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Autore: Frieda B    14/06/2020    0 recensioni
Lui, freddo, cinico, spaventato da se stesso.
L'altro lui, bel sorriso, mancino, gran rompiscatole.
Due piloti, un solo aereo.
Aviazione tedesca, ai giorni d'oggi.
Genere: Guerra, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo XVI
L’arrivo dell’angelo
 
 
            Bastian stava cantando a mezza voce storpiando il testo di una canzone inglese. Achim gli andava dietro con una pronuncia persino peggiore della sua. Si passavano, a mo’ di microfono, il cellulare, seduti uno accanto all’altro in un pub affollato. Era venerdì sera e il posto era gremito, stracolmo di gente, di ragazzi e ragazze della loro età. A lui facevano male le guance, per quanto aveva riso. Scrocchiò le dita, al termine della canzone, perché aveva tenuto stretto il telefono e, forse, risentiva ancora un po’ del duro addestramento di due giorni prima.
«Com’è che Karl non è venuto?» chiese Bart al suo migliore amico e camerata.
Bas scrollò le spalle, abbassando lo sguardo sulla sua birra. Prese il boccale e lo portò alle labbra, bevendo un lunghissimo sorso prima di rispondere. «Abbiamo litigato,» mugugnò.
«Di nuovo?» domandò Robert ridendo. Aveva decisamente bevuto troppo.
«State più a litigare che a scopare, ultimamente,» fece Bart.
Lui annuì. «Sì, lo so. Lo so, non credete che non lo sappia. È stato un anno incredibile e adesso non facciamo che litigare, non riesco nemmeno a spiegarmelo. Per un anno abbiamo… scopato e riso e ci siamo divertiti ma adesso… qualunque cosa io faccia gli dà fastidio, è sempre più silenzioso. Non so davvero che dire.»
Bart storse il naso. «Avete provato a parlarne?»
«Io ho solo paura che per lui stia diventando una cosa troppo seria e che si tiri indietro,» rispose Bastian con gli occhi sul suo boccale mezzo vuoto.
«Non è che ha un altro?» buttò lì Achim, a bruciapelo.
«Cosa? No… oddio, no, non mi mettere in testa questa cosa,» fece lui quasi supplicandolo con lo sguardo. Sospirò e si passò una mano tra i capelli.
Bart gettò un’occhiata storta ad Achim, per rimproverarlo.
Finirono tutti da bere ed ordinarono di nuovo. E così per tutta la sera, cercando di dimenticare i brutti pensieri.
 
 
 
            «Mamma, che sbronza,» fece Robert massaggiandosi la nuca. «Mi scoppia la testa. Ci vuole un caffè.»
«Almeno tu non hai vomitato l’anima,» borbottò Achim appoggiando il viso sul tavolo della mensa. Erano seduti vicini, come sempre, e stavano consumando la loro colazione. Panini al latte e caffè, per cercare di alleviare il post sbornia.
«Se Werner ci ordina un allenamento extra oggi, penso che potrei finire col vomitargli sugli stivali,» aggiunse Achim, che aveva uno strano colorito giallastro.
Bastian accennò una risata. «Spero per te che non succederà. Sai che è molto vendicativo» mormorò. Ogni tanto si voltava e si guardava attorno.
«Non c’è,» fece Bart imburrando il pane ed addentando poi la fetta.
«Lo so che non c’è. Ma è strano, non salta mai la colazione,» rispose lui cercando di concentrarci sul suo panino al salame.
«Avete sentito di Mathias Keller?» domandò Robert bevendo del succo d’arancia. «Dio, ma cos’è? È aspro come l’inferno.» Con una smorfia disgustata, abbandonò il bicchiere sul tavolo, allontanandolo da sé.
Bas rise. «Chi è Keller?»
«Solo uno venuto da un’altra caserma. È arrivato ieri pomeriggio,» rispose Robert. «Ho sentito qualche voce su di lui. Dicono che sia così bello da sembrare rifatto e dolce da sembrare un bambino. Che la divisa stoni sul suo corpo da angelo.»
«Che razza di soldato è uno così?» chiese Bart ridendo più forte.
            Circa mezz’ora più tardi, Bastian decise di raggiungere Karl all’hangar n.°6 perché era certo di trovarlo lì. Era abbastanza tranquillo e disposto a fare pace. Erano circa le otto e trenta di sabato mattina, stava quasi per piovere e lui sentiva lo stomaco sottosopra per quanto aveva bevuto. Aveva decisamente esagerato con la birra, la sera prima.
Quando arrivò all’hangar, non lo trovò da solo. C’era un altro soldato con lui, che non aveva mai visto. Aveva dei corti riccioli dorati, i lineamenti perfetti, il naso sottile, gli zigomi alti, le labbra carnose. Li osservò parlare.
Karl aveva tra le mani uno scatolone e teneva la distanza di almeno un metro da quel soldato, ma continuava a parlargli. Quello rise, Bastian poté sentire la sua risata cristallina, sincera, molto dolce. Decise di avvicinarsi e poté vedere dei grandi occhi azzurri limpidi.
«Ah… ciao. Io ora devo andare. Ciao, Karl, mi ha fatto piacere parlare con te.»
«Ciao, Mathias.»
Quasi scappò via e Bas lo squadrò mentre si allontanava. Con le mani in tasca, si appoggiò alla porta dell’hangar, con una sigaretta in bocca. Tacque per circa tre minuti.
Karl mise via lo scatolone senza dire niente.
«Allora?» fece guardandolo.
«Allora cosa, ‘Stian?»
«Chi cazzo è quello?»
«Mathias Keller. È arrivato ieri sera in caserma.»
«E che cazzo vuole da te, quello?»
«Non riusciva a trovare l’hangar 3.»
«E cosa c’era da ridere?» fece un cenno col capo.
Karl svariò lo sguardo. «Sei geloso?»
«Devo esserlo?»
«No. Non dovresti. Per la cronaca, hai la faccia di uno che ha vomitato tutta la notte.»
«Già, e tu non eri lì. Eri con Faccia d’Angelo?»
Lui rise appena corrugando la fronte. «Cosa? Chi?»
«Mathias Keller. Eravate insieme?»
«Sì. Stavo tornando in camerata, ho incrociato Breyer e mi ha chiesto di mostrargli dove avrebbe dormito. La sua camerata è quella dopo la mia.»
Bastian fece una pausa. «Gli hai mostrato qualcos’altro?»
«Cristo, ‘Stian, smettila, mi stia annoiando. Va’ a farti una doccia, magari ti rinfreschi le idee.»
«Fottiti.» Girò i tacchi e se ne andò.
   
 
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