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Autore: Tenru Dragon    14/06/2020    0 recensioni
-Sei diversa, speciale, non dimenticarlo, promettimelo- dice lei con un filo di voce
-Te lo prometto mamma- le rispondo abbracciandola forte per l'ultima volta.
Da quel giorno sono passati 6 anni, Elinor ha mantenuto la sua promessa, non ha dimenticato, ma ha comunque perso se stessa.
Elinor è la prova che anche tra due persone completamente diverse che in principio dovevano odiarsi, può nascere l'amore.
Dopo essere rimasta in orfanotrofio per sei anni dopo la morte della madre, Elinor decide di cambiare il suo stile di vita per tenersi al sicuro, cominciando col cercare Farkas, un vecchio amico del padre, trovando invece colui che le farà ritrovare sé stessa.
Storia già conclusa e pubblicata sul mio account di wattpad: Elenhemmingsirwin
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi siedo sul letto e la madre del mio compagno mi si mette accanto –Prima di conoscere Farkas, il padre di Malachia, ero la semplice ragazza della porta accanto, ero studentessa di medicina e la mia vita era tranquilla, quasi deprimente, finché non arrivò lui, il più bel ragazzo, anzi uomo, che avessi mai visto, i folti capelli neri gli ricadevano sulle spalle, stavo passeggiando quando lo vidi la prima volta e non appena i miei occhi incontrarono i suoi color ambra capii che era lui, il principe azzurro che speravo mi portasse via dalla mia monotona vita- mi sorrise dolce, si passò uno mano sulla fronte e chiuse gli occhi –Furono i tre mesi più belli della mia esistenza quelli passati con lui, credo che in un certo senso lui mi abbia amata ma non era abbastanza così un giorno, senza dire nulla, neanche un saluto, scomparve...lo aspettai, speravo di rivederlo, che tornasse da me con il desiderio di restare per sempre, ma quando decisi di dimenticarmi di lui e andare avanti, scoprii di essere incinta- le misi una mano sulla spalla –Nel piccolo paesino dove vivevo, i segreti non esistevano, in poco tempo tutti lo vennero a sapere e la mia famiglia decise che era meglio farmi concludere gli studi lontano dagli sguardi e dai commenti delle persone che conoscevo, così mi trasferii a Parigi. Lì diedi alla luce Malachia- riaprì gli occhi e con sguardo triste riprese a osservarmi –Sai cosa significa il suo nome?- io scossi la testa –Deriva dall'ebraico e significa angelo, non appena lo vidi la prima volta capii che era il mio piccolo angelo custode, senza farlo apposta la persona che mi aveva salvato dalla monotonia e dalla solitudine non era Farkas, bensì lui...nacque di due mesi prematuro ed ebbi così paura nei primi tempi quando me lo fecero portare a casa, avevo terrore a lasciarlo solo e quando si addormentava lo fissavo respirare col pancino che saliva e scendeva dolcemente; finii gli studi quando Malachia aveva poco più di un anno, e cominciai il tirocinio nell'ospedale di Saint Louis, durante il quale salvai la vita ad una strana donna dagli occhi ambrati, una bellissima ragazza africana che stava cercando di dare alla luce la figlia da sola, nascosta in un vicolo, le permisi di stare da me per qualche tempo ma rifiutò, qualche tempo dopo il mio angelo cominciò a comportarsi in modo strano quasi come un animale, non sapevo che fare inoltre quando Malachia aveva appena compiuto quattro anni, scoprii di avere un tumore al pancreas al quarto stadio, ero disperata...- le lacrime le rigarono le guance –Ci misi un po' a trovare Farkas, una donna anziana che disse di essere sua madre venne da me, mi spiegò che mi aveva tenuta d'occhio e che era giunto il momento di portare il mio bambino dal padre, mi spiegò cosa era e cosa Malachia sarebbe diventato, così la seguii, quando raggiunsi il suo villaggio non ebbi il coraggio di lasciargli Malachia finché non lo vidi insieme alla sua famiglia, come era felice, capii immediatamente che il mio bambino sarebbe stato al sicuro e glielo portai, la moglie Isabel fu così gentile con me, non mi giudicò e mi promise che lo avrebbe protetto, Farkas si scusò e mi chiese di restare ma non potevo farlo, non volevo morire davanti agli occhi del mio angelo, sapevo che sarebbe stato in salvo così me ne andai- si alzò per prendere un paio di fazzoletti e si asciugò le lacrime –Ero ricoverata in ospedale quando la donna che avevo salvato qualche anno prima venne a farmi visita, mi disse che poteva curarmi e mi portò qui, nel suo villaggio dove per aver salvato una vita me ne venne donata una nuova, sono guarita, sono immortale, ma sono comunque stata costretta a stare lontano da mio figlio, ero diventata un felinide perciò non sarei stata la benvenuta nella sua vita, rimasi nel villaggio come guaritrice, poi mi trasferii in questa clinica per aiutare i diversi clan in un territorio neutro-

-Kana, lui non ti avrebbe di certo allontanata, lui ti voleva...ti vuole bene e ha sempre desiderato rivederti- le sorrido alzandomi –Quando lo salveremo dovrete parlare-

-Ritengo di si, comunque per il momento ci sono altre cose da risolvere, il ragazzo che avete salvato dalle streghe ad esempio, si è svegliato un paio di giorni fa, mentre eri priva di sensi, ti porto da lui- mi fece strada e mi accompagnò in una sala piena di tavoli dove alcuni mangiavano e altri giocavano a carte, il biondo era seduto tra Alisea e Omar e io mi ci sedetti di fronte.

-Ciao- lo salutai, il ragazzo sorrise e arrossì.

-S-s-s-salve- disse balbettando –C-c-chi sei?- domandò inclinando la testa.

-Mi chiamo Elinor, e tu?-

-M-mi c-chiamo Manuel Cadesti-

-Ti va di passeggiare con me?- chiesi notando la sua angoscia nello stare tra due persone che sprizzano odio da tutti i pori, tra loro e per me, lui annuì velocemente e si alzò per seguirmi fuori dalla clinica.

-Allora Manuel, quanti anni hai?-

-Io p-p-penso 15 ma n-non sono s-s-sicuro- raccoglie un fiore e me lo porge -S-s-sai dove è mio f-f-fratello?- chiese abbassando la voce e avvicinandosi a me

-Perché me lo chiedi a bassa voce?- chiedo sussurrando a mia volta e ridacchiando

-P-p-perché qui è pieno di f-f-felinidi e mia m-m-madre dice che ne c-conosceva uno che e-era p-p-pettegolo- io rido divertita mentre lui inizia a dire sssh a ripetizione ma trattenendo a sua volta delle risatine

-Come si chiama tuo fratello?- dico asciugando una lacrima di divertimento dagli occhi

-Sid Cadesti- dice, il sorriso mi muore sulle labbra e lui inizia a preoccuparsi della mia serietà improvvisa

-Gl-gl-gli è successo q-qualcosa?- domanda preoccupato

-Non ne sono sicura, dobbiamo parlare con Omar-

-M-m-ma lui mi s-s-spaventa- die fermandomi con una mano

-Fidati di me, non ti farebbe mai del male, è arrabbiato per colpa mia- lui annuisce convinto e mi segue fino a Omar che tutto solo e arrabbiato si allena nella palestra della clinica

-Omar- dico e lui subito cerca di allontanarsi –Aspetta, è il fratello di Sid-

Lui si immobilizza e si volta, lo osserva per qualche secondo poi si avvicina, ci sediamo insieme ad un tavolo nella palestra e ci facciamo raccontare di dove fosse stato e di come fosse finito in mano alle streghe.

-Perciò tu, tua madre e i tuoi fratelli siete stai presi quando eri piccolo?- chiedo per essere sicura

-Sì, Sid è sparito quando avevo sei anni ma mia madre era convinta che fosse vivo, l'avevano prelevato dalla nostra stanza due streghe e non era più tornato, la strega capo però aveva detto che la nostra libertà dipendeva da lui-

-Potrebbe essere che le streghe l'abbiano lasciato dove Taron potesse trovarlo?- chiedo a Omar riferendomi al padre adottivo di Sid

-Non posso credere che sia vero, era il mio migliore amico, non può averci preso in giro per tutto questo tempo- dice confuso –Ecco come le streghe sapevano dove eravamo non appena siamo arrivati in africa- si mette le mani in testa

-Magari ci ha mentito...- comincio -...ma l'ha fatto per salvare la sua famiglia- spiego –Non tutto deve essere stato per forza una menzogna, lui ti considerava come un fratello e tu lo sai- finisco

-Perciò S-s-sid non è q-q-qui?- chiede disperato il giovane

-Temo di no, ma non preoccuparti Manuel, lo troveremo e salveremo la tua famiglia- gli prometto tranquillizzandolo

-Manuel- dice Malaola avvicinandosi –Ti ho trovato, la dottoressa Kana deve farti gli ultimi controlli, vieni?- lui si alza contento e ci saluta per poi andarsene con la tigre

-Si comporta come un bambino- constato non appena esce dalla stanza

-Non sa leggere né scrivere e non conosce il significato di molte parole, deve essere stato cresciuto rinchiuso senza nessuna possibilità- dice sbattendo un pugno sul tavolo –Se Sid me lo avesse detto io...io...-

-Non avresti potuto fare niente Omar, non è colpa tua, Sid ha fatto la sua scelta e noi possiamo aiutarlo adesso, li salveremo- mi alzo e sto per andarmene quando lui mi ferma

-Grazie Elinor- mi abbraccia e restiamo così qualche secondo –Però sono ancora arrabbiato con te- dice tenendomi stretta, entrambi cominciamo a ridere.

 

  
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