I
numeri digitali correvano sullo schermo
come tante formiche impazzite ed era l'anticipazione prima della
decodifica
della combinazione a scongiurare il mal di testa che lo scorrere
frenetico di
quei segni luminosi avrebbe potuto provocare.
-Papà
Zenigata certe volte fa proprio
tenerezza- esclamò ad alta voce Lupin mentre, assieme al suo
socio Jigen,
attendeva che il loro congegno facesse il suo mestiere.
-Che
intendi dire?- domandò il pistolero,
appoggiato con la schiena alla parete di metallo del caveau
nell'attesa. Il
cappello borsalino gli proiettata una lunga ombra scura sul viso sotto
la luce
al neon.
-Sono
anni che ci dà la caccia- spiegò il
ladro -E ancora non ha capito che non basta mettere poliziotti e
cecchini sulla
mia strada per fermarmi. Alle volte penso che sarebbe meglio per lui se
se ne
andasse in pensione e passasse il suo tempo a dare da mangiare alle
anatre al
parco.
-Non
lo farebbe mai- commentò asciutto il
pistolero -Ti inseguirà fino al suo ultimo respiro, per poi
riprendere da capo
all'inferno.
Lupin
rise: -Non si può certo dire che sia
una persona noiosa!
Un bip
metallico annunciò il
completamento dell'operazione e la serratura della cassaforte
scattò.
-Voici,
mon cher ami!- annunciò il
ladro con un inchino, mentre spalancava la pesante porta blindata della
cassaforte, mostrandone il ricco contenuto.
-Guarda
un po'- esclamò Jigen rovistando
tra le pile di banconote accuratamente riposte in blocchetti suddivisi
per
valuta -Tutto sommato questo casinò non è poi
così prestigioso: ci sono delle
cambiali tra il denaro.
-Solo
per i clienti più affezionati-
spiegò Lupin, iniziando a riempire un grosso sacco con i
blocchi di banconote
-C'è crisi anche per i ricchi con il vizio del gioco.
Lasciale pure qua, è
improbabile che dopo la notizia del colpo sarà possibile
riscuoterle.
Si
misero all'opera e, quando anche
l'ultima banconota venne chiusa in un sacco, imboccarono il tunnel per
il
complicato impianto elettrico che avevano usato per entrare
indisturbati.
Dopo
una camminata dolcemente appesantita
dal cospicuo bottino, i due riemersero dal sottosuolo, mentre nel
casinò era
scattato l'allarme antifurto.
-Che
bisogno c'era di attivarlo?- chiese
Jigen accendendo la 500 e dando gas.
-Ora
comincia il divertimento- ridacchiò il
ladro gentiluomo -Direzione: il porto!
*
Guardando
attraverso lo specchietto
retrovisore, Jigen notò che la volante che un attimo prima
lo stava inseguendo
era scomparsa.
-Strano-
pensò ad alta voce il pistolero,
rallentando l'auto entro i limiti di velocità, ma mantenendo
comunque la
massima attenzione -Di solito Zenigata non si arrende così
facilmente.
Fece
fare alla macchina qualche giro a
vuoto tra le strade della periferia e, quando fu certo di non essere
seguito,
diresse l'auto fuori dalla città in direzione
dell'aeroporto.
L'indomani
avrebbe dovuto andare a
prendere Lupin al porto commerciale di San Diego e il suo biglietto
aereo
faceva capolino dalla tasca della giacca.
-Finalmente
sei arrivato- lo accolse
Goemon all'ingresso dell'aeroporto con un vago tono di rimprovero -Il
volo
parte tra mezz'ora.
-Ho
dovuto accertarmi di non essere
seguito- tagliò corto il pistolero -Hai già fatto
il check in?
Il
samurai annuì con un cenno del capo e i
due attraversarono l'ampio ambiente moderno di Chūbu-Centrair fino a
raggiungere il loro gate, dove una cordiale signorina in divisa, dopo
aver
verificato documenti e titoli di viaggio, li accompagnò in
prima classe, dove
li attendevano i loro posti.
Prima
di congedarsi, la donna lanciò una
lunga occhiata incuriosita al samurai, che rispose alzando, un
sopracciglio.
Accortasi di essere stata beccata a fissare l'uomo, la hostess fece un
veloce
inchino e svanì dietro la porta che separava la prima classe
dal resto
dell'aereo.
-Te
lo dico tutte le sante volte- commentò
Jigen mentre si sedeva sulla comoda poltrona di ecopelle blu e si
allacciata la
cintura -Dovresti vestirti in abiti civili almeno quando viaggi. Il tuo
abbigliamento è troppo vistoso e riconoscibile.
-Non
c'è niente che non va nel mio
abbigliamento!- rispose il samurai con un'irritazione che inizialmente
Jigen
non capì, dato che Goemon era abituato ad essere osservato
con insistenza per
il suo modo di vestire, ma poi gli si accese una lampadina.
-Sei
nervoso perché la tua spada è stata
impacchettata e messa nella stiva con un sigillo?- chiese allora e il
silenzio
imbronciato del samurai fu una risposta sufficiente.
Aprí
una piccola brochure che era stata
riposta accanto al suo sedile a disposizione dei viaggiatori e ne
scorse
velocemente i caratteri: -Ma tu guarda!- esclamò con
studiata sorpresa, quanto
bastava per attirare l'attenzione dell'amico -Su questo aereo hanno una
vasta
selezione di sake.
Goemon
aprì una piccola breccia nella sua
espressione dura e sbirciò con lo sguardo in direzione della
brochure.
-Prenderò
il Junmai Daiginjo- dichiarò il
samurai.
Jigen
annuì soddisfatto: -Ottima scelta.
Io invece penso che prenderò del Knob Creek.
Non
appena l'aereo si fu stabilizzato e la
spia delle cinture si fu spenta, una hostess passò a
chiedere se desideravano
bere qualcosa e i due uomini fecero la loro ordinazione.
Brindarono
al successo dell'ultimo colpo,
sebbene Goemon non avesse potuto parteciparvi per via di alcune
faccende che
doveva sbrigare, e presto l'umore di quest'ultimo
migliorò.
Arrivò
persino a ridere quando Jigen gli
descrisse la faccia di Zenigata mentre li inseguiva.
-Allora
Lupin si è infilato dentro al
container e abbiamo dovuto scaricare la macchina dai sacchi
più in fretta della
luce- stava raccontando il pistolero, mentre il samurai, rapito dal
racconto,
sorseggiava il suo raffinato sake, ma ad un tratto una scossa di dolore
pungente gli avvolse il viso.
-Maledizione!-
imprecò, portandosi una
mano al lato della faccia.
-Che
succede?- chiese con apprensione
Goemon -Che hai?
Il
pistolero si massaggiò la guancia nel
tentativo di placare quelle scosse improvvise, ma invano: -Mi fa male
un dente-
spiegò alla fine -Mi era saltata un'otturazione qualche
tempo fa e la carie che
c'era sotto deve essersi estesa. Che male!- si
lamentò.
Chiamò
una delle hostess e chiese di poter
avere un antidolorifico, ma la donna scosse il capo e spiegò
che il personale
della compagnia di volo non era autorizzata a dare medicinali ai
passeggeri.
Jigen
provò a insistere, cercando di farle
capire a quale dolore atroce era sottoposto, ma la donna non aveva
voluto
sentire ragioni e gli aveva consigliato di farsi un pisolino,
offrendosi di
preparargli una camomilla e di portargli un cuscino e una
coperta.
Il
pistolero aveva declinato l'offerta,
chiedendo che il suo bicchiere gli venisse riempito di nuovo e
l'hostess
l'accontentò.
-Non
credo dovresti bere se ti fa male il
dente- disse Goemon atono, ma Jigen non gli diede retta e
svuotò anche il
secondo bicchiere.
-Se
bevo abbastanza- spiegò appoggiando il
bicchiere vuoto sul tavolino -Smetterò di sentire dolore.
Goemon
scosse la testa: -Sciocchezze!
Finirai solo per stare peggio e questo ti renderà inadatto a
compiere il tuo
lavoro.
-Per
tua informazione- ribatté stizzito il
pistolero -Ho sempre portato a termine il mio lavoro, anche con del
piombo in
corpo!
-Questo
è vero- annuì Goemon -Ma quando
hai il mal di denti diventi intrattabile e più lento a fare
anche le cose più
semplici.
Jigen
stava per rispondergli per le rime,
ma all'ultimo si trattenne: riusciva a leggere fin troppo chiaramente
negli
occhi del samurai che, se gli avesse risposto a male parole, gli
avrebbe dato
implicitamente ragione.
Tornò
dunque a preoccuparsi del proprio
mal di denti, cercando di distrarre la mente dal dolore che gli
infuocava la
bocca e il viso. Ripercorse mentalmente i passaggi per smontare,
pulire,
lubrificare e rimontare la sua Magnum, chiamando ogni pezzo, che
maneggiava
nella sua immaginazione, con il suo nome.
"Mirino…
canna… asse del tamburo…
molla di richiamo dell'estrattore… tamburo…
estrattore… piastra di chiusura…
guancetta…"
Una
nuova scossa di dolore gli strappò un
gemito e le gambe si agitarono involontariamente in uno
spasmo.
-Maledetto
dente!- sibilò - Maledetta
compagnia aerea che non dà gli antidolorifici ai passeggeri
in difficoltà!-
Provò
allora a distrarsi guardando il
cielo e le nuvole attraverso il finestrino, ma ormai la luce del giorno
si era
esaurita e tutto quello che riusciva a vedere era il proprio riflesso
nell'oblò.
Sul
vetro del finestrino vide che alle sue
spalle Goemon si stava rimboccando le maniche del kimono e si stava
scrocchiando le dita.
-Togli
il cappello- ordinò il
samurai.
-Perché?-
chiese il pistolero, voltandosi
per fronteggiare l'uomo -Vuoi darmi una botta in testa per farmi
dormire?-
aggiunse poi, cercando di apparire disinvolto, ma riuscendo a celare
ben poco
del suo nervosismo.
Anche
senza la spada, Goemon Ishikawa era
un combattente formidabile, dotato di una forza fisica straordinaria.
In
passato era già capitato che i due si fronteggiassero in una
scazzottata e
Jigen era sempre riuscito a restituire quello che aveva ricevuto, ma
non era
del tutto certo che il samurai, in virtù della loro
amicizia, non si fosse
trattenuto durante quei confronti.
-Non
ho intenzione di picchiarti- spiegò
il samurai, vagamente irritato che il pistolero avesse messo in dubbio
la bontà
delle sue intenzioni -Tempo fa ho appreso una tecnica di
digitopressione per
attenuare il dolore dopo i combattimenti. Voglio provare ad applicarla
su di te
per renderti il mal di denti più sopportabile. E ora togliti
il cappello.
Ancora
un po' riluttante, Jigen obbedì e
rispose il cappello sulle proprie ginocchia mentre Goemon affondava le
dita tra
i suoi capelli, raggiungendo lo scalpo.
Il
pistolero si preparò ad accogliere
delle sensazioni spiacevoli, se non addirittura dolorose, dato che la
digitopressione richiedeva una certa dose di forza per riuscire a
stimolare le
terminazioni nervose sottocutanee. Invece il tocco di Goemon, sebbene
deciso,
risultò delicato e Jigen trovò quel trattamento
quasi rilassante.
-Se
ci vedesse qualcuno in questo momento,
potrebbe farsi un'idea sbagliata- disse il pistolero quasi
sottovoce.
-Ho
quasi finito- lo rassicurò Goemon -Ma
se preferisci tenerti il mal di denti…
-No,
no- intervenne Jigen -Finisci il
trattamento.
Qualche
istante più tardi, il samurai
dichiarò la fine del suo operato e chiese al paziente come
si sentisse. Jigen
si esaminò con la lingua il punto in cui c'era il dente
cariato, aspettandosi
nuove fitte di dolore che, però, non arrivarono.
-È
passato!- esclamò trionfante.
-Ovviamente-
fu il commento di Goemon, che
tornò a concentrarsi sul suo sake come se l'episodio del
dente non fosse mai
avvenuto.
Trascorsero
il resto del viaggio a
chiacchierare finché il sonno non li colse e li
accompagnò per le ore di volo
mancanti.
Atterrati
a San Diego noleggiarono un'auto
e partirono alla volta del porto commerciale.
Il
mal di denti era diventato un brutto
ricordo dai contorni sfuocati.
Note
dell’autrice: Ciao
a tutt* e grazie per aver letto il
settimo capitolo della serie Slices of Life!
Scusate se ci ho messo
tanto a pubblicare questo capitolo, ma ho avuto un periodo piuttosto
intenso e
non sono riuscita a risolverlo prima. Un grosso abbraccio a Fujikofran
che ha
recensito il capitolo precedente!
Ci
vediamo al prossimo capitolo,
intitolato Sharing a dessert.
A
presto,
Desma