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Autore: Frieda B    10/06/2020    0 recensioni
Lui, freddo, cinico, spaventato da se stesso.
L'altro lui, bel sorriso, mancino, gran rompiscatole.
Due piloti, un solo aereo.
Aviazione tedesca, ai giorni d'oggi.
Genere: Guerra, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo XV
Insicurezze
 
 
     «Le nuvole sono chiarissime, oggi» borbottò Bastian, sistemandosi il microfono. «Prepariamo l’atterraggio, Eisner?»
«Sissignore,» rispose distrattamente lui.
Abbassò la leva blu alla sua destra, sollevò la mano per manipolare le luci in cabina, e controllò lo spazio aereo.
Il veivolo cominciò ad abbassarsi molto lentamente verso il suolo.
Bastian prese a fischiettare un motivetto allegro. «Avvertiamo del nostro arrivo.» Prese la radio e l’avvicinò alle labbra. «Qui sergente maggiore Sebastian Kluge, veivolo AX 837. Ci prepariamo all’atterraggio. Atterreremo per le ore 12 minuti 37, ora locale. Passo.» Mise da parte la radio ed ascoltò distrattamente la risposta. Si tolse le cuffie e sbadigliò. «Andiamo a mangiare da qualche parte, stasera?»
Karl chiuse il microfono, ma non tolse le enormi cuffie dalle orecchie. Annuì distratto. «Come vuoi.»
«Con te è sempre un come vuoi, fai tu, decidi tu. Che noia. Sei totalmente passivo.»
«No, non direi,» rispose, ironico.
Bastian lo guardò male, con la coda dell’occhio. «Riesci a non pensare al sesso per quindici minuti?»
«Facciamo per dieci.»
«Karl, sono serio, dai.»
«… Il microfono. Hai lasciato acceso il microfono.»
Bas Lo spense subito e poi scoppiò a ridere. «Cazzo, questa è proprio uno di quei guai che posso combinare io.»
«Non è divertente. Merda. Ci avranno sentiti?»
«Che abbiamo detto di male? Che vogliamo andare a mangiare qualcosa stasera.» Scrollò le spalle e tirò in su, distrattamente, una leva.
«Non abbiamo detto niente, certo. Solo che tu lo prendi là dietro.»
«Vedi, per te è sempre una questione di sesso. Ma che cavolo, Karl, davvero? È un anno che stiamo insieme e non fai altro che parlare di quanto sei bravo a scoparmi. Ogni volta che cerco di fare una conversazione più seria…»
«Cosa vuoi che ti dica?» ribatté l’altro, già esasperato.
«Comincia a dirmi che mi ami.»
«Te lo dico sempre.»
«No, tu dici “anch’io.” Non è la stessa cosa. Ma chi me lo ha fatto fare? Stare con uno così apatico. Inizio a pensare che non posso aspettarmi niente di più da te.» Appoggiò una mano vicino a tutti quei pulsanti, mentre con l’altra si reggeva il viso.
Karl tacque e lui ricominciò. «Vedi? Non sai neanche rispondere. Forse è meglio finirla qui.» Attese altri cinque minuti. Niente. Silenzio. «Perfetto. È meglio che la chiudiamo e basta allora.»
Atterrarono in silenzio.
A terra, un gruppo esiguo di soldati li aiutò a scaricare le grosse scatole di munizioni, cinque scatole verde militari alte più di un metro, che si muovevano su carrelli dotati di rotelle. Li scaricarono giù dal veivolo dell’esercito e le lasciarono lì, in buone mani, tra i loro camerati di stanza in Siria.
Poi, si rimisero in volo per tornare ad Amburgo. Passarono il tempo di volo quasi senza parlare. Bastian era molto nervoso, come lo era raramente. Karl forse non sapeva che dire e già di suo era un tipo dalle poche parole, così si chiuse nel suo silenzio. Si scambiarono solo pochi commenti, strettamente necessari per organizzare il decollo prima e l’atterraggio dopo.
 
 
            Bastian si accese la sigaretta che Bart gli stava porgendo. «Grazie,» mormorò a mezza voce. «Non so più cosa fare,» confessò. «Stiamo molto bene e il sesso è fantastico ma… non mi basta quello, ormai. Sono sempre io che gli propongo di fare qualcosa, di stare insieme, e lui non mi dice mai di no, ma allo stesso tempo non mi propone mai niente. Forse avrei bisogno di una persona diversa accanto.» Sospirò.
Bart sedette sul muretto vicino a lui. «Siete in pausa?»
«Non lo so nemmeno. Io mi sono arrabbiato, stamattina, e lui non ha detto niente. Siamo in pausa, stiamo ancora insieme… non ho idea di cosa stiamo facendo ed il suo silenzio non mi aiuta per niente. La settimana prossima è il suo compleanno e io non so nemmeno se saremo insieme per festeggiarlo. Non so cosa fare, né cosa pensare. Mi ama? Non mi ama? Vuole solo scopare? Io non ne ho idea, giuro.»
«Hai provato a chiederglielo?»
«Non risponde.»
«Non risponde perché tu fai di quei monologhi infiniti e non gliene dai spazio?» lo incalzò l’amico e camerata, sollevando un sopracciglio. Barthold aveva i capelli più biondi di quelli biondo cenere di Bastian e aveva gli occhi scuri. Era più alto e più robusto, con più muscoli. Bastian non passava molto tempo in palestra e adorava mangiare quei grossi hamburger imbottiti di patatine fritte e salse di vario tipo.
«Non è da escludere,» rispose accennando una risata imbarazzata. «Forse dovrei parlare di nuovo con lui. Grazie.»
«Dovere,» rispose Bart portando la mano alla tempia.
 
 
     Il giorno seguente, Bastian raggiunse Karl poco prima del rancio, nei pressi della mensa.
«Eisner?» lo chiamò per attirare la sua attenzione. «Posso parlarti un attimo? In privato.» Lo guardò negli occhi.
Karl annuì e si spostarono in un corridoio più isolato, quello che portava in fureria. A quell’ora non c’era quasi nessuno, perché quasi tutti i soldati avevano già avuto informazioni sui loro impegni giornalieri.
Bas inumidì le labbra e strinse le braccia al petto. «Hai pensato a quello che ti ho detto?»
«Alla tua sfuriata di ieri mattina? Sì.»
«Bene,» rispose innervosito. «Vedo che non hai capito niente.»
«Ho capito tutto, invece.»
«Quindi? Risposta?»
«Cosa vuoi che ti dica? Che faccia un monologo romantico per dirti quanto sono follemente innamorato di te?» chiese retorico.
Bastian tuttavia lo prese sul serio. «Aiuterebbe molto.»
«Sai che non è quello che avrai da me. Ormai mi conosci. Io non sono una persona romantica. Sono pragmatico, e parlo poco. Questo è quello che sono. Questo è quello che avrai da me. Non posso prometterti altro. Capisco che possa non andarti bene, che forse hai bisogno di qualcosa di diverso. Ma questo è quello che sono e non posso cambiarlo. Sei libero di dire che non ti va bene, di andartene.»
Il suo cuore batteva fortissimo. «Non ti frega nulla di me, allora?»
«Non ho detto questo.»
«E allora cosa? Vuol dire che non sentirò mai dalle tue labbra queste tre semplici parole, “io ti amo”? Che devo rassegnarmi e scendere a compromessi? Non vedi che scendo a compromessi per te da un anno?» sospirò.
«So che lo hai fatto molte volte. So quanto hai provato a farlo funzionare. Ma forse non funziona. Funzioniamo solo quando facciamo sesso.»
«Questo non è vero! Perché devi dire così? Ci sono stati dei momenti speciali. Il campeggio, le passeggiate al parco, le gite fuori città. Ti sei già dimenticato tutto? Davvero ricordi solo le volte in cui abbiamo scopato? Dio, mi fai incazzare! Perché fai così? Stai rovinando tutto! Stai montando su un gran casino!»
«Hai iniziato tu con la sceneggiata, stamattina!»
«Volevo solo cercare di spronarti, non ti avrei mai lasciato per davvero! Io ti amo. O te lo sei scordato? Ti sei scordato quante volte te l’ho detto, prima, dopo o durante il sesso? Riesci a ricordare solo le volte in cui sei venuto?»
Karl sospirò. «Cosa vuoi che ti dica, Bastian?»
«C’è almeno una cosa che ti piace di me, a parte il mio culo?»
«Certo, più di una» rispose e si sorprese di sentire quanto spontaneamente e dolcemente lo avesse detto. 
Bas distolse lo sguardo e bofonchiò imbronciato: «che non siano gli occhi. Ti sei già giocato questa carta.»
«Tu mi calmi moltissimo,» rispose Karl.
«Ti calmo?»
«Sì.»
«In che senso?»
«Mi dai sicurezza. Mi calmi quando sono nervoso, anche se non te lo dico, te ne accorgi sempre e mi distrai. Mi calmi. Sei molto bravo in questo. Quasi quanto sei incapace di mangiare senza sporcarti.»
Bastian si lasciò scappare una risata. «Sei un deficiente.»
«Sì, è vero.»
«Non mi avevi mai detto una cosa del genere. Devo sbraitare ogni volta per farmi dire qualcosa di carino?»
«Be’ a te piace fare la prima donna, quindi te lo lascio fare,» scrollò le spalle. «Andiamo a mensa? Inizio ad avere fame. Ho visto Achim, ha detto che c’è la pizza oggi.»
«Che stronzo del cazzo che sei.» Bastian rise e si mise a camminare accanto a lui, con le mani in tasca, fino alla mensa. Si era calmato, per il momento.
Per il momento.
Forse lo amava già troppo ed era pronto a perdonargli tutto.
Forse.
Karl lo guardò con la coda dell’occhio e si chiese: “quando salteranno di nuovo i suoi nervi? Cosa risponderò la prossima volta che vorrà da me un’altra parola dolce? Non sono alla sua altezza e non lo sarò mai.”
Ma non disse niente.
   
 
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