Quando
il giovane
scienziato del dipartimento Ricerca e Sviluppo di una nota ditta che
fabbricava
armi, presso cui la divisione giapponese dell'ICPO faceva rifornimento,
gli
aveva mostrato quel nuovo modello di manette, Zenigata si era ritrovato
a
storcere il naso.
Un
uomo della vecchia
scuola come lui non poteva accogliere con entusiasmo una
novità come quella,
sebbene fosse stata creata appositamente per la cattura di Lupin. Anzi,
per
dirla nelle parole del giovane scienziato (Zenigata gli dava a malapena
30
anni), per massimizzare le probabilità di coercizione del
target.
L'ispettore
emise un
lungo sospiro al pensiero di quel ragazzo: era quella la direzione che
il mondo
stava imboccando? L'uso della tecnologia più moderna era
sempre stato, in un
modo o nell'altro, dirottato verso l'industria bellica, ma Zenigata non
riusciva a vedere un futuro brillante per l'umanità in quel
momento.
Non
con le premesse che
il mondo della digitalizzazione e della tecnologia stava
creando.
Osservò
il piccolo
oggetto di metallo che gli era stato consegnato: era grande
più o meno quanto
il bottone di un cappotto, su un lato c'era un piccolo sportellino
sigillato,
in cui era stato inserito il materiale necessario al funzionamento di
quelle
"manette", dall'altro il pulsante di attivazione.
Lo
fece scorrere tra le
dita, come una moneta in un gioco di prestigio, e ne valutò
il peso e la
consistenza della superficie.
-Possibile
che questo
aggeggio possa davvero aiutarmi a catturare Lupin?- si chiese a voce
alta, così
concentrato sui propri pensieri da non notare che una signora,
spaventata da
quello strano individuo che parlava da solo, aveva allontanato il
figlio e lo
teneva stretto per una mano.
L'ispettore
osservò
ancora per qualche istante il piccolo oggetto, poi il suo telefono
cellulare
ricevette una chiamata.
-Pronto?-
rispose.
-Salve,
sto parlando con
l'ispettore Zenigata?- chiese la voce di un anziano signore dagli
altoparlanti
dell'apparecchio.
-Sono
io. Lei chi
è?
-Mi
chiamo Tanaka e le
telefono da Nagoya. Ho ricevuto un messaggio del famoso ladro Lupin III
in cui
mi avvisa che ruberà l'incasso del mio casinò
domenica prossima alle 3 del
mattino. Mi è stato detto che lei è il maggiore
esperto in fatto di questo
Lupin e avrei urgentemente bisogno della sua esperienza.
-Non
si preoccupi signor
Tanaka!- esclamò con fervore l'uomo -Mi occuperò
personalmente del caso!
Si
accordarono sul loro
incontro, poi Zenigata chiuse la chiamata. Finalmente,
pensò, avrò occasione di
provare il nuovo giocattolo.
*
Il
viaggio in treno non
lo aveva minimamente stancato, anzi, la sola idea di poter rivedere e
rincorrere Lupin gli dava scariche di adrenalina degne di un
paracadutista in
volo.
Aveva
predisposto con
cura i numerosi agenti in borghese per tutti i piani del
casinò e per il
giardino, li aveva istruiti nel meeting che aveva indetto qualche ora
prima e
aveva richiesto (e ottenuto) perfino dei cecchini sul tetto.
Ogni
possibile via di
fuga era stata messa sotto sorveglianza, ma il suo istinto, affinato da
anni di
esperienza, gli diceva che non era ancora abbastanza. Che Lupin era
sicuramente
già dentro al casinò e che di certo sarebbe stato
in grado di uscirne
nonostante i suoi sforzi.
L'ispettore
cercò il
nuovo modello di manette nella tasca dell'impermeabile e lo
rigirò tra le dita,
concentrandosi sugli schermi del sistema di sorveglianza a circuito
chiuso del
casinò.
Cercò
Lupin in ogni
volto che le decine di schermi gli presentavano, sia che fossero
uomini, sia
che fossero donne. Con Lupin non si può mai sapere.
Quando
l'allarme della
violazione della cassaforte suonò, Zenigata non fu per nulla
sorpreso di vedere
che la telecamera puntata sulla cassaforte non mostrava l'immagine del
portellone aperto. I trucchi, pensò Zenigata, in fondo sono
sempre gli
stessi.
Come
aveva immaginato, a
nulla servirono tutti gli agenti che aveva addestrato e nemmeno i
cecchini,
Lupin e il suo complice Jigen erano riusciti a fare manbassa del
contenuto
della cassaforte e a darsi alla fuga con il bottino.
L'ispettore
provò un
senso di dejavu durante l'inseguimento della 500 gialla per le strade
di
Nagoya, zigzagando tra le macchine in coda ai semafori, schivando
ignari pedoni
e sfrecciando su ponti e cavalcavia.
L'inseguimento
li portò
sul molo del porto commerciale e Zenigata dovette più volte
evitare all'ultimo
container di merci che venivano sollevate dalle gru e caricate sulle
navi
cargo.
Per
un istante, nella
confusione, Zenigata perse di vista la 500, ma questa ricompare da
dietro un
container e l'ispettore schiacciò a tavoletta
sull'acceleratore per recuperare
terreno.
Tuttavia,
mentre
oltrepassava il container da cui era sbucata la 500, Zenigata vide con
la coda
dell'occhio una seconda macchina identica e allora
capì.
Fece
un'inversione a U e
diresse la volante verso la nave cargo su cui era stato disposto il
container.
Diede gas fino a quando fu sul punto di credere che il motore sarebbe
esploso e
si diede a un inseguimento disperato.
Le
gomme dei pneumatici
stridettero sul cemento umido e qualcuno gli urlò contro, ma
il cervello
dell'ispettore era sintonizzato su un solo pensiero: inseguire
Lupin.
Quasi
non si accorse che
la macchina si era staccata dal suolo, mentre con uno slancio apriva la
portiera e si gettava sul ponte della nave, che ormai si stava
allontanando dal
molo.
Atterrò
con un tonfo sul
parapetto e si aggrappò giusto in tempo per impedirsi di
cadere. Alle sue
spalle, tra le urla del personale del porto, la sua macchina veniva
inghiottita
dai flutti.
Facendosi
luce con una
torcia elettrica, l'ispettore andò alla ricerca di quello
specifico container
in cui aveva visto la 500 gialla di Lupin, facendo attenzione a non
essere
notato dall'equipaggio. Tuttavia, la ricerca su quella nave enorme e
colma di container
tutti uguali tra loro si protrasse per ore e il porto di Nagoya era
sparito da
un pezzo dall'orizzonte.
Alla
fine, proprio
quando Zenigata stava iniziando ad accarezzare l'idea di aver preso un
clamoroso granchio, la risata beota del ladro gentiluomo gli
arrivò alle
orecchie da dietro il metallo di un container. L'ispettore si
lanciò su quel
container e incollò l'orecchio sulla parete, in
ascolto.
Sentì
i rumori di un
apparecchio televisivo e di nuovo quell'insopportabile risata e allora
non ebbe
più dubbi.
Scalzò
il chiavistello
che chiudeva la porta del container e la spalancò: -Lupin!-
chiamò a pieni
polmoni -Ti ho trovato!
All'interno
dell'enorme
scatola di metallo arredata come una camera d'albergo con
letto
matrimoniale, comodino con abat-jour, cassettiera con televisore a
schermo
piatto, frigorifero e bollitore elettrico, Lupin lo fissava con occhi
sgranati
dalla sorpresa, intento a mangiare dei ramen in scatola vestito solo
con un
paio di boxer a righe. In un angolo del container erano stati
accumulati i
sacchi pieni della refurtiva.
-Ti
ho beccato,
finalmente!- esultò Zenigata, fuori di sé
dall'euforia. Estrasse dalla tasca il
congegno dalle dimensioni di un bottone, lo innescò con il
pulsante e lo
scagliò in direzione del ladro.
Lupin
non ebbe nemmeno
il tempo di dire "Ciao paparino" che un fascio di luce venne
sprigionato
dal congegno e le sue mani vennero avvolte in un fascio di energia
bluastro.
-Che
diavoleria è
questa?- esclamò il ladro sconcertato. Cercò di
muovere le dita e di
distanziare le mani, ma tutto quello che ottenne fu una scossa
elettrica che lo
percorse da capo a piede e lo fece saltare.
Ci
provò di nuovo, ma il
risultato non cambiò, anzi ottenne solo di incrementare
l'ilarità di Zenigata,
che rideva a crepapelle.
-Prova
pure quanto vuoi-
lo schernì l'ispettore, chiudendosi la porta alle spalle e
avvicinandosi a lui
-Tanto non ti servirà a liberarti.
-Mi
hai proprio preso,
Paparino!- sorrise sornione Lupin, lasciando Zenigata interdetto.
-Che
hai da ridere?- gli
chiese brusco.
-Oh,
nulla!- ridacchiò
il ladro -Ma perché non provi ad aprire la porta?
Zenigata
si voltò verso
la parete di metallo alle sue spalle e iniziò a tirare la
porta per la
maniglia, ma quella non si mosse di un millimetro pur usando tutta la
sua
forza.
Spingere
non cambiò il
risultato e l'ispettore stava iniziando a innervosirsi.
-Prova
invece a chiamare
i rinforzi- gli suggerì Lupin, che intanto si era accomodato
meglio sul letto
ed era tornato a guardare la TV.
Zenigata
mise mano al
cellulare, ma non aveva campo ed era un oggetto inutile.
-Maledizione!-
imprecò,
suscitando una nuova risata da parte del ladro.
-Mi
spiace di averti
rovinato il momento di gloria, Paparino, ma questo container si
può aprire solo
dall'esterno e Jigen mi sta aspettando al porto commerciale di San
Diego per
spartirci il bottino. Perché adesso non mi togli questi
affari e ci mangiamo un
bel piatto di ramen? Offro io!
-Scordatelo!-
abbaiò
l'ispettore, lasciandosi cadere sul letto accanto al ladro. Era sfinito
per lo
sforzo e per lo sconforto.
-Quando
saremo arrivati
a San Diego ti porterò alla prima stazione di polizia. Si
tratta solo di
posticipare l'inevitabile.
-Se
lo dici tu… -
commentò vago Lupin, prendendo la confezione iniziata di
ramen e iniziando a
berne il contenuto rumorosamente.
Zenigata
lo osservò
mangiare per qualche istante: -Quanto tempo hai impiegato per
pianificare quest'ultimo
colpo?
-Vuoi
una confessione?-
chiese Lupin, aspirando uno spaghetto.
-No,
vorrei una
sigaretta- rispose Zenigata e agli occhi del ladro, non abituato a
vederlo così
calmo, sembrò improvvisamente vecchio e stanco -E fare un
po' di conversazione.
Mi sembra di capire che prima di domani non avremo contatti con
l'esterno.
Lupin
annuì: -Una
settimana, circa- rispose -Ma i contatti al porto ce li ho da parecchio
tempo e
questo ha aiutato.
-Capisco-
rispose
Zenigata, togliendosi il cappello e passandosi la grossa mano tra i
capelli
neri.
Alla
luce dell'abatjour
Lupin vide brillare qualche filo argentato in quella massa di capelli
accuratamente tagliati.
-E tu
invece che mi dici
di queste, Zazà?- chiese, alzando le mani per mostrare le
manette ultra
moderne.
Zenigata
squadrò le mani
le ladro, avvolte da un fascio di energia azzurrognola, che di tanto in
tanto
scoppiettava minacciosa.
-È
una diavoleria che mi
hanno dato a lavoro- spiegò infine -L'hanno progettata
apposta per te. Sono
delle manette a riconoscimento del DNA. Hanno preso dei campioni
dall'archivio,
capelli mi sembra, e l'hanno tarato sulla tua brutta faccia. Se
l'avessi
lanciata contro un'altra persona non si sarebbe attivata.
-Manette
al DNA?- chiese
Lupin sorpreso, osservando il congegno ai suoi polsi sotto una nuova
luce -Non
credevo che la polizia facesse ricorso a una cosa così
subdola. Non víola
qualche diritto umano?
-Probabilmente
sì e non
vado fiero della piega che questo mondo sta prendendo. Ad ogni modo, te
le
toglierò quando sarai dietro alle sbarre, quindi cerca di
collaborare.
Zenigata
si sdraiò sul letto
con le mani incrociate dietro la testa e si coprì il volto
con il cappello per
proteggere gli occhi dalla luce.
-Lo
dici come se non mi
conoscessi- ridacchiò Lupin, sentendosi più calmo
nel vedere che l'ispettore,
sua vecchia nemesi, gli rispondeva con un sorriso da sotto la
tesa.
Si
sdraiò accanto a lui
e si mise comodo: -Comunque- riprese il ladro -Se ci tenevi
così tanto ad
ammanettarmi al letto, bastava dirlo, Paparino. La prossima volta usa
delle
manette tradizionali, che mi piacciono di più.
-Taci,
pervertito- lo
ammoní l'ispettore, senza tuttavia riuscire a nascondere del
tutto una
risata.
Funzionava
così tra di
loro: una continua provocazione l'uno dei confronti dell'altro, fatta
di
inseguimenti, colpi messi a segno, idee sempre nuove per raggiungere i
propri
scopi e, naturalmente, diatribe verbali.
Faceva
parte del gioco a
cui aveva preso parte diversi anni fa e oramai aveva iniziato a
coglierne gli
aspetti ironici e divertenti.
Si
addormentarono
cullati dalle onde dell'oceano pacifico, russando entrambi come delle
segherie,
ma senza infastidirsi tra loro. Almeno per il momento.
La
mattina dopo,
Zenigata si svegliò con uno strano intorpidimento al braccio
e al polso. Alzò
lo sguardo verso la testiera del letto e vide di essere stato
ammanettato ad
essa con un paio di tradizionali manette di metallo, mentre di Lupin
non c'era
più traccia!
-LUPIN!!-
chiamò
l'ispettore a pieni polmoni, invano, mentre oltre la porta aperta del
container
i gabbiani stridevano e il personale portuale si occupava dello scarico
delle
merci.
Zenigata
agitò il
braccio nel tentativo di liberarsi e notò che sul comodino
era stato lasciato
un biglietto, accuratamente appoggiato sulla lampada
affinché potesse leggerlo
comodamente.
"Dormivi
così bene
che mi dispiaceva svegliarti" c'era scritto "Andrà meglio la
prossima
volta! Fossi in te chiederei un rimborso per le manette ultra moderne:
non è
stato poi così difficile liberarmi. A presto
Paparino!"
Quand'ebbe
finito di
leggere il biglietto, sebbene fosse colmo di rabbia per la sconfitta e
la beffa
subite, Zenigata non poté fare a meno di trovare comica la
situazione in cui si
era ritrovato al suo risveglio.
"Poco
male"
rifletté "Andrà meglio la prossima volta".
Note
dell’autrice: Ciao
a tutt* e grazie per aver letto il
sesto capitolo della serie Slices of Life! Come
sempre, un grosso
abbraccio e un grosso grazie vanno a Fujikofran che ha recensito il
capitolo
precedente! Vorrei ringraziare anche Shadow506 per aver aggiunto la
storia alle
preferite!!!
Come
avrete notato, il
titolo di questo capitolo è segnato come “parte
1di 4”, infatti le prossime tre
one shot faranno parte, assieme a questa, a una stessa successione di
eventi
consecutivi e legati tra loro. Spero che questa idea vi possa piacere e
altrettanto per questo capitolo.
A
presto,
Desma