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Autore: angel_deux    14/06/2020    5 recensioni
La prima volta che Brienne Tarth rivide il volto di Jaime Lannister dopo due anni fu in una foto tra le mani di Sansa Stark.
Beh, forse così era un po’ eccessiva. Ne aveva ancora una nella galleria del suo cellulare. Probabilmente era proprio quello il motivo per il quale continuava a rimandare l’acquisto di uno nuovo: scaricare nuovamente la foto sarebbe stato un atto intenzionale, ma continuava ad avere una in archivio era semplicemente un caso, no? Ma quello che aveva davanti gli occhi era nuovo, uno che non aveva mai visto in precedenza. Si sentiva come se fosse la prima volta che lo rivedesse da anni. Si era fatto crescere la barba e i suoi capelli biondi erano più lunghi di quanto ricordasse e gli arrivavano quasi a livello delle spalle.
“Cielo, guarda qui,” le disse Sansa. “Non posso credere che tornerà qui questa stagione. Non pensavo che sarebbe voluto tornare dopo aver perso la mano. Immagino che la nostra clientela sarà entusiasta di averlo qui.”
Francamente, nemmeno Brienne riusciva a credere che sarebbe tornato.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Brienne di Tarth, Jaime Lannister
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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ONCE SO MUCH TO EACH OTHER

 




La prima cosa che Jaime Lannister le avesse mai detto fu, “Ma che cazzo, sei una donna”.

In quel momento lei si trovava nelle stalle, inginocchiata nel fieno e con addosso anche la sua uniforme da autista. Di solito lei rimaneva rigorosamente dietro le quinte il più possibile, ma a volte Catelyn aveva bisogno che lei si occupasse anche di altre mansioni e quella di autista era la sua preferita. Sempre meglio di doversi infilarsi quegli stupidi abiti d’epoca e recitare la parte di qualche cugina zitella di brutto aspetto. Invece riteneva che quella divisa le stesse bene. Le sue linee morbide completavano la sua figura e le piaceva la fattezza dei pantaloni e la lucentezza degli stivali.

Ovviamente in quel momento nulla di tutto ciò era pulito. Era tutto spiegazzato e schizzato di fango a causa del lavoro che stava svolgendo. Conficcando il forcone nel fieno, si fermò per osservare il bellissimo nuovo attore che avevano assunto per unirsi alla compagnia. Lo aveva intravisto prima mentre guidava verso la struttura, con gli ospiti della settimana seduti sul retro della sua carrozza. Le era sembrato uno di quei bei tipi che, solitamente, si dimostravano essere molto pericolosi e il respiro le si era fermato in gola. La sua più grande vergogna era proprio avere un debole da sempre per gli uomini belli. Molte altre persone si sarebbero fatte avanti, ma non lei. Che cosa avrebbero detto gli altri di lei? Che cosa avrebbero pensato se avessero saputo che bramava uomini troppo belli per poterla notare? Non che avesse mai sperato che anche loro la ricambiassero, ma sapeva anche che la cosa non avrebbe avuto importanza. Questo sembrava ancora più patetico.

In quel momento Jaime non le sembrava bello come prima, ma le stava dando l’impressione che la stesse giudicando. Nel suo sguardo c’era un’espressione d’incredulità mentre osservava il suo seno quasi piatto. Poco prima che lui arrivasse si era sbottonata la giacca per affrontare quel caldo soffocante e tutto quello che indossava al di sotto era una sottilissima canotta bianca che lasciava trasparire visibilmente il suo reggiseno a pois rosa e verde acqua. Si alzò in piedi, felice di notare che, grazie agli stivali, troneggiava su di lui. Jaime la guardò, ancora sorridendo.

“Cielo, sei enorme,” le disse. “Mi chiedevo chi fosse quell’autista gigante. Sei ancora più grande vista da vicino.”

“Avevi bisogno di qualcosa?” Chiese Brienne.

La sua mascella era serrata e le spalle tese. Sapeva che Catelyn aveva lavorato duramente per portare via quello stronzo così assurdamente carino dalla compagnia di rievocazione storica di suo padre e non voleva essere certamente lei la ragione per la quale avrebbe cambiato idea, anche se stava facendo il cretino senza alcun apparente motivo.

“Cat mi ha chiesto di accompagnarti al suo ufficio,” rispose Jaime. “Ha detto che dovremmo conoscerci. Dovresti farmi da assistente personale fino a quando non riuscirò a prendere bene la mano con questo posto.”

Il suo sorriso diventò ancora più sfavillante. Probabilmente si era reso conto che lei già lo odiava.

Brienne iniziò a riabbottonarsi la giacca. Non le interessava che cosa potesse dirle, non le importava che cosa facesse, ma non gli avrebbe mai dato quella soddisfazione.

 

 

******************************

 

 

Trascorsero dieci minuti interi prima che gli urlasse in faccia che era un idiota. Lui le sorrise e le sembrò come se stesse guardando l’acqua del mare intorno a casa di suo padre a Tarth. Le ricordava le onde scintillanti del mattino, dorate e bellissime. Le tornò alla mente la mattina in cui Galladon era morto e da allora non si era fidata della bellezza del mare. In quel momento, si sentiva allo stesso modo anche con Jaime.

Era viziato esattamente come pensava che fosse. Aveva lavorato con suo padre per tutta la sua vita da adulto e non aveva proprio idea di come funzionasse il mondo reale. In un certo senso, era la persona giusta per Austen. Sembrava come se fosse giunto da qualche epoca passata e non conosceva nulla del mondo moderno, come ad esempio l’affitto e le bollette da pagare. Diventava stranamente nervoso ogni volta che si allontanavano dal maniero, come se si aspettasse sempre che qualcosa andasse storto.

Aveva anche dei bisogni particolari. Gli piaceva prenderla in giro, ma, ogni volta che cercava di seminarlo, lui continuava a seguirla, sconcertato dal fatto che lei volesse scappare via. Quindi lei iniziava ad essere brutalmente cattiva con lui, nel vano tentativo di cacciarlo via, ma la cosa sembrava solamente fargli piacere. Le faceva sempre l’occhiolino alle spalle delle clienti che avrebbe dovuto corteggiare. Si intrufolava nelle stalle per chiacchierare con lei quando invece avrebbe dovuto interpretare la sua parte. In più parlava costantemente di lei con Catelyn.

“Perché lo hai assunto?” Chiese Brienne dopo qualche giorno così esasperante. “E’ veramente un disastro.”

“E’ una persona rispettabile,” rispose Catelyn. “Una volta che è riuscito a liberarsi dalla morsa della sua famiglia. Mia sorella… beh, ci sono stati degli attriti. Ho visto un’opportunità per riconciliarmi con lui e Jaime trovare una via d’uscita per liberarsi dalla morsa di suo padre, quindi gliel’ho data.”

Brienne aspettò fino a tarda notte, nascosta sotto le coperte del suo letto negli alloggi del personale, per cercare di capire che cosa volesse dirle Catelyn. Sembrava che persone come i Lannisters non facessero qualcosa in pubblico senza che venissero scritti un paio di articoli, ma era stato ancora più facile trovare materiale su di loro di quanto avesse immaginato. Lysa Arryn, la sorella di Cat, aveva scontato una pena detentiva in carcere dopo che si era scoperto che la morte di suo marito era stata opera sua e del suo amante, un loro amico d’infanzia di nome Petyr Baelish. Alla fine erano stati incriminati grazie a delle registrazioni audio delle loro telefonate, dopo che erano quasi riusciti ad incastrate con successo i due bellissimi gemelli Lannister per l’omicidio.

Jaime sembrava più giovane nelle foto che aveva trovato online. Aveva uno sguardo feroce, simile a quello di uno squalo, e il suo sorriso affilato come un coltello. Lui e sua sorella sembrava due gocce d’acqua. Lei era più morbida in alcuni punti del suo corpo e aveva il tipico sorriso da politico, ma i suoi occhi erano famelici e di un verde brillante che le illuminavano lo splendido viso. Lysa e Petyr avevano messo in giro la voce che i due avessero una relazione in modo da far credere che i sospetti su di loro fossero ancora più fondati. Lysa aveva confessato che Jon Arryn aveva scoperto il loro segreto ed era per questo motivo che era stato assassinato. Ovviamente l’opinione pubblica le aveva creduto. Come avrebbero potuto non farlo? Jaime aveva già una terribile reputazione dopo aver picchiato a morte uno dei soci in affari di suo padre durante una lite. Erano ricchi e bellissimi. Cersei Lannister era sposata con Robert Baratheon, una stella nascente nel mondo della politica. Lo scandalo arrivò nel momento perfetto. Tutti volevano vedere i Lannister andare in rovina.

Fu Tywin Lannister a fornire alla stampa le intercettazioni delle telefonate tra la Arryn e Baelish. Ovviamente non lo fece in maniera ufficiale, ma sembrava che tutti sapessero che ci fosse lui dietro. Tywin non aveva preso alla leggera le minacce che avrebbero potuto mandare in cenere la reputazione della sua famiglia e aveva abbastanza soldi per corrompere il numero sufficiente di persone in grado di trovare qualcosa di utile.

Qualche attrito. Brienne quasi scoppiò a ridere mentre leggeva dal suo cellulare un articolo che aveva trovato su una pagina internet complottista dall’interfaccia a basso costo, quando ormai era ben oltre la mezzanotte. Catelyn aveva davvero sottovalutato la questione. L’unica cosa che l’aveva veramente sorpresa era che Jaime non avesse riso in faccia a Cat quando gli aveva offerto quel lavoro.

 

 

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Brienne si era lasciata guidare dal suo cuore fino all’Austenland tre anni prima di incontrare Jaime, quando era innamorata persa del suo amico Renly, anche se sapeva da sempre che lui fosse gay. Non lo aveva seguito perché sperava che cambiasse idea sui suoi gusti sessuali o per qualche altro motivo del genere. Semplicemente non sapeva che altro avrebbe potuto fare; lui era l’unico amico che aveva. Renly stava lasciando la sua compagnia teatrale per recarsi a Austenland, un luogo dove clienti facoltosi, nella maggior parte dei casi donne, pagavano una quantità sproporzionata di denaro per essere corteggiati da uomini con indosso abiti d’epoca. Questi corteggiamenti erano completati con tragici retroscena e personalità create su misura per far sentire per una settimana ogni donna come se stesse vivendo in una delle sue fantasie ispirate dalle opere di Jane Austen. Brienne pensava che tutta quell’intera faccenda fosse estremamente imbarazzante e che neanche il più profondo tra i suoi desideri più privati sarebbe stato sufficiente per farle rischiare di mettersi in ridicolo, cosa che sicuramente sarebbe accaduta se avesse mai pagato qualcuno per fingere di corteggiarla. L’idea che qualcuno fosse costretto a fingere di volerla, così come lei era, la divertiva e interessava allo stesso tempo. Odiava il suo aspetto, si sentiva come un totale abominio. Era terrorizzata al pensiero di che cosa la gente avrebbe pensato di lei, ma seguì comunque Renly.

Era ormai da diverso tempo che era giunta alla conclusione che non tutte le persone erano state fatte per essere amate. Ovviamente aveva incluso anche se stessa in questo gruppo. Quando era un’adolescente ed ancora un po’ ingenua su certe cose, pensava che, prima o poi, il vero amore l’avrebbe trovata perché era una persona veramente romantica. Lei amava il concetto di amore. Adorava sia i libri sia i film romantici. Ma il tempo passò e lei ebbe alcune terribili esperienze con dei ragazzi, arrivando così a credere che le persone come lei non erano state pensate per essere amate. Forse valeva come per gli sport: potresti amarne uno, guardarlo costantemente e conoscerne ogni segreto, ma questo non significa che sei portato per praticarlo. Forse alcune persone dovevano solamente rimanere in disparte a guardare.

Quindi aveva seguito Renly a causa di una sua idea dell’amore completamente errata, ma vi era rimasta per Catelyn Stark. La proprietaria di Austenland era una donna severa, ma amorevole, che non l’aveva mai guardata dall’alto in basso per nessun motivo. A Brienne era sempre piaciuto rendersi utile e questo Catelyn lo aveva molto apprezzato. Comprendeva i suoi punti di forza e li sapeva valorizzare al meglio. Aveva iniziato a fare affidamento su Brienne come sua assistente, ruolo per il quale lei non si era mai sentita portata. Era sempre stata abituata a mettere a servizio degli altri la propria forza, i suoi muscoli e le spalle larghe e non le avevano mai chiesto di utilizzare la sua mente.

Era proprio una qualità di Catelyn quella di riuscire a guardare oltre la scorza esterna di un uomo come Jaime e trovarvi al di sotto un cuore che batteva.

 

 

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Forse era proprio per la fiducia che Brienne nutriva per Catelyn Stark, ma, per qualche motivo, si era resa conto di iniziare ad apprezzare maggiormente la compagnia di Jaime ora che sapeva il motivo per il quale era stato assunto. Ridacchiava per i suoi insulti, comprendendo che si trattava solamente di battute. I loro diverbi si erano trasformati in uno scambio di sfottò. Aveva iniziato ad aiutarla nelle stalle per un tempo maggiore di quello che gli era concesso, andando entrambi contro le regole di Catelyn nei riguardi delle interazioni tra dipendenti che gli ospiti avrebbero potuto vedere. Ovviamente non smetteva di essere bello e troppo acuto per lei. Ma vi era una certa tenerezza dentro di lui che iniziò lentamente a mostrare, con molta esitazione. Brienne lo capiva, sapendo di non essere l’unica persona al mondo ad essersi fatta del male fidandosi troppo presto di qualcuno. Jaime le ricordava sempre un animale maltrattato che l’osservava mentre gli allungava una mano, indeciso se rimanere immobile o cercare di fidarsi che lei non l’avrebbe ferito. Era una strana sensazione sapere di poter fare male a qualcuno non a causa della sua forza fisica. Ma in realtà Jaime non era un tipo da nascondere i suoi punti deboli, infatti lei riusciva a scovarli con facilità ed era sempre gentile con loro. Trattava la sua fiducia per il grande dono che era.

Le altre persone avevano iniziato a vederli come un duo, come facevano con lei e Renly prima che lui iniziasse ad uscire con Loras e il loro rapporto si sfaldasse. Probabilmente credevano che fosse innamorata di Jaime, perché è così che di solito vanno le cose quando una persona brutta è tanto legata a qualcuno di così bello, ma non era questo il caso. O almeno non era così all’inizio. Naturalmente pensava che fosse attraente e non aveva problemi a dirglielo ad alta voce perché la sua era una di quei tipi di bellezza davvero oggettiva e che non si può non riconoscere. Sarebbe stato più strano se avesse finto che non fosse così. Era molto più facile ammetterlo e prenderlo in giro perché era una cosa che davvero odiava. Lo faceva sentire a disagio. Una volta che furono diventati amici, lui faceva battutine sull’aspetto di lei, ma non faceva mai osservazioni quando era Brienne a farle; si limitava ad alzare gli occhi al cielo e a cambiare argomento.

Lavorarono insieme per due stagioni prima di trovare un appartamento insieme, dal momento che lui trascorreva tutte le serate nel minuscolo buco di Brienne, addormentandosi sopra il divano davvero troppo piccolo quando si era fatto troppo tardi per andar via. Fu Jaime quello che trovò l’abitazione e l’affitto era davvero ragionevole, anche se insistette per pagare lui più della metà.

Vivere insieme era stato molto più facile che vivere separati e tutti i loro amici iniziarono ad odiare questa cosa. Il loro scambio di battute era diventato più veloce, più sfacciato, come se si trattasse di una danza della quale solamente loro conoscevano i passi.

La prima volta che Brienne aveva incontrato suo fratello Tyrion in occasione di uno spettacolo di Jaime, lui l’aveva guardata con uno sguardo carico di stupore. Lei aveva preso in giro Jaime per le sue scelte recitative e lui l’aveva beffeggiata per la risata fragorosa che aveva fatto quando, per sbaglio, lui aveva fatto cadere un oggetto sul palco. La testa di Tyrion si era mossa avanti e indietro tra di loro e poi aveva detto a Brienne che lei era la cosa migliore che fosse mai capitata a suo fratello.

Anche lei iniziò a pensare che Jaime era la cosa migliore che le fosse mai capitata. Era ancora scortese, un privilegiato e ignorava molte cose, ma era suo amico. Il suo migliore amico. Non era come con Renly, dove aveva solo lui e nessun altro. Adesso aveva diversi veri amici, ma Jaime rimaneva in cima alla lista. Era divertente ed esasperante e lei non era innamorata di lui. Di questo poteva essere certo. Era troppo bello perché lei potesse innamorarsi di lui.

Ma poi Jaime perse una mano.

Non che questa perdita lo rendesse più difficile d’amare o gli impedisse di essere ancora il suo migliore amico o lo facesse sembrare meno bello. Ma fu davvero difficile per lei continuare a circoscrivere i suoi sentimenti nell’ambito dell’amicizia quando aveva vissuto qualcosa di così terrificante insieme a lui, soprattutto dopo aver dovuto affrontare la possibilità di perderlo e aver capito quanto le facesse male vederlo in quello stato.

Dell’accaduto ricordava solamente dei flash.

Ricordava che avevano salutato Tyrion ed erano usciti insieme dal bar dove si trovavano. Ricordava il peso di Jaime contro il suo fianco. Lui aveva il braccio avvolto intorno alla sua vita mentre lei gli stringeva il collo con il gomito, stringendolo a sé. Barcollava sui suoi tacchi quindici che lui l’aveva persuasa ad indossare in modo che riuscisse a troneggiare su Bronn, un amico di Tyrion, in modo da ‘farlo stare al suo posto’. In realtà questa strategia non aveva molto funzionato, anche perché questo aveva trascorso l’intera serata a raccontarle quanto gli piacessero le donne alte, tanto che Jaime praticamente si era messo a sedere sopra il grembo di lei per reclamarne il possesso, così da cacciare via l’altro uomo. Ma la sua nuova altezza aveva fatto sì che Jaime fosse più gentile, docile e coccoloso e le piaceva il modo in cui lui si rannicchiava contro il suo fianco, assonnato, ubriaco e felice di aiutarla a reggersi su quelle scarpe che la facevano sentire incerta e barcollante.

“Hai davvero gli occhi più belli che io abbia mai visto,” le disse facendo praticamente le fusa.

In quel momento le ricordava più un gatto che un golden retriver, animale a cui di solito lo paragonava per prenderlo in giro. Scoppiò a ridere.

In quel momento sentì qualcosa che la strappò via dalla presa di Jaime, bloccandole il proprio braccio dietro la schiena. Questo lo ricordava.

Ricordava di essere stata spinta in avanti. Ricordava le urla di Jaime. Non aveva mai saputo quanti uomini vi erano in quel vicolo che la stavano strattonando, ma, un po’ per il panico e un po’ per l’alcol che aveva ingerito, le sembravano un centinaio. Inciampò quando la spinsero nuovamente, facendola andare a sbattere contro lo spigolo dell’edificio di fonte a lei. Sentì un uomo stringere le mani intorno alla parte posteriore della sua testa e intrecciare le dita tra i suoi capelli, impedendole così di vedere che cosa stessero facendo a Jaime. Gridò anche lei quando la spinsero con ancora più forza, facendole graffiare il viso contro la pietra che formava il muro dell’edificio.

La sua pelle era lacerata e il sangue e il dolore avevano eliminato completamente ogni traccia di quel piacevole fermento che aveva provato fino a pochi attimi prima. Jaime stava gridando il suo nome. Riusciva a sentire che lo stavano picchiando.

Loro però commisero un errore tipico di tutti gli uomini credendo che la più grande minaccia fosse Jaime. Infatti avevano lasciato una persona sola a trattenerla ferma e non impiegò molto tempo prima di sopraffarlo. Sentiva Jaime supplicare di lasciarla andare, offrendo loro in cambio denaro e qualsiasi altra cosa desiderassero. E poi ci fu quel suono orribile e lui iniziò a gridare.

Brienne non ricordava con esattezza come avesse affrontato gli uomini che in quel momento accerchiavano Jaime, ma sapeva di averlo fatto. Ricordava di aver preso un mattone e di averlo usato per colpire un uomo in faccia. Ricordava di aver morso un altro quando la sua mano le si era avvicinata troppo al livello della gola. Ricevette un pugno sulla guancia ferita e iniziò a piangere, ma non si arrese. Li combatté anche con i suoi tacchi. Sembrava come se ogni terminazione nervosa del suo corpo, qualunque muscolo avesse mai utilizzato, si unisse insieme e, mettendo da parte la paura e l’alcol che le scorrevano nelle vene, combatté contro di loro.

Quando finalmente quegli uomini scapparono via, aveva il pugno e il viso che sanguinavano. Sapeva di avere un aspetto orribile, perché le tre persone che si erano fermate ad aiutare Jaime e avevano chiamato la polizia sussultarono per l’orrore quando la videro avvicinarsi. Jaime la stava guardando. Il suo viso sembrava stordito dal dolore, poco vigile. Vi era del vomito a terra accanto a lui. Della sua mano era rimasta una poltiglia sanguinante.

“Brienne,” singhiozzò. “Brienne.”

E Brienne s'innamorò di lui.

 

 

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Brienne rimase in ospedale con Jaime per giorni dopo essere stata dimessa per la sua guancia lacerata. Era state capace di insultare pesantemente le infermiere quando erano troppo brusche con lui. Si era rifiutata ostinatamente a lasciare il suo capezzale e Tyrion le aveva in qualche modo convinte, o forse le aveva semplicemente corrotte, a lasciarla stare. Jaime era scoraggiato. Depresso. Il danno alla sua mano era troppo esteso. L’uomo che gliela aveva schiacciata con una mazza da baseball aveva fatto un lavoro davvero accurata. Avrebbero dovuta amputargliela e lui singhiozzava ogni volta si svegliava ed era abbastanza presente con la mente per ricordarlo, perché la foschia causata dagli antidolorifici impediva ad alcune informazioni di fissarsi permanentemente nella sua mente.

Tyrion vanne a fargli visita e così anche Bronn. Catelyn era lì a giorni alterni.

Suo padre, invece, andò da lui una volta sola.

Jaime si era appena addormentato quando lui era arrivato e Tywin aveva lanciato uno sguardo di disprezzo così penetrate in direzione di Brienne, che se ne stava seduta sulla sedia accanto al letto d’ospedale, che lei riuscì a sentirlo dentro di sé ancora per giorni, come se si fosse annidato lì e avesse iniziato a svuotarla.

Anche Cersei gli fece visita una volta soltanto.

La gemella di Jaime era una persona molto educata, ma il disprezzo che stava scarsamente nascondendo era così visibile che Brienne ebbe quasi voglia di scoppiare a ridere. Era un peccato che una donna bella come Cersei non riuscisse a capire come una persona brutta come lei potesse essere vissuta per così tanto tempo nel mondo. Brienne preferì lasciarla da sola con il fratello appena le fu possibile e trovò un motivo per indugiare un po’ più a lungo in caffetteria fino a quando non la vide lasciare l’ospedale.

Quando tornò nella sua stanza, vide che Jaime stava nuovamente piangendo.

Fu quella la notte in cui le raccontò ogni cosa. Gli confessò sussurrando la sua relazione con Cersei. Del motivo per il quale aveva attaccato Aerys Targaryen. Tutto quanto. Brienne aveva provato una serie di emozioni che andava dall’essere disgusta, all’impietosita, fino al terrorizzata. Nel frattempo l’amore che provava per lui stava crescendo, occupando tutto lo spazio all’interno del suo petto. Avrebbe dovuto andarsene. Avrebbe dovuto odiarlo per tutto quello che le aveva raccontato. Sentiva il senso di colpa che fuoriusciva dalla sua voce, sentiva la vergogna che provava e il modo in cui si incolpava per le scelte che aveva fatto fin da quando era bambino e il modo in cui si era sentito di non poter avere altre scelte fin da allora. Brienne ebbe la sensazione che lui si aspettasse che lei scappasse via. Ogni parola che sussurrava per lui era come un addio febbrile e triste.

Sì, lei si sentiva disgustata, ma non voleva correre via. Sentì dentro di sé insediarsi un senso di rassegnazione. Non se ne sarebbe andata.

“Non ha voluto nemmeno guardarlo,” le raccontò Jaime. “Già non mi voleva più e ora non riesce più a guardarmi.”

Era esausto quando le disse queste ultime parole, riuscendo finalmente a prendere sonno. La sua voce era diventata roca, di quel tipo che arriva sempre quando si ha pianto troppo.

In quel momento Brienne prese il suo moncone bendato delicatamente tra le mani.

Ti voglio, pensò. Gli dei mi perdonino, ma ti voglio ancora.

 

 

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Quando venne dimesso dall’ospedale, Jaime divenne davvero impossibile. Era sempre arrabbiato e triste e cercava ogni volta di scacciarla perché si sentiva in colpa per aver tanto bisogno di aiuto in quel momento. Ovviamente di questo Brienne ne era consapevole. Di certo lei non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno. Quando l’uomo era di cattivo umore e se la prendeva con lei, lo fissava fino a quando la vergogna non prendeva il sopravvento su di lui e lo costringeva a scusarsi. Quando aggiunse varie comodità all’interno del loro appartamento, spostando diverse cose in modo che lui potesse muoversi al meglio con una mano sola, cercò in malo modo di nascondere quanto questo gesto fosse importante per lui. Quando era troppo gentile, lui si infuriava. Quando Jaime provava a fare qualcosa con il braccio mutilato e si ricordava di non poterlo fare, era molto probabile che entrasse in uno stato dissociativo, i suoi occhi diventavano vitrei e distanti, trasmettendo una tristezza che lacerava Brienne. Era difficile relazionarsi con lui, ma lo amava. Qualche volta lei era certa che lui la odiasse perché gli impediva di piangersi addosso, ma lei lo amava. Alcuni giorni, quando si trovavano sul divano, lui appoggiava la testa sul suo grembo e le permetteva di accarezzargli i capelli fino a quando non si addormentava, con il braccio stretto contro il suo petto e lei lo amava.

La cicatrice sulla guancia di Brienne non sarebbe guarita completamente senza l’aiuto della chirurgia plastica, ma si rifiutò di sentire qualsiasi medico che glielo consigliasse. Non l’avrebbe mai detto a Jaime, perché sapeva che si sarebbe odiato ancora di più, ma non avrebbe fatto nulla per quella cicatrice fino a quando lui non avrebbe potuto avere una mano nuova. Le sembrava una cosa giusta. E comunque, a che cosa le serviva quell’intervento? Non era mai stata bella.

A Jaime era stata data una protesi mioelettrica che gli consentiva di mantenere certe funzionalità, anche se doveva recarsi da uno specialista per imparare come usarla e ritornava sempre da quelle sessioni frustrato e arrabbiato per quanto lentamente procedevano le cose. Tuttavia, lei riusciva a vedere dei barlumi di speranza che questo avrebbe potuto portare nella vita dell’uomo, come la possibilità di avere una certa indipendenza.

Brienne lo amava ferocemente. Amava tutto di lui. Lo aiutava in tutti i modi in cui lui glielo permetteva e continuava ad amarlo per tutto il tempo.

 

 

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Cersei si presentò un giorno in cui Jaime si trovava a pranzo fuori con Tyrion. Brienne non capì mai se sapeva che suo fratello non ci sarebbe stato o no. Le disse che voleva vedere i progressi che stava facendo con la mano che gli aveva comprato e lei la fece accomodare. Ovviamente aveva inviato un messaggio a Jaime per fargli sapere che sua sorella lo stava aspettando.

La bella Cersei, che si rifiutava di fargli visita, ma che aveva speso una fortuna per acquistargli la migliore protesi possibile. Brienne era certa che Jaime preferisse avere accanto le persona a cui teneva più di ricevere regali costosi, ma quella spesa così eccessiva la faceva sentire comunque inadeguata. Cersei poteva offrire a lui la sua bellezza, il suo corpo, i suoi soldi  e anni di amore, anche se in una forma tale che Brienne non avrebbe mai compreso. Tutto quello che invece lei poteva offrirgli era la sua devozione e il suo sostegno, ma sapeva di non poter essere alla sua altezza come invece avrebbe potuto essere lei. In fondo stava facendo tutto questo per lui perché Cersei non voleva farlo.

Cersei si accomodò sul divano, osservando l’arredamento della stanza con un’espressione lievemente divertita in volto. Brienne si mise a sedere lentamente su una sedia. Sapeva che qualcosa stava per accadere, ma non sapeva cosa.

Sai tutto di noi, non è vero?” Le chiese finalmente l’altra donna, con gli occhi fissi su di lei.

La sua espressione era completamente vuota, come quella che assumeva Jaime ogni volta che cercava di fingere di non essere arrabbiato.

“Sì,” ammise Brienne. “Jaime aveva preso troppi antidolorifici e non era proprio in sé. Non lo ha raccontato a nessun altro.”

Cersei annuì, come se si trattasse di un gesto di riconoscenza.

“E’ straordinario che sia rimasta segreta per così tanto tempo,” disse. “Jaime non è molto bravo a tenere a freno la lingua. Beh…” Lanciò uno sguardo pungente in direzione di Brienne, che non poté fare a meno di assumere una smorfia di disgusto. Cersei sorrise maggiormente. “Ti disgustiamo. La cosa non mi sorprende. Ma è un rapporto che ha accompagnato le nostre intere esistenze e non ne ho mai parlato con nessun’altra anima viva prima. È così elettrizzante poterlo finalmente fare. Mi dispiace però, perché so che lo ami.”

Brienne sentì come se il proprio volto si sciogliesse e, come risposta, il sorriso dell’altra donna si attenuò leggermente.

Vi era della pietà nel suo sguardo.

“Io…” balbettò debolmente Brienne. Il suo pensiero si concentrò su Cersei che, dopo aver dovuto tener nascosta la relazione che aveva con suo fratello per anni, ora stava facendo delle battute orribili solamente perché era nella condizione di poterle fare. Jaime la aveva detto che sua sorella era crudele e Tyrion aveva utilizzato delle parole ancora più colorite per descriverla, ma non credeva che in quel momento fosse crudele. Non di proposito. Non per amore della crudeltà. Era crudele perché le cose che avrebbe detto le avrebbero fatto del male e di questo ne era consapevole. A Cersei non interessava particolarmente se l’avrebbe veramente ferita, ma la cosa non era intenzionale. “Sì,” ammise, non riuscendo a fermare quella parola in gola. “Ma non sono un’idiota. Non mi aspetto nulla.”

Cersei si rilassò leggermente, sorrise e si sporse in avanti per raggiungere la mano di Brienne, che l’allungò in modo che potesse stringerla.

“In tutta la nostra vita, non c’è mai stato nessun altro,” spiegò. “Nemmeno il nostro matrimonio si è messo in mezzo tra di noi. E’ qualcosa che ho dovuto sopportare, ma non ho mai amato Robert. Ho amato sempre e solo Jaime e lui ha sempre amato solo me. Non sei la prima donna che si è inutilmente innamorata di lui. Ma Jaime ti ha davvero tanto a cuore.”

“Sì,” rispose Brienne. Non riuscì proprio a sopportare la vista di quella dolce espressione di tristezza dipinta sul volto di Cersei. “Lo so.”

“Sento di essere in debito con te, Brienne. Sei stata al fianco di mio fratello quando io non potevo sopportarlo. Sei stata davvero una santa. Sei stata indispensabile per lui, più di quanto io non sia mai stata. Ma io sono la sua metà e lui tornerà sempre da me.”

Brienne avrebbe tanto voluto fare una scenata. Avrebbe tanto voluto strapparle la mano. Avrebbe voluto chiederle davvero di andarsene. Ma perché reagiva così? Che cosa voleva dimostrare? In fondo Cersei non stava dicendo nulla che non fosse vero.

“Sì,” concordò. “Ne sono consapevole anch’io.”

“Se questo fosse un film, una di quelle frivole commedie romantiche dell’era moderna, a un certo punto lui si renderebbe conto di non essere mai stato innamorato di me. Ovviamente, noi non saremmo imparentati perché questo non farebbe incassare molti soldi. Io sarei la ragazza carina, ma tremenda e cattiva, e tu saresti l’amica bruttina segretamente innamorata di lui. Alla fine lui si renderebbe conto che eri tu la persona giusta per lui fin dall’inizio, non è vero?”

“Lo so che la vita non è un film,” rispose Brienne. “Ti ho detto che non mi aspettavo nulla. È esattamente quello che intendevo. Sono semplicemente una sua amica ed è tutto quello che mai sarò per lui.”

“Oh, tesoro. Non volevo fare la persona cattiva,” spiegò Cersei. “E non ti sto accusando proprio di nulla. So perfettamente che sei consapevole di qual’è il tuo posto.”

Qualcosa dentro Brienne subì uno scossone. Il suo posto? Il suo posto era al fianco di Jaime, dove lui voleva che lei si trovasse e dove lei voleva stare. Ma Cersei non aveva torto. C’era una malvagità nascosta, qualcosa di orribile, nel suo sguardo, ma non aveva torto.

“Allora di che cosa si tratta?” Chiese debolmente. “Perché mi stai dicendo tutto questo?”

“Jaime adora quel genere di film,” spiegò Cersei. “Gli piace pensare di essere un eroe uscito da qualche vecchia storia. Un cavaliere o una specie di supereroe dei fumetti, che si lancia in picchiata per salvare una fanciulla in pericolo. È il tipico protagonista di ogni storia d’amore e tu sei la ragazza brutta che ha bisogno di dimostrare la sua bellezza. Sei l’amica a cui deve tutto. Quando gli ho detto che avremmo dovuto mettere fine alla nostra relazione, ha trovato qualcuno a cui potersi appoggiare e tu hai fatto per lui più di quanto io abbia mai immaginato di fare. Non ho alcun dubbio che anche lui, a modo suo, ti ami. Ti è in debito anche per il ruolo che stai avendo come sua infermiera domestica e come supporto emotivo. Conosco bene il suo modo di pensare. Conosco bene il suo modo di fare. Si convincerà che anche lui è innamorato di te.”

Brienne ritirò la mano da quella presa, sapendo perfettamente che in quel momento il suo viso doveva apparire davvero spossato.

“Non lo farà,” disse.

“Invece sì” Cersei era tranquilla, con il corpo proteso in avanti. I suoi occhi catturarono lo sguardo di Brienne con la stessa facilità con cui ci riuscivano quelli di Jaime. “E’ quello che fa sempre. Jaime è alla disperata ricerca di qualcuno che lo ami. È la sua più grande debolezza. È per questo che è sempre stato lui a prendersi cura di Tyrion. È per questo che ha fatto così tante cose orribili per me. Voleva semplicemente approvazione, amore e compagnia ed è una persona davvero facile da sfruttare. In questo momento, io non lo voglio intorno. Gliel’ho anche detto. La nostra relazione non è salutare per me più di quanto non lo sia per lui e quindi ho cercato di… mettermi sulla buona strada. A questo punto, però, conosco troppo bene entrambi.” Il sorriso sulle sue labbra era leggermente triste, ma Brienne riusciva ancora a vedere un barlume di falsità, qualcosa di crudele. Ma il fatto che si stesse divertendo troppo in quel momento, non significava che non ci fosse un briciolo di verità. “Crederà di essere innamorato di te, perché sarebbe la cosa onorevole da fare e perché ricambierai i suoi sentimenti. Tu gli darai quello che desidera più di ogni altra cosa, ma poi, tra un anno o due, lo rivoglio indietro. Gli dirò che lo desidero ancora e lui tornerà da me. Tutte le illusioni che avrà avuto fino a quel momento si dissolveranno e lui ne sarà consapevole. Non importerà che cosa penserà di doverti. Non importerà se tu lo amerai. Non importerà neanche se nutrirà dei veri sentimenti per te. Tutto ciò che conta siamo io e lui.”

Quindi si alzò in piedi e sorrise in direzione di Brienne. Era un sorriso allo stesso tempo sia dolce che triste. Vi era un’espressione vuota nei suoi occhi mentre metteva una mano sopra la spalla dell’altra donna.

“Cerca di trovare un modo per proteggerti, mia cara,” disse. “Perché mio fratello crede di essere un cavaliere dall’armatura splendente, ma non si rende conto di quanto sia facile trasformarsi nel cattivo della storia.”

 

 

 ******************************

 

 

Quando Jaime tornò a casa, era sul punto d’avere un attacco di panico.

“Che cosa ti ha detto?” Le chiese. “Che cos’ha fatto?”

“Nulla,” rispose automaticamente Brienne. Era piombata in uno stato di apatia da quando Cersei se n’era andata. Quelle parole finali erano penetrate nelle sue orecchie come un monito. Un promemoria. Un promemoria di cui non aveva davvero bisogno. Intanto l’uomo aveva iniziato a fissarla con uno sguardo carico di terrore. “Nulla,” disse nuovamente. “Voleva solamente vedere la mano.”

“Brienne, so che ti ha detto qualcosa,” spiegò Jaime. “Altrimenti non sarebbe stata così compiaciuta. Mi ha raccontato che ha parlato con te.”

“Oh, ti ha trovato?” Chiese lei, costringendosi a parlare. “E’ riuscita a vedere la tua nuova mano in azione?”

In pochi secondi, il volto di Jaime mutò, apparendo devastato, come se gli avessero appena rotto il cuore. Si avvicinò alla donna.

“Brienne,” sussurrò. “Per favore, dimmelo. Qualunque cosa ti abbia detto, posso fare in modo di sistemare le cose.”

“Mi ha detto che sono brutta e mi ha ringraziato per essermi presa cura di te per lei,” rispose Brienne. Cercò di sembrare il più tranquilla possibile, di essere per giunta simpatica. “Non è stata molto gentile, ma non penso che sarà l’ultima volta che, comunque, ci incontreremo. Non è stato un grande problema.”

Jaime continuava a guardarla in quel modo, come faceva quando lei aveva quasi paura di lui, perché sicuramente riusciva a vederlo. La guardava con quell’espressione così penetrante.

“Mi dispiace,” si scusò. “Per qualsiasi cosa ti abbia detto.”

“Sì,” rispose Brienne. “Lo so.”

 

 

 ******************************

 

 

Le parole di Cersei continuarono a tormentarla.

Sapeva che Jaime aveva un costante bisogno di affetto. Sapeva che gli piaceva essere amato. Tutto questo si era amplificato dopo l’incidente. Lo aveva sempre al suo fianco, desideroso di acquistare qualunque cosa di cui avesse bisogno per compensare tutto il tempo che impiegava per prendersi cura di lui. Le era sempre vicino, desiderando sempre di più.

Non cercava di liberarsi di lui. Non cercava di allontanarlo. Non lo affrontava neanche. Semplicemente… notava.

Notava come lui si precipitava sempre a fare qualcosa per lei che sapeva di essere in grado di fare: lavare I piatti dopo aver mangiato, fare piccole commissioni, tirare fuori il gelato dal congelatore. Aveva iniziato a sedersi sul divano più vicino a lei rispetto al solito. Poggiava la testa sul suo grembo più del solito. Si applicava nei suoi esercizi per riabilitare le mani con più dedizione del solito, come se avesse qualcosa da dimostrarle. Le chiedeva continuamente delle rassicurazioni.

Le diceva che le era veramente grato. Le diceva che era la sua migliore amica. Le diceva che era il mondo per lui.

Lo stomaco di Brienne non faceva altro che contorcersi su se stesso.

Catelyn arrivò un giorno con qualche piatto preparato in casa, perché nessuno dei due era stato molto bravo a prendersi cura di loro ultimamente, e lei non poté fare a meno di comportarsi come una madre. Jaime doveva andare ad una seduta di terapia riabilitativa e aveva baciato Brienne sulla guancia come aveva iniziato a fare già da qualche giorno. Dopo aver bevuto un caffè insieme ed aver pianificato alcuni dettagli per la prossima stagione, Catelyn si schiarì la gola.

“Jaime sembra più felice,” constatò. “Più equilibrato. Presumo che ti debba ringraziare per questo.”

“E’ lui che sta facendo tutto il vero lavoro,” spiegò Brienne. “Io lo sto semplicemente sostenendo.”

“Sembra molto… affezionato.” Quando l’altra donna si limitò a fissarla, senza dire una parola, Catelyn sorrise e allungò una mano per stringere le sue sopra il tavolo. “Come se provasse dei sentimenti per te. Il modo in cui ti ha guardata…”Ma si ritrasse quando vide lo sguardo dipinto sul volto dell’altra. “Almeno che non sia quello che tu desideri?”

“No…io…” balbettò Brienne. Non aveva mai voluto raccontare a qualcuno di qualcosa di così malsano per la sua vita. Se c’era una persona che avrebbe potuto darle un consiglio che effettivamente avrebbe ascoltato, quella era proprio Catelyn. Ma non poteva. I segreti che avrebbe dovuto raccontare non erano i suoi. “Cersei mi ha parlato di lui. Del modo in cui… reagisce. So perfettamente che lei ha ragione, ma è difficile da venirci a patti.”

“Che cosa intendi?” Le chiese Catelyn.

Brienne si fece strada con attenzione all’interno della conversazione. Non mentì a Catelyn, ma non poté raccontare tutta la verità. Le raccontò le cose importanti, come il desiderio di Jaime di essere amato e di avere compagnia e di come Cersei le avesse predetto che tutto questo si sarebbe amplificato.

“Lei lo conosce meglio di chiunque altro,” aggiunse quando finì tutto il discorso. “Sicuramente dovrebbe sapere bene queste cose.”

Catelyn sospirò. Si concesse qualche momento per rimanere in silenzio a pensare e Brienne cercò di non sembrare troppo disperata. Voleva davvero che le dicesse che fosse un’idiota a fidarsi di Cersei. Voleva davvero che le dicesse di seguire il suo cuore. Forse non era il consiglio migliore, ma era quello che desiderava ricevere in quel momento.  

“Forse sei tu quella che lo conosce meglio,” disse finalmente Catelyn. “O forse pensa semplicemente che sia così. So che loro due sono stati lontani per un po’ e so che quando non erano… Jaime ha sempre dimostrato di avere un cuore più grande rispetto a quello che suo padre e sua sorella volevano dare a vedere. Quando pensi di guardarti in uno specchio per tutta la vita, probabilmente è difficile vedere quando il riflesso inizia a cambiare senza di te. Ho visto Jaime sbocciare più in questo periodo di quanto non lo avesse fatto prima. Lo so che fa anche parte del suo lavoro. Ama recitare. Ama fingersi innamorato. Ma so che parte di questo cambiamento è operato tua. Ma hai ragione. Non lo conosco bene come te. Non lo conosco bene come Cersei. L’importante è che tu trovi un modo per proteggerti. Se questa cosa non ti sembra giusta, diglielo. Fagli domande. Cercate di avere una conversazione. So che all’iniziò potrà sembrare imbarazzante, ma è la cosa migliore da fare se non sei del tutto sicura.”

 

 

 ******************************

 

 

Adesso le parole di  Catelyn e di Cersei combaciavano. 

Proteggiti.

 

 

 ******************************

 

 

Brienne tornò a lavorare a Austenland per l’ultima settimana della stagione. Lasciare Jaime da solo per sette interi giorni così presto le sembrava un’idea terribile, ma si scambiarono messaggi per tutto il tempo e Tyrion la teneva costantemente informata. Jaime era infastidito per il fatto che lo trattassero come un bambino, ma sembrava sempre sollevato quando lei lo chiamava a fine giornata. Ovviamente lui non aveva bisogno di lavorare, aveva dei soldi provenienti dal suo fondo fiduciario e da degli investimenti che aveva fatto nel corso degli anni, ma Brienne si sentì sollevata quando iniziò a collaborare nella palestra dove faceva le sue sedute di terapia. In questo modo aveva qualcosa da fare e sembrava anche piacergli.

Quando Brienne torno nel loro appartamento dopo una settimana, si rese conto che le luci in cucina erano fioche. Vi erano delle candele sul tavolo.

Jaime era in piedi davanti al forno, con indosso un grembiule. Aveva un cucchiaio di legno ricoperto di salsa legato al moncone e la stava fissando con occhi sgranati e sguardo colpevole.

“Merda,” esclamò. “Sei tornata in anticipo.”

Brienne lo fissò a sua volta. Jaime strappò freneticamente via il nastro, lasciando così il cucchiaio di legno. Si tolse il grembiule, passandosi poi la mano tra i capelli.

“Merda,” disse nuovamente. “Io… Sorpresa! Volevo prepararti la cena.”

Le sorrise, imbarazzato e bellissimo. Con la mano stringeva il grembiule al petto. Le sue guance erano leggermente arrossate per l’imbarazzo. Brienne si costrinse a sorridere. Si costrinse ad abbracciarlo.

Dentro di sé, si sentì morire.

Questo era esattamente quello che Cersei le aveva detto che sarebbe successo.

Gli spaghetti di Jaime erano buoni. Non erano eccezionali, ma comunque ci aveva provato, e Brienne li mangiò tranquillamente, temendo per quello che sarebbe potuto succedere dopo la cena. Lui era nervoso: continuava ad afferrare la forchetta, lasciarla nuovamente sul tavolo e pulirsi il palmo della mano sopra i jeans. Aveva cercato di iniziare una conversazione, per poi bloccarsi, ben tre volte. 

Per favore, pensò Brienne. Non dirlo.

Aveva appena messo in bocca una forchettata di spaghetti quando Jaime si lasciò sfuggire un, “Sono innamorato di te,” seguito da, “Merda” e “Scusami” e “Stavo cercando di trovare un modo carino per dirtelo”.

Brienne si prese tutto il tempo necessario per masticare e deglutire la pasta, in modo da poter pensare attentamente alle giuste parole da usare. Evitò lo sguardo di Jaime il più lungo possibile, ma quando tornò a concentrarsi sul suo volto, notò che i suoi occhi erano sgranati e carichi di terrore e, più di ogni altra cosa, provò dispiacere per lui. Ripensò al tono sprezzante che aveva utilizzato Cersei quando era venuta a parlare, come se il bisogno d’amore e affetto che provava suo fratello fosse una qualche forma di stranezza che non riuscisse proprio a capire. Brienne lo amava. Brienne gli avrebbe donato tutto l’affetto che desiderava. Avrebbe voluto amarlo completamente. Sarebbe stato tutto più facile, se solamente non avesse conosciuto la verità.

Purtroppo, però, ne era a conoscenza ed era consapevole che sarebbe bastata una sola chiamata di Cersei per farlo tornare di corsa da lei. Come avrebbe potuto competere con lei?

“Jaime,” disse infine, cercando di essere il più delicata possibile. “Jaime, io penso che… non credo che tu sappia veramente quello che stai dicendo.”

L’uomo la fissò ancora per qualche momento. Il terrore sul suo volto era diventato ancora più intenso.

“Che cosa” le chiese.

“Penso che tu… non so come dirtelo… abbia fatto una… proiezione?”

“Proiezione?”

“Su di me. Perché sono qui. Perché vuoi che qualcuno ti ami e io sono qui. Questo è esattamente quello che tua sorella mi ha detto che sarebbe successo.”

“Brienne,” disse Jaime, inorridito.

“Mi ha spiegato che è questo ciò che avresti fatto. Ha anche aggiunto che avresti ingannato te stesso nel pensare che…”

“Cersei ti avrebbe raccontato qualsiasi cosa per assicurarsi che tu…”

“Jaime. Lei ha ragione.”

Jaime si bloccò. La sua bocca era mezza aperta come se stesse per aggiungere qualcosa, ma si limitò a scuotere la testa e abbassare lo sguardo sul suo piatto.

“E’ gelosa,” disse infine. “Di te. Le ho detto che provavo dei sentimenti per te. Credevo che te lo avesse raccontato quando è venuta qui qualche settimana fa, ma, ovviamente, ha fatto qualcosa di molto peggio.”

“Voleva avvertirmi,” spiegò Brienne. L’uomo sembrava davvero ferito, come se lo avessero appena preso a calci, quindi si sporse in avanti e, allungando una mano per coprire il moncone, aggiunse, “Sapeva che ti saresti sentito in debito con me, perché io sono qui e lei no, e perché credevi che questo significasse che dovevi innamorarti di me. Ma non è così, Jaime. Sei il mio migliore amico. Non ho bisogno di nient’altro da te.”

“Non ne hai bisogno o non vuoi?” Le chiese Jaime.

Brienne evitò la domanda, agitando la mano libera in aria come se la questione non avesse importanza.

“Ti ha detto che in questo momento non ti vuole, quindi pensi di aver bisogno di qualcun altro accanto. Ma alla fine lei ti rivorrà nuovamente indietro, come fa sempre, e ti accorgerai di aver fatto un errore. In realtà, tu non mi vuoi affatto.”

Jaime le allontanò il braccio e si portò il moncone al petto, come se lo avesse ferito.

Brienne— come un’idiota, ma a questo ci avrebbe pensato più tardi — continuò a parlare. La sua voce era ferma, calma e razionale. Pensava che in questo modo avrebbe potuto creare una specie di contatto con lui.

“So che non è intenzionale. So che non puoi farci nulla. Non è che io abbia mai avuto molti amici nella mia vita come te, ma immagino che tu ti stia sbagliando e scambi questi sentimenti per amore.”

“Io non sto sbagliando nulla,” rispose Jaime.

Brienne rimase sorpresa per tutto il veleno che c’era nella sua voce. Immaginava che si dovesse sentire imbarazzato. Immaginava che avrebbe colto l’occasione per lasciare la stanza e andare a letto presto. Sarebbe tornato da lei l’indomani, con la coda tra le gambe, e avrebbe ammesso che lei aveva ragione.

“Jaime,” disse.

“No. Io non… tu non mi stai ascoltando. Cersei ti ha mentito, Brienne. Ti ha detto quelle cose perché sapeva che avrei fatto qualcosa del genere e non voleva che tu pensassi che io avrei mai… Brienne, guardami. Per favore. Se tu ti fidassi di me, se mi credessi, quale sarebbe la tua risposta? Mi diresti di sì?”

“Non lo so,” rispose Brienne. Questa era una bugia. Forse quella era la prima volta che gli aveva mentito. Riuscì chiaramente a vedere tutta la delusione che provava. “Voglio dire… Jaime, è qualcosa impossibile da dire. Cersei…”

“Per favore, smetti di pronunciare il suo nome,” sbottò Jaime. Si portò la mano in fronte, massaggiandosi la zona tra le sopracciglia. “Per i sette inferi, Brienne. Come puoi… come puoi pensare che io…”

“Non credo che tu lo stia facendo apposta,” gli ricordò lei. “Penso solamente che tu ne abbia passate davvero tante. Tutto questo ha senso. Anche io dovrei esserti sembrata attraente quando tu…”

“Anche tu?” La interruppe lui. La guardò con uno sguardo che sembrava volesse incenerirla. “Che cosa significa ‘anche tu’ ?”

“Sai che cosa significa.”

“Sto cercando di dirti che ti amo e pensi che non posso farlo perché ti ritieni brutta?”

Jaime sembrò stranamente sollevato, come se pensasse che quello fosse un ostacolo che poteva superare tranquillamente, sebbene nulla stava andando come dovesse. Brienne iniziò a sentirsi davvero in colpa, quasi si odiò per tutto questo. Non voleva che fosse così complicato. Jaime allungò il braccio mutilato come se volesse accarezzarle il viso, come se stesse cercando di farle capire che loro due erano uguali, perché la cicatrice che lei aveva sulla guancia e il suo moncone li rendevano ‘ugualmente brutti’ o qualcosa del genere e questo lei non poteva proprio sopportarlo. Quindi si tirò indietro.

“So che non mi ami perché sono consapevole che sei innamorato di quella tua fottutissima sorella,” ringhiò lei.

Quella risposta era figlia del panico che stava provando e proveniva da un luogo nascosto nel profondo di lei. Un istinto animale. Jaime la fissò. Il suo moncone era ancora sospeso a mezz’aria, sopra il tavolo che si frapponeva tra loro. Brienne piegò il corpo in modo da aumentare la distanza tra di loro. L’uomo abbassò lentamente il braccio e sul suo viso comparve nuovamente quello sguardo velato e vacuo, che già diverse volte aveva assunto.

“Oh,” disse.

“Jaime,”

“Mi dispiace,”

“No, Jaime. Va tutto bene, davvero.”

“Capisco,” rispose lui. La fissò, ma lei non riuscì a muoversi. L’uomo si alzò lentamente. “Io… penso che starò da Tyrion per un po’. Non credo che sia giusto che io rimanga qui.”

“Ok,” rispose Brienne, disperata. “Ok. Va tutto bene. Pulirò tutto io qui. Solo… avviserò Tyrion per fargli sapere che stai andando da lui. Ti chiamo un taxi o…”

“Per favore, non farlo,” la interruppe Jaime. Un’espressione di debole disgusto comparve sul suo volto. “Smettila di essere così fottutamente gentile. Capisco.”

Brienne non era sicura di che cosa stesse comprendendo in quel momento. Si alzò per cercare di seguirlo, ma lui allungò il moncone per allontanarla.

“Vado a preparare i bagagli,” le spiegò.

“OK. Jaime, mi dispiace. Non volevo ferirti.”

“Sei stata semplicemente onesta,” rispose Jaime. “Non è colpa tua se… ho fatto quello che ho fatto.”

“Ok,”

Quindi Jaime percorse il corridoio per giungere nella sua stanza. Brienne desiderava scusarsi nuovamente, ma ora si sentiva più leggera. Ora tutto aveva più senso. Lui aveva visto la verità dietro le sue parole e ora si sentiva imbarazzato. umiliato, forse. Non doveva essere così dura nel ricordargli che non poteva amarla. Che amava sua sorella come le aveva raccontato Cersei, in un modo che qualsiasi altra relazione romantica sarebbe stata impossibile, messa in secondo piano. Avrebbe dovuto cercare di consigliarlo nel trovare un modo per allontanarsi da quel rapporto, solo in un modo meno tossico che cercare di convincersi e convincerla che fosse innamorato di lei. Invece lei glielo aveva rinfacciato. Non avrebbe dovuto farlo, ma non doveva lasciarsi troppo influenzare da lui. Doveva essere forte.

Decise di mettere in ordine la cucina e sistemò gli avanzi in frigo. Jaime uscì dalla sua camera con una valigia piena di vestiti. Non le rivolse neanche uno sguardo.

“Jaime,” provò a chiamarlo. “Solo… scrivimi, ok? Così saprò che stai bene.”

Finalmente la guardò e l’espressione dipinta sul suo viso era ancora così distante. Sembrava allo stesso tempo stanco, divertito, adirato con sé stesso e tante altre emozioni miste insieme. Le sue labbra si piegarono in quel ghigno che lei aveva sempre avuto così tanta paura di vedere.

“Addio, Brienne,” le disse.

 

 

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Brienne impiegò circa tre settimane per capire che Jaime non sarebbe più tornato. Aveva lasciato tutte le sue cose lì, quindi o si era intrufolato in casa per riprendere i suoi vestiti mentre lei dormiva o stava vivendo con il contenuto di quell’unica valigia che aveva preparato in preda al panico. Oppure aveva comprato tutto l’occorrente per iniziare una vita completamente nuova, da qualche parte lontano da lei. Gli aveva scritto cinque volte senza ottenere mai risposta prima di arrendersi e chiamare Tyrion.

“Sta bene?” Chiese non appena le rispose.

“Non proprio. Pensi che gli parlerai?”

“Ho provato a mandargli dei messaggi, ma non mi ha mai risposto.”

Dall’altra parte della linea, Tyrion rimase in silenzio.

“Suppongo che mio fratello stesse esagerando quando mi ha detto che non volevi più avere nulla a che fare con lui.”

“Che cosa? Io non ho mai detto questo.” Solo in quel momento si rese conto di essere davvero arrabbiata. “Abbiamo litigato ed è andato via. Non c’è stato neanche un vero litigio! È stata una discussione, non lo so, semplicemente un po’ più tosta! Credevo che avesse solamente bisogno di un po’ di tempo per sbollire.”

“Beh, Jaime sembra pensarla diversamente. Sta cercando un nuovo appartamento.”

Brienne sentì il respiro bloccarsi in gola. La rabbia iniziò ad accumularsi dentro di lei. Aveva messo in evidenza una verità scomoda. Si era protetta. Aveva fatto del suo meglio per evitare di fargli del male, ma non aveva permesso a lui di fare del male a lei ed invece che cos’era successo? Aveva comunque perso un’amicizia. Il suo migliore amico.

“Digli che non ce n’è bisogno,” disse. “Mi sto trasferendo.”

“Che cosa? Davvero?” Chiese Tyrion.

Sospirò, come se non riuscisse veramente a credere che lei e Jaime si stavano comportando nello stesso momento in un modo così ridicolo.

“Non posso permettermi l’affitto senza di lui,” spiegò Brienne. “E comunque lui ha sempre pagato di più. Me ne andrò entro la fine della settimana.”

“Jaime possiede l’edificio,” le rispose Tyrion. “Ha accettato i tuoi soldi per l’affitto solamente perché hai tanto insistito per pagarlo. Puoi restarci per tutto il tempo che vuoi.”

La furia continuò a crescere dentro Brienne, arrivando fino al punto che iniziò a tremare. Quella rabbia che provava iniziava ad essere dolorosa e a farla sentire ferita e confusa.

“Me ne andrò entro la fine della settimana,” ripeté.

 

 

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Brienne lasciò la sua chiave sul bancone della cucina. Quella stupida chiave era uno scherzo che le aveva fatto Jaime, con una fantasia a macchia di leopardo di colore viola brillante.

 

 

******************************

 

 

Brienne rimase a Austenland per una settimana, anche se era un periodo di chiusura e lei era una delle poche persone presenti in struttura. Le sue cose erano conservare con cura in una stanza vuota fino a quando la figlia di Catelyn, Sansa, si offrì di dividere un appartamento con lei mentre terminava gli studi universitari. Brienne ovviamente fu d’accordo. Qualche settimana dopo Tyrion le scrisse che Jaime era tornato nel loro vecchio appartamento.

Buon per lui!, gli aveva risposto.

 

 

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Jaime non la contattò mai. Non le chiese nulla. Di tanto in tanto la contattava Tyrion di punto in bianco per avere sue notizie e lei non perdeva occasione per chiedere come stesse Jaime. I due anni trascorsi erano riusciti ad attenuare la sua rabbia e trasformarla in senso di colpa. Il tempo le aveva permesso di ricordare certi particolari con maggior chiarezza, come la malizia che aveva percepito dietro la presunta visita altruistica di Cersei o l’espressione ferita e confusa negli occhi di Jaime quando si era rifiutata di credergli.

“Se ti fidassi di me,” le aveva detto durante quella conversazione e le tornava sempre in mente nei momenti più strani, rammaricandosi di non averlo rassicurato rispondendogli di sì. Lei si fidava completamente di lui, ma era così sicura di conoscere il proprio cuore meglio di lui. Dopo due anni era riuscita finalmente a comprendere perché lui fosse così arrabbiato con lei, così tanto da smettere di parlarle, di chiedere di lei, di andarsene e allontanarla completamente dalla sua vita.

La rabbia si trasformò in dolore, che tramutò in senso di colpa. Quel sentimento rimase dentro di lei, continuando ad accrescere perché quella situazione era davvero terribile e perché aveva iniziato a pensare che, se la loro amicizia aveva significato qualcosa per Jaime tanto quanto per lei, avrebbe combattuto più duramente per salvaguardarla. Ma Sansa era una buona coinquilina, anche se era molto più giovane di lei. Le ragazze giovani e carine come lei l’avevano sempre sconcertata visto che lei non era mai stata carina neanche quando era più giovane e ora si ritrovava con un rimorso due volte maggiore di tutta l’intera esistenza di Sansa.

Non che Jaime l’avesse lasciata mai del tutto, ma se n’era andato. Non poteva cancellare quello che aveva fatto, non poteva rimangiarsi quello che aveva detto. Poteva solamente conviverci.

E adesso, a quanto sembrava, stava tornando.

   
 
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