Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Evali    11/06/2020    1 recensioni
Spin off che scaverà in profondità nei personaggi di Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark; un'ipotesi, o meglio, una mia versione, di come potrebbero essere andate le cose al tempo, una storia che non tratterà strettamente solo l'amore scoppiato tra i due, ma anche l'intero contesto in cui il nostro eroe e la nostra eroina vivevano, nonché gli anni del regno del Re Folle. Potrebbe esserci qualche piccola modifica rispetto alle informazioni rivelate nei libri.
Appartenente ad una saga, ma non è necessario aver letto le altre due storie per iniziarla.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aerys II Targaryen, Arthur Dayne, Elia Martell, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Incontri imprevisti
 
 
Il giovane principe si mosse tra le coperte setose dello spazioso talamo, non trovando tregua.
Non era riuscito quasi a chiudere occhio durante la notte, come oramai accadeva da una settimana.
Delle profonde occhiaie sottostavano ai suoi occhi ancora chiusi, ma mai scure e scavate come quelle di suo padre.
Gli incubi di sterminio e distruzione accompagnati ad un’infinità di parole indistinte, alcune in lingue che neanche conosceva, altre in valyriano con timbri e vocalità diverse, gli rimbombavano nelle orecchie, vivide, alienanti e insinuanti, come ogni notte.
Non sapeva cos’altro fare per tenerli lontani.
Il tepore di quella mattinata, i residui degli ultimi incubi intenti a lasciare finalmente la sua mente stanca, il sole che lo irradiava discreto dalla finestra della camera del castello. Tutto ciò lo stava gradualmente rassicurando.
Percepì sua moglie muoversi nel letto a sua volta, non riuscendo a trovare una posizione comoda a causa del pancione.
Era voltato dall’altra parte, verso l’esterno del letto, rannicchiato e con il viso quasi totalmente immerso nel cuscino color limone, quando sentì le mani della giovane dorniana tastare delicatamente le coperte per cercarlo, per poi riuscire a trovarlo ed infilarsi morbidamente intorno al suo addome.
Anche ella era in dormiveglia, emetteva dei sottili versi deliziati, quasi miagolii, che uscivano dalle sue labbra schiuse solo in quei privatissimi momenti di intimità, appena svegli, o in procinto di addormentarsi.
La sentì accostarglisi alla schiena ancor di più, e, d’istinto, poggiò i palmi caldi sul dorso delle mani di lei, abbandonate sul suo ventre.
Quelle mani gentili e curiose vagarono sulla superficie piatta della sua pelle coperta dal leggerissimo tessuto della tunica da notte, provocandogli un lieve solletico.
- Hai perso peso … - biascicò Elia, affondando il viso nella schiena del suo principe.
Rhaegar era cosciente che a quelle mani attente non sarebbe mai sfuggito nulla, mentre le percepiva ancora vagare pigramente su di lui, addentrarsi dovunque avessero voglia di arrivare.
D’altronde, neanche agli occhi ai quali quelle mani appartenevano non sfuggiva mai nulla.
Difatti, non era la prima volta che la sua consorte gli faceva notare quel dettaglio, nel corso dell’ultima settimana.
- Lo so – le rispose con la voce impastata dal sonno a sua volta, come le rispondeva tutte le volte in cui Elia gli faceva quella sottile osservazione.
Si voltò lentamente verso di lei aprendo di poco le palpebre, riuscendo ad avere una sfocata visuale della splendida donna che occupava l’altra metà del letto.
- Buongiorno, mio principe – gli sussurrò ella, sorridendogli e cercando di aprire gli occhi scuri il più possibile per guardarlo, nonostante il sonno le remasse contro.
I raggi del sole che li illuminavano con impeto offrivano ad entrambi una perfetta visuale dell’altro.
- Buongiorno a te – le rispose in un bisbiglio, circondandole la spalla con un braccio, mentre ella gli avvolgeva nuovamente il busto, facendo vagare le mani sulla schiena, questa volta.
- Un’altra nottata piena di incubi, mio amore? – gli domandò la principessa, riuscendo a mettere a fuoco il volto stanco del giovane drago, con le occhiaie che si facevano spazio appena sopra i suoi zigomi alti e più delineati del solito.
Rhaegar alzò maggiormente le palpebre, puntando gli occhi chiari su quelli di Elia, che lo fissavano preoccupati.
Poggiò una mano sulla guancia morbida di lei, accarezzandola, insieme ai lunghi e folti capelli che la coprivano disordinatamente. – Non allarmarti. Riesco a gestirli.
- Il torneo comincerà tra tre giorni, e il banchetto per la cerimonia di apertura tra due, Rhaegar.
Hai davvero troppe questioni per la mente, è naturale che io sia preoccupata.
Gli incubi non ti lasciano mai riposare, litighi ogni giorno con tuo padre e, come se non bastasse, devi occuparti anche della cospirazione.
Ti stai consumando, caro. Sei talmente assorto e chiuso in te stesso che tocchi cibo a malapena e ti distrai costantemente dinnanzi a chiunque ti stia parlando, isolandoti.
Anche Rhaenys se ne è accorta.
A quell’ultima affermazione, gli occhi del principe quasi si spalancarono. – Se ne è accorta? Perché, ti ha detto qualcosa a riguardo …?
- Siamo tutti preoccupati per te, mio principe. Io, Rhaenys, Arthur, Ashara, Richard, Jon, Varys … persino Oberyn mi sta cominciando a chiedere come stai.
Rhaegar sentì il bisogno di ridere fino al giorno seguente in seguito a quelle parole, ma era troppo stanco per farlo, perciò si limitò a sorridere. Elia ricambiò il sorriso a sua volta.
- Non voglio che la nostra bambina creda che io sia distante o che non trascorra del tempo con lei perché ho altro per la testa – le disse dopo qualche minuto.
Si strinsero tra loro, lasciandosi cullare ancora dal tepore del corpo dell’altro e dai raggi del sole.
Elia infilò il naso nell’incavo del collo del giovane drago, e quest’ultimo poggiò il mento tra i capelli morbidi e spettinati di lei.
In quella posizione, con il pancione di sua moglie fortemente premuto sul suo busto, riusciva quasi a sentire il principino scalciare al suo interno.
Rhaegar accennò un sorriso richiudendo gli occhi, godendosi quel momento, uno dei rari attimi di sospensione che poteva permettersi durante il giorno.
- Amo restare abbracciata a te – sussurrò la giovane dorniana. – Quasi quanto amo restare abbracciata a Rhaenys.
- Oggi trascorrerò un po’ di tempo con lei. Le permetterò di accompagnarmi anche durante i preparativi per il torneo – le disse il principe, facendola sorridere.
- D’accordo. Ed io continuerò con Ashara ad aiutare lady Whent con i preparativi per il banchetto, cercando di evitare tuo padre.
Poi dovrò anche recarmi dalle septe, è da due giorni che mi perseguitano per prendermi le misure per cucirmi l’abito che indosserò alla cerimonia.
Prevedo sarà un procedimento lungo, dato che mi sono allargata ancora.
In ogni caso, spero non mi facciano infilare nulla di troppo sfarzoso, come sono solite fare.
A proposito, sappi che stanno cercando di beccare anche te, quelle povere donne.
- E perché mai? – domandò il principe percependo le membra formicolargli, indice che dovesse cambiare posizione. Le assecondò voltandosi a pancia in su.
- Come perché? Per i vestiti che indosserai al banchetto. Devono cucire anche i tuoi.
Ti avverto che dovranno riprendere tutte le misure anche a te, quelle vecchie non vanno più bene, dati i chili che hai perso.
Il principe sbuffò contrariato. – Non sia mai che un nobile non indossi un corsetto che gli faccia da prima e seconda pelle durante una cerimonia.
Elia sorrise a quelle parole, alzandosi su un gomito. – Rimangia subito le parole che hai detto, miscredente! Più larghi sono i nostri indumenti, maggiormente ci avvicinano al rozzo popolino. La bellezza e l’eleganza vogliono la loro parte! E poi, che gusto vi sarebbe nel vederti sederti e respirare contemporaneamente, senza alcuna fatica? – domandò la dorniana usando quel tono teatralmente sarcastico che divertiva tanto il principe mentre si sporgeva verso di lui e lambiva le sue labbra in un bacio casto e lento.
- Sono contenta che hai smesso di recarti in quella locanda da ieri. Questa notte mi hai fatto davvero felice addormentandoti insieme a me – gli sussurrò a fior di labbra.
Quelle parole riportarono alla mente del giovane drago la conversazione che vi era stata un giorno prima, l’ultima sera che aveva visitato la locanda che aveva ospitato quei pochi incontri tra lui e Doen.
- Dove stai andando? – gli aveva domandato la popolana, vedendolo alzarsi dalla sedia.
- Questa sera non posso rimanere molto, Doen.
- Perché stavolta ho l’impressione che, non appena ti alzerai da quella sedia, non ti rivedrò più?
Quella parole strinsero il cuore del giovane drago, in una strana morsa di senso di colpa. Ma prima che potesse risponderle, la popolana parlò ancora.
- Non te ne faccio una colpa, se hai deciso di non visitare più questa locanda, di far cessare i nostri incontri – gli aveva detto abbassando lo sguardo. – Solo che, se credi di farmi soffrire di meno non dicendomi nulla e lasciandomi con la rassicurante consapevolezza di rivederti domani sera, come ogni sera, ti sbagli. Preferisco un tuo saluto, un addio, chiaro e conciso, senza preamboli.
Ti assicuro che riuscirei a farmene una ragione più facilmente, e a soffrire di meno in questo modo, piuttosto che rimanendo all’oscuro.
La sincerità di quella ragazza lo aveva spiazzato, come sempre.
Prese nuovamente posto sulla sedia dinnanzi a lei, notando che il suo sguardo si fosse rabbuiato, come si aspettava.
- Non voglio interrompere le nostre chiacchierate perché non amo la tua compagnia, Doen. Ci tengo a precisarlo – le disse confermando le supposizioni della popolana.
- Calen? – lo aveva richiamato, quasi come non fosse stato lì, davanti a lei.
- Sì?
- Io ti ho mentito – gli confessò.
Avrebbe voluto risponderle che lo sapeva e che anche lui non era stato da meno, che le aveva mentito a sua volta, probabilmente più di quanto avesse fatto lei.
- Ma questo già lo sai, giusto? – aggiunse la popolana, alzando lo sguardo su di lui, rivolgendogli un triste sorriso. – Lo hai già capito.
Egli aveva annuito, attendendo che ella aggiungesse qualcosa.
- Non mi hai detto di aver scoperto che fossi una ragazza, per non mettermi a disagio.
L’ho apprezzato molto, sai.
Infondo, non mi è mai importato davvero, che tu mi avessi scoperta.
- Doen …
- Hai scoperto anche qualcos’altro, vero? – gli aveva chiesto, interrompendolo.
Quella sera, la sera del loro addio, avevano deciso di essere spontaneamente chiari e sinceri l’uno con l’altro.
Rhaegar sapeva di non poterlo mai essere davvero con lei, in ogni caso, ma almeno, per tutto il resto, avrebbe provato ad esserlo.
Doen se lo meritava.
Doen si meritava questo e molto altro da lui.
Ella lo guardava in attesa, torturandosi le mani piccole, osservandolo con occhi lucidi, quasi persi.
Gli guardava la bocca, l’unica parte del suo viso a cui aveva accesso, sulla quale poteva basarsi, per capire come lui stesse reagendo, cosa stesse pensando, che espressione stesse mostrando il suo volto.
A cosa aveva costretto quella ragazza?
A parlare con un cappuccio grigio, con un muro, ecco a cosa.
- Sì, l’ho compreso, Doen. E ne sono davvero lusingato.
- Non c’è bisogno che tu aggiunga nulla. So che hai già una donna che ti ama e che possiede il tuo cuore. Non ho mai sperato di ricevere qualcosa da te, oltre alle nostre chiacchierate notturne – gli confessò sinceramente, accennandogli di nuovo quel bel sorriso malinconico.
- Oramai è quasi una settimana che ci incontriamo ogni sera qui.
Sono stato davvero bene, Doen. Sono stato davvero bene con te – le disse prendendole la mano per stabilire un contatto con lei, non potendole offrire i suoi occhi.
- Anche io.
Ad ogni modo, ci rivedremo al torneo, no?
Non saprò chi sei ma saprò che ci sei – gli disse rincuorata.
- Sì – le rispose sorridendole. – Ti farò capire che ci sono, magari con un segnale. Mi inventerò qualcosa.
Ella annuì, grata.
- Ad ogni modo, voglio che tu sappia che il motivo per il quale amo passare del tempo con te, non riguarda i sentimenti che provo nei tuoi confronti. Quelli sono qualcosa che rimane da parte. A me piace davvero parlare con te, a prescindere, Calen.
- Lo so, lo so, e vale lo stesso per me – le garantì, sentendo quella morsa allargarsi sempre più in lui. – Non hai neanche idea di quanto tu sia riuscita a farmi stare bene durante questi brevi incontri.
Sei stata un’ottima amica, un’attenta ascoltatrice, una grande osservatrice.
Sei riuscita a strapparmi molti sorrisi con una facilità unica, nonostante io non stia passando affatto un bel periodo.
Parlare con te mi fa sentire leggero, mi fa sentire bene e mi rende estremamente difficile dirti addio.
Forse è per questo che non volevo salutarti.
Quelle parole fecero arrossire le guance della popolana, un’abitudine che il principe credeva ella avesse eliminato, ma che in quel momento stava tornando prepotentemente.
- Proprio per tali motivi, per l’immediata complicità che si è creata tra noi, sento di dover far cessare i nostri incontri, per evitare che tutto ciò vada troppo oltre e prenda una piega che non abbiamo previsto – aggiunse, osservando attentamente la reazione della ragazza, per quanto gli fosse possibile.
- Sai, non credo riuscirò mai a dimenticare la tua voce, Calen.
Se mai ti rincontrerò un giorno, riuscirò a riconoscerti grazie a lei.
Perché, anche se inizialmente la camuffavi lievemente e con abilità, mi sono accorta che non lo fai più da un po’. Credo che questo sia un grande segno di fiducia da parte tua – gli rivelò donandogli un luminoso sorriso. – Ti riconoscerò sempre grazie alla tua voce. Ricordalo.
Rhaegar sorrise di rimando. – Tu, invece, continui ad arrochirla nonostante tutto. Il risultato non è un gran che, lo sai, vero? – le disse vedendola mettere su il suo solito broncio.
- Userei la mia voce naturale se non dovessi costantemente mantenere le apparenze in presenza della mandria di uomini assetati di risse che riempiono sempre questa locanda.
Rhaegar sorrise di nuovo. – Ora siamo soli però. Se ne sono andati via quasi tutti – la tentò, vedendola guardarsi intorno per accertarsi che avesse ragione.
- D’accordo – si decise. – Ti farò ascoltare la mia voce naturale, così potrai riconoscerla anche tu, d’ora in avanti.
Il principe annuì.
- Però chiudi gli occhi, non devi guardarmi. Voglio che, almeno una volta, tu ti senta come mi sono sentita io ogni sera – lo esortò.
A ciò, il giovane drago obbedì.
- Li hai chiusi? – gli chiese conferma ella.
Egli annuì, attendendo.
- Addio, Calen. Spero di rivederti un giorno e spero che tu ti ricorderai di me come io mi ricorderò di te – disse semplicemente ella, usando il suo timbro naturale, molto femminile e leggiadro, in contrasto con il suo animo impetuoso e turbolento.
Rhaegar aveva riaperto gli occhi e aveva trovato una lacrima solitaria a rigare il volto della ragazza.
Tornando alla realtà, nel suo letto nuziale con la sua principessa dorniana, Rhaegar le trattenne il viso vicino al suo per qualche secondo, ricambiando quel bacio febbrile e apparentemente casto, facendola sospirare su di sè.
- Ne sono felice anche io – le rispose quando si distaccò dalle sue labbra.
 
- Non ti ucciderebbe farti vedere agli accampamenti almeno una volta prima dell’inizio del torneo, sai? – gli disse Richard sistemando la sella sul suo cavallo.
- Il tuo ex scudiero non ha tutti i torti – commentò Arthur sistemando accuratamente Alba sul proprio destriero.
- Oggi dobbiamo terminare gli ultimi preparativi per il torneo. E ho tante …
- … tante cose per la testa. Lo sappiamo – completò la frase Richard, interrompendo il principe drago, fermandosi e guardandolo.
La confidenza che vi era tra loro tre era palpabile da chilometri di distanza.
- Sai, i nobili parlano. E scusa se sono troppo schietto, mio signore, ma la reputazione che ti precede è leggendaria, e non solo in senso positivo.
A ciò, Rhaegar smise di assicurare le gambe di sua figlia sulla sella del cavallo e si voltò a guardarlo, degnandolo della sua attenzione. – Quegli stessi nobili di cui parli li ho già incontrati privatamente tre volte nel corso di questa settimana, per accordarci sulla cospirazione che stiamo portando avanti. Hanno già avuto modo di vedermi e di appurare che quell’aria di superiorità che spesso mi attribuiscono non ha ragion d’essere.
Ho provato loro la mia lealtà e la mia vicinanza a loro. Cos’altro devo dimostrare?
- Ti sei risposto da solo, mio principe – commentò nuovamente Arthur. – Il solo fatto che consideri quei brevi incontri strategici e necessari un modo per mostrare loro la tua vicinanza, ti dovrebbe far comprendere quanto ti sbagli – aggiunse.
- Robert Baratheon addirittura se ne va in giro dicendo che padre e figlio Targaryen non infilerebbero un piede nel fango neanche sotto tortura – riprese Richard.
- Robert Baratheon è un pallone gonfiato che dovrebbe tagliarsi la lingua e cucirsi la bocca per fare un favore all’umanità – commentò Arthur.
- Concordo – rispose Richard al dorniano, per poi ritornare su Rhaegar. – Tuttavia, rimane il fatto che hanno bisogno di vederti come loro pari. Vorrebbero sapere che ti interessi a loro, a prescindere dalla cospirazione e dal torneo.
Non esagero nel dire che, per le famiglie di quegli uomini, tu sia niente più che una leggenda. Hanno sempre udito parlare di te, ma non ti hanno mai visto in carne ed ossa, poggiare i piedi a terra, come fanno loro.
Sarebbe un peccato per loro, dover aspettare il giorno del banchetto ufficiale per appurare che esisti anche fuori dalle loro menti e dalle voci che circolano su di te – concluse montando in sella al suo cavallo, sapendo di aver sortito nel giovane drago l’effetto desiderato.
- Padre, posso avere un cavallo tutto mio?? – domandò Rhaenys al principe, riscuotendolo con la sua vocina acuta.
- Non ancora, sei troppo piccola, farfallina – le rispose lui, dandosi uno slancio a sua volta per salire sul cavallo, alle spalle di sua figlia.
Le aveva promesso che avrebbe passato l’intera giornata con lei, nonostante i suoi impegni, e la principessina non era mai stata più felice di quel momento.
Era un bene per lei distaccarsi per un giorno dalla ruotine che si era creata nel castello dei Whent, per quanto la divertisse trascorrere le giornate in compagnia della figlia di lord e di lady Whent, a bere the, a passeggiare nel castello e ad aiutare le dame e le ancelle con i preparativi per il banchetto.
Sin troppo spesso, nell’ultima settimana, le era accaduto di riuscire a vedere suo padre solo di sfuggita durante il giorno, non riuscendo neanche a dargli un abbraccio prima di andare a letto o di ricevere un bacio o due parole da lui.
Per tale motivo era estremamente contenta di poter finalmente godersi la sua compagnia per un’intera giornata, a prescindere da ciò che avrebbero fatto.
La bambina mosse i piedini eccitata, ridendo e aggrappandosi con le manine alla chioma dello splendido destriero di suo padre, uno stallone bianco con la criniera scura. Si sentiva davvero in alto in quel momento, più di quanto non fosse quando suo padre la prendeva in braccio.
Le sembrava di poter toccare il cielo.
- Ti piace? – le domandò Rhaegar felice di vederla tanto esaltata, sporgendosi con le braccia oltre di lei per afferrare le redini.
- Sì!! Non mi importa di non avere un cavallo tutto mio! Mi piace anche dividerlo con te, padre – gli disse voltando la testolina capelluta indietro, per guardarlo.
Egli le sorrise teneramente, perdendosi a guardarla per qualche secondo, prima di ritornare con l’attenzione su Richard, ricordando la conversazione che vi era appena stata.
- D’accordo. Andremo negli accampamenti questa mattina, prima di cominciare ad occuparci del torneo – si convinse, vedendo il volto di Richard distendersi in uno sguardo fiero e soddisfatto.
- Per gli dèi, Lonmouth! Insegnami qualcuno dei tuoi trucchi nei prossimi giorni. Quando devo convincerlo io a fare una qualsiasi cosa, impiego almeno una settimana e perdo undici anni di vita, se tutto va bene! – si lamentò Arthur, facendo sorridere gli altri due.
 
Lyanna sistemò il tavolino disposto per la colazione.
L’accampamento non era particolarmente rumoroso in quell’ora della mattina, dato che, all’alba, molti dei cavalieri si recavano al campo per esercitarsi nelle varie discipline che si sarebbero susseguite al torneo.
Aveva concordato di vedersi con Howland Reed nel pomeriggio.
Gli aveva detto di avere un’idea e gli aveva chiesto di aiutarla dato che, tecnicamente, lui era in debito con lei per averlo difeso.
Tuttavia, la giovane lupa non lo aveva fatto per riscuotere un premio per il coraggio mostrato, ma perché sapeva che Howland l’avrebbe appoggiata.
In quegli ultimi giorni aveva avuto modo di parlare altre volte con il crannogmen e, per qualche motivo, si fidava di lui, quasi come fosse un amico di vecchia data.
L’idea che le vorticava in testa non era delle migliori, lo sapeva bene.
Ma era da quando era partita da Grande Inverno che voleva a tutti i costi trovare un modo per partecipare al torneo di Harrenhal.
Ed ora, ora aveva un motivo in più per farlo.
Il ricordo dell’ultima conversazione che aveva avuto con Calen colpì la sua mente come un fulmine a ciel sereno.
Lui avrebbe gareggiato al torneo.
Lui avrebbe gareggiato come cavaliere e di certo lei non se ne sarebbe rimasta seduta sugli spalti ferma e zitta a guardarlo da lontano, mentre lui sfidava gli altri partecipanti, facendo valere le sue doti di combattente.
Gli aveva detto che avrebbe partecipato anche lei al torneo, nonostante egli sapesse già che era una ragazza quando avevano avuto quella conversazione, perciò doveva aver pensato che fosse una sciocca nel dire una cosa simile.
Eppure, le era parso che lui le credesse.
Nonostante ella fosse una ragazza. Nonostante le ragazze non potessero partecipare al torneo.
Lo avrebbe rivisto, finalmente, avrebbe potuto parlare di nuovo con lui, forse.
Inoltre, avrebbe anche gareggiato contro gli altri cavalieri come degna sfidante, come desiderava fare da tempo immemore, fin dove la sua memoria riuscisse ad arrivare.
Non sapeva se il suo piano avrebbe funzionato.
Ma sarebbe valsa la pena tentare. Questo era certo.
L’unico rammarico che aveva e che le pesava sullo stomaco, era di non poter proferire parola ai suoi fratelli riguardo tutto ciò.
Li avrebbe messi sicuramente nei pasticci e loro non avrebbero assolutamente approvato.
Specialmente Brandon, il quale aveva la responsabilità di badare a lei, a Ned e a Benjen quando suo padre Rickard non poteva farlo, ossia praticamente sempre.
Non gli avrebbe dato una preoccupazione e una delusione del genere.
Per questo poteva rivolgersi solo ad Howland.
- Hai mai pensato a come possa essere giacere con un uomo?
Quell’improvvisa domanda di Catelyn l’aveva riscossa dai suoi pensieri.
Alzò gli occhi su di lei, già seduta dinnanzi al tavolino, intenta a versare l’infuso caldo nelle tazze.
Era così delicata e posata Catelyn, in tutto ciò che faceva.
Persino con i capelli rossi sciolti e un vestito semplice, che le scivolava morbido sul corpo, appariva elegantissima.
- Come mai questa domanda? – le rispose con un’altra domanda la giovane lupa, prendendo posto accanto a lei.
Quando erano solo loro due potevano permettersi di parlarsi in toni meno formali.
Catelyn alzò gli occhi azzurri verso un punto nel vuoto, rimanendo in silenzio per qualche secondo.
La pace di quella placida mattinata doveva averla rilassata a tal punto da farla sentire a suo agio nell’esporsi, nel rivelare i suoi intimi timori.
- Non lo so. Mi è capitato di pensarci a volte, osservando alcune lady appena sposate.
Non mi sembrano tutte felici. Se presti attenzione, i loro volti sono lucenti e raggianti nel periodo del fidanzamento, ma si spengono gradualmente dopo il matrimonio.
Credi … credi che anche a noi accadrà?
- Di spegnerci dopo il matrimonio? – chiese conferma Lyanna, continuando a guardarla.
Catelyn annuì, rivolgendole uno sguardo di aspettativa, mentre beveva il suo infuso.
- Non lo so, Cat. Credo dipenda dai sentimenti che si provano per il proprio consorte – rispose sinceramente.
- Sì, lo penso anche io – rispose la giovane Tully accennando un timido sorriso, nascondendolo dietro la ceramica del bordo della tazzina. – Tuttavia, non so se l’atto fisico possa concordarsi ai sentimenti – riprese.
- Cosa intendi?
- Insomma, molte donne non lo descrivono come qualcosa di piacevole, almeno non nei primi tempi.
Anche la mia septa mi ha avvertita che il piacere non sopraggiungerà quando giacerò con mio marito. Quasi mai.
Lyanna rimase in silenzio.
Non poteva darle torto.
Sua madre non le aveva mai parlato di argomenti come quelli, e lei stessa non aveva mai provato a chiederle nulla a riguardo.
Tuttavia, le voci erano arrivate anche a lei.
Per le donne era sempre più difficile.
E quella consapevolezza la rabbuiava, al punto da doverlo ammettere a se stessa.
Aveva paura anche lei di giacere con Robert.
Avrebbe dovuto dargli dei figli per portare avanti la casata Baratheon, ma se non ne fosse stata in grado?
- Eppure, non posso fare a meno di pensare che a me piace molto Brandon.
Ti confesso che, a volte ci ho immaginati. Sì, insomma, noi due, in un letto, insieme.
L’idea mi ha reso felice. Tanto felice. Mi ha animata – rivelò la giovane Tully arrossendo. – E mi resta così difficile pensare che, nonostante a me lui piaccia molto, quando i nostri corpi si uniranno io proverò un tremendo dolore, in ogni caso. Mi sembra strano e ingiusto.
Lyanna la guardò ancora e sorrise. – Lo sai che stai parlando di mio fratello, vero? – le disse, vedendola coprirsi il viso con le mani un attimo dopo, pregna di imbarazzo e quasi mortificata.
A ciò, la giovane lupa prese a ridere spontanea. – Cat, stavo scherzando! Non mi dà fastidio che tu ti confidi con me, riguardo mio fratello. Di certo non gli andrò mai a rivelare nulla di ciò che mi confessi, non temere!  
Catelyn sorrise a sua volta, guardandola riconoscente.
Aveva ragione.
Se Lyanna avesse dovuto pensare di provare dei sentimenti per qualcuno come Cat li provava per Brandon, solo una persona avrebbe invaso la sua mente, come oramai la invadeva da una settimana.
Improvvisamente, il molesto pensiero di giacere con Robert venne sostituito da un’immagine differente, dai contorni della figura di Calen, dalla forma della sua bocca, dalle sue mani affusolate, dalla sua voce incantatrice, dal suo modo di parlare gentile e ricercato.
Lyanna chiuse gli occhi, accennò un sorriso e sospirò. – Neanche io riesco a pensare che le due cose possano concordarsi. L’amare una persona e il soffrire unendosi a lei. È inconciliabile. Credo che il provare determinati sentimenti per qualcuno, comporti lo stare bene in ogni caso, in qualsiasi circostanza e situazione con lei.
Non importa quanto tempo passi, cosa succeda nel mentre.
È un’emozione che non può venire sovrastata, né svanire nel nulla – concluse riaprendo gli occhi, vedendo Catelyn osservarla con uno strano sorriso sorpreso ad ornarle il bel volto.
- Da quel che ho udito, sembra che qualcuno qui sia parecchio infatuato.
Sai, da come ti comporti con Robert, dal modo in cui cerchi di evitarlo, non avrei mai pensato che avessi iniziato a provare dei sentimenti tanto forti per lui, anzi, tutto il contrario.
Sono piacevolmente sorpresa – commentò la giovane Tully.
Lyanna ricambiò il sorriso, non dicendo nulla.
Non avrebbe potuto dire niente a Catelyn. La sua amica sarebbe rimasta con la consapevolezza che, in quel momento, fosse Robert a farle battere il cuore, chissà per quanto tempo.
Quel pensiero la intristì un po’.
- Lyanna, lady Catelyn, accorrete! – interruppe quel magico momento Rickard Stark piombando nella loro tenda con impeto.
- Padre, per gli dèi, ci hai spaventate! Che succede??
- Il principe ereditario è qui! È giunto nell’accampamento!
Le due ragazze sgranarono gli occhi per la sorpresa.
- Oh, per gli dèi! Come mai è qui?? Così, all’improvviso??
Oh, non ci voleva proprio ora! Non siamo affatto presentabili!
Non indosso nemmeno il corpetto! – disse Cat scattando in piedi, pronunciando ogni frase velocemente, quasi mangiandosi le parole.
- Calmati, Cat, non ti agitare! Non finirà il mondo se un reale ci vede senza corpetto - cercò di rasserenarla Lyanna, con scarso successo.
- Lyanna, una lady non può apparire davanti ad un principe in queste condizioni!
Subito dopo Rickard, fu Brandon a piombare nella tenda in fretta e furia. – Non so per quale dannato motivo il principe Rhaegar abbia deciso di presentarsi all’accampamento proprio oggi, ma non avete tempo per rendervi presentabili ora. Sarebbe molto più irriguardoso se non vi presentaste per nulla dinnanzi al suo cospetto, perciò sbrigatevi - le esortò il ragazzo, per poi uscire velocemente dalla tenda.
Lyanna roteò gli occhi al cielo, pensando che se veramente quel principe Targaryen si fosse scandalizzato per aver visto una lady presentarsi al suo cospetto senza l’abituale impalcatura addosso, allora non meritava neanche di avere una moglie al suo fianco.
Fuori dalla tenda, nel frattempo, il destriero del principe drago e dei suoi due fedeli cavalieri, si erano fermati in mezzo all’accampamento, scatenando un lieve caos generale, come si aspettavano.
In quegli ultimi giorni, vi erano stati diversi scrosci di pioggia durante la notte, motivo per cui il terreno morbido era divenuto una poltiglia scivolosa e densa.
Totalmente incurante di ciò, Rhaegar si accinse a scendere dal suo cavallo, provando un pizzico di irrazionale fierezza quando, tra i lord che stavano accorrendo verso di loro, scorse anche la faccia di Robert Baratheon.
Consapevole di essere osservato anche da quest’ultimo, il principe piombò con i piedi dritto in una pozzanghera colma di fango più che di acqua, facendo affondare maggiormente e di proposito i suoi stivali neri di ottima fattura dentro quella poltiglia appiccicosa, impregnandosi fino al polpaccio.
Quel simpatico dettaglio non sfuggì all’occhio attento di Arthur Dayne, il quale sorrise divertito a quel gesto inconsapevole del principe.
Rhaegar voleva far credere che qualsiasi cosa si dicesse su di lui gli scivolasse addosso come la brezza mattutina, informe e senza consistenza, ma la Spada dell’Alba sapeva che in realtà non era così.
Quella punta di orgoglio infantile che il principe drago si riservava di mostrare solo raramente, era la dimostrazione che la valanga di parole taglienti e spesso infondate che udiva sul proprio conto, si scagliavano su di lui come un vento impetuoso molto spesso, nonostante non lo desse mai a vedere.
- Mio principe! Qual buon vento vi porta qui questa mattina? – Robert fu il primo a parlare, avvicinandoglisi con un sorriso sornione, rivolgendogli un inchino accennato e quasi controvoglia, che si addiceva alla sua personalità difficilmente riguardosa nei confronti di coloro che possedevano un’autorità maggiore alla sua.
Rhaegar ricambiò il saluto con un sorriso di circostanza, avvicinandoglisi a sua volta. - Avevo voglia di portare mia figlia a fare un giro, questa mattina. Dato che non ho ancora avuto modo di visitare il vostro accampamento, ho deciso di passare a dare un’occhiata. Spero di non disturbare – rispose, rivolgendosi anche agli altri lord, lady e cavalieri che erano accorsi in sua presenza.
- Assolutamente no, Maestà. Al contrario, la vostra presenza è molto gradita – rispose Ned Stark, accostandosi a Robert.
- Richard, noto con piacere che anche tu sei al fianco del nostro principe. È un piacere rivederti – riprese Robert, notando il succitato scendere dal cavallo a sua volta e andargli incontro. Dopo di che, tornò a guardare Rhaegar. - Mi spiace che non siate riuscito ad unirvi a noi per i nostri allenamenti in comune. Avrei voluto vedere di cosa siete capace sul campo, prima del torneo – lo provocò, per poi spostare lo sguardo sugli stivali impregnati di fango. – Sembrano eleganti. Fate attenzione o li rovinerete - aggiunse.
Rhaegar sorrise in risposta. – Non temete, hanno visto di peggio – si limitò a rispondergli, mentre sempre più giovani cavalieri e dame uscivano dalle loro tende.
- Sembra che il vostro arrivo abbia smosso anche gli animi più pigri, altezza – commentò lord Mace Tyrell.
- Oh, ecco la mia promessa! Lady Lyanna, venite! Avvicinatevi! – si elevò con fierezza la voce rauca di Robert per farsi udire dalla succitata, distante qualche metro da lui, appena uscita da una delle tende in compagnia di Catelyn.
- Quando la smetterai di esporre la tua giovane e bellissima promessa come un trofeo davanti a tutti, Robert? – lo punzecchiò Richard, accennando un sorriso all’arrivo di Lyanna.
- Vi presento lady Lyanna della casata Stark, principe Rhaegar – la introdusse Robert accostandosi a lei mentre la ragazza rivolgeva un inchino al futuro re dei sette regni con gesti semplici e naturali, senza ostentare un’eccessiva riverenza.
Ma quando la giovane lady alzò gli occhi per guardarlo, mostrando il suo volto, il principe drago sbiancò.
La riconobbe immediatamente, sarebbe stato strano altrimenti.
Quegli occhi grandi, tondi, chiari e inquieti come il mare d’inverno colpito da una burrasca, le labbra piccole e carnose, la pelle bianca, le guance tonde, quello sguardo spavaldo, curioso, in continuo movimento, mai sazio.
Per la prima volta la vedeva nel suo stato naturale, con i lunghi e ondeggianti capelli neri totalmente sciolti, lasciati liberi e al vento, che le ricadevano sul corpo minuto come tentacoli. Il lungo abito che indossava, per quanto semplice e neutro, la faceva apparire molto più femminile di quanto fosse mai sembrata ai suoi occhi durante i loro incontri alla locanda, abbigliata costantemente con larghi e rovinati pantaloni scuri e una casacca enorme che le arrivata fino ai fianchi, coprendo totalmente ogni forma del suo corpo da ragazza.
Era incredibile quanto fosse diversa ora.
Tuttavia, era sempre lei, era sempre Doen e non poté fare a meno di sorridere internamente, mentre nascondeva con maestria tutto ciò che provava in profondità, per non dare modo ad alcuna, singola emozione di tradirlo.
- Onorata di fare la vostra conoscenza, Maestà – si presentò la ragazza, continuando a guardarlo negli occhi, studiandolo in silenzio, in quel modo tutto suo.
Non era intimorita dalla sua presenza, e ciò non lo sorprese.
Conosceva Doen e sapeva che nessuno la intimoriva, tanto meno sarebbe riuscito a farlo un principe.
Fece per risponderle, ma, improvvisamente, le sue corde vocali si bloccarono, attorcigliandosi tra loro.
“Sai, non credo riuscirò mai a dimenticare la tua voce, Calen.
Se mai ti rincontrerò un giorno, riuscirò a riconoscerti grazie a lei.
Ti riconoscerò sempre grazie alla tua voce. Ricordalo.”
Quelle parole riecheggiarono nella sua mente, colpendolo con violenza.
Non poteva permettere che ciò accadesse.
A ciò, non aprì bocca, limitandosi ad accennarle un distaccato sorriso e a farle un lieve cenno di riconoscenza con la testa.
Ella sembrò rimanere un po’ spiazzata da ciò, forse leggermente indispettita.
- Non credo sia il caso di farti fare la conoscenza di tutte le lady presenti nell’accampamento, mio principe, per quello vi sarà tempo al banchetto – ruppe quel momento Arthur, rivolgendo poi uno sguardo pungente a Robert. – Sono certo che il nostro lord Baratheon avesse una tale necessità fisica di mostrare la sua bella futura consorte, da non riuscire a trattenersi, nonostante il banchetto si terrà tra due giorni – commentò sorpassandolo.
- Venite con noi, principe. Vi mostriamo l’accampamento e ciò che lo circonda. Qui vicino vi sono persino delle locande discretamente dignitose in cui dilettarsi in qualche bevuta, la sera – si intromise Eon Hunter, accostandosi al giovane drago per fargli strada.
Rhaegar annuì e quando scorse Lyanna allontanarsi con la coda dell’occhio, rispose al suo interlocutore. – Vi seguo. Lasciatemi un minuto per far scendere mia figlia.
- Non avete bisogno neanche di domandarlo, altezza.
- Padre, non voglio scendere così presto! Mi piace cavalcare il tuo destriero! – esclamò Rhaenys rivolgendogli un dolce broncio.
- Vuoi rimanere qui sopra mentre io vado a visitare l’accampamento? – le domandò alzando un sopracciglio, incerto.
- Sì, ti aspetto sopra il cavallo. Faccio la brava, lo prometto.
- La accompagno io a fare un giro con il cavallo nei dintorni – lo rassicurò Richard, prendendo le redini del destriero su cui sedeva la principessina.
- D’accordo. Fa’ attenzione a lei, Richard. Sembra tranquilla e obbediente, ma, in realtà, dentro questo corpicino si nasconde un tornado senza tregua – si raccomandò il principe cogliendo l’occasione per punzecchiare la sua bambina, dandole un giocoso pizzicotto sul fianco, facendola sorridere.
A ciò, Richard guidò il destriero con sopra Rhaenys per un po’, mentre l’accampamento, gradualmente, riacquisiva la calma precedente all’arrivo del principe, svuotandosi.
- Volete provare a guidarlo da sola? – domandò improvvisamente il cavaliere alla bambina, vedendola annuire vigorosamente.
- Dov’è mio padre?
- Credo sia qui nei dintorni, principessa.
- Voglio che mi veda mentre conduco il cavallo da sola.
- Andiamo a cercarlo per mostrarglielo?
- Andate voi a cercarlo, io rimango qui ad aspettarvi.
- D’accordo, però non muovetevi, intesi? Aspettate che io e vostro padre vi raggiungiamo – si raccomandò Richard sorridendole affabile, per poi allontanarsi.
A ciò, la principessina poggiò la testolina riccioluta sulla chioma del cavallo, in attesa, fin quando non scorse qualcosa muoversi sul pelo dell’acqua di una grossa pozzanghera.
Affilò lo sguardo, notando un ciuffetto di capelli scuri sbucare fuori dall’acqua sporca.
- Ehi …? – domandò incerta. – Chi c’è lì dentro?
A quel richiamo, la testa di un ragazzino sbucò dall’acqua.
Rhaenys si trattenne dall’urlare, fissandolo sorpresa.
Il ragazzino si strofinò gli occhi, divenuti rossi a causa dell’acqua sporca in cui erano stati immersi.
La pozzanghera sembrava tanto grande da riuscire a contenerlo.
- Chi siete voi? Riuscite a respirare sott’acqua? – domandò la principessina innocentemente.
A ciò, il ragazzino negò con la testa. – Riesco a trattenere il fiato tanto a lungo, ma non a respirare sott’acqua. Mi chiamo Benjen. Benjen Stark. E voi? Perché siete qui da sola?
- Ma perché vi nascondevate dentro la pozzanghera? Qualcuno vi insegue? O state giocando?
- Mi nascondo dai miei fratelli e da mia sorella – rispose con semplicità il ragazzino.
- Avete combinato un guaio, Benjen? Vi puniranno?
Egli annuì sconsolato. – Ne combino sempre tanti. Ma non riesco a farne a meno – le rispose con un sorriso furbetto, arricciando il naso. – Non mi avete ancora detto chi siete voi, ad ogni modo.
A ciò, la bambina alzò il volto in una posa di finta regalità. – Io sono la principessa Rhaenys di casa Targaryen.
In seguito a quella rivelazione, Benjen sgranò un po’ gli occhi chiari, per poi uscire dalla pozzanghera. – E perché siete qui da sola?
- Aspetto mio padre.
- Il principe? Che ci fa il principe qui?
Rhaenys alzò le spalle in risposta.
- Capisco. Comunque è un bel cavallo – riprese Benjen avvicinandosi al placido destriero.
- Voglio imparare a cavalcarlo.
- Io so farlo.
- Potete insegnarmi?
Benjen annuì, vedendola sorridere.
- Ora però vorrei scendere. Forse Richard o mio padre si sono persi. Voglio andarli a cercare a piedi – lo informò, percependo le cosce indolenzite per averle tenute divaricate per troppo tempo.
- Aspettate, vi aiuto a scendere, può essere pericoloso. Questo cavallo è altissimo – le disse Benjen affrettandosi per raggiungere un lato del cavallo, alzando le braccia verso la bambina. – Saltate. Vi prendo io – la incoraggiò.
Rhaenys gli rivolse uno sguardo timoroso in risposta. – Ho paura di farvi male e di farmi male. Meglio trovare un altro modo.
- Non credo ci sia un altro modo. Avanti, siete leggera, riuscirò a prendervi.
Tuttavia, quando la principessina provò a sporgersi verso Benjen, il cavallo cominciò ad agitarsi, prendendo a muoversi con impeto.
Fortunatamente, prima che il destriero iniziasse a correre senza freno, Benjen riuscì a slacciare le cinghie della sella legate ai piedi di Rhaenys, evitando il peggio.
Non appena il cavallo prese a correre, il corpicino della principessina volò via da esso, precipitando nel fango.
- Rhaenys! Rhaenys, state bene?? – accorse in suo soccorso il più giovane dei lupi, aiutandola a rialzarsi, scorgendo il viso della principessina coperto di lacrime.
- Mi sono ferita, Benjen … - si lamentò la bambina, rivolgendogli una smorfia dolorante, mentre il giovane Stark osservava il fango macchiarsi di sangue nel punto in cui il ginocchio di Rhaenys era immerso in esso.
 
- Benjen, per gli dèi del cielo!! Possibile che non ne fai una giusta??
- Che accidenti hai combinato stavolta??
- Sparisci per un’ora e te ne torni con la primogenita dell’erede al trono ferita tra le braccia! Che cosa è successo?!
Quando tutti i suoi fratelli, sua sorella e suo padre gli urlarono contro i peggiori insulti nel momento in cui rimise piede nella tenda con Rhaenys ferita sulle spalle, il giovane lupo si convinse che quella fosse la volta buona in cui lo avrebbero messo in punizione a vita.
- Lyanna, che cosa mi ero raccomandato questa mattina?? Ti avevo chiesto di badare a tuo fratello, e, come al solito, te lo sei lasciato sfuggire da sotto il naso! Adesso guarda cosa è accaduto per colpa tua! – urlò Rickard a sua figlia.
Benjen osservò la scena profondamente rammaricato, poiché, più di ogni altra cosa, gli faceva male quando erano i suoi fratelli a prendersi la colpa per le bravate che lui combinava.
Anche se stavolta, non si trattava propriamente di una bravata.
Lyanna abbassò la testa distogliendo l’attenzione da suo padre e facendo virare gli occhi verso la principessina, seduta su una sedia e intenta a lamentarsi per la ferita al ginocchio.
- Dobbiamo medicarla! – esclamò facendo per raggiungerla.
- A lei penseremo noi – la bloccò Rickard con severità. – Tu hai già fatto abbastanza per oggi. Inoltre, non sei neanche presentabile. È stato già abbastanza indignitoso vederti presentarti al cospetto del futuro re dei sette regni come se ti fossi appena alzata dal tuo letto – concluse rivolgendole un’occhiata che la congelò sul posto e che le intimò di rimanere lì dov’era, lontana dal resto dei presenti, relegata ad un angolo della tenda, mentre i suoi fratelli e Catelyn si davano da fare per curare la sbucciatura della principessina.
Guardò la scena a distanza, sentendo il sangue ribollire di frustrazione.
Dopo qualche secondo, la giovane lupa vide il principe Rhaegar piombare nella tenda con il volto sconvolto dalla preoccupazione, uno sguardo che la fece quasi tremare per quanto pregno di calore e umanità.
Il giovane principe si gettò accanto alla sua bambina, accovacciandosi, incurante di tutti coloro che aveva intorno a sé, riservando tutto il suo amore e la sua attenzione solo a lei, abbracciandola forte a sé, mentre sospirava rincuorato.
Un bellissimo sorriso sollevato si allargò in quel volto scultoreo, intagliato, mentre i diamanti viola che aveva incastonati al posto degli occhi venivano coperti dalle palpebre e dalle ciglia biondissime.
Solo dopo due minuti abbondanti, il principe riaprì gli occhi e sciolse l’abbraccio, accarezzando la guancia della bambina e chiedendole come stesse.
O, per lo meno, queste furono le parole che Lyanna riuscì a leggere dal suo labiale, a quella distanza che le impediva di udirlo.
Rhaenys gli strinse le mani piangendo di gioia, quasi come avesse appena visto un dio scendere su di lei e farle scudo con il suo corpo, assicurarle che l’avrebbe protetta da ogni male del mondo.
Aveva mai avuto un rapporto del genere con suo padre?
Lyanna cominciò a domandarselo mentre li osservava.
Aveva mai guardato il proprio padre come la piccola Rhaenys guardava il suo, con tale ardore, adorazione e sollievo?
E suo padre le aveva mai rivolto, in vita sua, uno sguardo colmo di quell’amore totalizzante che vedeva illuminare e avvolgere le iridi cristalline del principe Targaryen mentre stringeva a sé sua figlia?
Decise di non riflettervi, di non pensare alla risposta a tali domande.
Lesse anche le labbra di Rhaenys rispondergli di stare bene e di essersi solo sbucciata un ginocchio, mentre Catelyn continuava a lavarle la ferita sporca di sangue con cura.
Ned si avvicinò al principe e gli disse che ci avrebbero pensato loro ad occuparsi della piccola, che sarebbe stata in buone mani e che in meno di mezz’ora l’avrebbero riportata da lui fasciata e medicata.
Rhaegar gli sorrise riconoscente, poi ritornò con lo sguardo su Rhaenys, le baciò la manina più volte e le disse che si sarebbero rivisti più tardi, poco prima di rialzarsi in piedi e uscire dalla tenda.
Dopo qualche minuto, quando anche Rickard uscì dalla tenda insieme a Ned, Benjen e Brandon, Lyanna si mosse da quell’angolo isolato e raggiunse la piccola Rhaenys, per aiutare Catelyn a medicarla.
- Lascia, faccio io – disse alla giovane Tully, la quale le porse il panno bagnato e sporco di sangue e si alzò in piedi, andando a prendere delle erbe curative.
Lyanna si accovacciò di fronte alla principessina, rimmerse il panno dentro la bacinella colma d’acqua, sciacquandolo bene per lavare via il sangue, lo strizzò e lo poggiò sulla pelle lesa della bambina con delicatezza, cominciando a pulirla.
Rhaenys emetteva qualche smorfia di dolore di tanto in tanto, ma, per essere una bambina così piccola, era sin troppo silenziosa e collaborativa di fronte ad una sbucciatura simile.
Quando era lei a ferirsi in quel modo da piccola, urlava come una cornacchia da mattina a sera, prima e dopo la medicazione, facendo diventare pazzi i suoi fratelli, sua madre e le balie.
Sorrise lievemente al ricordo, mentre tornava ad osservare il visino tondo e paffuto della principessina.
Rhaenys era una bambina incantevole, con la pelle scura, lucente, due ipnotici occhioni di ossidiana, e dei capelli che avrebbero fatto morire di invidia persino le dee del cielo. Scuri, ricci, lunghi e morbidi.
Mentre la osservava intenerita, la giovane lupa non riuscì a fare a meno di pensare a quanto l’aspetto di Rhaenys fosse diverso da quello del principe drago.
Erano diametralmente opposti, tanto da non sembrare minimamente padre e figlia.
Sicuramente ella somigliava moltissimo a sua madre.
Pensò a quanto dovesse essere difficile per una piccola donna così esposta, così famosa a causa della sua stirpe, del sangue che le scorreva nelle vene, venire costantemente guardata a quel modo, come la stava guardando lei, da occhi che non riconoscevano, nei suoi colori e nei suoi lineamenti, nulla che potesse associarla al nome della sua famiglia che pesava enormemente su di lei.
Doveva essere un supplizio portare il nome Targaryen e non avere nulla di Targaryen, divenire regina dei sette regni e non venire mai riconosciuta pienamente come legittima erede a causa del proprio aspetto.
Improvvisamente, Rhaenys distolse gli occhi dal proprio ginocchio e li portò su di lei.
Lyanna le sorrise, venendo ricambiata. – Vi fa ancora male? – le domandò spargendo le erbe curative che le aveva portato Catelyn sulla ferita della piccola.
- Un po’.
- Siete arrabbiata con Benjen per quello che è successo? – le domandò la prima cosa che le venne in mente.
Ella negò con la testa, facendo rimbalzare di qua e di là i vaporosi ricci scuri. – Non è stata colpa sua. Lui mi ha salvata. Non preoccupatevi, anche mio padre lo sa.
Lyanna sorrise in risposta. – Lo immagino. Sapete, mio fratello non è un cattivo ragazzo. È solo un po’ irrequieto, a volte.
- Anche io lo sono – rispose Rhaenys sorridendole ancora. – Volete molto bene al vostro fratellino – affermò poi, senza domandarglielo.
A ciò, Lyanna alzò gli occhi su di lei nuovamente. – Sì, moltissimo.
- L’ho capito perché i vostri occhi si illuminano come le stelle quando parlate di lui. Anche io ne vorrò tanto al mio, quando nascerà – la informò con fierezza e aspettativa.
- Ne sono sicura, mia principessa.
- Mia madre si arrabbierà quando vedrà che cosa mi sono fatta.
- Ditele che è stata colpa di un ragazzino scalmanato. Così non metterà in punizione voi. Era quello che dicevo io a mia madre quando tornavo a casa dopo aver giocato fuori tutto il giorno, e lei mi trovava graffi addosso ovunque – le disse finendo di fasciarle il ginocchio. - Ecco fatto. Potete tornare da vostro padre ora.
- Grazie! – esclamò Rhaenys rimettendosi in piedi.
A ciò, Lyanna si diresse verso l’uscita della tenda sporgendosi verso l’esterno per controllare se il principe fosse fuori ad attendere sua figlia.
Lo individuò a qualche metro dalla tenda, intento a conversare con Catelyn come due normali conoscenti.
Nonostante la differenza di rango, nonostante indossasse un abito indegno alla circostanza, Catelyn sembrava totalmente a suo agio nel parlare con l’erede al trono, al contrario di quanto avrebbe affermato poco prima, e lo stesso principe pareva atteggiarsi a lei con una naturalezza e una confidenza che Lyanna trovò a dir poco strani, quasi inadeguati a ciò che le avevano insegnato che aveva da sempre udito riguardo i sovrani.
Certo, non sembravano corteggiarsi, né apparivano lontanamente amici, egli rimaneva istintivamente posato e distaccato, mentre ella non azzardava mai uno sguardo o un gesto di troppo.
Tuttavia sembravano tranquilli, spogli di convenevoli, di assurdi formalismi, privi di qualsiasi autoimposta e forzata riverenza.
Li guardò ancora conversare, provando a leggere il loro labiale.
Catelyn gli stava comunicando che la ferita di Rhaenys fosse solo superficiale e che ella era stata molto collaborativa, sopportando il dolore come una vera combattente, mentre Lyanna la medicava.
Quando Catelyn pronunciò il nome della giovane lupa, quest’ultima vide il principe voltare lo sguardo verso l’entrata della tenda, scorgendola.
A ciò, Lyanna uscì, seguita da Rhaenys, avvicinandosi ai due.
La bambina si artigliò alla gamba di suo padre e vi appoggiò la testa, sfinita, mentre la giovane Stark alzò nuovamente il volto verso di lui.
- Vi rivolgo le mie più sentite scuse, anche da parte di mio fratello Benjen.
Credo sappiate che è stato un incidente e che mio fratello ha cercato di aiutare la principessa – gli disse, vedendo Rhaegar annuire in risposta. – Bene. Sono contenta che la vostra bambina stia bene.
Fate buon ritorno al castello – concluse, attendendo che egli dicesse anche solo una singola parola in risposta.
Invece, il principe drago annuì nuovamente accennandole uno strano sorriso, sentito, quasi rammaricato.
Doveva esser stata solo una sua impressione.
In seguito a quel saluto, Lyanna li vide tornare ai cavalli, salirvi e allontanarsi dall’accampamento.
 
- Avete conversato molto con il principe ereditario, questa mattina – disse improvvisamente Brandon quella sera a cena, quando erano rimasti solamente Catelyn, Lyanna e il succitato seduti a tavola.
La giovane lupa fece saettare le iridi nebulose da Brandon a Catelyn.
- Solamente qualche minuto, mio signore. Abbiamo scambiato due parole – rispose con tranquillità la giovane Tully, pulendosi elegantemente la bocca con il tovagliolo.
Brandon sembrò non dover aggiungere altro, fin quando non lasciò definitamente andare la forchetta sul piatto e poggiò la schiena sullo schienale, puntando i suoi occhi blu su quelli più chiari di Catelyn, facendola tremare lievemente. Lyanna non seppe se per la paura o per qualcos’altro.
- E che cosa vi siete detti, mia signora? – continuò, cercando di non far trasparire nulla dal suo tono di voce.
- Mi ha chiesto come stesse sua figlia, la principessa. L’ho rassicurato a riguardo, comunicandogli che se ne stesse occupando vostra sorella. Egli mi ha fatto sapere che, ovviamente, non vi sarà alcuna ripercussione a causa di ciò che è accaduto, né sulla famiglia Stark, né su nessun altro. Questo episodio passerà come un incidente, come deve essere considerato. Gli ho augurato un buon ritorno, poi ci ha raggiunti Lyanna - rispose con calma Cat.
A ciò, Brandon abbassò gli occhi e Lyanna notò che Catelyn non si perse neanche un suo singolo movimento.
- Sembravate molto in sintonia – rivelò il primogenito degli Stark, lasciando che la sua futura consorte, per la prima volta, lo scoprisse, portando in superficie i suoi timori, cacciando l’orgoglio che da sempre lo caratterizzava.
Lyanna se ne sorprese, così come Catelyn.
- Mio signore – riprese quest’ultima. – Brandon – lo richiamò col suo nome questa volta, con timidezza, poiché non era abituata ad usare il suo nome e si sentiva ancora troppo inadeguata per avere tanta confidenza con lui.
A quel richiamo, Brandon rialzò gli occhi su di lei, guardandola neutro. – Che cosa c’è?
- Cos’è esattamente che volete chiedermi, Brandon?
- Nulla. Solamente, vi ho vista sorridere in sua presenza. E ho cominciato a chiedermi se avete mai sorriso così in mia presenza …
- L’ho fatto, Brandon. Solo che voi non ve ne siete accorto – si affrettò a rispondergli la ragazza, intristita e al contempo internamente felice di ciò che il giovane lupo le stesse lasciando vedere e scoprire di sè.
- … E lui è molto bello – riprese Brandon, completando la frase lasciata in sospeso in precedenza. – Lo pensano e lo dicono tutti. Credo che lo pensiate anche voi - concluse.
- Sì, è vero – ammise Catelyn. – Lui è davvero molto bello. Sarebbe sciocco e assurdo affermare il contrario – continuò, facendo una pausa prima di riprendere. – Ma lo siete anche voi, Brandon. E per me conta solo questo.
A tali parole, l’attenzione del giovane lupo fu tutta per la sua consorte, seduta all’altro capo del tavolo, che lo guardava, lo scrutava rapita, sorridendogli in quel suo modo dolce e meraviglioso, riservato solo a lui.
Brandon schiuse le labbra, socchiuse gli occhi chiari e poggiò anche la testa sullo schienale, lasciando che le ribelli ciocche di capelli scuri gli ricadessero intorno al viso, incurante di qualsiasi cosa, occupato a guardare solo lei, la sua promessa, a ricambiare il suo intimo sorriso, silenziosamente immerso in quell’atmosfera magica e sacra creatasi tra loro.
Lyanna non disse nulla, rimanendo ferma, a guardare dinnanzi a sé, intenzionata a non rompere in nessun modo quell’irripetibile momento tra i due.
Lo aveva notato anche lei, certamente.
Era impossibile non notare quanto fosse bello, trovandosi dinnanzi a lui.
Tuttavia, ciò era passato totalmente in secondo piano.
Si era sentita trattata con sufficienza da un reale, un giovane uomo che sapeva l’avrebbe sicuramente trattata in tal modo.
Robert diceva sempre che Rhaegar Targaryen fosse solo un altezzoso algido, la peggiore categoria di sangue blu.
Aveva confermato le sue aspettative e quelle di Robert. Eppure, per qualche motivo, le aveva anche contrastate quando lo aveva visto approcciarsi a sua figlia e parlare con Catelyn.
Quel comportamento contraddittorio non aveva fatto altro che indisporla maggiormente nei suoi confronti.
Di certo non si sarebbe ricordata di quel principe drago una volta terminato il torneo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 
   
 
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