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Autore: ghost_blu    11/06/2020    0 recensioni
A voi lettori illustrissimi do il benvenuto in questo angolo depresso in culo di internet che nessuno caga, ma io devo ritagliarmelo per forza o i pensieri, brevi racconti sconclusionati o girotondi di parole senza senso che barcollano tra le mie meningi, finiranno per uscirmi dagli occhi se non li vomito qui sopra e non sarà un bello spettacolo cazzo.
Quindi diciamo che questo è un diario??? Che cagata. Facciamo che questo è un robo, un affare dove metterò tutto quello che mi pare. Se volete leggere leggete, altrimenti leggerà solo Dio.
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Maria sta lì, al centro del letto.
È sera ormai, il sole se ne è quasi del tutto andato e ne resta solo qualche pallida sfumatura di un arancione che sa di estate, imbevuto in quel liquido e immenso azzurro scuro del cielo notturno. Nel bel mezzo della primavera oggi fa caldo, e adesso con l'avvenire della notte, fa abbastanza tepore da stare con la finestra di camera sua aperta, per goderne di quell'aria profumata e placida.
Sta sdraiata, vestita come un barbone tossicodipendente da crack, tra le coperte nere del letto e circondata come un vortice dalla miriade di poster, foto e stronzate varie appese sulle quattro mura intorno a lei. Una canzone dei Gorillaz a fine che lo stereo sta sputando sottovoce.
Sta lì che è quasi buio nella stanza, solo una luce gialla e acida illumina il suo volto stanco e incavato dal pallore e le occhiaie, sorride.
Si sente vorticare. Si sente come il centro profondo di un enorme aspirale di colori, colori caldi che vorticano e lei vortica con loro.
Si sente in pace una volta tanto, con quei corti capelli messi alla cazzo e le labbra distese all'insù da una dose tiepida di droghe nel suo sangue. Si sta sciogliendo lì nell'occhio del ciclone.
Apre gli occhi, guarda il soffitto e pensa.
Pensa a quanto odiasse quando era piccola la campagna dove è cresciuta e ride. È buffo perché i ricordi dei campi a quell'ora la sera, delle camminate tra i boschi e i sentieri quando in città e a scuola tutto andava così tanto di merda ma così tanto da soffocarla prenderla alla gola e sbatterla, schiacciarla al suolo e fracassarle la carne e le ossa ancora e ancora fino a che svegliarsi non era diventato un incubo, e poi tornare lì, tornare in quei campi pieni zeppi di fiori e ulivi. L'unica preoccupazione è quell'ape che ti si è posata tra i capelli. Non ci sono più malattie, pianti, urla o   piatti frantumati a terra, non ci sono più voti di merda, sguardi di scherno, corse ai bagni, graffi allo specchio, pillole, compresse, pasticche, capsule, sonno, vomito, spasmi. No niente. Solo i fiori.
Tornava a casa con le globe nere sporche di terra fino alle caviglie e jeans larghi macchiati d'erba o quant altri colori, un sorriso sfatto, di chi sente di aver respirato almeno un giorno aria pulita, leggera, senza nessuna traccia di veleno. Aveva le braccia cariche di buste della Coop piene di erbe e fiori. Prima di cena si sarebbe messa a pulire le foglie medicinali e fare nastri lunghissimi coi i fiorellini, seduta in terrazza.
E li guardava quei fiori e pensava che avrebbe voluto assomigliargli.
Avrebbe voluto assomigliare a quella piantina che nonostante il freddo, la pioggia, i fulmini, gli animali e l'uomo stesso, cresceva e stava salda a terra, diventava giorno per giorno sempre più grande, sempre più alta, sempre più forte.
Sono un mucchio di stronzate hippie sì, ma avrebbe voluto lo stesso avere un briciolo di quella forza. Sentirsi legata a terra e non strappata via dal mondo e da se stessa. Forte e resistente non con le ginocchia che cedono e la schiena che si inarca negli spasmi.
Energia, avrebbe voluto avere quell'energia tutto qui.

Maria in tutto ciò è ancora sul letto, in città, in camera sua, nel palazzo dove vive, in quel piccolo appartamento, con la sera che ormai è notte e la luce gialla che le illumina le guance.
Sorride ferina, tranquilla, serena e in pace con il mondo che l'ha vomitata. Spegne la luce, va alla finestra e si spoglia piano.
Prima la maglia larghissima per scoprire un busto stretto e magro fino al nervoso, pallido e liscio, poi i pantaloni larghi della tuta, a scoprire quelle cosce giovani, toniche e magre. È il turno del reggiseno nero a rivelare i piccoli seni sodi e rotondi, i calzini, e infine gli slip. Scivolano via dalle gambe lasciando ad occhi indiscreti i culo sodo e con genuina femminilità il suo inguine.
Maria è bella, il suo corpo è bello, nervoso e magro e pieno di cicatrici. Maria è bella, bella come un fottuto angelo. Si passa una mano tra i capelli, sigaretta, accendino, zap, inspira e espira fumo bianco e dolce di una camel gialla.
Sorride mentre si rimette a letto, stavolta sotto le coperte leggere, la sensazione del corpo nudo contro le lenzuola rosse le riempie le membra di languore e sonno. Fuma la sigaretta guardando il soffitto e aspettando che Giulio torni da lavoro. Appena la finisce però il sonno inizia a prevalere e si addormenta così, con un sorriso sereno sulle labbra, la finestra aperta e lo stereo che ancora sussurra.
Sapete perché Maria è tanto bella? Perché è un angelo, perché stasera aveva questo sorriso beato sul volto?
Perché sa di essere forte, almeno un po'. Si è resa conto che se lo vuole, se si concentra, se ci mette tutta se stessa può sopravvivere.
È sbocciata e si è resa conto di esser sempre stata un fiore.









 

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Heyo
Avete domande sul personaggio di maria?

 

   
 
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