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Autore: lizardiana    16/06/2020    5 recensioni
Miracolo dei miracoli. C'è una ragazza interessata al Tensai! Cosa ne pensano i suoi amici storici.. ma soprattutto i suoi nuovi amici, tra cui una volpe possessiva? Akira d'altro canto sta vivendo la storia d'amore della sua vita, o almeno così crede lui.
Continua la serie dedicata alle canzoni storiche degli 883, dopo Fattore S(?), un altro scorcio di vita quotidiana pura e semplice.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Akira Sendoh, Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Shibari'
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Ciao a tutti, eccomi con la seconda parte di “O me - o quei deficienti lì”.

Per questo capitolo devo ringraziare metformin_86 che nella sua storia Kanagawa generation ha descritto il luogo che ospiterà l’appuntamento di Hana (si vedrà un font diverso per la citazione..)! Grazie Doc!
E grazie a chi mi ha dedicato il suo tempo leggendo e commentando :)

Enjoy!!



 

2. I bar son quasi tutti chiusi


 

“Allora, quanto sei cotto?”

Kaede guardò Akira con indifferenza “Non so di cosa parli” rispose, afferrando la maglietta che l’altro gli stava restituendo.

“Certo, non sai di cosa parlo..“ riprese ridendo “allora dovresti migliorare ancora di più il controllo delle tue espressioni facciali perché era lampante. È bastato che nominasse quella ragazza per vederti sprofondare negli abissi”. Hanamichi era appena andato via dal campetto e Akira non aveva atteso a lungo prima di partire con il terzo grado.

Kaede fece spallucce e si alzò caricandosi lo zaino sulla spalla “Domenica saremo di nuovo qui stessa ora” disse solo. Poi si incamminò verso la sua bicicletta.

“Lui domani esce con una ragazza e tu ti accontenti di vederlo la domenica a giocare?”

Kaede lo ignorò.

“E pensi che domenica sarà qui se domani va bene?”
Kaede perse il passo per un istante, quasi impercettibilmente. Ma continuò imperterrito verso la bicicletta.

“Non intendi dirglielo, vero?”
Kaede sbuffò, trafficando con le chiavi. Quel maledetto lucchetto arrugginito gli dava sempre problemi, perché diavolo aveva ascoltato l’idiota e si era fatto convincere a legarla? Niente da fare, la cazzo di chiave non girava rimaneva bloccata lì a metà, né a destra né a sinistra né scendere né salire e cazzo bruciavano gli occhi e prudeva un poco lì dietro al collo perché diavolo quella merda di chiave non girava e voleva solo “CHE COSA STRACAZZO STAI ANCORA A FISSARMI?” 

Akira incrociò le braccia e arricciò il labbro inferiore. “Tasto dolente eh.”

Kaede inspirò profondamente. “.. Lasciami perdere ok?” disse, riuscendo finalmente ad aprire il lucchetto.

“Non c’è niente di male..” disse Akira provando ad appoggiare una mano sulla spalla di Rukawa. Che lo guardò. O meglio, che provò a incenerirlo con lo sguardo.

“Non c’è niente di male dice lui” rispose, con un guaito divertito “supponiamo, per assurdo,che io sappia di che cosa stai parlando. E supponiamo sempre per assurdo che questa cosa sia come la stai dicendo. Secondo te, Sendō, una persona maniaca del controllo come me, che programma la sua vita da quando era piccolo per diventare il giocatore numero uno, che non ama il casino, il rumore, il berciare e le perdite di tempo. Secondo te, potrebbe mai… dirglielo?”. 

Akira lo guardò con sguardo serio. “Si?” disse poi sorridendo come un bambino.

“Non so di cosa tu stia parlando. A me basta che ci sia per giocare. E poi, non è la prima e non sarà l’ultima. Ci vediamo, idiota numero due”.


 

Hanamichi compose il numero di casa di Yohei. Dopo quattro squilli la voce del suo amico risuonò nel ricevitore, dando al rosso un immediato sollievo.

“Fratello aiutami. Dove porto Yumi domani? È lunedì e la kissaten dove volevo andare fa chiusura aaaah perché devono chiudere di lunedì!”

Yohei ridacchiò. Quel gigante poteva proclamarsi genio indiscusso di ogni cosa ed era in grado di portarsi via delle scarpe di immenso valore da un negozio per pochi yen, ma di fronte a una ragazza perdeva completamente la testa.  

“Ma che ne so, fate due passi a Fujisawa e entrate da qualche parte.. Hana, non è importante dove, lo sai no?” disse cercando di tranquillizzarlo.

Hanamichi sospirò “Yo, ho bisogno di avere un programma in testa, non posso andare nel panico! Tu lo sai, tu mi conosci davvero..”
“Lo so Hana, però davvero tranquillo..” ‘Non è importante questa ragazza’  voleva dire. Ma l’avrebbe ferito. Tanto meglio sfruttare l’occasione, pensò.

“Senti, portala al bowling. Al pomeriggio c’è poca gente e i tavolini del bar sono sempre liberi. Offrile qualcosa e poi beh se vuole giocare bene altrimenti state alle macchinette e le puoi vincere qualcosa”. Dall’altro capo del telefono Yohei sentì solo il respiro del suo amico per qualche secondo.

“Il Tensai è infallibile con l’artigliooo. Ora chiamo per prenotare!” disse.

Yohei si schiarì la voce “conosco uno che lavora lì e che deve un favore al mio vecchio. Se vuoi ci penso io” disse

Hanamichi si illuminò “Yo, fratello sei grande. Te ne devo una” 

Si salutarono e Yohei appese la cornetta. Si mordicchiò un labbro e passò una mano tra i capelli. Per un attimo fu indeciso sul da farsi. Di fronte a sé aveva una scelta molto importante da prendere.. sostenere il suo amico in una situazione nuova, tutta da scoprire, che l’avrebbe probabilmente reso felice.. oppure cercare di preservare la sua famiglia.

Era la prima volta che Hanamichi non riceveva un due di picche da una ragazza e anche per lui questo era una novità. Per la prima volta si sentiva spaventato dall’idea di poter perdere davvero il suo migliore amico.

Alzò la cornetta e compose il numero di Ōkusu.


 

Quando Hanamichi alzò lo sguardo e vide i suoi enormi e dolci occhi castani, sentì lo stomaco fare un salto. Alla luce del sole Yumi era ancora più bella, i capelli sembravano luccicare e sul suo viso si intravedevano delle leggere lentiggini che le donavano un aspetto fanciullesco. Già. Se non fosse stato per il resto del corpo che invece sembrava aver già intrapreso un viaggio in Shinkansen verso pubertà city.
Quel pomeriggio indossava una maglietta smanicata dal taglio che ricordava una uniforme di basket e un paio di shorts giallo canarino che le fasciavano le cosce e rendevano giustizia alle sue lunghe gambe. 

“Ciao Hanamichi-kun!” Disse allegra, appoggiandogli una mano sul bicipite. Fu avvolto da un dolcissimo profumo di cocco che gli fece vorticare la testa.

Quando la vide guardarlo con aria interrogativa si rese conto di non aver ancora aperto bocca, limitandosi a fissarla come un pesce lesso. “CIAO YUMICHAN” disse, quasi urlando e fallendo nel tentativo di contenere l’imbarazzo. Lontano dall’ondata di adrenalina dell’altra sera che l’aveva spinto ad approcciare la ragazza, ora si sentiva spaesato, disarmato.
Non incasinare tutto si disse. È il momento per il Tensai di dimostrare quanto vale davvero.

Si diede una scossa, gonfiò il petto e tirò indietro le spalle scacciando la paura e ricercando la complicità che si era creata in poco tempo venerdì sera. Con un gesto elegante della mano le mostrò la strada.


 

Yohei aveva detto di cercare un certo Harada, che avrebbe tenuto un tavolino per lui e che non avrebbe dovuto preoccuparsi di pagare la pista. Si sentì fortunato di avere un amico così.

Quando misero piede nell’ingresso del Shonantokyu il ghiaccio della conversazione era ormai sciolto e tra i due si era già instaurato un rapporto notevolmente intimo e fisico. Yumi era molto interessata alle sue gesta da atleta e sembrava cercare ogni occasione per toccarlo, provocandogli un innalzamento della temperatura corporea. Gli sembrava quasi impossibile di essere lì, con quella ragazza così bella, audace e così interessata a lui..

Ripensò ad Haruko e a tutte le ragazze prima di lei. Era la prima volta che approcciava una ragazza così estroversa, così lontana dall'essere una yamato nadeshiko, caratteristica che aveva accomunato tutte le ragazze alle quali si era dichiarato in quegli anni. Già con Haruko e la sua buffa goffaggine aveva spezzato la consuetudine, ma ora, di fronte a quella bomba di estroversione, Hanamichi si trovava quasi spiazzato. Quasi.. a disagio? Ma no, che stava pensando! Sei solo agitato, respira e cerca di non combinare casini.

Nonostante fosse pomeriggio, l’interno del bowling era un’esplosione di luci e suoni. Superate le porte a vetri, passarono accanto a una fila di giostrine elettroniche e di claw crane, arrivando alla zona ristoro. Guardò a destra, trovando le quindici piste da bowling lucide e quasi tutte occupate da gruppi di ragazzi, sullo sfondo un’immagine di una spiaggia tropicale. 


 

Commentarono il locale con stupore, Yumi non aveva mai giocato a bowling ma era eccitata dall’idea di provare. Hanamichi individuò Harada che li accolse con un caldo sorriso. “Venite da questa parte, la vostra pista è la 13.. i vostri amici vi stanno aspettando”.
Hanamichi lo guardò stralunato “a..amici?” disse, guardando poi con agitazione verso Yumi.

“Sì, avete fatto bene a prenotare perché le piste sono tutte piene oggi, sai, è il nostro anniversario di apertura e ci sono parecchie promozioni”
Hanamichi si sentì frastornato vedendo nella pista 13 la sua banda al completo che gesticolando vistosamente faceva segno di raggiungerli.

“Merda..” disse Hanamichi e Yumi lo guardò sollevando il sopracciglio.

“Hai invitato i tuoi amici?” disse, guardandoli con diffidenza e arricciando le labbra in un piccolo broncio.

“Io.. no ecco.. ha prenotato Yohei e beh forse non ci siamo capiti” disse lui. “Senti, proviamo a fare un paio di lanci e poi andiamo ok? Così provi..” provò a mediare.

Yohei questa volta gli aveva giocato un brutto scherzo, pensò. Non seppe dirsi se fosse curiosità o gelosia, in quel momento. Sapeva solo che non voleva fare brutta figura con lei, e avere loro lì significava mettersi a nudo molto più di quanto fosse pronto a fare.

“Va behe Hana-kun, voglio vederti mentre colpisci quei tubetti” rispose lei, accarezzandogli il braccio.
“Birilli.. sì penso si chiamino birilli, ma per te da oggi li ribattezzerò tubetti” rispose lui arrossendo dall’agitazione. Voleva in tutti i modi riuscire a dirle sempre qualcosa di carino. Era tra i suggerimenti che aveva trovato qualche giorno prima in una delle riviste per ragazze che aveva sua cugina, insieme a "se vai in bagno durante l'appuntamento non schiacciarti i punti neri perché torneresti tutto arrossato". No, non avrebbe mai ammesso di averle chieste chieste in prestito, no, il tensai non faceva di queste cose!!


 

“Ciao piccolo fiore di montagna” disse languido Takamiya, approcciandosi a Yumi scivolando sul divanetto rivestito in finta pelle rossa.
Lei lo guardò disgustata “Piccolo fiore.. di montagna” disse, guardando poi Hanamichi “notevole..” commentò.

“Levati, sei fastidioso” disse il rosso spingendolo indietro al suo posto. "Siamo qui per stracciarvi e farvi vedere come si gioca!" Disse spavaldo.

Yumi ridacchiò, prendendo posto all'estremità del divanetto. Con il suo viso ovale ben poggiato sulle sue candide mani, che elegantemente lo incorniciavano donandole un aspetto angelico, fissò gli occhi in quelli cioccolato di Hanamichi. "Hana-kun sarai sicuramente un Tensai anche in questo.." gli disse.

Hanamichi deglutì faticosamente. Con quello sguardo si era sentito messo a nudo. Era un po' come quando lo guardava Rukawa, pensò. Quando quella volpe fissava i suoi occhi di ghiaccio si sentiva scavare dentro e se inizialmente quella situazione lo metteva a disagio ora aveva iniziato a viverla come un segno della profondità che la loro amicizia stava acquisendo. Certo che il fortunato che si metterà con lui dovrà fare i conti con quel suo sguardo, pensò.

Al che ebbe un fremito. Non era certo il momento di pensare a quella stupida volpe! Fortunato, poi! Che scelta sbagliata di termini, sfigato avrebbe dovuto dire!!

“Hana-kun?”
Yumi aveva poggiato le sue dita affusolate sulla sua coscia e Hanamichi tornò dallo spazio nel quale stava viaggiando, atterrando in quella prefettura, in quel chōme, in quel bowling, a quel tavolo, con la mano di Yumi pericolosamente vicina al suo inguine.


Si alzò di scatto e propose di iniziare la partita. Yumi sorrise e lo seguì con lo sguardo andare verso la zona di lancio, perse i suoi occhi sul suo fondoschiena mentre si piegava per raccogliere la boccia viola e fece un segno di incitamento quando lui si girò a guardarla per dedicarle quel tiro.
Piegò il braccio portando la boccia all’altezza del suo petto. Fece aderire bene la sua superficie a quella del palmo della sua mano. Un passo. Due passi. Tre passi verso la pista. Mirò e calibrò la forza del suo tiro, sentendo piano la boccia lasciare il contatto con le sue dita.

Vai fai uno strike! pensò.

La palla iniziò a rotolare veloce, scivolando sulla pista e dirigendosi verso il pin deck. Hanamichi si immaginò centrare uno strike, voltarsi verso Yumi e trovarla con uno sguardo innamorato mentre con le labbra mimava le parole sono tua.


Ma la palla finì nel canale laterale a circa ⅔ del percorso.
Hanamichi si pietrificò iniziando a sentire le urla scimmiesche della sua banda iniziare a percularlo.

Yumi scattò in piedi e raggiunse Hanamichi, prendendogli entrambe le mani tra le sue.
“Ora tocca a me. Voglio un bacio di incoraggiamento però..” disse, con una leggera stretta.
Hanamichi strabuzzò gli occhi “ba..bacio?” disse.
Lei portò la sua mano all’altezza delle labbra del rosso, indicandola con lo sguardo.
Hanamichi si sporse con il viso fino a far combaciare la sua bianca pelle con la sua rosea delle labbra.
Yumi sorrise, buttò uno sguardo compiaciuto verso Yohei e con una mezza piroetta si portò a raccogliere la boccia arancione che si trovava al fondo della fila.
Hanamichi era ancora imbambolato alle sue spalle mentre lei con un movimento fluido lanciò la boccia riuscendo a fare uno split 7-10.

Esultando con un saltello, si girò sorridente verso Hanamichi. “Come sono andata Hana-kun?” gli disse dolcemente.

“Wooow Yumichan!” disse lui incredulo “sembravi una professionista!”

Lei ridacchiò. Con il secondo tiro non riuscì neanche a sfiorare uno dei due birilli, ma comunque soddisfatta tornò verso il divanetto, passando accanto ad Hanamichi e poggiando una mano sul suo petto, facendola scivolare nella sua scia.

I turni di gioco si alternarono permettendo a tutti di effettuare qualche tiro. Nel frattempo Hanamichi aveva provveduto a ordinare le bevande per lui e la ragazza. Un tè alla pesca dolcissimo, come quelli che piacevano a Rukawa, pensò.


“È arrivato il momento!” Ōkusu lanciò il menù di plastica sul tavolo come se stesse scartando un +4, si alzò e si diresse verso la penisola bar, intenzionato a ordinare qualcosa.
Hanamichi intanto era stato preso in mezzo da Noma e Takamiya e stava raccontando a Yumi le sue gesta di Tensai durante il campionato Nazionale appena finito. Mentre lui cercava di darsi un tono, gli altri due non facevano altro - come al solito - che prenderlo in giro per questo o quell’altro episodio dove si era reso ridicolo.
Il loro rapporto era così, in fondo. I ragazzi erano probabilmente tra le persone più orgogliose dei progressi di Hanamichi e delle sue vittorie, ma sicuramente non l’avrebbero mai detto in modo esplicito. Perché tra loro non c’era altro modo che quello.
La ragazza non sembrava apprezzare i commenti degli amici e di tanto in tanto provava a chiedere al rosso se quello che le stavano raccontando fosse vero, facendo espressioni infastidite ogni volta che lui confermava le sue sparate.

“Penso che gli atleti debbano essere degli esempi di serietà” disse “non che ci si debba annoiare, certo, ma un po’ di contegno non fa male”.

Con un rumore sordo, Ōkusu scaraventò sul tavolino un cestino formato famiglia di gamberetti fritti. “Solita sfida!” disse indicando i compagni uno a uno. “Chi riuscirà oggi a mettere in bocca più gamberetti vincerà un premio a sua scelta!”

Erano tutti entusiasti delle sfide offerte da Ōkusu. Principalmente i premi consistevano in gelati o partite offerte al pachinko.

Takamiya non si fece attendere e iniziò a posizionarsi i gamberetti in bocca, seguito da Ōkusu. Noma stava bevendo un sorso d’acqua prima di gettarsi nella sfida, così Yohei si avvicinò all’orecchio di Hanamichi sussurrando “Hei Hana.. se vinci potresti chiederci di andarcene..”

Hanamichi lo guardò. I piccoli ingranaggi del suo cervello iniziarono a girare cigolando.

“Passami quel cestino!” disse.
Yumi si alzò dal tavolo. “Hana-kun, andiamo?” disse, guardandolo immobilizzarsi con un gamberetto tra le dita. Hanamichi rilanciò il crostaceo dentro al cestino e partì per seguirla, salutando velocemente i suoi amici. Che rimasero così, con le bocche piene di gamberetti e le mani a mezzavia.


 

Una volta fuori dal Shonantokyu, Yumi aveva un’espressione seria, infastidita.
“Yumi-chan.. sei.. sei arrabbiata?” disse lui. “Mi dispiace per.. sì insomma sono casinisti ma sono la mia famig..”
“Casinisti è dir poco” lo interruppe lei “non hanno rispetto per te, ti prendono in giro e sono imbarazzanti. Tu mi hai dato l’impressione di essere di più di così. Io ho sempre pensato che gli atleti dovessero essere un esempio di serietà”.
Gli si avvicinò, poggiando i palmi delle mani sul suo petto e sussurrando “Sai, ho sempre sognato che.. sì.. la mia prima volta fosse con un atleta, sai..” disse sollevando il viso a guardare il suo.

Hanamichi sentì il sangue affluire violentemente al suo viso.

“Se tu vuoi essere la persona che mi fa esaudire questo desiderio.. beh.. penso tu abbia le potenzialità per farlo ma.. devi volerlo e soprattutto evitare situazioni come quella”.
Hanamichi si sentì frastornato. Non si aspettava certo che Yumi facesse discorsi di quel tipo. Ma in fondo, dal primo momento si era dimostrata subito molto audace.

“Io.. sì voglio essere quella persona” disse sorridendo, al che lei ricambiò il sorriso e prendendogli la mano lo attirò a sé.

Hanamichi sentì il cuore iniziare a trottare dall’agitazione. Yumi era lì di fronte a lui, con gli occhi socchiusi avvicinando il viso al suo.
Ok Tensai pensa, come ha fatto la volpe quando ti ha baciato?

Il ricordo delle sue labbra calde, la mano leggera dietro la nuca, tornarono a scuoterlo.
Posò le mani sulle sue spalle e si chinò verso di lei, poggiando le sue labbra ad accarezzare quelle di lei, gli occhi chiusi e un fastidioso fischio nelle orecchie - forse sarebbe esploso da lì a momenti.
Si separarono e la ragazza lo guardò con intensità “Questo è solo l’inizio Hana-kun…”.


 

C’era un piccolo neo che faceva capolino a circa due dita dal suo ombelico, e lui si perdeva a guardarlo, desiderando di poggiarci le labbra, accarezzarlo con la lingua e inglobarlo nella sua bocca.

Ma sapeva che si sarebbe beccato una manata in faccia, perchè Tsubasa soffriva particolarmente il solletico e dunque Akira sapeva che il suo sogno non avrebbe visto la luce.

Il sabato pomeriggio era il giorno in cui i genitori di Tsubasa erano entrambi impegnati al golf club, così da circa 8 mesi a quella parte i due ragazzi passavano quelle ore tra le lenzuola senza rischiare che la ragazza fosse richiamata a casa.
Akira non poteva che esserne contento. Tsubasa era tutto fuorché pudica e in quelle situazioni si trovava spesso a realizzare strane fantasie.
Un po’ come quell’altra sera con Mitsui. Già, un vero peccato fosse corso via sul più bello. Già solo toccare il suo corpo lo aveva acceso e ora gli rimaneva un poco di amaro in bocca.

Soprattutto perché nell’ultimo periodo le cose con Tsubasa non andavano un granchè a gonfie vele e lei era riuscita a incolparlo per la fuga del moro dello Shohoku. Spesso, ultimamente, si trovavano a litigare, principalmente perché a detta della ragazza lui non era abbastanza attento nei suoi confronti.
Non che lui riuscisse a capire dove stesse sbagliando. Per lei avrebbe fatto qualsiasi cosa. Era arrivato ad abbandonare quasi tutto ciò che faceva nel suo tempo libero, pur di vederla contenta. A volte, però, sembrava che il suo “tutto” non fosse abbastanza. Altro che bicicletta qui. Era una bicicletta da spinning settata su Monte Everest.

Tsubasa sfogliava una rivista sdraiata al suo fianco, ogni tanto iniziando un discorso per raccontare gossip o novità dei loro compagni di scuola. Akira ascoltava svogliatamente, carpendo qua e là qualche parola per non farle capire che non stava seguendo il discorso.
“Ah non ti ho detto poi che Yumi è uscita con quello della festa sulla spiaggia” disse.
Akira provò a concentrarsi e a ricordarsi i dettagli della storia, ma non gli sovveniva né il viso di Yumi né il racconto della serata sulla spiaggia.
“Non ti ricordi vero?” disse lei “Yumiko Nori, della 3-7, il tipo alto e muscoloso con i capelli rossi..”
Akira vide la lampadina accendersi nella sua testa. Possibile che Hanamichi fosse uscito con la loro compagna di scuola?
“Guarda che questa non me l’avevi raccontata” disse lui “forse mi confondi con il tuo amante”.

Tsubasa sbuffò. “La finisci con sta storia? Comunque non importa, Yumi ha incontrato un figo in spiaggia e ha organizzato un appuntamento, sono usciti lunedì e mi ha raccontato.. Insomma, lui è ben piazzato e ha un sacco di potenziale ma a quanto pare ha dietro un branco di amici deficienti che lei non sopporta. Pensa che ha dovuto portarlo via da loro perché si sono presentati sul luogo dell’appuntamento, ma ti pare?”

“Beh dai non sai come ragionano le persone, magari aveva bisogno di un sostegno..”
Tsubasa lo guardò come fosse scemo “Un sostegno? Bah pensala come vuoi, ad ogni modo ha già messo in chiaro ‘o me o quei deficienti lì’ ha praticamente detto. E lui l’ha seguita quindi..”
Akira deglutì a fatica. “Non condivido quello che stai dicendo” disse “perché mai deve separarli, le cose devono funzionare tra loro no? E poi se ha quegli amici è perché lui è così non credi?”

Tsubasa scoppiò a ridere “tu parli così perché non ne hai di amici e non ti rendi conto di quanto possano influenzare una persona. Fidati che se Yumi vuole che il suo ragazzo sia come lo desidera lei, non ci sono forze che tengano”.

Akira si alzò a sedere “Se Yumi vuole.. ma cosa stai dicendo?”

Tsubasa roteò gli occhi “Akira ma che ti prende oggi? Non sei contento di come va il mondo?”

“No, non sono contento di come va il mondo secondo Yumi” rispose. E neanche secondo Tsubasa, in realtà. Le sue parole ancora gli ronzavano in testa ‘non ne hai di amici’ aveva detto. Era vero, ed era tutto per colpa sua.

Tsubasa si accigliò. “Sei pesante Akira. Non sei lo stesso che eri un anno fa!”
“Ci risiamo..” sospirò alzandosi. “Non sono più lo stesso, ero più romantico bla bla!”

Tsubasa si zittì. Non era mai successo che Akira si rivolgesse a lei in quel modo.
Come si permetteva! 


 

“Come ti permetti, parlarmi così!” disse, alzandosi a sua volta “basta, sento che non durerà se vai avanti così”.

Akira scosse la testa. “Anche se non siamo d’accordo su qualcosa non vuol dire che non possiamo avere una relazione, Tsubasa. Se vuoi un pupazzo patetico per essere felice, beh, non andrai lontana con me!”.

Tsubasa si mordicchiò il labbro inferiore, i denti stringevano con forza la sua pelle.

“Me ne vado” disse. “E tu lasciami stare”

Akira la guardò rivestirsi velocemente, tenendo fisso il suo sguardo su quello della ragazza. “Ne riparleremo quando ti sarai calmata” disse “non è possibile che a ogni litigio te ne vai o mi dici di andarmene cacciandomi come un cane pretendendo poi le mie scuse. Questa volta no, Tsubasa, io non mi scuso”.


 

La mattina dopo, Akira compose il numero di casa di Tsubasa per scusarsi e chiederle di vedersi.

Non che pensasse di essere nel torto, ma l’idea di non vedere più quel sorriso e di passare il tempo con lei lo stava uccidendo. Avrebbe fatto in modo di farle capire il suo punto di vista, pensava. Avrebbero parlato, fatto pace, fatto l’amore e sarebbero andati avanti.
Ma dall’altro capo del telefono non rispose nessuno per un paio d’ore, finchè Akira decise di uscire di casa per andare direttamente a parlare con lei.
Si tirò la porta alle spalle - era sua abitudine non chiudere mai per paura di perdere le chiavi e di non riuscire a rientrare in casa - e quando fu sul marciapiede antistante il cancello, si accorse di una figura femminile ferma ad attenderlo.


 

“Sendō” lo chiamò.
Akira la guardò e cercò nei cassetti della memoria un nome da associare a quel viso ovale, quel caschetto castano e quegli occhi da occidentale.
“Ehm….” disse.

“Sono Yumi, allora è vero che non ti ricordi di me” lo rimbeccò la ragazza.

“Ah Yumi. Sssì scusa” cercò di disinnescare.

“Tsubasa mi manda a dirti che non vuole più vederti o sentirti” disse.
Akira aggrottò le sopracciglia. “Scusami?”

Lei scosse la testa facendo danzare i suoi capelli “Hai sentito. Non vuole più vederti.”
Akira la fissò. Poi scosse la testa e sorrise amaro. “Finchè non me lo dice lei può scordarselo” disse.
E senza salutare, iniziò a correre verso casa di Tsubasa.
Ma nonostante l’insistenza al campanello, le manate alla porta e i richiami, nulla.
Tsubasa non intendeva farsi vedere.

Sconsolato, decise di andare nell’unico posto dove avrebbe trovato almeno mezz’ora di tranquillità. 

 

doaho..”

“DOAHO dovecazzohailatesta!” Rukawa tirò un calcio sul culo di Hanamichi.

Il rosso sospirò e si passò una mano tra i capelli “sono qui rompicoglioni, dammi tregua”.

“Non prendermi per il culo idiota, è una palla giocare con te oggi. Nonpensavochel’avreimaidetto ma quasi mi manca l’idiota numero due” disse sospirando con fare melodrammatico. Per quanto una volpe fosse melodrammatica, ovvio.
Hanamichi roteò gli occhi. “Ho pensieri, Kitsune, ma tanto non puoi capirmi".

"La finisci con sta storia che non posso capirti? Pensi mica di essere così complicato.."

"Dai Kitsune hai capito cosa intendo! Mica posso chiederti consigli su come trattare le ragazze.."

Kaede si mise a sedere a gambe incrociate “Siediti idiota” disse “qui, sitz”.

Hanamichi ridacchiò e si sedette di fronte al moro. “Dovrei prenderti a testate per il trattamento da cane..” disse, venendo completamente ignorato.

“Allora, qual è il problema, mi dica” 

Hanamichi lo guardò dritto negli occhi. Pensò a quanti passi avevano fatto in avanti per arrivare a quella situazione così intima e cameratesca. Ora come ora, non avrebbe saputo rinunciare alla sua amicizia.
Iniziò a raccontare l’appuntamento, la bellezza della ragazza, lo stupore di trovare la sua banda nel luogo dell’appuntamento, le vicissitudini dentro il bowling.

“I miei amici mi dicono che Yumi è una arpia e che non mi vuole per quello che sono. Ho litigato con Yohei dopo l’appuntamento di lunedì. E pensare che nonostante l’inizio disastroso ci siamo addirittura baciati e” si zittì arrossendo violentemente. Stava raccontando a Rukawa del loro bacio e l’unica cosa che in quel momento gli tornava in mente era che aveva ripensato al loro di bacio.

Kaede prese un respiro profondo e guardò le nuvole bianche che li sovrastavano.

“Perché dicono che non ti vuole per quello che sei?” disse dopo qualche secondo.
Hanamichi pensò “Forse sono invidiosi del tensai?” disse.
Kaede gli tirò un pugno in testa “Idiota. Qual è il motivo? Pensaci stupida scimmia anche se hai solo due neuroni ce la puoi fare”
Hanamichi protestò giusto per abitudine.
“Probabilmente mi hanno visto diverso da come sono con loro. Ma non è naturale? insomma, soprattutto appena ti conosci, non conviene mostrare il meglio e tenere il peggio da parte?”.
Kaede lo guardò. “Perché, hai del meglio da offrire?”

“Kitsuneeee lo vedi che non mi puoi capire!!” Disse Hanamichi balzando in piedi.

Kaede sorrise “Idiota scherzo..”

E per Hanamichi fu come vederlo per la prima volta. Aveva già visto Kaede sorridere, ma mai in quel modo così semplice e così.. famigliare.
Rimase come imbambolato per qualche secondo. Finché i loro occhi non si incrociarono e si incollarono.


“Disturbo?”
Akira comparì alle spalle di Hanamichi facendolo saltare in aria dallo spavento.
“Maledetto porcospino cosa fai gli agguati??” disse grattandosi la nuca nervosamente.
Kaede nel frattempo si era rialzato, per mettere un po’ di distanza tra lui e il rosso prima di decidere di lasciare stare tutto il suo self-control e di lanciargli la lingua in gola. Così andò a recuperare uno dei due palloni che era rimasto al fondo del campo.
Akira sorrise, ma si accorse che Hanamichi lo guardava con una strana espressione.

“Sei strano. Niente vestito di merda oggi?”
Akira sospirò. Poi con i riflessi pronti, afferrò la palla ultrasonica che Kaede gli aveva lanciato. “Ouch andateci piano tutti e due che brucia..”
Preoccupati dalla sua espressione, i due dello Shohoku si avvicinarono e, seduti in cerchio, iniziarono ad ascoltare il suo racconto. Parlò della sua storia con Tsubasa, di quanto si rendeva conto fosse tossica ma che non riusciva a lasciare andare. Parlò anche di Yumi e delle parole di Tsubasa su di lei. Ad ogni parola, Hanamichi si accigliava sempre di più, mentre Kaede manteneva una espressione impassibile e indecifrabile.
Quando finì, Akira si sentì svuotato. Ma ancora terribilmente ferito. Hanamichi si era chiuso nel mutismo. Possibile che per una volta che trovava una ragazza carina che lo ricambiasse, quella fosse un mostro mangia amici? Ripensò alle parole di Yohei e si sentì una merda per averlo trattato male.

Kaede prese un respiro.
"Siete due idioti” disse. “Non potete ridurvi così per delle ragazze che chiaramente non vi vogliono per quello che siete. Oh certo, potete decidere di vivere con delle maschere per compiacerle. Oppure potete smetterla di fare gli idioti e di perdere tempo che magari nel frattempo vi state perdendo qualcosa di meglio. E con questo chiudo, pagatemi la consulenza”.

Calò il silenzio.

Kaede pensò che forse era stato troppo diretto, in fondo quei due erano degli idioti.
Fece per alzarsi quando Akira gli si gettò al collo piantadogli un bacio sulla guancia.

“Meno male che ci sei tu che ci ami!!” disse ridendo e stringendosi a lui.

Kaede emise un verso di disgusto “Dei, levati che schifo” disse, facendo scoppiare a ridere gli altri due.
“Ora vogliamo giocare o no?”


 

.. continua ..

   
 
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