta si aprì violentemente e un bambino entrò correndo nel locale. 

Aveva capelli neri, ricci e scompigliati e luminosi occhi azzurri.

“Zio!” Esclamò sorridendo, rivelando così una simpatica finestrella fra gli incisivi, si fiondò subito dietro il bancone e lo salutò con un abbraccio.

“Frodo! Com’è andata a scuola?” Chiese Bilbo accarezzandogli affettuosamente il capo, grato di avere una scusa per ignorare Gandalf, che nel mentre stava guardando la dolce scenetta divertito e intenerito.

“Bene!- trillò il bimbo- oggi abbiamo fatto i dinosauri. Ma tu lo sapevi, zio, che erano tipo dei draghi ma senza ali? E lo sapevi che il Tirannosauro Rex era super cattivo e si mangiava tutti gli altri? E poi ora ho un dinosauro preferito!” Continuò Frodo con l’ entusiasmo tipico di quell’età.

Bilbo era molto fiero di come stava crescendo quel bambino, al quale voleva più bene di qualunque altra persona al mondo.

“Sembra interessantissimo! Dopo mi racconterai tutto. Ti va un sandwich?”

Il piccolo annuì vigorosamente sorridendo; il suo appetito era insaziabile, nonostante la piccola taglia.

Bilbo lo mandò quindi a lavarsi le mani e iniziò a comporre il panino; era consapevole dello sguardo di Gandalf su di sé, che seguiva ogni sua mossa ma continuava a tenere la testa china fingendosi profondamente concentrato in ciò che stava facendo.

“Quindi, tornando alla mia proposta…” Riprese l’uomo.

Bilbo però non lo lasciò continuare, alzando una mano per interrompere quel discorso che probabilmente sarebbe stato molto convincente e che, per quel motivo, non aveva intenzione di ascoltare.

“No, grazie. Non voglio avere nessuna avventura.” Disse secco, dimenticando per un momento le sue buone maniere.

“Io sto bene così. Noi stiamo bene così- continuò alludendo a Frodo.- Abbiamo una bella vita; una vita che ci piace e ci soddisfa. Non ho bisogno di grandi sconvolgimenti. Grazie mille.”

Gandalf emise un sospiro con profondo disappunto, probabilmente non era così che aveva immaginato quella conversazione, stette per qualche momento in silenzio, come se nella sua mente stessero prendendo piede grandi macchinazioni e profondi pensieri. 

Bilbo interpretò il silenzio da parte dell’interlocutore come un segnale di rassegnazione e sorrise; nel mentre l’uomo si frugava nelle tasche alla ricerca delle monete per pagare il caffè e, dopo avergliele lasciate sul bancone, fece un cenno con la testa e uscì fischiettando.

Bilbo scosse la testa; che gente strana che c’era al mondo! Un impiego, bah, non aveva tempo per certe cose.

L’arrivo di Frodo che tornava saltellante dal bagno, fece distrarre la sua mente dalla conversazione appena avuta con Gandalf. Gli baciò la testina  e lui gli diede il panino.

L’uomo osservò il bambino per un momento con affetto; occuparsi di lui all’inizio era stato destabilizzante e spaventoso.

Quel piccolo gli era letteralmente capitato fra capo e collo sei ani prima; ne aveva ricevuto la custodia dopo la morte dei suoi genitori, avvenuta per annegamento. 

Lui, con i bambini, non ci aveva mai avuto a che fare e, all’epoca, sperava che la situazione sarebbe rimasta invariata per diversi anni; quando l’assistente sociale si era presentata alla sua porta comunicandogli che gli era stato affidato il piccolo Frodo, lui era andato nel panico. Cosa doveva fare? Come si allevava un bambino? Gli sembrava persino di tenerlo in braccio in maniera sbagliata. In quel frangente, l’unica cosa che gli venne in mente fu chiedere aiuto; aveva così chiamato i signori Gamgee che avevano un bambino circa dell’età di Frodo e sicuramente erano più esperti di lui. Hamfast Gamgee era stato suo giardiniere per molti anni (ancora curava le fioriere del suo bar), Bilbo si fidava di lui, e sua moglie era una brava donna. I primi mesi furono di grande aiuto, consigliandogli che cibo comprare, quale crema fosse migliore e rivelandogli trucchi per far addormentare il bimbo più velocemente. Tuttavia man mano che le settimane passavano, lui diventava sempre più bravo a prendersi cura di Frodo, e quest’ultimo sembrava essersi affezionato molto all’uomo. Dopo neanche sei mesi, Bilbo non ricordava più come fosse vivere senza il bambino al suo fianco; quella creatura gli riempiva le giornate e i momenti vuoti, lo privava di molte energie ma allo stesso tempo lo ricaricava, donandogli gioiosi sorrisi. Si faceva chiamare ‘zio’, ma di fatto Bilbo era stato cugino col padre del piccolo.

Frodo era sempre stato un bambino curioso e avido di conoscenza, caratteristiche che lui non aveva esitato ad assecondare, cercando di insegnagli il più possibile, persino una lingua straniera.

Sì, Frodo Baggins era stato il più bell’imprevisto della sua vita.

La porta del bar si aprì nuovamente e proprio i sopracitati Gamgee fecero la loro comparsa. Hamfast, da tutti soprannominato Gaffiere, era un gioviale rubicondo signore che amava passare il suo tempo libero in compagnia di amici e parenti, con in mano un boccale di buona birra mentre raccontava storie che narravano avventure goliardiche vissute in gioventù da questa o quell’altra persona (spesso e volentieri ingigantiva i fatti narrati affinché gli ascoltatori potessero rimanerne più impressionati).

Il figlio era uno dei migliori amici di Frodo; Sam era un bambino biondo e paffuto, ispirava affetto a prima vista, aveva precocemente dimostrato un altruismo e un ottimismo incrollabili. Spesso non vedevi l’uno senza l’altro; entrambi, lavorando di fantasia, fingevano di essere prodi eroi in terre lontane.

“Buongiorno, Bilbo! Sono passato a prendere Frodo, così tu puoi lavorare tranquillo.” Lo salutò allegramente Gaffiere, sporgendosi sul bancone per dare una pacca sulla spalla al barista.

“Salve! Ti ringrazio tantissimo per essere venuto. Sai, io adoro averlo qui in giro, ma credo si diverta molto di più in compagnia di tuo figlio.” E a conferma di ciò, Bilbo scoccò un’occhiata ai due bambini che stavano conversando fitto fitto mentre di dividevano il panino di Frodo.

“E’ un piacere. Così possono giocare insieme con la figlia dei nostri nuovi vicini. Ah, non te l’ho ancora raccontato? La casa gialla in fondo alla nostra strada, hai presente no?, beh, è stata venduta un mesetto fa, o giù di lì. Da qualche giorno la famiglia che l’ha acquistata, i Cotton, si è ufficialmente trasferita. Sono tanto delle brave persone, dice mia moglie che li ha incontrati. E hanno questa adorabile bambina che ha un anno in meno di Frodo e Sam.”

Bilbo ascoltava senza fiatare il racconto dell’amico, lo sguardo un po’ perso; non è che non gli interessassero i pettegolezzi e le novità di quartiere che l’uomo soleva raccontargli, ma a volte la sua mente si distraeva e cominciava a saltare da una riflessione all’altra.

Si riscosse giusto in tempo per sentire l’uomo che gli domandava se lui avesse qualche notizia interessante.

Subito i suoi pensieri corsero allo strano incontro avuto poco prima con Gandalf, ma istintivamente decise che quell’episodio era meglio tenerselo per sé.

“Mah, niente di nuovo qui. Si vedono sempre le stesse facce qua in giro. Piuttosto, non trovi che i miei fiori sui davanzali abbiano un’aria un po’ spenta?” Rispose lui, portando tempestivamente la conversazione su un argomento che sapeva avrebbe coinvolto il suoi interlocutore.

Infatti Gaffiere andò subito ad esaminare le piante e convenne che in effetti necessitavano di qualche manciata di concime.

Dopo aver promesso a Bilbo che sarebbe tornato il giorno dopo con il miglior concime in circolazione, chiamò a sé Frodo e Sam e li portò a casa, in modo che potessero terminare i compiti prima di sera.

 

Bilbo passò il resto della giornata a preparare bevande, pulire tazze e bicchieri e conversare occasionalmente con questo o quell’altro cliente.

All’ora di chiusura aveva completamente dimenticato la visita di Gandalf e, dopo aver salutato l’ultimo cliente e appeso alla porta un cartello con su scritto CLOSED, stava dando l’ultima passata con il disinfettante sui tavoli mentre già pregustava la serata che gli si prospettava davanti: una confortevole cena e Frodo che gli raccontava tutto sui dinosauri o su qualche avventura che aveva vissuto quel pomeriggio con Sam.

Inaspettatamente sentì la campanella sull’uscio tintinnare; stava dando le spalle alla porta e perciò non vide subito chi fosse entrato.

“Siamo chiusi.” Disse automaticamente mentre finiva di ultimare le pulizie.

“Mi scusi,- disse una voce calda e profonda- mi avevano detto che sarei potuto entrare.”

Quando Bilbo si voltò, rimase folgorato.

 

 

 

*Esistono davvero nella Terra di Mezzo. 
**Frase detta da Gandalf ne Lo Hobbit; ma lo sapevamo tutti no? :’)

Se siete giunti fino a qui, vi ringrazio. Come continuerà la storia? Gandalf si è davvero arreso con Bilbo? Riuscirà Gaffiere a curare i fiori del bar? Sam e Frodo fananno amicizia con la piccola Cotton? E chi sarà mai il misterioso avventore del locale arivato dopo la chiusura? Tutto questo e molto altro nella prossima puntata!
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Dream89