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Autore: Longriffiths    12/06/2020    5 recensioni
Obbligo di LadyPalma: "Ti obbligo a scrivere una storia sugli Ineffabili con prompt ANANAS."
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Fatto stava che il demone avesse ben quattro stagioni per cento anni in meno dell'angelo, e dal momento in cui l'Armageddon non si era completato, Aziraphale aveva deciso che nell'arco di quell'anno ognuna di esse sarebbe dovuta essere non solo vissuta insieme, ma tanto carica e vivida da valere il doppio. Così come tutte le altre.
La mancata Apocalisse, come il loro exploit era avvenuta proprio nello stesso arco temporale in cui la Genesi aveva avuto forma concreta.
Tutto era cominciato quando i rami erano spogli.
Quando la Terra era nel periodo della Bilancia.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Crowley
Note: Lemon, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al gioco 'Obbligo, verità o salvataggio?' del Giardino di EFP. 
Obbligo di LadyPalma:

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"Ti obbligo a scrivere una storia sugli Ineffabili con prompt ANANAS."

So che è lunghissima, ma mi sembrava un vero peccato e una forzatura alla mia volontà (?) farla diventare una storia a capitoli o una miniserie, potete quindi considerare ogni 'stagione' come una OS se volete. 
Se invece la leggerete tutta insieme, io già vi ringrazio a priori. Buona lettura!

In arrivo prossimamente tutte le altre OS e FLASH su tutti gli altri personaggi di questo meraviglioso fandom ❤

-Belzebù prima di tutti- 

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Si presuppone che il pianeta sia stato creato in quello che è il periodo in cui le foglie prendono decine di sfumature, tutte diverse dal prato dal quale sono affiorati gli alberi che fanno loro da supporto. 
Gli esseri umani hanno sentito il bisogno di dare un nome ai cambi di temperatura, al dislivello di ore di luce e di buio che prendevano il sopravvento sull'altro. 
Li hanno chiamati giorni.
Creature imperfette ma ugualmente capaci di captare le più piccole differenze ambientali comprese la crescita di fiori e frutti tanto vari a distanza degli stessi periodi, l'incontro con diverse specie di animali e la loro continua comparsa e scomparsa.
Li hanno chiamati mesi.
I colori della natura, l'intensità e l'evoluzione del calore e del gelo con i suoi intervalli, il ripetersi di un circolo infinito nel corso del tempo che vivevano, progredendo con esso. 
Li hanno chiamati anni

Aziraphale e Crowley ne avevano visti seimila.
In realtà l'angelo era più avanti della sua controparte malvagia. Lui ne aveva visti solo cinquemilanovecento. 
Non perché fosse nato o approdato sulla Terra cent'anni più tardi. Non perché fosse stato ibernato, o lontano dal pianeta, dalla gente.
Fatto stava che il demone avesse ben quattro stagioni per cento anni in meno dell'angelo, e dal momento in cui l'Armageddon non si era completato, Aziraphale aveva deciso che nell'arco di quell'anno ognuna di esse sarebbe dovuta essere non solo vissuta insieme, ma tanto carica e vivida da valere il doppio. Così come tutte le altre.
La mancata Apocalisse, come il loro exploit era avvenuta proprio nello stesso arco temporale in cui la Genesi aveva avuto forma concreta. 

Tutto era cominciato quando i rami erano spogli.
Quando la Terra era nel periodo della Bilancia.

Autunno. 
La soggezione.




Il tempo pareva rallentarsi ad inizio settembre.
Le giacchette da vento avevano lasciato il posto a cappotti lunghi sino alle cosce, e bisognava tenere sempre con sé un ombrello. 
La prima pioggia li aveva sorpresi un pomeriggio nuvoloso, in cui il vento aiutava i ricci più maturi a staccarsi dagli alberi. Le castagne erano grosse, rigonfie e dal guscio lucidissimo, e raccoglierle nel cesto di vimini da picnic dell'angelo era un passatempo gratificante. Certo, nel bosco tra la fitta vegetazione era facile distrarsi con i colori e gli odori della flora autunnale per rendersi conto che i ricci piombavano sulle loro teste, ed era troppo tardi quando dovevano districarli dai crini senza strapparseli, compresi tutti gli aculei. Il biondo, con una quantità discutibile di capelli in meno dopo quel pomeriggio aveva raggruppato ciclamini, pungitopo, sassolini e pezzetti di legname dalla forma più composta. Chinandosi verso il suolo riconosceva un odore familiare che amava parecchio, quello che sentiva quando apriva la porta di casa di Crowley. Quell'odore dopotutto era simile a quello del bosco, terriccio e legno, mescolati al meraviglioso profumo della sua pelle stampato nell'aria. Tutto ciò che aveva raccolto quindi lo avrebbe trasformato in un prezioso centrotavola per il suo compagno, per donare un tocco più delizioso al suo appartamento spoglio. Ci sarebbe stato benissimo.
Il cielo tuonò il suo sfogo in un grande boato, e le gocce caddero fitte. Si erano dovuti mettere a correre fino all'abitazione del demone a braccetto per non perdersi tra la gente, sporcandosi di fango fino alle caviglie e rischiando di ruzzolare sull'asfalto, coprendosi alla bell'e meglio con una minuscola giacca in pelle e un soprabito beige, ed erano arrivati a destinazione completamente zuppi e scossi ancora dalle forti risate che si erano fatti.

Nessuno aveva più fretta, l'aria iniziava a infreddolirsi, i bar e i ristoranti all'aperto avevano ri-aggiunto i gazebo e i tendoni di plastica, ed infine, tutti i tavoli si erano ri-spostati all'interno delle strutture a causa dei forti venti. Le giornate avevano iniziato ad accorciarsi per davvero, e la luna appariva alle sei del pomeriggio. 
Le stesse sfumature che per tutto agosto avevano tinto il cielo verso le otto e mezzo di sera, erano state regalate nell'atto del calare del sole al fogliame che ora era quasi l'unica cosa ad abbracciare le strade e i marciapiedi. C'era sempre meno gente in giro.




C'era chi la chiamava quiete, e chi la chiamava noia.
Per i due migliori amici, cosa che più non erano, era solo una condizione nuova, non ancora definibile. 



Gli uomini sembravano avvertire finalmente che le loro vite valevano di più di quanto pensassero, più di quanto trattassero, e sia l'angelo che il demone deposero l'ascia simbolica di guerra, prendendosi per loro una stagione sabatica. Avevano ottenuto il permesso di ferie, a modo loro certo, e intendevano sfruttarlo al massimo. 
Per rilassarsi, per capire.
Era come se fossero appena usciti da una bolla, come se si stessero scoprendo per la prima volta dopo la notte passata insieme, in cui avevano praticamente rotto ogni schema superando righe e limiti. Si erano dichiarati a modo loro, e i testimoni di quella notte restavano solo pile e pile dei testi di Aziraphale.

Stavano trascorrendo la serata davanti al camino acceso tra le mura nere in cui abitava il demone, sotto una coperta in pile. Ancora troppo distanti e non solo emotivamente a causa del forte imbarazzo che intercorreva tra loro, quando i loro corpi erano fin troppo vicini quasi non riuscivano a guardarsi in faccia. Se la debita distanza tra loro diminuiva era come trovarsi proprio all'interno dei ceppi abbrustoliti tant'era forte il calore che invadeva la stanza, i ricordi della loro prima notte li travolgevano come una violenta tempesta di sabbia, e Aziraphale si nascondeva dietro la sua tazza distorcendo il collo in una maniera quasi inumana dall'altro lato. 
Crowley apriva e chiudeva la mandibola, ma ogni volta le frasi gli morivano in gola. Sembrava aver perso la sfacciataggine, non riusciva a punzecchiarlo o metterlo a suo agio neanche con il sarcasmo. Non ci riusciva perché per poter mettere a suo agio qualcuno, ci si doveva trovare prima nel proprio. 
E lui non lo era. 

Sembravano due sedicenni alle prese con la prima infatuazione, spaventati dalla presa di coscienza della loro sessualità, insicuri dal fatto che ciò che era accaduto tra loro fosse autentico, o dettato dalla contentezza di non essere morti. Non sapevano se si amassero allo stesso modo, o se si fossero solo liberati di un peso e lasciati trasportare dalla scarica di adrenalina.

Erano l'uno più intimidatorio dell'altro ai loro occhi, ma solo perché per entrambi era tutto inedito, e non avevano idea di come si affrontasse una specie di cotta millenaria finalmente diventata qualcosa di più, un flirt plurisecolare nascosto in tante piccole frecciatine sfociato in amore carnale. Se a viso aperto, o con una certa calma. Ma poi il rumore delle gocce faceva da sottofondo ai loro tormenti accavallando i pensieri, battendo sulle finestre, e Aziraphale rammentava le parole più belle che il demone gli avesse mai detto, e Crowley ricordava il suo angelo aprire istintivamente le ali, spinto soltanto dalla gioia di trovarsi sopra di lui. 

Avevano deciso di partire. 

Andare lontano, staccarsi da quell'ambiente che sapeva troppo di se e di ma e tornarci solo quando erano sicuri di cosa fossero insieme, era stata la scelta giusta.


 

Non che quel luogo stesse loro stretto, erano stanziati a Soho da secoli ormai, ma dopo aver scampato l'estinzione eterna era giusto predersi una benedetta vacanza da.. praticamente tutto.
Anathema, prima di lasciare Londra con Newton li aveva invitati a visitare l'America, ed essere suoi ospiti una volta. In nome dell'avventura condivisa, e per sdebitarsi anche di averla riportata a casa quella sera, malgrado fosse stato Crowley stesso ad investirla. 
Ad ogni modo, quale paese era migliore della terra delle meraviglie in vista dell'occasione di trascorrere la festività pagana che il demone più amava. 
E che quell'anno avrebbe significato tanto divertimento.
A partire dal mezzo aereo che avrebbero usato per cambiare continente. Ma tutto quello, era stato organizzato non prima della fine di ottobre. 
Halloween avrebbe potuto aspettare. 
 
L'idea non gli piaceva molto, era la prima volta che si sarebbe trovato ad osservare da vicino quella notte non come guardiano, ma come partecipante.
L'angelo non aveva perso neanche un giorno nel frattempo per evitare di pensarci, tenendo entrambi impegnati in molte altre attività.
Il demone non aveva idea di come avesse fatto, ma Aziraphale aveva smosso la creatività dei londinesi ed il loro senso di interattività sociale, per organizzare una vendemmia. E non soltanto il raccogliere i grappoli d'uva, ma aveva fatto in modo che si potesse partecipare nella piazza principale della città alla pigiatura vera e propria degli acini nei tini, per estrarre il mosto. Utilizzando i piedi. 
 
E quel giorno magicamente non piovve. La fiera era vastissima e prendeva una delle strade principali della città allestita appositamente, e con grande orrore, il giorno prestabilito Crowley aveva scoperto che Aziraphale aveva iscritto entrambi a quello scempio.  Quest'ultimo dovette letteralmente rincorrere il compagno in giro per la casa pregandolo di non fare storie, il demone camminava senza sosta da una stanza all'altra nel tentativo di barricarsi all'interno di una di esse, tuonando dei sonori NO ad ogni parola che l'angelo gli rivolgeva.
-'Non ci vengo, te lo sogni.'-
-'Dai, sarà divertente!'-
-'E anche disgustoso.'-
-'Ma prima che inventassero le macchine si faceva così e tu hai sempre bevuto!'-
-'Da quando erano i muli a trainare le macine.'-
-'Appunto, animali sporchi, puzzolenti, sempre ricoperti da mosche in ambienti tutt'altro che sterili, che ne sai che cosa ci è finito dentro quelle tinozze!'-
Crowley si figurò per un attimo tutti i bicchieri di vino che aveva bevuto in tempi antichi, e in un lampo l'immagine del pus e delle larve sulla faccia di Belzebù che galleggiavano in quel liquido gli fece salire alla gola anche la cena di due sere prima. 
-'Coraggio, farlo per conto tuo invece che comprarlo e basta ti darà una visione diversa!'-
-'Sì, sperando che non sia come quella che mi hai fatto vedere adesso.'-
-'..Te l'ho detto che ci saranno i migliori Sommelier dell'Inghilterra, e una degustazione dei prodotti già imbottigliati provenientti dagli stessi vineti?'-
-'Scusami, stai cercando insegnare al ladro a rubare, o mi sbaglio?'-
Aziraphale sorrise arricciando il naso in una adorabile maniera cercando di non sembrare colpevole, e di non aver cercato di accrescere il suo interesse per l'alcol per convincerlo a seguirlo in fiera.
-'Non è una tentazione, è un quadro completo di quello che ti aspetta se vieni con me.'-
Crowley sollevò un sopracciglio passandosi la lingua sul labbro superiore, ripetendo l'ultima frase del biondo con parecchie smorfie e un tono petulante e canzonatorio.
-'Vengo per il vino, non per te.'-
-'Magnifico! Indossa qualcosa di poco conto.'-
-'Non ho abiti di poco conto.'-
-'Ti sporcherai, caro.'-
-'D'accordo, d'accordo, vedrò cosa posso fare.'-
L'angelo batté le mani tra loro in fremente allegria, e un'ora più tardi erano completamente immersi in un liquame dal colore indefinito con delle calze apposite, in mezzo a un gruppo di persone sconosciute che non aveva visto darsi una pulita, ad affondare nel legno pieno di frutta viola. 
Aziraphale saltellava da una gamba all'altra come in una scoordinata corsa schizzando ovunque, senza curarsi di chi gli stava intorno e degli occhi della gente di cui era diventato la principale attrazione. A differenza del compagno che muoveva un passo ogni minuto, con le mani sui fianchi gettando il capo all'indietro nel desiderio che quella tortura finisse presto, alquanto disgustato dalla sensazione di quella roba viscida sotto i piedi. L'angelo azzardò troppo, perse l'equilibrio aggrappandosi al braccio del demone e a quello di una sconosciuta dietro di lui, e se li trascinò nel composto imbrattando tutti i vestiti, comprese le mutande.
Il messaggero di pace aiutò cordialmente la fanciulla a mettersi seduta, tirando fuori un fazzoletto dalla manica chissà come rimasto indenne per pulirle il viso, mortificato dal poco tatto avuto con lei.
-'Mi perdoni figliola, mi scusi tanto! Posso rimediare, se ho fatto qualche danno alle stoffe che indossa?'- 
-'Non si preoccupi signore, è stato divertente e questi vestiti sono straccetti da mercato, li ho messi apposta!'-
-'Oh ne sono lieto, mi sono fatto prendere dall'enfasi del momento, non avevo mai schiacciato l'uva!'-
-'Nemmeno io!'-
-'Scusatemi se disturbo il salottino, mi serve un attimo l'idiota biondo.'- 
Crowley si intromise in quella conversazione tra gli scherni giocosi e le risa della gente, diretti interessati compresi, per afferrare il colletto della camicia di Aziraphale e portarselo verso di sé. L'angelo si voltò ancora scosso dal riso, quando notò che il demone aveva schiaffato la mano aperta sui suoi occhi serrati e la teneva ferma immobile.
-'Mio caro, il succo ti brucia?'-
-'No, gli occhiali!'- 
-'Oh! Non preoccuparti, adesso li troviamo, saranno affondati nell'uva.'-
-'In questo momento ti ci affogherei qua dentro lo sai?'-
Incurante di trovarsi in un luogo pubblico in una situazione piuttosto errata, l'angelo si spinse verso il demone scostandogli il pollice della mano che si era messo sulla fronte per posarvi un casto bacio, ed un altro ancora nello spazio tra il naso e le labbra. Il demone si era colorito di rosa acceso, ma questo nessuno lo vide poiché il rossore che gli aveva causato il pudore era nascosto dalle macchie del succo. 
-'Possiamo comperare quante bottiglie vuoi e riempire la tua vasca. Mi puoi immergere lì se vuoi e potresti entrarci con me. Sai, per farmi perdonare di questo e anche dei tuoi costosi vestiti rovinati.'-
-'Non ho detto immergere, ho detto affogare, ma l'idea è allettante. Sono ancora cieco, piccolo bastardo, non approfittare dei momenti in cui non vedo le facce che fai quando mi chiedi di venire a letto con te.'-
Bastò un minimo schiocco di dita per far affluire le lenti dalla mischia, già pulite come se fossero repellenti ad ogni cosa bagnata oltre che impermeabili. 
Quando travasarono tutto ciò che era derivato dalla pigiatura, iniziò il vero momento di svago.
Bevvero tutto l'assortimento di assaggi a disposizione, nel primario scopo di scegliere quello che avrebbe accompagnato la loro piccola trasgressione. Aziraphale ne assaggiò uno rosé, e indicò il calice battendoci sopra un dito con ferma convinzione.
-'Questo, voglio questo qua. Sa' di ananas!'-
-'Come fa a sapere di ananas, è come dire che i calamari sanno di pollo, non ha senso!'- 
L'angelo scrollò le spalle sorridendo, e facendogli cenno di chiedere ai responsabili quante confezioni si potevano acquistare tutte in una volta.
 
Il vino quella sera, dal bagno arrivò ad espandersi sino al tavolo da pranzo in cucina. Scivolò sulle pareti della vasca, attraversò la porta chiusa e tutto il pavimento dell'appartamento. Alla fine, da che i due erano coperti fino all'inizio delle costole, si ritrovarono ad avere nella vasca sì e no mezzo litro. 
 
Bacco, tabacco e Aziraphale riducono il demone Crowley in cenere. 
 
Il ventisette ottobre era alle porte, e loro si erano appena imbarcati su un mezzo che li avrebbe portati in America a casa di Anathema, solcando i cieli come loro facevano già di norma in libertà.
Crowley era accanto al finestrino, e Aziraphale tra lui e un uomo assopito da quasi due ore. Tutta la città era già decorata con zucche, pipistrelli, e tutto ciò che poteva essere riconducibile alla porta che unisce il mondo dei vivi a quello delle anime dipartite.
Anche i programmi che trasmettevano le piccole televisioni dell'aereo erano sintonizzate su un film anni ottanta, di vampiri e streghe.
-'Che visione sciocca che hanno gli umani delle cose.'-
-'Beh la loro immaginazione è fervida.'-
-'Sono tutti stupidi miti e leggende. Cioè, stiamo andando proprio da una delle serve di Satana da quel che pare a loro, e non mi sembra sia così.'- 
Puntualizzò il demone indicando una vecchia ricurva, piena di verruche e dalla pelle verdastra. Aziraphale accennò un'espressione tra il confuso e l'arreso.
-'Non si può dire che non siano creativi. Chissà cosa ci aspetta lì, nella sera in cui non ci sono regole.'-
-'Ci si metteranno di impegno per combinare casini tipo omicidi, risse, messe nere, tanto sono tutti mascherati chi vuoi che se ne accorga, no? Sono creativi, sì.'-
 -'Oh Signore che disastro!'-
-'Dai non fare così faremo un giro di perlustrazione, tu ti guardi intorno e io mi diverto un po', e poi ci guarderemo un horror di quelli buoni. Scelgo io.'-
-'No mio caro, non abbiamo pensato al costume!'-
Il demone corrucciò la fronte guardando la controparte come se fosse impazzita.
-'Cioè dalla schiena ti spuntano più piume di quelle sul materasso del mio letto e pensi a cosa metterti?'-
-'Non possiamo, che idee ti vengono! Se ci vedono insieme.. se qualcuno passasse, potrebbero dedurre..!'-
-'Nah, tutto è concesso e nessuno ti guarderà male. Potranno solo farti qualche complimento al massimo.'-
L'angelo sbuffò poco convinto, non sapendo più come mascherare il suo disagio a riguardo. 
-'E tu? Non ricorrerai alle ali?'-
-'Pff. Io sono un serpente, no?'-
Crowley sfoggiò un sorriso allusivo. Avrebbe fatto dannare chiunque, la sera del trentuno.
 
Una cosa positiva c'era.
Il demone avrebbe potuto fare quanti scherzi volesse, a patto che tutte le caramelle fossero riscosse dall'angelo.

 
Inverno.
La paura.





Quando Londra si ricopriva interamente dei fiocchi d'acqua ghiacciata dalla struttura di tanti piccoli cristalli, la visione della città era totalmente diversa, così come lo stato d'animo che infondeva. Quell'aria invernale scaturiva nelle persone sentimenti contrastanti, ognuno la prendeva in un modo singolare. 

Meteoropatici, erano molti esseri umani. Alcuni acquisivano un entusiasmo fuori dagli schemi come se non accusassero il cambiamento climatico tant'era potente il calore che avevano dentro, e se ne infischiavano del ghiaccio che copriva le strade correndo come matti per raggiungere i cumuli di neve. Altri si chiudevano in se stessi borbottando da mattina a sera, un po' per il freddo fastidioso o per i rovesci che impedivano loro di ritrovarsi in qualche luogo pubblico a fare baldoria, un po' per il traffico che non solo sulla M25 rendeva irascibili gli automobilisti frettolosi. 

Abituato alle fiamme eterne, Crowley era sempre stato attento a tenersi rintanato ed uscire solo quand'era necessario, almeno una volta la settimana per indurre gli esseri umani in tentazione.
Quella era un'attività che svolgeva costantemente, e per farlo, alle volte era necessario uno stretto contatto con le persone. Controllarle, osservarle, seguirle.
Le ore di oscurità erano superiori a quelle di luce, ed era allora che più frequentemente i peccatori strisciavano fuori dalle loro tane, e andavano ad attaccare una nuova stellina dorata adesiva alla tabella di legno ai piedi del letto di Satana. 
Aiutati molto volentieri da qualche delegato.
Proprio quando a lui avrebbe fatto comodo starsene in casa a scaldarsi con del whiskey.

Il loro accordo era invariato, ignorarsi a vicenda quando si commetteva un miracolo legato alla loro stazione di provenienza, non interferire né influenzare l'altro in alcun modo. Neanche ci provavano. 
Trascorrevano insieme un abbondante lasso di tempo da cinque mesi a quella parte in cui si stavano abituando a chiamarsi coppia, e si premuravano sempre di lasciarsi spazio per decorrere ai loro lavori, conducendo piccoli periodi ancora separati. Non più anni, o secoli.
La loro distanza fisica si era ridotta a qualche giorno, e ad ogni modo, si tenevano telefonicamente in contatto. 

Aziraphale amava invece uscire in inverno. Si era ripromesso di far addentrare il suo compagno in un'atmosfera diversa rispetto al suo solito, coinvolgendolo nelle principali attività che metteva a disposizione il turismo della Londra innevata. 
Lo aveva portato a vedere le luminarie, e chiesto a qualche passante sotto le sue animate proteste e una buona dose di minacce sulla sorte del malcapitato che osava assecondarlo, decine di fotografie. 
La maggior parte delle quali raffiguravano una sagoma bionda aperta in un sorriso la quale linea partiva da un orecchio e finiva all'altro, e una sagoma rossa a braccia conserte, imbronciata e avvolta in chili di lana scura.
Qualcuno alle volte si voltava a guardarlo cambiando lato della strada in cui camminare, poiché del volto non si vedeva assolutamente niente, tra occhiali e sciarpa fin sopra il naso. L'angelo pretese anche che per ogni foto si privasse delle protezioni, a parte le lenti tonde.
In qualcuna erano anche stati ritratti abbracciati. Era un parolone, ma Aziraphale definiva così il suo modo di avvolgere la vita del fidanzato con entrambe le braccia, e ricevere una mano posata dietro la schiena di rimando.
Lo aveva abituato a bere cioccolata calda con marshmallow e cannella anziché liquore. 

Malgrado potesse sembrare goffo dato il leggero sovrappeso carnale, per uno abituato a sovrastare i cieli pattinare su una lama era uno scherzo al confronto. 
Lo aveva portato infatti a pattinare sul ghiaccio, e non aveva potuto evitare che Crowley inducesse le persone a scontrarsi e cadere rovinosamente, scatenando ira e comportamenti poco ortodossi. Avevano passato il loro secondo Natale insieme, ma non soltanto la sera del venticinque. I festeggiamenti di quella ricorrenza lo scorso anno, prima della fine del mondo, erano stati una specie di addio. Un momento lieto insieme prima della fine, mentre quella volta l'angelo si era preparato a fargli sentire il vero sapore dello spirito natalizio, un'autentica festività come si deve con tanto di pellicola televisiva sulla Natività. Lo aveva portato a fare compere per addobbare entrambe le loro abitazioni, aveva adornato l'alberello nella libreria insieme a lui, lo stesso abete che avevano abbattuto a mano in un'attività guidata che gli permetteva di sceglierlo, acquistarlo e prenderlo direttamente dalla foresta. Avevano scartato regali insieme, si erano recati a vedere il villaggio di Babbo Natale. In seimila anni, l'angelo non si era mai fatto tante risate come in quell'arco di tempo. 


 
Quando il petto inizia a scaldarsi per la prima volta e fuori incombe il gelo, è possibile che un microscopico cristallo di ghiaccio si faccia spazio nell'animo brinando la felicità, e lasciandoti un pesante senso d'insicurezza che si trasforma sino a diventare una barriera. 
E allora, il dubbio ti vince.
Se il cuore ha paura, gli occhi vedono cose alterate.
E il cervello perde lucidità.


Il momento migliore per seminare la discordia, era sicuramente quello in cui tutto sarebbe dovuto andare liscio, almeno per ciò che imponevano le convenzioni sociali. Quante volte aveva sentito 'godiamoci il periodo, poi ne riparliamo'. Non era mai riuscito a comprendere il perché gli uomini preferissero tenersi i dolori chiusi nelle casseforti delle loro emozioni, e scatenarli dopo solo per poter dire di aver almeno trascorso un bel Natale di pace insieme. Nella stupida speranza forse che quell'occasione potesse interrare i diverbi, o correggerli senza affrontarli. E alle volte, ci riuscivano. 
Quello era ciò che più imbestialiva gli esseri malevoli.

Allo stesso modo in cui ai demoni bastava di norma sforzarsi solo in quantità minime per innescare i meccanismi peccaminosi negli esseri umani bigotti e ipocriti, agli angeli in quel periodo in particolare occorreva solo passeggiare in giro per vedere prosperare l'affluenza dell'operato celeste. Era fortissima, e ancor di più lo era quella del Gran Capo. Come se con il suo amorevole rinascere ogni volta, rinsavisse anche un po' di bontà perduta in tutti gli altri.
Era quello il momento in cui ai piani bassi si reclamava da tutti i collaboratori, lavoro e fatica al massimo delle possibilità. Anche le sue. 

Le loro essenze dopotutto non sarebbero mai andate scemando, e l'indole reclamava il bisogno di sfogo, era inutile e inopportuno fingere di non appartenere al Paradiso o all'Inferno. Come Aziraphale si sentiva piacevolmente obbligato a prescindere da tutto a compiere buone azioni e assicurarsi che tra gli uomini regnasse la felicità, Crowley sentiva di dover scatenare qualche malefatta e godersi le urla e i litigi altrui. 
Nessuna tentazione era buona come quella inflitta in periodi di stress, e gli umani sotto le feste e con l'inizio di una nuova pagina del calendario, erano molto stressati. In più, provocare un dolore enorme a qualcuno in una festività che ritornava inesorabile ogni anno, significava rendere quella festa molto brutta in tutti gli anni successivi, e riportare alla mente e nel cuore di chi aveva subito, tutto il risentimento verso le persone che aveva indotto a sbagliare.
Tradire sotto Natale, era una provocazione troppo ghiotta per i demoni.
Crowley compreso.
Aziraphale dovette appellarsi alla sua capacità di controllo e all'accettazione del fatto che quello fosse il suo lavoro, e se volevano garantirsi la vita eterna ora più che mai, dovevano sorprendere e rincarare la dose. 
Solo per quello, non si era permesso di reputare quelle gesta 'perfide'.

Era stupido pensare dopo tutto quel tempo di profonda vicinanza, che i due non si conoscessero a vicenda. Ma per una buona parte, era davvero così. C'erano ancora delle piccole sfumature caratteristiche e psicotiche, che non avevano mai avuto modo di approfondire come in quell'evo di conformità.

C'era da tenere conto che una persona si intendesse di norma dal suo modo di fare. 
E ciò che traspariva da Crowley, specie in quei momenti in cui si trovava nel suo campo di attività, era nient'altro che infamia. La caratteristica primaria di ciò che era.
Di ciò che doveva essere un demone.
Crowley era via da un intero weekend quel febbraio, si sarebbero dovuti rivedere a momenti. In quei tre mesi si erano visti davvero poco, il dovere chiamava spesso.
Avevano avuto la stessa idea, accogliere l'altro omaggiandolo di ciambelle glassate e cappuccini caldi.
Un uomo era appena entrato nella caffetteria insieme a una ragazza, entrando prima di lui. Aziraphale nel percorso lungo la strada li aveva sentiti parlare tra loro. Erano colleghi, appena rientrati dalla Russia dal mese di novembre. Lei si era offerta di accompagnarlo a scegliere una collana per sua moglie, il regalino che non aveva potuto farle trovare sotto l'albero. Lei rideva felice, con una scintilla negli occhi che l'ingenuità di Aziraphale non colse finché non entrò nel cafè con loro. Giovane, sprizzante di energia da ogni poro, gli occhi frizzanti ammiccavano verso l'impiegato dall'aria stanca. Lei andò verso la toilette, e lui si accomodò al bancone. Evidentemente, doveva solo ritirare qualcosa senza consumarla lì. Da lontano, poté scorgere una figura accanto a quell'uomo che stringeva un pacchetto confezionato tra le mani. Dal suo discorso col barista, evidentemente in confidenza con lui, anche il rosso accanto all'uomo riuscì a cogliere la dinamica.

Quei due erano stati in viaggio e nell'alloggio insieme e non si erano mai sfiorati più di tanto, anche se lui sembrava esserne dispiaciuto.
-'La bella collega che vedi ogni giorno al lavoro, più giovane e fresca della moglie esaurita dai bambini piccoli, senza più tempo per farsi carina per te e che vedi solo alla sera, eh?'-
Crowley era lì, con il numeretto tra le dita, in attesa che la ragazza incaricata in quel negozio terminasse di incartare i dolci che aveva ordinato. 
Il suo istinto fu quello di correre da lui per stringerlo, ma si lasciò sopraffare dalla curiosità di quelle parole ambigue e il tono di chi la sapeva lunga.
-'Non me ne parli. E' capitato anche a lei?'-
-'Più volte di quante pensa.'-

-'Non mi fraintenda, amo mia moglie, ma.. sono due anni che quasi non parliamo che di spese e di bambini. Credevo fosse diversa, la vita matrimoniale.'-
-'E lei ha resistito ben due anni?'-
-'Perché, lei invece ha infranto i suoi voti?'-

Crowley allora poggiò il gomito sul legno laccato di rosa leccandosi le labbra, e incurvando un angolo di esse in un ghigno saccente.
-'Lasciatelo dire, secondo me in due anni sei invecchiato di almeno il doppio. Non ce li avevi i peli grigi su questa barba quando hai detto il tuo , vero? Hai bisogno di sfogarti, se tua moglie non riesce ad adempiere a certe cose, vai altrove.'-
-'Io..'-
-'Passare la vita con una sola persona è natura o è forzatura, per un essere in grado di provare la stessa cosa per più parti? Pensaci bene. Se gli uomini fossero destinati al matrimonio, al legame, non gli si alzerebbe che per la moglie. Per ogni uomo ci sono sette donne al mondo. Perché concedersi ad una soltanto? Specie se te la sbattono in faccia così.'-

Il demone imitò con un movimento delle sopracciglia l'ultima occhiata che la giovane gli aveva rivolto.
L'uomo aveva ceduto ancora prima di alzarsi dallo sgabello e andarsene verso i bagni, portandosi il pacchetto con la collana con sé. 
-'Facile, fin troppo facile.'-

Fu come se una lancia assiderata lo avesse trafitto passando da parte a parte, dal mezzo delle scapole al centro del petto. Aziraphale chiuse gli occhi per un attimo sbuffando sonoramente dal naso, e ritornò sui suoi passi uscendo dal negozio per andare via più in fretta che potesse. Fu quel che non gli diede modo di sentire l'ultimo commento del demone.

Alle volte l'amore refrigera anche il buonsenso.

 

Scosse più volte il capo durante la via di casa, sistemandosi gli occhialini da vista tondi sul naso non appena il familiare odore delle pagine dei suoi libri lo invase. Chiuse alle sue spalle la porta della libreria, e afferrò un testo a caso. Corse al piano di sopra accomodandosi sul divanetto in soggiorno, iniziando a sfogliarlo senza leggerlo davvero. 
Lo sguardo seguiva le linee delle righe e scorreva le parole, ma nessuna di queste gli restava in testa.

Pochissimi minuti dopo anche Crowley fece il suo ingresso. Possedeva la chiave d'entrata, reciprocamente all'angelo con quella del suo appartamento. 
Si annunciò a gran voce, ma non ottenne risposta. Quella sera, la libreria era vuota.
Si avviò sul retro e notò lo scorcio di luce artificiale che attraversava gli ultimi tre gradini della scala a chiocciola in ferro battuto, e allora salì in cerca del suo amato. 
-'Angelo, sono a casa!'-
Crowley attraversò lo stipite della porta fiondandosi addosso alla creatura candida. Afferrò il libro dal centro e lo gettò oltre le spalle, portando un ginocchio al lato del bacino di Aziraphale sul divano, per avvicinarsi al suo viso e stampargli un bacio. Mantenne sospesa al di sopra delle loro teste la scatola che conteneva leccornie che il suo compagno avrebbe apprezzato degustandole con calma e gioia, come a lui piaceva guardarlo fare. In bilico sulla scatola, due enormi tazze di carta colme di liquido dolce e color nocciola.
Lo scarso entusiasmo dell'angelo in quel gesto non lo insospettì quanto la sua reticenza del dialogo. Solitamente, Aziraphale era logorroico. Era come un martello pneumatico, quando attaccava a parlare. 
-'Ciao.'-
-'Ciao.'-
-'Stavo leggendo.'-
-'Ho qualcosa di meglio.'-

Il demone avvicinò il cartone aprendo la parte superiore per scoprire dolcetti di ogni tipo, forma e misura, con i classici ghirigori ricollegati ai coriandoli di Carnevale del periodo corrente. Gli occhi azzurri dell'angelo osservarono quei dolci, e il solo odore gli faceva girare lo stomaco. Con gran sorpresa del rosso, richiuse il tutto posandolo sul cuscino del divano adiacente a quello in cui lui e Crowley si erano messi.
-'Non ne ho voglia. Non sto bene.'-
-'Sei incinto, Azra?'- 

A quella supposizione palesemente ironica, i pensieri dell'interpellato vagarono a quella moglie e madre che probabilmente ora stava scartando un regalo convinta che durante la lontananza suo marito non avesse che pensato a lei, dimostrandoglielo con un bel regalino. Proprio come Crowley aveva fatto con quei dolciumi.

Si divincolò dalla pressione che il rosso stava esercitando su di lui invece che rispondere con una sonora risata come si era aspettato il demone, marciando contrariato verso la cucina. Portò con se l'acquisto alimentare per non destare sospetti, anche se avrebbe voluto urlare tutto il suo disappunto.
I passi dell'anima nera seguirono la sua scia palesandosi nello stesso luogo a distanza di alcuni secondi.
-'Va' tutto bene, Azi?'-
-'Sì, grazie del pensiero.'-
-'Figurati, so che ti piacciono.'-
-'Ah sì, tu sai tutto di me.'- 

Pronunciò quell'insinuazione talmente piano che le vibrazioni della voce non solleticarono nemmeno i timpani del demone, ma il suo viso parlava. Era un libro aperto quando i suoi sentimenti verso di lui si accendevano, specie quando non voleva. Tra l'altro, neanche si sforzava a guardarlo in faccia.
Aziraphale si tenne distante per tutta la sera. Non commentava il film alla televisione, e lui era uno di quei tipi che ad ogni scena, ogni dialogo, doveva dire la sua. Dare consigli al protagonista, metterlo in guardia. Lo faceva anche al cinema, non importava quante volte Crowley gli dicesse di smetterla di disturbare le persone. Per persone intendeva lui, ma aveva troppo tatto con il suo fidanzato per dirlo. 
E poi, gli faceva domande.
Anche se era la prima volta per entrambi nel guardare la pellicola, lui gli chiedeva delucidazioni, come se Crowley fosse sulla scena insieme al regista al momento delle riprese e sapesse come andava a finire.
Non quella volta.
Stava chiuso nel suo silenzio a rimuginare, evidentemente infastidito da qualcosa.
Il rosso evitò di chiedere, poiché gli era già stato intimato che andasse tutto bene. Se glielo avesse chiesto nuovamente, Aziraphale avrebbe alzato la voce per ribadire il concetto, e sarebbe stato per lui difficile astenersi dal chiedergli se invece di una inesistente e impossibile gravidanza, quell'isteria fosse dovuta a una imminente andropausa. E allora avrebbero litigato.

L'angelo si allungò verso il tavolino per raccogliere una ciotola di popcorn, e maldestro come non era mai stato da quando lo conosceva, rovesciò tutto il contenuto in terra comprese le lattine aperte di soda. 
Crowley allora raccolse il telecomando spegnendo il robot inanimato, e allungò una gamba sul bracciolo del divano intrappolando Aziraphale tra sé e lo schienale in un gesto arrogante e teatrale come suo solito, non lasciandogli via d'uscita.
-'D'accordo, che succede?'-
-'Niente.'-
-'Aziraphale.'-
-'Ho detto niente.'-

-'Questo sssarebbe il tuo niente? Se avevi qualcosa, che cazzo combinavi?'-
-'Ho solo fatto cadere del cibo, qualcuno ti dice niente quando tu fai cadere un vaso o entri con le suole piene di terra in casa? E poi di che ti lamenti, non devi pulire tu!'-

-'Non devi pulire nemmeno tu stupido, basta un miracolo, e poi chi ha mai menzionato le pulizie o il maisss? Sei seccato da quando sono qui, ti ho chiesto che sssta succedendo, non mi vedi da tre giorni e mi stai totalmente ignorando.'-
L'angelo allora si eresse in tutta la sua altezza, fronteggiandolo come farebbe un adorabile bambino arrabbiato a cui era stato negato di giocare un po' di più.
-'Oh, scusami! Per caso non sto adempiendo a qualche bisogno? Cosa vuoi che faccia, che mi metta qualcosa di più trasgressivo, che ti unga con dell'olio magari? Dovrei avere paura che lo faccia qualcun'altro la prossima volta che te ne vai, se non ne ho alcuna voglia io per un qualsiasi motivo quando sei qua?!'-
L'aggressione fu emotivamente forte per entrambe le parti. Le iridi del demone vagarono sulla sua figura, il tempo necessario che bastò al suo cervello per collegare le frasi a un possibile motivo per il quale si stava dovendo subire quella sceneggiata. Quando la lampadina si accese, Crowley sgranò lentamente gli occhi aprendo la bocca con aria realizzata.
-'..Credo di iniziare a capire cos'hai.'-
-'Bravo, complimenti per la sagacia e per l'opinionismo.'-
-'Ma dai smettila, quello è lavoro! Anche tu blateri continuamente sul fatto che neanche le formiche vanno scamazzate ma non puoi pensarlo sul serio, andiamo!'-

Per Aziraphale fu come un colpo di frusta all'orgoglio. Gonfiò le guance palesemente offeso senza ben sapere come replicare a quello scempio, frenandosi dalla voglia di tirargli un cuscino contro.
-'Sei-incredibile!'-
Tagliò corto il biondo enfatizzando con la gestualità delle mani, e lasciò quella stanza ignorando la voce del compagno che continuava a chiamarlo invano.

Due ore più tardi, in cui nessuno dei due aveva più sentito l'altro neanche respirare, Aziraphale era seduto nel suo lato del letto con i piedi in terra, nel suo pigiama giallo tenue con tanti ananas stampati sopra. 
Aveva le mani giunte in preghiera come ogni sera prima di dormire, e rivolgeva mentalmente parole al suo Creatore, sapendo di essere ascoltato.
La sua connessione venne interrotta dal suono di due nocche che battevano sul legno, più precisamente quello della porta di entrata alla camera da letto. 
-'Si può?'-
Il biondo sospirò facendosi il tipico segno di inizio e fine contatto con Dio, baciando la croce che aveva al collo prima di infilarla nella maglietta. 
-'Prego, è aperto.'-
Un po' tentennante, il demone aprì pianissimo la porta, rivelandosi al compagno. Era in attesa, ma nessuno dei due avanzava nulla. Si fece coraggio entrandovi, in quel luogo in cui fin ora aveva avuto solo memorabili ricordi da rivedere nella sua mente, e si sedette proprio accanto all'angelo. Entrambi fissavano un punto indefinito nel vuoto, non l'altro.
-'Vado a casa mia. Domani ti porto le cose che mi hai chiesto.'- 
-'Saremmo dovuti andare a prenderle insieme.'-
-'Non credo ti faccia piacere.'-

Il biondo sospirò, stropicciandosi un occhio per ricacciare indietro le lacrime. Il ruggito del leone che gli era venuto fuori prima, ora era un flebile miagolio davanti a quell'entità. Non aveva argomentazioni sufficientemente valide per replicare dopo il modo in cui si era rivolto a lui. 
-'Aziraphale. Per caso ti ho dato modo di pensare che ti manchi di rispetto?'-
-'Perché dici questo?'-
-'Sei geloso. Quella era una piazzata bella e buona, non c'entra quello che hai visto, quello lo faccio ogni volta che si presenta occasione, e tu lo sai. Conosco bene questa paranoia. Con tutte le tentazioni che ho riscattato, ho imparato che si diventa gelosi quando l'altro si comporta male.'-

L'angelo tenne gli occhi bassi in silenzio. 
Era restio ad accettare nuove scoperte, e a dovercisi abituare. Lui così legato alla quotidianità e all'ordinario, non aveva mai visto Crowley alla vera opera, e il fatto di sentirlo molto poco quando era via incrementava la sua mancanza. Era la prima e unica volta che si fidava così tanto di qualcuno da dormirci insieme, e la folle psicosi di poterlo vedere andarsene o essere portato via lo induceva a dubitare.

Specie se si ricordava chi erano loro due, e con chi avevano a che fare ogni giorno.
-'Pensi che io ti sono infedele?'-
Crowley non era mai stato così flemmatico con lui, e quell'atteggiamento lo terrorizzava. Specialmente dal momento in cui non gli aveva posto quella domanda prima durante la lite, solo perché aveva avuto paura di conoscere la risposta. 

Lui lo aveva preceduto.
-'Lo sei?'-
Fu l'unica cosa che riuscì a dire, davanti a un dubbio che non era neanche sicuro di volersi togliere.
-'No.'-
-'Bene.'-
-'Mi credi?'-
-'Sì.'-
-'Ottimo. Non pensiamoci più.'-

Crowley fece per alzarsi e lasciarlo lì in solitudine nei suoi tormenti martellanti, e solo allora l'angelo trovò la forza di esprimersi come meritava.
-'Alle volte mi chiedo se starai con me per sempre. Se la monogamia ti basti davvero. Tu ed io siamo diversi, ed io non ho tutte queste esigenze fisiche e caratteriali. Non so nemmeno se riesco ad accontentarle tutte, e non farti desiderare altro. Tu sei la prima volta che ripongo me stesso in un'altra persona, ma io non sono la tua. Vorrei che restassi, e non perché provi pena nel lasciarmi. Ho un solo modo per potermene assicurare senza aspettare che sia tu a darmi le risposte. Se qualcuno ti ha amato meglio di me, ti prego di dirmi come è stato fatto.'-
Il demone era rimasto sul posto, di spalle per tutto il tempo. Fu come essere folgorato, quando si voltò a incontrare le sue iridi.
-'Non voglio che fai quesssti pensieri.'-
-'E' inevitabile, mio caro.'-
-'Non mi piace. Io non ho amato nessuno prima di te.'-

-'Io ti ho chiesto se è stato qualcun'altro a farlo con te, non il contrario. Se ti hanno soddisfatto meglio, se ti hanno lusingato di più.'-
-'Se avessi voluto trastullarmi in giro per il mondo nei secoli a venire, per me che tutto posso non avrei sancito una relazione, specie con una creatura eterna. La mia esigenza sei tu, e basta.'-

Ci fu silenzio. Una orribile patina di cose che non riuscivano ad essere dette li avvolse. Aziraphale picchiettò la mano sul materasso, chiedendogli senza parlare di raggiungerlo.
Il demone obbedì, senza farsi attendere ancora. Il velo di imbarazzo che li aveva coperti era ancora ostinatamente presente, ed infatti non furono loro a spezzare quel gelo, ma le loro mani, che adagiate sul letto, strisciarono sulle lenzuola fino ad incontrarsi e intrecciarsi tra loro, spingendoli finalmente a guardarsi senza restrizioni vere e proprie.
Spingendoli finalmente a sorridere.
-'Mi dispiace che tu ti senta così.'-
-'Il problema è mio, è nella mia testa, tu non hai nessuna colpa. Ho paura di perdere ciò che abbiamo, ne ho sempre avuta.'-

I riccioli dell'angelo solleticarono il naso della controparte, quando si stese su di lui posando il mento sulla pelle della giacca della sua spalla destra. Crowley ci posò la bocca, respirando profondamente.

Non tornò a casa sua quella sera. 
Dopo tre giorni di lontananza, era a dir poco pragmatico il loro unico bisogno, dormire insieme. Niente sesso, niente moine. Allora stipularono un nuovo accordo, ancor più trattabile, che gli diede modo di conoscersi meglio. Ogni volta, nelle notti in cui si coricavano l'uno accanto all'altro, a turno si narravano una vicenda che avevano vissuto nei periodi in cui erano stati lontani, cosicché potessero dire un giorno di sapere proprio tutto l'uno dell'altro. 
E avevano tutta l'eternità davanti, e così tanto da dirsi. L'inverno non era più tanto freddo.
 
 

Primavera.
La dolcezza.




La natura a metà aprile iniziava a svegliarsi. I fiori bucavano il terreno sbocciando in autonomia e senza più impedimenti, poiché si scioglieva fino all'ultima lastra di ghiaccio e si scioglieva anche l'alone freddato che appesantiva l'atmosfera. Tutto era più tiepido e confortevole, e si poteva perfino azzardarsi a tenere le finestre di dentro aperte la sera. 
Tutto era riconducibile ad un periodo idilliaco che Aziraphale amava, se non fosse che ogni anno doveva fare i conti con la stessa storia.
Risvegliarsi di punto in bianco una mattina, e ritrovarsi il naso cosparso di macchie rosse, e provare la spiacevole e fastidiosa sensazione di non riuscire a inalare l'aria.
Il suo corpo era umano, e aveva deciso di appropriarsi della condizione per cui soffrivano molti uomini, la maledetta allergia.
Tossiva e starnutiva in continuazione, ed i miracoli sembravano fare effetto solo momentaneamente, perché quando si ritrovava a stretto contatto con le graminacee o il polline nell'aria che s'insinuava ovunque senza dargli scampo o tregua, ricominciava da capo. Quello per almeno qualche settimana.
Provava a combinare i miracoli con i medicinali, ma l'unico effetto che ne ricavava era sonno, tanto sonno. 
I ghiri si risvegliavano, lui dormiva.
Alle volte era costretto a letto, e quindi, a Crowley stava il compito di farlo sentire meglio. Quell'anno, l'angelo era stato preso veramente male.


 
Era quello il bello di fare del bene per gli uomini. Essere uno di loro, e comprendere le sofferenze.

Aziraphale comprendeva anche quelle cose che Crowley chiamava rotture di certe altre cose che a lui non piaceva molto pronunciare a meno che non fossero quelle di Mozart, di cioccolato.

Il demone era stato fregato dai suoi occhioni da cerbiatto. O meglio, si era lasciato abbindolare. 
Il biondo gli aveva rifilato una banalissima scusa per farlo presentare da lui, come poteva esserci cascato era qualcosa che andava oltre le sue corde. Non c'era spiegazione alcuna di come avesse fatto a ritrovarsi in quella orribile ed esasperante situazione.
Aveva trovato appoggiati su tutti i tavoli dell'ambiente scatoloni stracolmi, contenitori di detergenti, secchi pieni e strofinacci dai vari materiali e colori.
Soltanto dopo una breve occhiata aveva capito di essere incastrato in un labirinto senza uscite. La porta d'entrata si stava ancora chiudendo da sola alle sue spalle quando si girò nel tentativo di prenderla al volo e riaprirla per andarsene alla svelta, ma l'angelo non gli diede modo di tornare indietro comparendo alle sue spalle e facendogli strada fino a uno scomparto di mensole semivuote, da riordinare a dovere.
Si era deciso finalmente ad acquisire mercanzia che poteva rivendere alla gente, che non riguardasse solo volumi che impediva di toccare anche al demone stesso.
Testi di letteratura, fantascienza, romanzi, gialli. 
Un marketing a tutti gli effetti, con tanto di rinnovo dell'insegna compresa di luci.
Crowley si passò una mano sul viso con fare sofferente e stizzito, mordendosi la lingua al di fuori della bocca e lottando contro se stesso per non urlare.
Inspirò ed espirò in modo melodrammatico prima di rivolgersi direttamente al suo fidanzato.
-'Mi spieghi o devo dedurre?'-
-'Sai Crowley, ho scoperto che vendere è fantastico! Non voglio tenere questo posto chiuso se non per veri motivi, le pulizie di primavera non mi sembrano una ragione valida per bloccare l'ingresso alle persone, non mi voglio perdere nemmeno un attimo!'-
-'Senti, io ho capito che anno nuovo è vita nuova mai come questa volta ma non ti hanno privato delle tue capacità, che stracazzo stai combinando qua dentro, ti ha dato di volta il cervello? Che ci vuole a miracolare tutto per cinque minuti?'-
-'Mio caro, i libri per me sono figli. E i figli non si crescono con i miracoli, ma solo con amore, solo così sanno di essere amati davvero.'-
-'Ma di che parli, quei cosi sono alberi mozzati e ripiegati in una forma diversa!'-
-'I libri hanno un'anima! L'anima di tutti gli autori che li hanno pazientemente scritti!'-
-'Fammi capire, mi stai attorcigliando nella tua rete di parole per costringermi a pulire con te tutto questo posto polveroso?'- 

-'Err..- già! Ti prego, è una noia mortale.'-
Crowley osservò meglio le mosse dell'angelo. Si dondolava sul posto e roteava gli occhi un pochino ovunque, torturandosi le pellicine della bocca con i denti in modo insistente.
Allora assottigliò le palpebre, avanzando minacciosamente puntandogli un dito contro.
-'No assspetta un attimo fermo lì, tu non vuoi che io ti aiuti tu vuoi che io pulisca mentre tu fai il tuo lavoro?!'-
In quel preciso istante una signora sulla trentina fece il suo ingresso, salutando con trasporto il libraio.
-'Signora Morris! Prego, la sua ordinazione è arrivata, fresca di stampa! Caro, ti occuperesti del reparto in fondo? Arrivo subito, grazie.'- 
L'angelo lasciò sul posto il suo interlocutore quasi trottando verso il bancone dove affacciava la clientela.
-'Aziraphale che bella notizia mi dai! Oh, hai assunto un altro bel giovanotto come te?'-
-'Err- no ecco, lui è.. il mio compagno.'-

La creatura divina picchiettava piano le mani sul legno, pronunciando quell'ultima affermazione mentre guardava con la coda dell'occhio il rosso, non sapendo bene se potesse fargli piacere o meno, che si presentassero alla gente in quel modo. Crowley non oppose resistenza, né accennò disagio.
-'Non mi dire! Come sono contenta per voi! Ah, ma questo vuol dire che devo smettere di farmi speranze?'-
Aziraphale rispose alla risata cristallina della donna senza ben capire che cosa volesse dire, ma nei libri di corso all'approccio coi clienti aveva imparato a non obiettare, e assecondare con esattezza tutto quel che dicevano, a bruciapelo.
Crowley osservò la scena battendo le palpebre più volte del dovuto, e quando fece per rispondere all'allegoria della zitella coi bollori, si ritrovò le mani dell'angelo passargli uno spruzzino e una spugnetta. 

La signora lo salutò direttamente agitando la mano, e lui rispose a tono con una smorfia apposita, esageratamente e volutamente effeminata alle spalle del biondo per non farsi notare. Aveva deciso di alleggerire in qualche modo lo sgobbare al quale si stava apprestando. Quando furono lasciati nuovamente soli, la creatura bianca raggiunse l'amato immergendo uno straccio nell'acqua e sapone.
-'Chissà a quali speranze si riferiva, il libro lo ha avuto.'-
Il rosso afferrò con due dita un lembo di pelle della guancia dell'angelo, strizzandolo senza fargli male. Quantomeno aveva la prova tangibile che Aziraphale non si accorgeva di quando qualcuno, o qualcuna, gli rivolgeva delle avances faccia a faccia.
Poteva stare tranquillo con lui.
Una trentina di clienti almeno avevano interrotto quel lavoro estenuante, e a mezza mattinata c'era ancora il doppio da faticare per mettersi in pari.
Ogni finestra era stata spalancata, per far uscire la moltitudine di polvere che avevano alzato.
 
Soltanto a ora di pranzo si erano concessi il lusso di chiudere le tende e stare in tranquillità.
Crowley si era offerto di salire di sopra a cucinare. Si era rifiutato categoricamente di assecondarlo nella follia di mangiare solo mezzo ananas, come consuetudine da qualche settimana a quella parte faceva.
-'Fa bene, e ha delle proprietà drenanti, dimagranti. Tra poco ci dovremo mettere qualcosa addosso di più fine, si vedranno tutte le curve! Questo mi aiuta.'-
-'Smetti di mangiare quella roba per dimagrire. Smetti di tentare di togliere peso. Smetti di sentirti sbagliato, cazzo, non sai quanto mi irrita. Mi piaci da potermi discorporare, e non voglio che ci sia un solo grammo in meno su questo corpo da toccare.'-
Gli aveva detto, stringendogli in malo modo i glutei per sottolineare il tutto. Lo aveva spinto contro uno scaffale mordendogli il collo nell'esprimersi in quella sottospecie di dichiarazione, e poi era andato a mettere l'acqua sul fuoco. Non aveva mai cucinato manualmente, ma conosceva più o meno il processo.
L'angelo lo aveva raggiunto poco dopo, trattenendosi in sala da pranzo in attesa che fosse tutto pronto come gli era stato chiesto, giocherellando con le posate. 
Senza prendersi più la briga di dissuaderlo dalle intenzioni, si godeva tutti quei piccoli gesti che nel piccolo delle possibilità di colui che li metteva in atto, nascondevano un grosso significato che lui custodiva gelosamente, e ripescava ogni volta che si scontravano, o che veniva trattato in quel modo che lui definiva male.

Dopo diverse imprecazioni e tante frasi blasfeme che lo portavano talvolta a coprirsi le orecchie, Aziraphale si schiarì la gola strusciando la sedia all'indietro sul pavimento liscio.
-'Crowley, caro, va tutto bene?'-
-'Tutto bene!'-

Il rumore di stoviglie che grattavano l'acciaio lo allertò, e così raggiunse il demone. 
Crowley stava chinato sulla pentola, osservava il gioco dell'acqua e il vapore innalzarsi come se fosse uno scienziato alle prese con un esperimento che non aveva compreso, o che non era andato come si aspettava. 
Si grattò il retro del capo in un gesto pieno di nervosismo, sollevando i maccheroni con la schiumarola.
-'Ma quanto tempo ci mette?'-
-'Guarda che la pasta è molle, è cotta.'-
-'Sì ma l'acqua è ancora lì, quanto ci mette a seccarsi?'-
-'Ma.. non devi mica aspettare che evapori per metterci il sugo!'- 
-'Oh. E dimmelo prima, no?'-

Crowley rovesciò tutto il denso pomodoro nell'acqua in cui stavano galleggiando i maccheroni. Mescolò poco convinto, voltandosi verso Aziraphale. Lo trovò con gli occhi sgranati e una faccia indescrivibile, divisa tra lo stupore, l'incredulità, e l'ilarità più pura. 
-'Non aderisce, angelo.'-
Il proprietario della libreria dovette asciugarsi le lacrime, e farsi aria da solo in volto per riuscire a smettere di ridere. Aprì l'anta di un mobile tirando fuori uno scolapasta di metallo, sventolandoglielo contro.
-'Avresti dovuto usare questo.'-



Un gesto pesa un quintale in più di una parola.
 
La sessione di pulizie era terminata due giorni dopo, quando Londra era ormai invasa dal polline che volava come se un abnorme zucchero filato fosse stato frullato e messo in un uragano libero di volteggiare da quelle parti. Aziraphale stava sviluppando molta più sensibilità, faceva più starnuti che respiri. Arrivò a chiedere a Dio, se quella non fosse la sua punizione.
Crowley non se la sentì di lasciarlo solo o di lasciarlo in quel luogo, ed avendo anch'egli del lavoro da svolgere, lo aveva convinto a dormire da lui così da poterlo tenere sotto controllo. Si alzava durante la notte senza che nessun attrezzo digitale lo svegliasse solo per controllare che respirasse correttamente, e gli asciugava i liquidi che colavano fuori dalla bocca semiaperta o dalle narici. Dovette preparare litri di tisane lenitive alle erbe per alleviare i suoi fastidi, e di tanto in tanto lo svegliava per farlo bere idratandogli la gola secca. 
Per lui, fissato e maniacale con abiti e qualunque cosa gli appartenesse, il fatto che l'angelo gli stesse attaccando germi al cuscino e alle lenzuola era una pillola abbastanza sopportabile da mandare giù, se questo valeva a dire badare alla sua salute.
Quello che non si aspettava, era che oltre a occuparsi di lui avrebbe dovuto prendere il suo posto.

Aveva acconsentito a sostituirlo nella vendita, e nella non-vendita dei testi a cui più era affezionato al posto dell'angelo stesso. Non era molto saggio appioppare quel compito ad un soggetto come lui, che aveva imparato a leggere solo per non sentirsi emarginato.
Si era dovuto appropriare della esaustiva piantina che rappresentava ogni scaffale e i volumi che conteneva, imparare quali di quelli che avevano messo a posto fossero in ordine di pubblicazione, in ordine alfabetico, e quali in ordine di appartenenza alla stessa penna.
Dopo un'ora, era impazzito, ed aveva composto il numero del telefono di casa sua piazzato sul comodino, implorando l'angelo di ritentare un miracolo.
Il biondo dal canto suo, da malaticcio diveniva un incubo. Sembrava ancor più in cerca di attenzioni, telefonava ogni mezz'ora con la scusa di sentire la voce dell'amato, ma Crowley sapeva bene che stesse solo accertandosi che la libreria non andasse a fuoco di nuovo e quella volta a causa sua. Si era perfino permesso di suonare al campanello dei vicini per farsi dare dello zucchero.
-'Di.. Satan.. qualcuno faccia venire giugno alla svelta! Vaffanculo, adesso esco e tolgo tutte le cazzo di piante nel raggio di due chilometri da questo posto!'-
Crowley non aveva riagganciato bene.
Aziraphale si era rivestito, ed era corso alla libreria più in fretta che poté.
Decisamente, se avesse potuto, avrebbe risposto con piacere a quella richiesta accelerando il tempo.
Ma era felice di non poterlo fare.
Aveva ancora un mesetto pieno di coccole da riscuotere.


Estate. 
La passione. 




La sensazione più bella che avesse mai conosciuto tra tutte, se si voltava a guardare indietro, era sicuramente quella che stava provando in quel momento.
Non pensava di valere abbastanza per sentirla. Non era neanche sicuro di che cosa volesse dire abbastanza in quel momento, a quale dei suoi pensieri assegnare quell'avverbio, dove collocarlo all'interno della sua esistenza. Quanta profondità dargli. 

Gli sarebbe piaciuto tanto avere una sola risposta tra le sue cento e più domande, e molte erano le volte in cui provava a ripescarne una dall'unico suo punto di riferimento a disposizione. 
Lo stesso che ora era steso su un fianco, adagiato su una coperta con un gomito poggiato in terra e la guancia sulla sua mano aperta, a contemplarlo rapito.
L'unica cosa che impediva al calore della sera di imperlargli la fonte di sudore, era la leggera brezza che aveva deciso di soffiare su di loro portando via dal cielo tutte le nuvole. Non avevano protezioni alcune neanche metaforicamente dagli occhi di Dio, che sicuramente, si era voltato dall'altra parte di Londra.

Quello sguardo era talmente dolce da potergli risultare in veste di demone facilmente nauseabondo allo stesso modo in cui avrebbe trovato in linea generale l'odore che emanava una tazza di miele liquido, ma stranamente non era l'effetto che gli scaturiva. Era uno sguardo felice, incantevole, vero, sognante. 
Intriso di benessere, pieno di una distesa azzurra che celava i suoi stessi sentimenti. Esattamente come faceva il giorno con le stelle sulle loro teste. 

Come il loro amore, ch'era al suo posto dietro tante cose, anche le più antipatiche. Come i molteplici litigi e incomprensioni che li spingeva alle volte a non parlarsi per giorni. Ma c'era sempre, era indelebile, destinato a non estinguersi. 
Come le stelle facevano parte del cielo al mattino. 
Potevano essere invisibili, nascoste, dimenticate, ma ugualmente lì, specie per chi sapeva vederle in ogni momento e poteva godere in maniera costante della loro bellezza.
Come se Aziraphale avesse volato nelle sue vesti angeliche talmente in alto da assorbire quei puntini di luce e stamparseli nelle iridi, Crowley le ritrovava proprio lì, e adorava così tanto guardare. Non aveva bisogno di uscire all'aperto di notte per collegare mentalmente i corpi celesti e scorgere le costellazioni, poteva farlo quando voleva osservando all'interno di quegli occhi che erano troppo spesso ormai il suo buongiorno e la sua buonanotte, ma ci andava ugualmente. Non si opponeva a quelle richieste, perché la persona che gli aveva dato il mondo che tanto gli piaceva abitare, voleva che ogni tanto fosse così. 
Senza di lui, niente di tutto quel che stavano vivendo sarebbe stato più possibile. Da solo non ce l'avrebbe fatta, ad Aziraphale doveva tutto.
Anche fare le cose che non gli andavano a genio. 

Andare al mare, e fare un bel bagno in una latrina enorme e mondiale zeppa di scarti organici di persone e di animali anche morti e in decomposizione, quando potevano usare la sua piscina al coperto. Sopportare quindi le scottature del sole e la sabbia che gli si appiccicava addosso quando usciva dall'acqua. Restare coperto di salsedine che gli causava prurito, trovarsi nel mezzo di una moltitudine di pesci che gli nuotavano anche addosso, calpestare i sassi duri e dolorosi. 
Arrampicarsi sugli scogli e tuffarsi. 
Cose che in seimila anni mai aveva osato fare.

Anche trascorrere le ore di buio su un prato umido invece che nel loro letto. 
Lo faceva senza ammettere alla fin fine, che non gli era mai dispiaciuto poi tanto realizzare con lui tutta quella serie di momenti da trascrivere nel loro personale e unico libro della vita.
-'Mio caro, lo sai che cosa mi piacerebbe tanto?'-
Le dita della mano libera dell'angelo andarono a raspare con la lamina delle unghie la cute sotto i suoi capelli, con movimenti lenti e attenti, ed una volta ripetuto il gesto una decina di volte Aziraphale afferrava le radici della chioma ramata modellata in una cresta perfetta, e tirava in una presa decisa e fluida fino alle estremità facendosi scorrere i crini nello spazio interdigitale. 
Ripeteva quella sorta di coccola, che Crowley chiamava semplicemente massaggio, senza stancarsi mai per ore ed ore, divertito e appagato dalle espressioni che sotto il suo tocco faceva il demone. 
Aveva imparato a leggere in ogni sua piega del viso. Adesso era la curiosità a farsi spazio su di esso.
-'Che cosa?'-
Aziraphale sorrise, spingendosi più vicino al corpo dell'amato seminudo come il suo. Non smise mai di regalargli quelle carezze.

Dapprima il demone pareva sciogliersi dalle scariche elettriche che gli attraversavano tutta la spina dorsale, vinto dal rilassamento di quel gesto così calmante. Ma nel momento in cui l'angelo afferrava i capelli e stringeva, se avesse abbassato lo sguardo sul cavallo dei pantaloni neri, lo avrebbe visto alzarsi ed abbassarsi a scatti, intermittenti e irregolari.

Non arrossiva più quando pensava all'effetto che gli incuteva anche solo con una banale moina, se la interpretava come lui gli aveva insegnato. Il pudore era ancora e sarebbe stato presente fino alla fine, se mai ce ne fosse davvero una, parte della sua essenza. Calava ancora gli occhi vergognandosi in certi momenti dinanzi a certe frasi, a certi inviti. Ma qualcosa era mutato, e al contrario di ciò che pensava ne era lieto.
Era stato strano farsi guidare da un essere peccaminoso attraverso quel sentiero, ed uscirne senza sentirsi indegno di essere chiamato Angelo. Improbabile, ma non impossibile.
Malgrado ci avesse messo del tempo a familiarizzare con il calore al basso ventre anche nei momenti meno opportuni, aveva imparato a cogliere la bramosia per e nel suo partner, e si era dimesticato parecchio con lui. Era stato merito del demone se ora conosceva il suo corpo per intero, sapeva di che cosa avesse voglia, era coscienzioso e accoglieva quel nuovo e differente appetito con un accenno di lassismo. 
Aveva imparato a sentire e soddisfare la fame di lui. E non si sentiva mai tanto sazio come quando si cibava di quegli attimi. 
Ma richiedeva ancora espressamente ciò che lo portava al limite della pazzia inebriandogli la mente, perché aveva imparato anche che al suo compagno piaceva la supplica. Era capriccioso, ma sapeva essere anche tanto comprensivo e accomodante con il suo bisogno di calma e moderazione, ed era quello il motivo che per quanto l'angelo tentasse di divincolarsi dalla lussuria che si impossessava dei loro incontri, finiva per praticarla senza sentirsi mai un essere vizioso. 
Iniziavano in un modo, e finivano in un altro, e non era mai lo stesso inizio, e mai la stessa fine.

Era incredibile come quel demone riuscisse a comparare l'affabile dolcezza di cui necessitava con la depravazione, e Aziraphale diveniva dissoluto come non mai in quelle mani, solo perché alla base di tutto, era consapevole di essere amato sul serio.
E non c'era niente di male in amore, ad abbandonarsi un po' di più.
Ma non glielo avrebbe mai detto.

Perché Crowley gli tirava fuori cose che non sapeva neanche di possedere. Cose che riservava solo a lui.

-'Rivederti con i capelli lunghi. Fin all'inizio delle spalle.'-
-'Davvero?'-
-'Oh sì. Così sei bellissimo.. ma eri sexy da morire qualche anno fa.'-

Fu il turno del demone aprirsi in una risata come era solito fare invece lui il più delle volte, senza rivelare il singolare tratto che lo distingueva visibilmente dagli esseri umani, che malgrado le proteste di Aziraphale si ostentava a nascondere invece che camuffare con la giustificazione di avere una insolita passione per le lentine a contatto. Lasciò le palpebre calate, strizzandole ancor di più.
-'Perché ridi?'-
-'Perché negli ultimi tempi che li ho portati in quel modo, ridevi tu ogni volta che mi guardavi in faccia.'-

 


La passione è ovunque laddove c'è chimica. Se viene convertita nell'amore poi, è eterna. 

-'Che bel sole quello di oggi. Questo thé avrebbe potuto scaldarsi anche senza il fuoco se lo avessi lasciato qui appena qualche minuto. Non crede, Nanny?'- 


Tutto stava procedendo alla perfezione, proprio come aveva ideato il demone, con suo grande stupore. Lo aveva infine seguito in quella che a primo impatto gli era sembrata una assurda follia, un ammutinamento verso la sua fazione, percorrendo i suoi passi nel cercare assunzione laddove abitava quel che loro credevano essere l'Anticristo, al fine del controllo delle sue capacità soprannaturali. Funzionava. 
Il ragazzino era pacato, talvolta mansueto, talora esuberante, replicando insegnamenti e atteggiamenti che assimilava dai suoi tutori.

Lo aveva ascoltato, la sera qualche giorno dopo della nascita del bambino. Probabilmente era e sarebbe stato ugualmente l'unico, in grado di comprendere e inglobare tutto il suo delirante discorso.
Si era fidato di lui, del nemico, di un diavolo.

Il solstizio d'estate era giunto, e nell'aria si avvertiva la pesantezza dell'afa che iniziava ad incombere nell'atmosfera soffocando ogni sorta di frescura, nonostante il clima della loro ubicazione geografica, rendendo il trucco di Crowley meno resistente a tutte le ore del giorno in cui lo portava.
Ci provava, in segno di rispetto verso la sua etica e in nome della loro millenaria amicizia, a restare serio quando lo guardava in faccia e studiava le sue fattezze tra i boccoli della pettinatura vittoriana ed il rossetto magenta che verso le cinque iniziava a sbavare.

Con scarsi risultati, ma ci provava.
-'Non ti posso guardare, buon Dio..'-
Non tentò nemmeno di trattenersi dal ridacchiare, dinanzi l'espressione seria della sua controparte. Appoggiò il vassoio sul tavolino in legno verniciato di bianco come tutto l'arredo esterno dell'abitazione, richiamo all'attaccamento della struttura più importante del paese di origine del signor Dowling.
-'Allora, gradisci il thé?'- 
Crowley accavallò un ginocchio sull'altro nella sua gonna lunga, dal quale orlo spuntavano le estremità degli stivali alti che indossava per soggiornare in quella prorompente e raffinata villa, nel suo ruolo di tata. Appoggiò le prime falangi di tutte e quattro le dita lunghe della mano sinistra, dalle unghie rigorosamente smaltate di nero, spingendo la tazza del servizio di porcellana verso la creatura candida.
Aziraphale aveva ottenuto il permesso di crearsi un cucinotto personale in un'area appartata della zona verde, ove solitamente cenavano insieme lontani dalla famigliola americana. La cena era l'unico momento che i tre trascorrevano insieme salvo le attività tradizionali, ed era giusto lasciargli la loro intimità.
Ai coniugi stava bene che il personale interagisse, e il loro cuoco era più che d'accordo a risparmiarsi altri piatti da ideare e preparare anche per loro due. Crowley era sollevato dal non dover imboccare ancora il delfino dei Dowling, dal momento che questo si rifiutava a farlo da sé godendosi le coccole della sua balia, ma quasi dispiaciuto dal non poterlo terrorizzare con uno dei suoi racconti nel caso in cui avrebbe rifiutato i cibi che il menu prevedeva per lui per costringerlo a mangiare. Era uno dei suoi innocenti divertimenti preferiti ormai.
-'Versa. E' comunque l'unica cosa che posso bere, quando è giorno e il marmocchio è sveglio.'-

Non poteva permettersi di sorseggiare l'unica cosa ideata dagli esseri umani che a parere suo meritasse l'attenzione di un essere divino. Warlock ora impegnato nell'inseguimento di una farfalla nel vasto prato oltre la ringhiera a qualche metro da loro, correva da lui in cerca di risposte un minuto sì e l'altro pure nel corso della giornata, nell'ombra dei suoi sette anni. Iniziava a porre troppe domande, spinto dalla curiosità tipica dei bambini che si affacciavano al mondo reale, meno colorato e semplice, e più pieno di sfumature strane e difficili da esplicare. Cosa che era delegata a lui fare ormai, in veste di bambinaia. Specie quando i genitori non avevano tempo da perdere dietro la sua mente forbita a causa del lavoro, o troppo a disagio per entrare in certi particolari con lui. Che cosa c'era dopo la morte, da dove venissero i bambini. Aziraphale in certi specifici casi era pronto a venire incontro a sollevare ogni suo dubbio, ed affiancare il suo compagno nell'impresa di trasmettere informazioni esaurienti ad un cervello ancora acerbo, anche se quest'ultimo non richiedeva il suo aiuto. Era semplicemente secondo criterio dell'angelo, che Crowley ne avesse bisogno eccome.
-'Fossi in te ne approfitterei per imparare a non bere solo vino.'-
-'Fossi in te io imparerei a prendere esempio dalle piante visto che ci passi così tanto tempo.'-
-'Io sono già delicato, propenso alle cure giuste e a contatto con la natura come loro. Cos'altro mi renderebbe simile?'-
-'Che ne dici di muto?'-


Avrebbe voluto suggerirgli di stare con lui ad esempio, e avere un luogo speciale nel suo appartamento se solo avesse voluto, esattamente come i suoi speciali esemplari. La permanenza nella sua abitazione sarebbe stata un'opzione da non sottovalutare, per rassomigliare a dei vegetali che tanto piacevano ad entrambi, seppur il loro modo di rapportarsi con gli stessi fosse completamente differente. Non rimuginò affatto sul giardino rigoglioso, né sul fatto che tutto sembrava fiorire alla perfezione e sbocciare nei tempi prestabiliti senza invecchiare, anche se Aziraphale non aveva mai, negli ultimi due anni di impiego a quella parte, alzato più del dovuto i decibel per colloquiare amorevolmente con la piantagione circostante. 
Non gli attribuiva il pollice verde o l'inclinazione al giardinaggio, i suoi erano miracoli, e continuava a trovare il suo rude metodo molto più efficiente.
Le sue piante lo ascoltavano anche senza ricorrere alle sue potenzialità, se non per stabilire una connessione.
A lui però non avrebbe urlato contro, se avesse vissuto nel suo appartamento. Non lo avrebbe mai fatto tremare, se non lasciando la finestra aperta durante le notti in cui incombevano i temporali, solo per far sì che l'angelo avesse una ragione per stringersi a lui e cercare riparo. Fingendo, naturalmente, di essere infastidito da quel tocco invadente. Con l'Apocalisse imminente, aveva davvero poco a disposizione per esternare quello che quella creatura gli infondeva con un semplice sguardo, ma andava avanti giorno dopo giorno senza sapere da dove avrebbe potuto mai trovare il coraggio di confessarsi a lui.

Ci pensava sorseggiando quella inutile e insipida bevanda, quell'acqua sporca ed aromatizzata al sapore di ananas, osservando il giardiniere sotto mentite spoglie spruzzare gentilmente le foglie di una rampicante attorcigliata al pilastro del gazebo sotto cui erano coperti. 
Le sue piante però non gliele avrebbe mai fatte toccare.
Le avrebbe sicuramente viziate, e lui voleva essere l'unico ad essere viziato beneficiando della premura e delle attenzioni di quelle mani bianche.
Senza contare il fatto che stava annacquando le foglie alla rinfusa senza preoccuparsi della radice. 

La chimica ha in sé molte sfaccettature. 
Una di queste, è l'intesa.


 
Gli occhi di Crowley si schiusero lentamente.
Il capo ancora posato sulle sue mani intrecciate dietro la testa, le braccia piegate sul terreno. Aveva preferito stare a stretto contatto con gli steli d'erba supino, e lasciare che Aziraphale potesse avvolgersi addosso il lato della coperta destinato a lui, se avesse avuto freddo. 

Materialmente parlando, le stelle non erano che un plurisecolare sfondo, vecchio forse più di loro due. Sembravano riflettere la loro parte migliore, ed erano lì ferme a guardare lontane milioni di anni luce, ogni notte, ogni loro incontro. Perché Azirapahle adorava stare con la finestra esterna aperta anche di notte.
Lo facevano da sempre, da quando erano parte integrante di quel pianeta.

Crowley schioccò le dita, allungandosi i crini fin dove la volontà del suo compagno gli aveva suggerito.
-'Io pensavo ti stessi riferendo a un secondo round, che dici, anche quello ti piacerebbe?'-
Il demone afferrò il polso della sua controparte benevola, e si portò l'intero suo corpo addosso trascinandolo a sé con uno strattone che non gli fece affatto male. Allargò le gambe e tenne le piante dei piedi ancorate al suolo, a differenza delle cosce e dei polpacci piegati in angoli acuti. 
L'angelo era in ginocchio nello spazio tra quelle gambe longilinee, piegato solo con il busto verso l'uomo che gli accarezzava gli avambracci nudi. Avvicinò il naso al suo per sfregare dolcemente le punte, e sfiorò le sue labbra regalandogli un contatto docile e prematuro. Le dischiuse per permettere alla lingua di insediarsi nella bocca del compagno già socchiusa in attesa, ed esplorare il suo interno senza incontrare quella biforcuta di Crowley. Accarezzò dapprima il palato provocandogli un leggerissimo solletico. Frappose la punta tra l'interno delle labbra e i denti assaporandone tutti i contorni con una lentezza estenuante, sentendo le sue stesse gote ardere sotto il tocco indiretto e desideroso di quelle pupille inumane, dilatate ora di almeno il doppio. 

Lo lasciò fare limitandosi a risalire con le mani la schiena dal fondo, fermando i palmi aperti sulle sue spalle.
Aziraphale gli portò le mani in viso accarezzando la pelle gentilmente con i pollici, finché non andò incontro alla tacita adesione che l'ansito impaziente del suo fidanzato gli stava praticamente urlando. Il respiro era infatti diventato affannoso, pesante e grondante di esaltazione. Entrambe le lingue si incontrarono, spingendosi l'una contro l'altra e ritornando indietro come se stessero leccando a rilento in una sensuale gestualità una gustosa crema da un cono gelato, si cercavano avvolgendosi in movimenti circolari. I baci cangiarono natura, portando i due a sancire l'innesco della reciproca voglia di aversi anche con l'unione delle labbra. Provocarono gli schiocchi inconfondibili di chi stava irrefrenabilmente sentendo la frenesia di quei gesti crescere, e arrivare alla forma finale che sapeva di desiderio puro. Quella era una delle loro valvole di sfogo preferite, sarebbero potuti stare a scontrare le labbra e le lingue tra loro sino a consumarle e renderle rotte dalle piaghe, smettendo di usare la funzionalità degli organi vitali primari. Perché nessuno dei due respirava più quando la distanza tra i loro visi era ridotta al nulla. Tornavano sempre in Paradiso quando chiudevano gli occhi sotto quel tocco. 

Crowley acchiappò a tradimento con i denti l'unico muscolo che per il momento l'angelo stava usando per portarlo al limite della sopportazione. Gli impedì quindi di muovere la lingua, e si staccò per un attimo da lui solo per imprigionarla tra le sue labbra e succhiare forte, come se avesse potuto lasciare un segno violaceo anche lì, uno di quelli che gli lasciava sull'inguine o sul petto la maggior parte delle volte. Si lasciò invadere dal sapore del drink artigianale che si erano portati dietro, consumato su quel prato pochi minuti addietro per rinfrescarsi dal senso di ebollizione che la prima volta di quella sera gli aveva lasciato addosso, ma avevano fatto il grave errore di rivestirsi parzialmente, solo in caso che qualcuno fosse passato di lì. Sapore di ananas e cocco della piña colada trasudava da ogni goccia di saliva dell'angelo, Crowley se ne stava appropriando rendendola quasi secca per potersi abbeverare della sua essenza. Probabilmente non dimagriva consumando quel frutto giallo e delizioso a quantità industriali, solo perché si ingozzava di lui rendendo vani gli sforzi. E a entrambi stava più che bene così, infondo.
Aziraphale non poté che lamentarsi gemendo di piacere, imprigionato in quella trappola avida e lasciva. Il demone allora lasciò andare quella lingua dandogli modo di tornare al suo posto, e a contatto con l'aria e con il liquido caldo delle ghiandole salivari bruciava come se l'avesse immersa in una tazza di caffè bollente.
La soddisfazione non era ancora venuta a bussare alla porta della libido dell'essere malevolo, fu la volta del labbro inferiore del biondo ricevere la stessa tortura, la stessa sorte. Quella volta però fu diversa, benché Crowley aveva fatto scorrere le due estremità della lingua in due direzioni diverse su quella carne arrossata inumidendola a regola d'arte, mentre mordicchiava e si lasciava andare ai lamenti.
Il contatto visivo non si era quasi mai interrotto tra loro, nel frattempo. Soltanto qualche volta lo avevano portato in basso, per osservarsi gustare a vicenda.

L'erezione premeva insistentemente contro i pantaloni, unica barriera. I complessi erano uniti solo dal ventre dell'uno sull'altro, ed il suo bacino era quindi libero da qualsiasi contatto oltre la stoffa. Una sgradevole sensazione, per lui che avrebbe voluto strusciare contro il corpo pieno dell'angelo, e dargli modo di rendersi conto ancora una volta di che cosa era in grado di fargli, e di ciò che lui voleva fargli. 
Non conosceva altro modo se non il suo intrinseco per dargli prova di quanto voleva che fosse l'unico al mondo con cui incarnare il suo piacere, perché una smania come la sua era fuoco sul quale Aziraphale gettava benzina con ogni soffio, e nessuna creatura ultraterrena o umana avrebbe mai eguagliato o sovrastato quella sensazione di estasi spirituale, di eccitazione corporale. 
-'O mi togli i pantaloni o ti levi di dosso, e non provare a muoverti da come stai.'-
-'Ma allora non ho molta scelta.'-
-'Sei troppo lontano da me. Vieni qua, angioletto.'-

Finalmente l'angelo si stese completamente su di lui lasciandosi cingere da quelle forti braccia. Crowley era un fascio di nervi, ed era possente nelle strette pur avendo una fisicità asciutta e per niente grossa. Si sentiva oltremodo protetto e al suo posto, esattamente dove sarebbe dovuto essere.

Portò le mani in basso accarezzando i fianchi stretti del demone sino ad arrivare alle due linee che separavano gli addominali dal pube, e armeggiò con il bottone dei pantaloni per liberare il bacino da quella morsa fastidiosa. Calò il tessuto insieme a quello della biancheria intima rivelando il membro tiglioso. Con disappunto del demone, Aziraphale interruppe quella sessione di baci per qualche momento, ma solo per scendere a lasciare qualche stampo sulla linea del suo collo, ed allora il sorriso si fece nuovamente spazio sul suo volto. Si sentiva talmente bene sotto quel messaggero di pace.
L'angelo di punto in bianco impedì al suo compagno di apporre la stessa manovra ai suoi vestiti, e raccolse in una mano quella fonte pulsante di brama. Scese sul suo petto e poi sino all'addome, all'ombelico, e ai peli pubici anch'essi ramati, ma nel momento in cui tentò di interfacciarsi a un nuovo orizzonte si sentì frenare.
Ancor prima di poter sentire il calore che quella parte del corpo emanava, Crowley afferrò deciso e delicato al contempo la mascella del compagno riportandolo sul suo ventre.
-'Fermo, non farlo, torna qui da me.'-
-'No, aspetta un momento.'-

Aziraphale cercò di divincolarsi da quella presa ritornando a scendere sul suo corpo. Crowley allora si mise sedere, incontrando lo sguardo confuso della creatura eterea. Di rimando, i suoi occhi erano seri.
-'Dico davvero angelo, non ce n'è bisogno.'-
-'Ma tu lo fai tutte le volte, da ormai quasi un anno ed è piacevole, perché io non posso?'-

Il demone inspirò rumorosamente non sapendo in esattezza come rispondere a quel dubbio, a quel tono piagnucoloso e interdetto.
Batté le palpebre un paio di volte prima di trovare le esatte parole a costruire il concetto. Non voleva che si causasse uno sfregio alla deontologia, alla sua moralità bianca e innocente.
-'Non sarà troppo.. forte per te?'-
Il biondo allora sorrise, sfoggiando la sua dentatura in un'espressione adorabile.
-'Non lo trovo sporco, e neanche schifoso, se intendi uno dei due.'-
-'Non volevo dire..'-
-'..Crowley, stai un pochino zitto per favore.'-

L'angelo premette una mano sullo sterno del fidanzato riportandolo giù completamente steso in terra, e si calò a stuzzicare il basso ventre. Era impacciato, conosceva a grandi linee quel giochetto solo grazie a tanti volumi letti, a storie ascoltate, o perché lo aveva provato grazie a lui sulla sua pelle, ma replicarlo era diverso.
La teoria e la pratica non erano mai andate molto d'accordo per la maggior parte delle cose.
Aveva timore di non riuscire a spingersi troppo oltre come invece aveva visto e sentito fare su di sé, si tenne nel limite che la sua capacità gli dava, ma ciò non gli impedì di giocherellare a modo suo, fasciando comunque quasi tutta la lunghezza nella bocca.
Ciò che lo spinse a non fermarsi erano gli spasmi del corpo che aveva in mano sua, delle sue mani e della sua bocca, le invocazioni a qualche dubbia entità, il suo nome sibilato più e più volte con incitazioni sconnesse, ed il fatto che come lui, più andava avanti e più si rilassava, e riuscivano entrambi a godere del tutto.
Crowley dal canto suo non osò muoversi, né spingere. Aveva intenzione di farlo abituare con i suoi tempi, come lui volesse, dargli carta bianca e non forzare nessun movimento. Intrecciò invece le dita delle mani nelle sue, accarezzandogli i riccioli di tanto in tanto, senza tirare.
-'Posso smettere?'-
Aziraphale si staccò da lui quando iniziò a sentirlo quasi vibrare, e il liquido pre eiaculatorio pizzicò le sue papille gustative. Crowley sorrise respirando a fatica, e facendogli segno con le mani di raggiungerlo. Lo aiutò a farsi più vicino tirandolo a sé. 
-'Come sono andato?'-
-'Sei sublime. Ero al massimo.'- 
-'Non fare il ruffiano..'- 
-'Smetti di dubitare di te stesso.'-
-'Mi aiuti tu, a prendere un po' di sicurezza?'- 
-'Vuoi fare tu gli onori stavolta?'- 
-'No, prendimi tu. Voglio stare sopra, però. Vogliamo andare sù?'- 
-'Intendi sulle nuvole?'-
-'Già.'-
-'Ma non ce ne sono questa stasera. E' estate, ci sono le stelle cadenti.'-

L'angelo annuì, schioccando le dita. 
Non era preludio di tempesta, se non quella che di lì a poco si sarebbe scatenata nei loro cuori, come ogni volta che diventavano una sola anima e un solo corpo. 
-'Adesso ci sono. Pensa che bello vederne una direttamente da lì.'-
Crowley sorrise rispondendo al suo invito, lo liberò dei suoi abiti, e dopo averlo preparato per evitare alcuna forma di dolore o fastidio, entrò in lui rivelando le sue ali nere come la notte che sarebbe venuta di lì a poco.
Abbracciando il suo compagno che si tenne incrociando le gambe dietro il suo bacino, spiccò il volo.
Aziraphale iniziò a muoversi sopra di lui accogliendo le sue spinte secche e forti. Lasciavano il terreno facendo l'amore più vero, e l'angelo aveva dinanzi a sé una visione perfetta, che mai gli sarebbe sfumata e che avrebbe visto ogni singola volta che avrebbe chiuso le palpebre. Si strinse a lui accarezzandogli i capelli ora lunghi fin dove se li era fatti crescere apposta per il suo piacere, e si perse in un bacio lungo e bisognoso di quell'affetto, fino a quando non raggiunsero la quota necessaria ad adagiarsi su quel cumulo di vapore compatto, che riusciva a mantenere le loro essenze spiritiche racchiuse in quel tempio umano senza farli precipitare. Crowley si distese su quella superficie accogliente e morbida al limite del concepibile, mentre il suo angelo si dimenava su di lui. Si accarezzarono ogni lembo dell'epidermide che li ricopriva a vicenda, e Crowley ebbe l'accortezza di donare lo stesso identico suo godimento al biondo, raccogliendo una goccia che aveva iniziato a scorrergli sull'erezione appiccicaticcia, massaggiandola con prudenza.
Sollevò il busto con un addominale solo e Aziraphale si sistemò meglio come seduto a cavalcioni su una comoda sedia. Si mossero insieme seguendo gli stessi criteri di volontà, emettendo identici lamenti permeati di appagamento. Da lassù nessuno poteva udirli urlarsi ciò che sentivano.
Il seme dell'angelo imbrattò una piccola parte della nuvola riversandosi dapprima nell'aria e poi ricadendo per gravità, mentre Crowley lo raggiunse pochi affondi più tardi senza uscire da lui. Restarono stesi in silenzio l'uno accanto all'altro osservando le meteore cadere. Aziraphale divenne malinconico dopo un po'. Spostava lo sguardo colpevole da quello spettacolo al suo innamorato, cercando di decifrare la sua espressione.
Si chiese per un attimo se soffrisse senza dirlo, se ritornasse con la mente al suo passato.
Avanzò una domanda cercando di portarlo via dai brutti pensieri che le stelle cadenti potevano infondergli.
-'Stai esprimendo un desiderio?'-
-'Non ne ho, non più. Ho tutto ciò che occorre, no?'-
-'E' una credenza particolare.'-
-'Esprimine uno tu Azi, se credi che si avverino.'-
-'La mia bellissima Stella Caduta ha già esaudito tutti i miei desideri.'-
-'..E lo farà finché vorrai.'-

Nessun bacio in quasi un anno di relazione era stato più bello di quello che si scambiarono allora.

 L'Apocalisse non era riuscita a separarli, come molteplici circostanze non avevano fatto durante tutti quei millenni in cui nessuno dei due si era veramente curato di farsi guerra, in qualche modo. E non lo avrebbe fatto mai nessuno.
Coprirsi le spalle a vicenda era divenuto ormai sostenerle, e nessuna sensazione, nemmeno il suo infinito senso di potere sconfinato era sirenico e persuasivo, quanto quella che gli dava la certezza di essere amato. Si rese finalmente conto, che abbastanza non valeva a dire nulla.
Che importava se non fosse abbastanza improbo per gli standard della sua natura. Non sussisteva a differenza di quel che più temeva, il non amare abbastanza proprio per quella sua caratteristica esistenziale.

Perché Aziraphale gli tirava fuori cose che credeva di aver visto morire e di aver seppellito molto tempo addietro, di non possedere più. Cose che riservava solo a lui.
Mai come quelle volte era fiero di essersi sbagliato, ma questo non lo avrebbe detto mai. 
Aziaphale lo sapeva già.

Loro erano stati gli inviati perfetti su un pianeta sotto il segno della Bilancia.
Esattamente come i due piatti di essa, si tenevano in un equilibrio che avrebbe garantito al globo di girare ancora e ancora, e a loro, di amarsi per altrettanto tempo.

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Ehi, voi che siete qui, ciao!
Grazie mille per il vostro tempo. E voi, qual è la vostra stagione preferita?
Vediamo un po' cosa combino più avanti con il fluff xD
Grazie a Barby_Ettelenie_91:

https://efpfanfic.net/viewuser.php?uid=110786

per avermici spinta e per avermi insegnato a inserire gli autori nei capitoli xD tranquilla, non mi sono dimenticata del tuo obbligo! ❤
 
   
 
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