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Autore: Miharu_phos    15/06/2020    1 recensioni
Mermaid!AU
Axel salva la vita al ragazzo di cui è innamorato da sempre, Austin. C’è solo un problema: lui è umano.
Genere: Angst, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Austin/Toramaru, Axel/Shuuya
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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-Fratellino che cosa ci fai ancora davanti alla tv? Esci un po', ti prego-

 

Una morsa mi stringe il cuore quando mia sorella mi rivolge le sue solite parole inutili.

 

Lo sa benissimo che non ho amici, dove dovrei andare? Come se fosse semplice poi per uno come me uscire, dopo che ho trascorso tutta la mia vita chiuso in casa.

 

-Non mi sono accordato con nessuno...-spiego, selezionando la puntata successiva della serie che sto guardando.

 

-Beh puoi sempre chiamare i tuoi compagni dell'Università no? Chiedi di vedervi per un drink, un giro in centro-

 

"Come se mi volessero con loro" penso dentro di me.

 

-Non voglio disturbare, e poi non siamo soliti fare queste cose, non con me almeno...-

 

Mentre si allaccia le scarpe mi fissa preoccupata e la sua pena mi entra fin nelle ossa, facendomi sentire peggio di prima.

 

-Allora vieni con me no? Preparati, ti aspetto-

 

-Non mi va e poi non sarei di compagnia, sai che rimango sempre zitto. Ti metterei soltanto a disagio con le tue amiche-

 

-Non è vero, tutte loro ti trovano molto simpatico- ribatte lei, così chiudo gli occhi sentendo già il nodo alla gola appesantirsi e farsi più doloroso.

 

-Ti prego, posso soltanto rimanere solo? Non voglio andare da nessuna parte, non voglio che mi porti dietro soltanto perché ti faccio pena-

 

-Ma Austin cosa stai dicendo, io-

 

-Basta per favore va via, voglio stare solo adesso!-

 

Mia sorella di zittisce, poi si morde il labbro e mi guarda ancora più impietosita di prima.

 

-Io ti voglio bene Austin. Non volevo ferirti, mi dispiace- spiega, poi prende la sua borsetta ed esce di casa, lasciandomi completamente solo con la mia angoscia.

 

Finalmente lascio uscire le lacrime, singhiozzando dolorosamente e a gran voce, rasserenato dalla casa vuota che mi circonda.

 

Non ce la faccio più, la mia vita non ha senso, e vorrei tanto ammazzarmi in questo momento.

 

Davanti agli altri cerco sempre di sembrare sereno, disinvolto, disinteressato; non voglio che qualcuno scopra come mi sento, e l'unica ad aver intuito qualcosa è proprio mia sorella, che non fa che forzarmi ad avere una vita "normale" forse perché magari si vergogna di avere un fratello solitario e depresso come me.

 

Io non sono come gli altri, e con gli altri non sto bene. E la cosa mi starebbe anche comoda se solo ogni persona che incontrassi non stesse di continuo a domandarmi chi siano i miei amici, cosa faccio il sabato sera, cosa farò al mio compleanno...tutte queste domande per me sono sempre state un tasto dolente, perché degli amici non sono mai riuscito a farmeli, e non credo che le cose cambieranno.

 

La gente si avvicina a me soltanto quando gli serve; persino mia sorella, dopo essersi lasciata con il suo ragazzo, si era attaccata a me in modo morboso per un breve periodo.

 

Ma è durato pochissimo, perché le è bastato trovare qualcun altro ed io sono tornato ad essere il fratellino sfigato, la palla al piede.

 

Eppure mi ci vuole così poco per illudermi, per fidarmi; sono estremamente timido, e quindi se una persona riesce a prendermi nonostante la difficoltà del comunicare con me, io mi apro subito e le dono tutto me stesso.

 

Peccato però che di qualunque persona si tratti, dopo un po' vada via, esattamente come hanno fatto tutti gli altri.

 

Non so cosa ci sia in me che faccia scappare così le persone; si interessano per un po', e poi puf, in un battito di ciglia non conti più niente.

 

È così da sempre, quindi dubito che le cose possano cambiare; sono sbagliato, sono diverso, anormale, quello che volete; fatto sta che io così non voglio continuare, una vita vissuta così fa incredibilmente male.

 

Prendo il cellulare ed un foulard leggero, pronto ad uscire per andare a farmi un giretto sugli scogli.

 

Abitiamo in una città di mare, quindi in dieci minuti di camminata sono già sul ponticello che porta al lungo mare, oltre il quale ci sono gli scogli che amo così tanto.

 

Qui non viene mai nessuno, soprattutto di sera; è il momento perfetto per starmene un po' in pace con il suono delle onde in sottofondo e la brezza fresca e umida che mi scompiglia i capelli.

 

Scendo le scalette e raggiungo la banchina che anticipa l'ammasso di scogli verso i quali sono diretto; una volta lì mi ci arrampico e mi spingo fino in fondo, raggiungendo l'estremità e sedendomici sopra per far dondolare i piedi nel vuoto.

 

Questo posto mi ha sempre tentato moltissimo.

 

Resto qui per ore e immagino di buttarmi di sotto, provando a figurarmi il mio corpo che annega, i miei polmoni che si riempiono d'acqua ed io che smetto di respirare.

 

Se solo avessi il coraggio di farlo sarei già morto da diversi anni, ma sono un codardo, e per quanto la mia vita mi disgusti purtroppo ho un'immensa paura di morire.

 

Mi metto a fissare le onde che si infrangono contro gli scogli, godendomi il dolce rumore schiumeggiante dell'acqua tiepida, dalla quale sale un vapore quasi impercettibile che mi inumidisce il viso e i vestiti.

 

Sono assorto nell'ammirazione del mare quando averto un rumore che mi fa sobbalzare; il mio cellulare è precipitato di sotto, andando ad incastrarsi dentro una piccola insenatura negli scogli sotto di me.

 

Per un pelo non è caduto in acqua, così tiro un sospiro di sollievo e spero che quantomeno non si sia distrutto del tutto, anche se immagino che il vetro sarà ormai da cambiare.

 

Comincio a guardarmi attorno, cercando di elaborare un modo sicuro per scendere a prenderlo; qui è tutto bagnato e reso viscido dalle alghe, rischierei seriamente di scivolare e spezzarmi qualche osso, dannazione.

 

Noto subito che il livello dell'acqua si è alzato almeno di dieci centimetri da quando sono arrivato; a quest'ora la marea si alza, fino a ricoprire completamente il posto in cui sono seduto. Se non mi sbrigo a recuperare il mio cellulare presto verrà inghiottito dall'acqua, c'è poco da fare.

 

Mi faccio coraggio e comincio a scendere giù con molta fatica a causa della mia scarsa forza fisica; non sono un tipo atletico, da piccolo giocavo a calcio ma adesso lo sport non so più neanche che cosa sua, quindi ho una presa molto blanda e ad ogni piccolo passo, oltre a farmi un male cane alle mani, rischio di cadere.

 

Le onde diventano sempre più violente e ho già notato parecchi schizzi raggiungere il mio cellulare, così mi affretto e con maggior incuranza mi calo sempre più in basso, fino a raggiungere il cellulare con un piede.

 

Devo scendere solo un altro po' e l'avrò preso.

 

Scalo faticosamente lo scoglio verso il basso e provo ad allungare la mano senza risultato; muovo allora qualche altro passo e ritento, riuscendo a sfiorare il telefono con le dita.

 

Mi sporgo maggiormente, l'ho quasi preso; un tonfo causato da una forte ondata, un leggero spavento ed una superficie estremamente scivolosa mi fanno precipitare verso il fondo.

 

Non riesco neanche ad urlare, non ho neanche il tempo di capire quello che accade, perché prima che io raggiunga la distesa blu sotto di me, la mia testa cozza contro una sporgenza ed io perdo i sensi, per poi venire abbracciato dall'acqua tiepida e nera che mi avvolge come una coperta, accogliendomi nei suoi meandri.

 

Resto incosciente per ore, e non penso assolutamente a niente; senza dubbio se in quel momento fossi riuscito a ragionare avrei pensato di essere morto, perché non sentire niente assomiglia incredibilmente al riposo eterno al quale tanto anelo da anni.

 

Quando riapro gli occhi è giorno; il sole mi cuoce il viso, tanto che non posso fare a meno di gemere dal dolore quando nello strizzare gli occhi a causa della luce la mia pelle ustionata mi tira, provocandomi un dolore atroce.

 

Provo a tirarmi su ma non ho praticamente forza nelle ossa, è come se qualcosa mi avesse risucchiato la forza vitale e mi stupisco anche solo per il fatto di essere ancora vivo nonostante tutto.

 

Mi copro debolmente lo sguardo con una mano per ripararmi dalla luce accecante e provo a guardarmi attorno, realizzando di trovarmi su di una spiaggia.

 

Non ho mai visto questo luogo prima d'ora, nella mia città non ci sono posti come questo; devo essermi allontanato moltissimo dal luogo dell'incidente.

 

Mi rigiro su me stesso, gridando per il dolore quando il mio ventre ustionato dal sole viene a contatto con la sabbia ruvida e bollente; comincio a muovermi con lentezza facendomi forza sui gomiti e trascinandomi fino a raggiungere l'ombra di una palma non poco distante dalla riva, sotto la quale mi riparo e riprendo fiato, appoggiandomi al tronco fresco dell'albero.

 

Il sole è alto nel cielo, dev'essere circa mezzogiorno a giudicare dalla sua posizione; metto istintivamente una mano nella tasca dei miei pantaloni e mi accorgo di non averli affatto, realizzando solo in quel momento di essere completamente nudo.

 

Come diamine ci sono finito nudo e mezzo morto sopra questa spiaggia mai vista prima?

 

Mi tocco la testa per controllare la ferita e sento che ad avvolgermi il capo c'è una sostanza strana, sembrano quasi alghe a giudicare dalla consistenza; le strappo via, sentendo il capo dilatarsi per il sollievo, quasi come se fin ora fosse rimasto compresso da quello schifo che mi si era incastrato in testa.

 

Mi tocco la ferita, fa malissimo ma per fortuna non sanguina; vorrei disinfettarla ma non vedo nessuno nei paraggi a cui poter chiedere aiuto, quindi non mi resta che aspettare qui e sperare che mi ritornino le forze.

 

Chiudo gli occhi prendendo un bel respiro, ma la gola mi brucia tantissimo quindi tossisco, graffiandola ancora di più. Me la tocco gemendo per il dolore e mentre tengo ancora gli occhi chiusi, una voce gentile e delicata mi chiama, facendo scattare in su le mie palpebre.

 

-Bevi un po' di questo latte, dovrebbe lenire il dolore- dice il ragazzo dai lunghi capelli biondi che mi si avvicina con una grossa foglia che tiene rigida come un vassoio, colmo di frutti che sembrano appena raccolti.

 

La mia fame mi fa concentrare lo sguardo su quelle prelibatezze e solo dopo qualche secondo mi rendo conto che il ragazzo davanti a me è completamente nudo, con un sorriso stampato sulle labbra e la sua intimità in bella vista.

 

-Finalmente ti sei svegliato! Ti ho lasciato al sole di proposito, ha funzionato!- dice allegramente, mentre si siede davanti a me con le ginocchia sulla sabbia e mi porge un agglomerato disgustoso di alghe e latte di cocco.

 

Questo è veramente stupido, mi ha lasciato al sole per farmi svegliare? Piuttosto per uccidermi definitivamente, direi.

 

Mi lascio sfuggire un verso di disgusto, spingendo via la "bevanda" fino a farla versare sulla sabbia, così il ragazzo biondo mi guarda ferito e aggrotta le sopracciglia, puntando le mani sui fianchi.

 

-Sai quanto tempo ci ho messo a prepararlo? Adesso dovrò ricominciare tutto daccapo!-

 

-Non avresti soltanto dell'acqua?- domando gentilmente e lui guarda il mare con fare retorico ed uno sguardo interrogativo sul viso.

 

-Ce n'è quanta ne vuoi- dice, ed io roteo gli occhi al cielo.

 

-Divertente. Intendo acqua da bere-

 

-Tu bevi l'acqua?!- domanda disgustato, ed io lo guardo confuso, sperando che mi stia prendendo in giro.

 

-Lascia stare...posso prendere uno di questi?- domando facendo cenno alla frutta che mi ha portato e lui mi sorride addolcito, portando vicino alla mia bocca un'albicocca profumata.

 

-Assaggia, sono buonissimi! Li ho raccolti su quest'isola e ne ho già fatto una bella scorpacciata- spiega battendosi una mano sul ventre piatto, così io spalanco gli occhi e riprendo a far vagare lo sguardo attorno a me.

 

-Isola?! Ma dove sono finito?!- domando allarmato, e lui mi blocca contro l'albero impedendomi di alzarmi in piedi.

 

-Non ti preoccupare, sei al sicuro! Ti ci ho portato io qui, è un posto tranquillo e nessuno ti farà piangere te lo assicuro- spiega, così io lo guardo stupito e scorgo nei suoi brillanti occhi neri una tenerezza profonda, che mi fa subito sentire al sicuro.

 

-Come fai a saperlo...- domando imbarazzato e lui si siede affianco a me, appoggiando la schiena contro il tronco dell'albero, mentre le nostre spalle si toccano e la sua mano mi accarezza la vita in modo estremamente confidenziale.

 

Rabbrividisco per il tocco delicato e morbido delle sue mani, ma non mi ci sottraggo; sono anni che nessuno mi tocca in questo modo, è incredibilmente piacevole e non intendo rifiutarlo, anche se si tratta di un ragazzo.

 

-Sono venuto a guardarti alla scogliera ogni sera, desiderando di poterti abbracciare, di farti smettere di piangere, di vederti sorridere. Non meriti di essere così triste, nessuno lo merita- mi dice con un tono di voce estremamente caldo e gentile, ed i miei occhi subito si fanno lucidi.

 

Tengo le mani sul mio pube per coprirmi dalla sua vista, ma vedo che lui non sembra far caso alle nostre intimità scoperte, così la smetto di preoccuparmi e mi scopro anch'io.

 

Lui non mi guarda neanche, e quando il mio sguardo vaga sul suo inguine a lui sembra non dare affatto fastidio; pare quasi che percepisca questa parte del corpo come qualsiasi altra, senza il bisogno di doverla celare perché intima.

 

-Perché non mi hai mai parlato quando venivi a guardarmi? Mi avrebbe fatto tanto piacere scambiare due chiacchiere con qualcuno...-

 

-Ero troppo...lontano...- spiega dispiaciuto, ed io gli sorrido debolmente, perdonandolo subito. Molto probabilmente è timido anche lui e non ne aveva il coraggio; come biasimarlo.

 

-Io mi chiamo Austin comunque, grazie per avermi salvato. Sei stato molto gentile-

 

-Io invece sono il princ- ehm io sono Axel- spiega con un sorriso smagliante e fiero, scoccandomi poi un bacio affettuoso sulla guancia, gesto che interpreto al pari di una stretta di mano o comunque un convenevole.

 

Gli do un bacio a mia volta per essere gentile e lui mi sorride, guardandomi con occhi incantati. Non mi interessa se si tratta di un ragazzo, non mi importa affatto cosa lui sia, il suo orientamento, la sua provenienza; è un ragazzo spettacolare, estremamente bello ed affettuoso. Non posso non sentirmi attratto da lui, dai suoi modi gentili e dai suoi gesti così confidenziali che mi fanno sentire già come se fossi un suo vecchio amico.

 

-Senti Axel ma come hai fatto a portarmi fin qui? Dov'è che ci troviamo di preciso?-

 

-Non siamo molto distanti dalla tua città, ti ho portato qui a nuoto. Se vuoi ritornare ti ci accompagno- dice con un piccolo broncio sul suo bel viso perfetto.

 

-Perché, tu dove abiti?- domando, e lui perde del tutto il sorriso, portando lo sguardo al suolo mentre ritira la mano dal mio ventre, quasi come se questa domanda lo avesse fatto irrigidire.

 

-Abito qui vicino- dice soltanto, ed io annuisco senza indagare oltre, non voglio assolutamente metterlo a disagio.

 

-Mangi con me?- gli chiedo porgendogli un'albicocca, e lui la prende riacquistando il suo dolce sorriso, per poi addentare il frutto con gusto.

 

Per il resto della giornata rinfresca le mie bruciature con del latte di cocco, toccando tranquillamente ogni parte del mio corpo senza imbarazzo, mentre mi cosparge con il liquido rinfrescante; mi medica nuovamente la ferita e si offre di andare a cercare altra frutta per cena, prima di rimetterci in viaggio.

 

Mi rannicchio sul lettino di foglie che ha creato per me e ammiro il suo corpo nudo e abbronzato mentre si allontana con il suo "vassoio" fra le mani, pronto a riempirlo di altre prelibatezze.

 

Quel ragazzo non è umano.

 

Nessun essere umano sarebbe mai stato così gentile con uno sconosciuto, nessun umano avrebbe mai toccato le intimità di un'altra persona, trattandole con disinvoltura e senza alcuna vergogna.

 

Magari è cresciuto su quest'isola come un selvaggio, e questo spiegherebbe la sua abbronzatura pesante e la lunghezza dei suoi capelli, così come il fatto che sembra non aver mai bevuto acqua dolce in vita sua.

 

Si sarà idratato con la frutta, o magari con la pioggia, chissà.

 

Di certo un angelo del genere non ha mai avuto a che fare con la civiltà, perché a quest'ora si sarebbe già rivelato una persona crudele e spinta da interessi personali.

 

Quando ritorna io gli sorrido, poi mi faccio coraggio e gli pongo la domanda che mi frulla in testa da troppo tempo.

 

-Che cosa sei veramente, Axel?-

 

I suoi occhi si spengono e senza dire una parola posa il vassoio sul letto di foglie, guardandomi con aria colpevole.

 

-Perdonami, ma non posso parlartene- spiega rattristato, così io mi tiro su a fatica e lottando contro la debolezza mi avvicino a lui, fino a stargli di fronte.

 

-Non importa, non ti preoccupare. Per me sei comunque un amico- gli dico con riconoscenza, e lui mi guarda emozionato, poi si tortura le mani sul grembo, certamente pervaso dal senso di colpa, ed io le prendo nelle mie, fermandole.

 

-Non voglio tornare a casa mia. Voglio rimanere qui con te Axel- gli dico, e lui sembra quasi addolorato da questa mia richiesta.

 

-Davvero?- domanda toccato.

 

Io annuisco e lo guardo speranzoso, così lui mi abbraccia ed io mio corpo viene avvolto da un calore dolce e familiare, tanto che mi abbandono completamente contro la sua pelle, incurante dello scontrarsi delle nostre intimità scoperte.

 

Mi sussurra all'orecchio una parola che non riesco a capire, sembra quasi un incantesimo; stringo gli occhi e mi stacco di poco per cercare il suo sguardo, scoprendo che lui stava facendo lo stesso con me.

 

Ci sorridiamo a vicenda, poi lui mi guida verso il letto di foglie da lui realizzato e ci stendiamo l'uno davanti all'altro al chiaro di luna, ammirandoci a lungo mentre ci accarezziamo i corpi nudi affettuosamente.

 

Faccio scorrere le dita fra i suoi capelli, rivelando un orecchio decorato deliziosamente da un'adorabile orecchino a forma di conchiglia.

 

Gli accarezzo l'altro lato della testa, notando che ne porta uno anche sull'altro orecchio e sorrido, sempre più innamorato. Lui è così diverso da ogni persona che io abbia mai conosciuto, è così speciale, unico, non si può non adorarlo anche solo semplicemente guardandolo.

 

-Ehi Axel- gli sussurro a pochi centimetri dalle sue labbra.

 

-Si- mi soffia lui sulla bocca, pazientando con gli occhi spalancati e curiosi.

 

-Vuoi baciarmi?- gli domando sottovoce, e lui sorride largamente, poi si spinge piano contro le mie labbra e mi risponde con un bacio, un bacio gentile che mi fa chiudere gli occhi per il desiderio.

 

Sembra assurdo, sto baciando un ragazzo che ho conosciuto oggi stesso, un ragazzo che non è neanche umano è che proviene da chissà dove; eppure non credo di aver mai provato prima d'ora un'emozione forte quanto quelle che mi sta facendo provare lui.

 

Gli accarezzo i capelli e gli sorrido staccandomi dal bacio, lui mi accarezza un fianco, spingendosi ancora di più verso di me, per poi riprendere a baciarmi, provocando così un'inconfondibile reazione fra i nostri bacini.

 

Si stacca aggrottando le sopracciglia e si guarda fra le gambe, dove le nostre eccitazioni premono una contro l'altra.

 

-Perché mi sento così?! Cosa mi succede?!- piagnucola spaventato.
 

-Sta tranquillo, è una cosa normale. Non ti sei mai toccato prima?-

 

Axel mi guarda negli occhi con aria confusa, come se non avesse mai neanche considerato l'idea di darsi piacere da solo; che strano penso, ma d'altronde ormai ho appurato che lui non è umano, quindi cerco di non fare troppo lo stupito e mi affretto semplicemente a spiegargli come fare.

 

-Guarda, mettici la mano attorno e stringi leggermente, quanto basta; poi la muovi in su e in giù, vedrai che andrà meglio- spiego, simulando l'azione sopra di me, mentre i suoi occhi rapiti mi fissano l'erezione.

 

Si porta una mano sul membro con disinvoltura e comincia ad imitare il mio gesto; lo vedo socchiudere gli occhi per il piacere mentre schiude le labbra e aumenta sempre di più il ritmo, fino a dimenticarsi completamente di me, mentre ansima senza vergogna contro il mio corpo.

 

Ridacchio intenerito dalla sua inesperienza e mi mordo il labbro inferiore mentre mi lascio guidare dal mio istinto: accarezzo la sua mano fermandola, poi avvicino il mio membro al suo e comincio a sfregarli insieme con la mia mano, guardandolo al contempo negli occhi.

 

Lui mi guarda quasi sbalordito, poi sorride e riprende ad ansimare di piacere, stavolta appoggiando però il viso contro il mio petto, con gli occhi puntati sulla mia mano delicata.

 

Gli bacio la testa e lui solleva il volto per regalarmi un altro sorriso e toccare le mie labbra in cerca di un bacio, che gli concedo subito.

 

Raggiungiamo entrambi il culmine e lui quasi piagnucola quando è sul punto di liberarsi; si aggrappa a me guardandomi in cerca di aiuto ed io lo bacio sulla fronte, carezzandogli i capelli per tranquillizzarlo.

 

-È tutto okay- gli sussurro -lasciati andare, liberati-

 

Lui strizza gli occhi e stringe i denti mentre pianta le unghie nella mia schiena e si libera contro di me con un gemito liberatorio.

 

Non mi guarda per svariati secondi, cercando di riprendere fiato. Forse si sta vergognando poverino, così mi affretto a prendergli il viso in una mano e lo obbligo a guardarmi negli occhi.

 

-Axel? Stai bene?-

 

Lui sembra triste, fissa i nostri addomi imbrattati e si morde il labbro inferiore.

 

-Mi dispiace- dice, facendomi intenerire.

 

-Non devi, è una cosa normalissima- gli spiego, tentando di tranquillizzarlo.

 

Mi guarda timidamente ed io lo abbraccio dopo avergli baciato ancora la fronte.

 

-Andiamo a sciacquarci in acqua? Ti va?-

 

-Vai tu...io non...beh ecco non mi va- 

 

Temo di aver fatto qualcosa di sbagliato, è come se lo avessi deluso ma non capisco, è piaciuto anche a lui. Perché adesso mi sta trattando così?

 

-Okay...- dico rammaricato per poi alzarmi e raggiungere la distesa marina nella quale mi sciacquo via tutto il sudore e il liquido seminale che mi impregna.

 

Possibile che sia davvero stata la sua prima volta? Come ha fatto a sopravvivere fin ora? Lo trovo impossibile, eppure sembra così inesperto, dev'essere davvero stata la prima volta per lui.

 

Esco dall'acqua tutto bagnato e lui si tiene a distanza da me quando raggiungo il nostro giaciglio di foglie.

 

Ecco lo sapevo, ho rovinato tutto, ci sono riuscito persino con una persona che non è neanche umana. Che cosa ho combinato? Non avrei dovuto toccarlo, non avrei dovuto baciarlo. Non avrei dovuto innamorarmi di lui nello stesso giorno in cui l'ho incontrato.

 

-Ehi Austin, sei ancora bagnato?- domanda gentilmente, ed io lo guardo di sfuggita.

 

-Si...-

 

Lui mi tocca una mano e se la porta su di una coscia, lasciando che si sfiorino solo per un istante; subito la sua pelle si ricopre di squame per almeno dieci centimetri quadrati, facendomi restare letteralmente a bocca aperta.

 

-C-cosa ti succede?-

 

-È l'effetto che mi fa l'acqua del mare. Per questo non potevo venire a sciacquarmi, ma vorrei stare ancora un po' con te quindi non appena sarai asciutto facciamolo di nuovo, okay?-

 

Sbatto ripetutamente le palpebre per la sorpresa. Dunque non ce l'ha con me? Non mi odia per quello che gli ho fatto? Non ho rovinato tutto come pensavo?

 

Mi sorride, strusciandosi languidamente contro il letto di foglie mentre divora il mio corpo con i suoi occhioni neri.

 

-Quanto ci metti?- mi domanda impaziente, ed io sorrido commosso. Com'è possibile che lui mi voglia così tanto? Sono così bello ai suoi occhi? Sono impaziente anch'io, vorrei tanto abbracciarlo in questo momento e riempirlo di baci. Mi stendo nella sua stessa posizione e lo fisso negli occhi esattamente come lui sta facendo con me.

 

Faccio scorrere lo sguardo sul suo corpo nudo e colorato dall'abbronzatura, seguendo la curva della spina dorsale e poi quella del suo sedere perfettamente tondo e liscio.

 

Lui vuole fare ancora quello che abbiamo fatto poco fa, ma ci sono tante altre cose che potrei provare a fare con lui, cose che io non ho mai fatto ma delle quali conosco perfettamente l'esistenza.

 

-Axel girati all'insù- gli dico in un sussurro, e lui subito esegue la mia richiesta.

 

-Non ti tocco con le mani sta tranquillo, ma apri le gambe- mormoro, così lui non si pone domande e spalanca subito le cosce guardandomi eccitato.

 

Sto attento a non toccarlo col mio corpo e mi approccio alla sua intimità utilizzando solo la bocca; lui comincia ad ansimare fin da subito e con incuranza afferra i miei capelli bagnati, lasciando che le sue dita comincino a diventare quasi luccicose sotto la luce della luna.

 

Inutile dire quello che accade dopo; presi dall'euforia ci dimentichiamo del tutto del problema dell'acqua, e ci lasciamo completamente trasportare dalla passione. Gli mostro come penetrarmi e lui, con le cosce ormai segnate a chiazze da quella morbida superficie azzurra, comincia a farlo con lentezza e premura; mi stringe forte ed io mi sforzo di non urlare dal dolore e di sopportare le fitte iniziali finché anch'io, grazie al suo istinto che sembra guidarlo nella direzione giusta, comincio a provare piacere.

 

Ci baciamo a lungo, io gli accarezzo le morbide e minuscole squame blu, lui mi stringe la schiena con fare possessivo e continua a strusciarsi su di me, preso dal desiderio che sembra non avere mai fine.

 

Certamente è una creatura che viene dall'acqua; non ne sono certo ma potrebbe essere una specie di sirena, anche se ho sempre creduto che esseri del genere non esistessero affatto.

 

Mentre gli accarezzo i capelli noto un piccolo cambiamento anche sulle sue orecchie: sono diventate blu, molto più lunghe e sottili, quasi come quelle dei mostri marini mitologici.

 

Le trovo veramente meravigliose, soprattutto perché decorate da quei deliziosi orecchini a forma di conchiglia.

 

-Ti piacciono?- mi domanda sottovoce, ed io annuisco.

 

-Sei perfetto in ogni centimetro del tuo corpo Axel- gli dico, ormai del tutto innamorato di lui, della sua estrema bellezza, del suo modo di essere e di fare. Lo amo, potrà essere esagerato da dire ma io vorrei davvero restare con lui per sempre, qualsiasi creatura lui sia.

 

-Portami con te infondo al mare Axel...- gli sussurro in un orecchio.

 

Lui mi guarda rattristato, abbassa lo sguardo e deglutisce.

 

-Adesso pensiamo a dormire, okay piccolo?- mi domanda, ed io sorrido, perché nessuno mi aveva mai chiamato in un modo tanto affettuoso.

 

-Okay ma stringimi Axel. Stringimi forte- gli sussurro, così lui mi avvolge nelle sue braccia prestanti e mi bacia sulla testa, mentre io ricambio la stretta e mi godo le carezze delle sue squame sulla mia pelle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando mi risveglio sono completante vestito. Il sole mi batte forte sulla testa e sto disteso sopra una superficie estremante dura e ruvida; apro debolmente gli occhi, ho il corpo che mi va a fuoco per il caldo, gli abiti mi si stanno praticamente cuocendo addosso.

 

Provo a mettermi a sedere e subito uno schizzo d'acqua salata mi raggiunge il viso. Mi guardo attorno, realizzando di trovarmi sopra gli scogli dai quali sono caduto, nell'ultimo ricordo che mi rimane.

 

Ricordo solo la dolorosa botta sulla testa, poi ho un vuoto. Mi tocco i capelli per controllare la ferita e gemo per il dolore. Dovrei andare in ospedale per farmi medicare o potrei prendere qualche infezione.

 

Mi alzo in piedi barcollando e fisso la distesa blu che schiumeggia contro gli scogli. Che cosa è successo? Come ho fatto a risalire fin qui? Che mi abbia trasportato qui sopra la marea, salvandomi la vita?

 

Molto probabile. Sono stato molto fortunato, nulla da dire, eppure avrei tanto voluto morirci davvero la sotto.

 

Arranco fino alle scalette facendo attenzione a non scivolare e comincio a camminare, usando le poche forze che ho in corpo.

 

Devo aver perso veramente molto sangue, sento che potrei svenire da un momento all'altro, devo darmi una mossa.

 

Una volta in ospedale chiedo di poter contattare mia sorella e mentre mi stanno praticando i punti necessari sulla testa la sento arrivare preoccupata.

 

Sta piangendo, chiede insistentemente di me ai dottori e non si dà pace finché finalmente non la fanno entrare nella stanza in cui mi stanno medicando.

 

-Austin!- dice piangendo mentre viene a inginocchiarsi davanti a me, facendomi tremare il cuore.

 

-Amore mio che cosa è successo??? Come hai fatto a cadere in acqua, perché sei andato lì da solo??!- mi chiede.

 

È disperata, sembra che non dorma da ore, ha delle profonde occhiaie sul viso e porta i capelli arruffati e legati alla meglio con un elastico.

 

-Scusami io...non volevo farti preoccupare...-

 

-Ho temuto per la tua vita Austin! Non sapevo che fine avessi fatto, ho chiamato la mamma ed è stata malissimo quando le ho detto che non ti trovavo!-

 

Non riesco a dire niente, tengo lo sguardo basso e non parlo più.

 

Tanto anche se le dicessi che sono caduto per sbaglio non mi crederebbe, sono sparito per un giorno e lei ha subito pensato che fossi andato a suicidarmi chissà dove.

 

Beh, non sbagliano, dopotutto ho dei forti istinti suicida e non devo stupirmi se tutti attorno a me mi considerano solo come un depresso che potrebbe andare ad ammazzarsi da un momento all'altro.

 

L'infermiera ci lascia soli e lei mi abbraccia forte, baciandomi ripetutamente la fronte e tutto il viso.

 

-Dai adesso basta...-

 

-Austin non puoi capire quanto io mi sia spaventata- singhiozza.

 

E tu non puoi capire quando io avrei voluto smettere davvero di respirare lì sotto. Lo penso ma ovviamente non lo dico, non voglio farla stare male e soprattutto voglio che la smetta di trattarmi come un ritardato.

 

-Non ti preoccupare è tutto finito. Mi porti a casa?-

 

-Si amore, certo- mi risponde lei tirando su col naso.

 

Mi sforzo di sorridere, ormai non le credo più e questi suoi modi esagerati mi danno solo fastidio. Non mi fido più di nessuno, non voglio nessuno accanto, voglio stare solo...ma devo sforzarmi di trattarla bene o sarà anche peggio.

 

Da quel giorno la mia vita diventa un inferno. Il giorno dopo la mamma è venuta a stare da noi, vogliono farmi vedere uno psicologo, sono fortemente convinte che io mi sia buttato di sotto di proposito e temono che possa rifarlo; se non la smettono di starmi così addosso potrei pensarci davvero.

 

Sono nudo davanti allo specchio e mi sto fissando.

 

Mi sento vuoto.

 

Non sono più triste come lo ero prima dell'incidente, adesso sono solo vuoto, privo di emozioni, come se mi avessero tolto il sole e stessi vagando nell'ombra senza capire esattamente dove andare.

 

La mia faccia mi fa solo sentire peggio; mi fa schifo, la odio, vorrei distruggerla.

 

I miei occhi non trasmettono niente se non empietà.

 

Che cosa mi è successo? Perché tutto ad un tratto non provo più niente, perché mi sento così piatto?

 

Mi fisso attentamente, lasciando scorrere il mio sguardo disgustato sul mio corpo; ho parecchi lividi che sembrano quasi dei succhiotti, che strano. Li tocco, non fanno male. Forse me li sono procurati durante la caduta.

 

Continuo ad osservarmi finché non prendo ad osservare la fasciatura sulla testa; la tolgo, strappo via anche il cerotto. Ho una parte di capelli rasata nel punto in cui mi hanno ricucito la testa. Fantastico, adesso sarò più rivoltante di prima.

 

La mia attenzione viene catturata dai curiosi orecchini a forma di conchiglia che porto alle orecchie; ne stacco uno, lo guardo. Quando li ho indossati? 

 

Non uso accessori di questo genere, anzi no ne uso affatto, neanche ho mai avuto i buchi ai lobi. Quando è successo? 

 

Mi sento sempre più confuso, non ricordo niente eppure dopo aver toccato queste minuscole conchiglie -che sembrano essere delle conchiglie vere e proprie- mi sembra di aver perso un pezzo importante della mia vita.

 

Quanto tempo sono stato sott'acqua?

 

È accaduto qualcosa nel lasso di tempo in cui sono stato lì sotto, io ne sono certo. Magari la caduta mi ha provocato un'amnesia, non so spiegarlo, ma so per certo di aver dimenticato qualcosa e che il vuoto che sento nel petto, così come in tutto il resto del corpo, dipende da quel qualcosa che ho rimosso.

 

La vasca è piena, così vado ad immergermi nella schiuma calda che mia madre mi ha preparato, imponendomi di lasciare la porta rigorosamente aperta perché, non lo ha specificato, ma potrei annegarmi in quaranta centimetri d'acqua e poi lei dovrebbe piangere la mia morte per il resto della vita.

 

Subito il contatto con l'acqua mi provoca un'intensa serenità. Chiudo gli occhi e mi sento leggero, quasi come se stessi fluttuando; stare in acqua è veramente una sensazione stupenda, vorrei passarci il resto della vita. 

 

Sono talmente rilassato che nel giro di pochi minuti cedo al sonno.

 

Sogno cose strane, sento il rumore delle onde, la luce accecante del sole, il sapore di albicocche appena colte.

 

Sento delle squame morbide sotto le dita, dei capelli lunghi e morbidi contro il mio viso, una voce gentile che si rivolge a me con appellativi dolci e premurosi.

 

Sono profondamente triste mentre sogno delle labbra calde e cortesi che toccano le mie e delle mani delicate che mi accarezzano sul viso.

 

-Axel- singhiozzo nel sonno.

 

Lo vedo, è davanti a me e nuota nella distesa blu, dandosi lo slancio con una lunga e brillante coda azzurra.

 

La sua pelle luccica a contatto con la luce del sole che filtra nell'acqua; i suoi capelli sono come tentacoli che gli incominciano il viso, fluttuando languidamente attorno a lui.

 

-Axel!- grido, allungando la mano davanti a me per afferrare la sua figura, che però al contatto con la mia mano si dissolve.

 

Riapro gli occhi realizzando di aver tenuto la testa sott'acqua per non so quanti minuti.

 

Ne vengo fuori spaventato, se non mi fossi svegliato forse sarei morto davvero e la cosa, per la prima volta da quel giorno, mi fa di nuovo paura.

 

Sento di voler vivere, vivere davvero ma non qui, non sulla terra.

 

Chi è Axel?

 

Mi tocco il cuore, lo sento martellare all'impazzata contro la cassa toracica e mi siedo per un momento, temendo di subire da un momento all'altro un arresto cardiaco o qualcosa del genere.

 

Devo calmarmi, regolarizzare il respiro, rallentare il battito e tornare lucido con la mente.

 

Mia madre viene a controllarmi e mi copre la schiena con un grande asciugamano, io la ringrazio e le dico che posso fare da solo; mi asciugo, mi vesto e mi dirigo verso la porta di casa per uscire.

 

-Amore dove stai andando?-

 

Mia madre mi blocca e mia sorella subito accorre preoccupata.

 

-Voglio uscire un po'- spiego perplesso, così lei mi guarda con fare apprensivo e mi prende per mano.

 

-Ti prego tesoro ovunque tu voglia andare ci andremo insieme, okay?-

 

-Mamma ti prego...-

 

-Austin!- mi prega mia sorella, così cedo e rientro in casa, buttandomi sul divano.

 

Che assurdità è mai questa? Davvero non posso neanche più uscire di casa ora? Adesso si che vorrei sul serio annegarmi.

 

Non mi sforzo neanche per protestare, tanto sarebbe inutile; mi limiterò a fingere come ho sempre fatto, ma appena si levano entrambe dalle scatole dovrò ritornare alla scogliera.

 

Non so precisamente perché io voglia tornarci, dopotutto è il luogo dal quale sono caduto, dovrei tenermi lontano da lì; eppure so che c'è qualcosa che mi chiama esattamente in quel punto, direi che è un istinto profondo che ha cominciato a farsi sentire dopo il sogno che ho avuto nella vasca da bagno.

 

Attendo che si faccia notte e che mia madre e mia sorella vadano a dormire; prendo una giacca leggera ed esco di casa.

 

Mi accarezzo gli orecchini mentre raggiungo in fretta il lungo mare, scendo gli scalini e cammino a fatica fino allo scoglio dal quale sono precipitato.

 

Il mare è nero, ma non mi fa paura.

 

Lo guardo, cercando di scrutare al suo interno, quasi nella speranza di scorgere quella creatura meravigliosa che ho sognato poche ore fa.

 

Axel.

 

Perché non riesco a ricordarmi di lui?

 

Chiudo gli occhi, sento una sensazione strana nell'ascoltare il suono delle onde, mi è molto familiare e allo stesso tempo mi rende estremamente malinconico.

 

Ho una strana nostalgia, voglio ricordare, voglio capire che cosa mi sia successo.

 

Mi tolgo un orecchino e lo osservo con attenzione; è strano, adesso ricordo perfettamente la forma di quella creatura, ricordo il suo viso, le sue carezze. Ma c'è qualcosa che ancora dentro di me non cambia, ed è il fatto che io non riesca a ricordare le sensazioni e le emozioni che ho provato con lui.

 

Tolgo l'altro orecchino, li stringo forte nella mia mano.

 

"Io voglio stare con te"

 

Ricordo la mia voce mentre dice questa frase.

 

Ma perché volevo stare con lui? Che cosa è successo?

 

L'acqua mi attira incredibilmente, voglio raggiungerla, voglio andare da lui, anche se non ricordo chi lui sia e cosa esattamente mi abbia fatto sentire per rendermi così dipendente da lui.

 

Lascio cadere gli orecchini fra le onde uni dopo l'altro; subito scompaiono inghiottiti dall'acqua agitata e scura, ed io li seguo senza pensarci.

 

Non voglio più essere salvato, qualunque cosa sia stata a portarmi in salvo; voglio andare da lui, voglio smetterla di sentirmi così, voglio provare ancora qualcosa.

 

Mi lascio sprofondare nell'acqua tiepida, che metro dopo metro diventa sempre più fredda.

 

Guardo il riflesso della luna filtrare su di me, sorrido; è proprio come nel mio sogno, solo che al posto di quella bellissima sirena ci sono io e sto annegando.

 

Schiudo le labbra e lascio che l'acqua mi invada la gola, poi rilasso le palpebre, pronto a chiuderle, ma qualcosa mi separa dal fascio di luce lunare che mi stava accarezzando nella morte.

 

Due braccia forti mi afferrano, e nel giro di un secondo mi ritrovo a tossire potentemente in superficie, sostenuto da una creatura che mi sta abbracciando ma che non riesco a guardare in faccia.

 

-Perché l'hai fatto, sei uno stupido!-

 

La sua voce mi scalda il cuore, spalanco gli occhi arrossati e mi aggrappo a lui, stringendolo forte.

 

-Non dovevi tornare qui, dovevi dimenticare!-

 

-Axel- dico quasi in modo inconsapevole.

 

Lo sento tremare, i suoi capelli galleggiano sull'acqua, sono ancora più lunghi di quel che ricordavo; finalmente si stacca di poco, permettendomi di ammirare il suo bel viso ed io rimango folgorato.

 

Una tempesta di emozioni mi sconvolge il cuore e la mentre mentre il mio cervello mi illustra ogni singolo momento passato insieme a lui, ogni sensazione, ogni brivido, ogni ansimo lasciato sulla sua pelle, sulle sue labbra.

 

-Come hai potuto farlo!- grido spingendolo via da me.

 

Sono scoppiato in lacrime non appena ho realizzato.

 

Adesso ricordo, ricordo le sue espressioni tristi e rassegnate, ricordo le sue frasi lasciate a metà, quella parola soffiata nel mio orecchio quasi come un incantesimo; lui aveva intenzione di riportarmi sulla terraferma fin dall'inizio, ancor prima che noi ci unissimo; ed anche dopo averlo fatto non ha cambiato idea.

 

È andato fino in fondo, mi ha fatto addormentare fra le sue braccia rassicuranti e poi mi ha abbandonato qui, certo che io non avrei ricordato mai nulla.

 

Non mi ha mai voluto neanche lui.

 

-Austin dovevo farlo, io non potevo-

 

-Non mi toccare! Lasciami! Ti odio Axel, come hai potuto abbandonarmi qui dopo tutto quello che abbiamo fatto, dopo quello che ci siamo detti?! Tu- singhiozzo -tu mi hai t-tradito!- 

 

Il suo viso si fa scuro, i suoi occhi neri si spengono e le sue braccia smettono di cercarmi.

 

Sento il mio cuore gridare per l'ennesima delusione. Lo sapevo, non poteva essere tutto perfetto come credevo, doveva per forza esserci qualcosa sotto; d'altronde nessuno vorrebbe mai stare insieme a me, questa è la verità e c'è poco da fare, non potevo aspettarmi che lui mi amasse dopo soltanto un giorno, come invece stupidamente ho fatto io.

 

-L'ho fatto per te Austin- prova a spiegare, ma io non gli credo. Ormai non credo più a nessuno, tutti non fanno che mentirmi e lui è soltanto l'ennesima persona che lo fa; anzi, persino le creature non umane sono capaci di trattarmi in questa maniera.

 

-No tu l'hai fatto per te, perché non mi volevi fra i piedi! Ti odio Axel, ti odio da morire!- gli grido fra le lacrime.

 

-Ti prego non dire così. Non ci sarebbe stato futuro per noi amore mio, devi credermi. Il nostro amore è impossibile, io appartengo al mare e tu...-

 

-Io non appartengo a niente- dico, bloccando le sue parole -nessuno mi vuole né sulla terra né infondo al mare. Sono destinato a stare solo, ad essere sempre quello non voluto, perché sono io, io stesso sono il problema. Mi chiedo perché diamine io sia nato, perché?! Perché accidenti mia madre ha dovuto mettermi al mondo?!- grido con rabbia, sentendo il mio viso andare a fuoco per il pianto ardente che mi sta prosciugando.

 

Lui mi stringe forte, nonostante io cerchi di dimenarmi per sfuggire alla sua stretta. Sento la sua lunga coda fluttuare sotto di noi, mi fa quasi paura; apparteniamo a due nature estremamente diverse è vero, eppure a me non importa, perché io lo amo davvero, era con lui che volevo stare, indipendentemente dall'impossibilità delle nostre unioni.

 

-Non parlare così piccolo mio. Sai che ti amo anch'io, ti amo profondamente ma vedi, tutto questo è impossibile. Ho avuto le gambe soltanto per un giorno, ogni sirena può farlo una volta sola nella sua esistenza ed io ho deciso di farlo per te, per salvarti la vita. Vorrei che tu fossi davvero felice Austin ma con me non potresti esserlo perché io per vivere ho bisogno del mare- mi spiega dolcemente, tanto da farmi calmare grazie al suo tono di voce estremamente caldo e gentile che mi penetra fin sotto la pelle.

 

-E se io per vivere avessi bisogno di te?- gli domando nel pianto.

 

-La tua vita è così breve piccolo mio, non sarebbe giusto. Devi tornare sulla terra, devi stare con i tuoi simili ed essere felice con loro. Io ho delle responsabilità, c'è il regno di mio padre che presto diventerà mio, mi daranno una moglie, dovrò avere dei bambini...la mia vita è già segnata ma la tua no. Per favore Austin, devi ritornare nel tuo mondo, devi amare qualcuno che possa davvero renderti felice, perché io amore mio non posso darti nulla se non pochi minuti al giorno, quando salgo in superficie per salutare il sole, o di notte quando vengo ad osservare la luna. Cosa potrei mai darti se non tristezza e insoddisfazione? Che vita avresti nel dovermi aspettare ogni giorno solo per vedermi andare via subito dopo?-

 

-È meglio di tutto quello che potrei mai desiderare di avere qui sulla terra. Tu sei meglio di qualunque cosa io possa mai desiderare, Axel. Ti prego tienimi con te anche se per poco, non mi importa. Se è vero che mi ami non abbandonarmi anche tu- lo supplico ma lui scuote la testa.

 

-Ti amo troppo per recluderti la felicità Austin. Devi tornare al tuo posto-

 

-Sei tu il mio posto!-

 

Lui mi abbraccia forte, mi stringe con una potenza sovrumana tale quasi da farmi smettere di respirare.

 

-Mi dispiace- mi dice singhiozzando, per poi sussurrarmi ancora una volta quella parola vicino all'orecchio.

 

Provo ad oppormi ma mi blocca troppo forte, non riesco a muovere neanche un muscolo.

 

Riesco solo ad odiarlo con tutto il mio cuore mentre mi strappa via i ricordi che con tanta fatica ero riuscito a recuperare, facendomi perdere i sensi fra le sue braccia, alle quali mi abbandono ormai esanime, rassegnato alla vita infelice e vuota che mi aspetta senza di lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

•••

 

 

 

 

 

 

 

 

Controllo il calendario terrestre che tengo appeso nella mia nuova casa. Mi mancano solo 19.710 giorni da vivere, e ne ho già sprecati 269 alla ricerca di Austin.

 

Ho rinunciato alla mia vita millenaria solo per stare con lui; adesso sono un amano comune, uno di quelli con le gambe e la vita breve, ma poco importa.

 

Ho provato a stare senza di lui, mi sono sforzato di non pensarci, di lasciarlo andare via dalla mia mente ma non ci sono riuscito.

 

Vorrei poter praticare quell'incantesimo anche su me stesso per riuscire a dimenticarmi di lui così come ho fatto alla sua mente, che adesso dovrebbe essere libera; ma fra qualche decina di anni lui morirà, io invece continuerò a vivere soffrendo per lui.

 

Non potevo sopportarlo, questa consapevolezza mi distruggeva; voglio rivederlo, anche solo un'ultima volta e dirgli quanto io lo ami ancora, anche se lui ovviamente non sa più chi io sia.

 

Adesso porto i capelli relativamente corti, degli abiti, mangio come un essere umano e sento gli istinti che Austin mi ha fatto provare quella notte quasi ogni giorno.

 

Sogno sempre di riviverli assieme a lui, quando la notte mi stendo nel giaciglio di foglie che ho ricreato nella mia casa e mi accarezzo, immaginando di essere ancora insieme a lui su quell'isola.

 

L'ho cercato a lungo in questa città; lui non c'è, non c'è da nessuna parte e per quanto io possieda una pazienza infinita, devo ammettere che sto cominciando a perdere le speranze di ritrovare il mio amore.

 

Vado spesso allo scoglio sul quale l'ho osservato per tutti questi anni; l'ho desiderato così tanto, me lo sono preso, l'ho fatto mio; poi gli ho spezzato il cuore.

 

Vorrei tanto rimediare a quello che gli ho fatto, lui non lo meritava e forse dovrei tenermi alla larga da lui perché so bene di non meritarlo, l'ho fatto soffrire troppo, ma non riesco a smettere di pensare a lui e di cercarlo ansiosamente giorno e notte, finché la stanchezza non mi vince e mi obbliga a fermarmi.

 

Sto passeggiando di nuovo nel solito posto, quello che lui amava tanto; non ci viene mai nessuno, eppure stasera c'è un ragazzo seduto proprio nel punto in cui andava sempre a sedere Austin.

 

Mi ci avvicino lentamente e mi accorgo che sta piangendo; mi si stringe subito il cuore, mi intenerisco all'istante e lo raggiungo a fatica, perché ancora non sono bravo con queste gambe scomode e impossibili.

 

-Va tutto bene? Spero di non disturbarti, ma ti ho sentito piangere e...-

 

Il ragazzo si volta lentamente e perdo un battito quando riconosco il viso del mio amato, arrossato, devastato dalle lacrime come mai era successo prima.

 

-Austin- dico istintivamente e lui mi guarda confuso mentre si asciuga il viso con le mani che gli tremano.

 

-C-ci c-conosciamo?- domanda singhiozzando.

 

Vero, gli ho cancellato i ricordi, non può sapere chi io sia, soprattutto con questo aspetto.

Quando gli ho dato i miei orecchini l'ho fatto egoisticamente; sapevo che avrebbero trattenuto un po' della mia essenza, e che se li avessi impressi sul suo corpo lui non mi avrebbe mai dimenticato davvero.

 

La seconda volta però non gli ho lasciato nulla, volevo davvero liberarlo da me definitivamente, non potevo rischiare che lui ritornasse di nuovo in mare, mettendo a repentaglio la sua vita.

 

-No scusami, io...posso sedermi?-

 

Lui annuisce e si sforza di fermare il pianto, seppur con molta fatica.

 

-Ti va di dirmi che cosa è successo?-

 

Vedere il mio amore stare male mi spezza il cuore, volevo che lui fosse felice con i suoi simili e invece riescono ancora a rendergli la vita un'incubo.

 

-V-vorrei ammazzarmi- ammette tirando su col naso.

 

Mi sento morire quando mi dice quella frase. Non riesco a trattenermi, gli prendo una mano nella mia e gliela stringo, accarezzandogli il palmo con il pollice.

 

-Ci sono io con te, ti prego non lo fare- gli dico con il cuore in gola.

 

Lui fissa le nostre mani intrecciate, è sorpreso e al tempo stesso addolorato.

 

-Perché vuoi aiutarmi? Te ne andrai come tutti gli altri- dice, provando a tirar via la sua mano, ma io non glielo permetto, anzi lo attiro a me e lo stringo forte.

 

Lui non si oppone; è come se stesse aspettando il mio abbraccio da un tempo infinito, perché vi si abbandona subito con sicurezza e sospira di sollievo nonostante il pianto.

 

-Ti giuro che non ti abbandonerò mai Austin. Ti prego devi credermi, adesso non ti lascio, ti renderò felice, te lo giuro. Ti darò tutto-

 

Lui ha gli occhi spalancati e confusi, forse con queste frasi lo sto spaventando, per lui sono solo uno sconosciuto.

 

Ma sono pronto a rifare con lui ogni cosa, farò tutto daccapo pur di averlo nuovamente con me, pur di vederlo di nuovo sorridere.

 

-Perché vuoi farlo?- mi domanda ancora, asciugandosi l'ultima lacrima ed io gli bacio una mano con delicatezza per poi stringerla nella mia.

 

-Perché ti trovo carino- dico con un sorriso, blaterando la prima scusa che mi viene in mente.

 

Lui abbozza un piccolo sorriso, poi abbassa il volto imbarazzato e tira ancora su col naso.

 

-Ma sono bruttissimo...-

 

-Io ti trovo meraviglioso- gli dico, senza smettere di accarezzargli le mani.

 

Lui non risponde, si vergogna tantissimo poverino.

 

-Hai mai dormito su un letto di foglie?-

 

Lui solleva lo sguardo a quella domanda e mi guarda sbattendo le palpebre.

 

-Forse...una volta...credo- dice confuso.

 

-Ne ho creato uno comodissimo- gli dico imbarazzato, e lui trattiene una risata.

 

-È una tecnica di abbordaggio veramente pietosa devo ammetterlo. Senza considerare il fatto che conosci il mio nome senza avermi mai parlato prima, ed è inquietante- dice, facendomi vergognare estremamente per la mia intraprendenza.

 

Poi però continua a parlare.

 

-Ma in cinque minuti sei riuscito a farmi sorridere, dopo oltre un anno passato soltanto a piangere. Quindi che tu sia uno stupratore o un trafficante di organi poco mi importa, portami a casa tua e mostrami questo letto di foglie- dice ridacchiando.

 

Scoppio a ridere e presto trascino nella risata anche lui.

 

Ci incamminiamo mano nella mano al chiaro di luna e cominciamo a chiacchierare, mentre finalmente lo sento ridere ed il mio cuore di scalda.

 

Il mio Austin quando ride è ancora più bello.

 

 

 

   
 
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