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Autore: TazzaBlu    14/06/2020    2 recensioni
"Erano passati già nove anni, da quando il Medimago del San Mungo l’aveva detto a voce alta, nella stanza asettica. Un fulmine a ciel sereno. Nella mente di Harry il ricordo di quella giornata di sole era vivido, come un dipinto ancora fresco su tela, come se le lacrime dei suoi figli fossero ancora appese alle loro guance. "
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton | Coppie: Harry/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Erano passati già nove anni, da quando il Medimago del San Mungo l’aveva detto a voce alta, nella stanza asettica. Un fulmine a ciel sereno. Nella mente di Harry il ricordo di quella giornata di sole era vivido, come un dipinto ancora fresco su tela, come se le lacrime dei suoi figli fossero ancora appese alle loro guance. Gli sembrava di avere ancora davanti a sé il viso forzatamente impassibile di Severus, mentre i suoi occhi gridavano di paura.
Il primo anno l’avevano passato a fare il giro del mondo, cercando risposte, soluzioni, vie di fuga, persino babbane. Non trovarono nulla però. Pozioni, medicine, religioni non potevano aiutare.  
I capelli di suo marito sbiadivano con inesorabile lentezza, e così faceva la sua mente.
Negli otto anni successivi aveva catalogato ogni ricordo, custodendolo gelosamente nei suoi cassetti interiori più intimi. Merlino, come l’amava. Non c’era stato giorno, in trentadue anni di matrimonio, in cui il suo amore non fosse cresciuto, dilatandogli il cuore.
Aveva capito che sarebbe stato più difficile del previsto quando era sceso in laboratorio, una sera prima di cena, e aveva trovato Severus, davanti a un calderone vuoto, con lo sguardo perso, confuso sul modo in cui iniziare. Severus Snape, uno dei più abili pozionisti del pianeta, in crisi davanti a un calderone di rame.
«Cosa devi preparare, amore?» gli aveva chiesto Harry, in uno sforzo sovrumano di far sembrare tutto assolutamente normale. Aveva guardato suo marito stendere le mani sul banco da lavoro, lo sguardo perso nelle profondità del recipiente.
«Non lo so, Harry» aveva risposto lui, non sollevando gli occhi.
Lo aveva baciato teneramente, gli aveva carezzato la guancia segnata dal tempo, gli aveva detto che l’amava, e che sarebbe andato tutto bene. Aveva salito le scale, singhiozzando silenziosamente. Si era appoggiato al muro, piegato in un muto grido di dolore, dilaniato dalla paura di perderlo, un pezzetto alla volta.
E così era accaduto. Gli occhi di suo marito si erano svuotati, nello scorrere del tempo.
Si abituò lentamente al fatto che non riconoscesse i suoi nipoti, o che qualche volta si rivolgesse a Lily, la loro primogenita, come se stesse parlando con la sua defunta madre.
Vedeva i volti dei suoi bambini, oramai adulti, sconvolti e provati, quando lo abbracciavano per salutarlo, imboccavano la porta a testa bassa. Ma i figli crescono, volano dal nido, camminano su altri sentieri. Harry aveva scelto di dividere la sua strada con Severus, tanti anni fa, e non vi avrebbe rinunciato.
Non era preparato quando accadde. Aveva pensato tante volte all’eventualità, ma era cresciuto con l’utopica idea che l’amore vincesse su tutto.
«Chi sei?» gli aveva chiesto mentre una sera lui gli accarezzava i capelli, abitudine consolidata in tanti anni di routine familiare. E aveva fatto ciò che aveva giurato a sé stesso di non fare mai davanti a suo marito, non dopo la malattia. Pianse, pianse tutte le lacrime che aveva in corpo, mentre si aggrappava al cotone del pigiama di Severus, che lo guardava confuso.
Una mattina di primavera, mentre il sole pigramente illuminava il tavolo apparecchiato per la colazione, Severus si guardò la mano sinistra, giocherellando brevemente con la fede d’oro. Si lasciò baciare docilmente, pronunciò per l’ultima volta il nome dell’uomo che amava. Harry sarebbe tornato tante volte, più tardi, al ricordo del suono della sua voce, ultima eco nell’oblio.
Cominciarono le notti insonni, appoggi per camminare, spugne insaponate per lavargli la schiena, poi vennero i giorni più bui. Continuò ad accudirlo, a trattarlo quasi con sacralità e devozione.
Una mattina suo marito non riuscì più ad alzarsi dal letto, la vita stava abbandonando gradualmente le sue iridi. Non era pronto, non era giusto. Aveva lottato così tanto, Severus, per la sua vita, non poteva finire così.
Accadde di agosto, il caldo afoso gli aveva incollato i vestiti addosso. Harry vide il petto dell’uomo che amava gonfiarsi e sgonfiarsi, profondamente, ritmicamente. Poi un respiro affannoso, e un altro.
«Sev, amore» il panico lo afferrò, la sua voce era stridula.
Il respiro si fece irregolare, poi un rantolo più profondo.
«No, ti prego! È troppo presto, ti prego».
Harry poggiò l’orecchio sul petto silenzioso di suo marito. Il vuoto lo inghiottì.
   
 
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