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Autore: Gohos    13/08/2009    1 recensioni
In un mondo formato prevalentemente da acqua, e qualche isola qua e la nasce Hai, ultima Erede dei Corvi, persone isolate e temute, poichè sinonimo di morte, carestia e guerra. Sulla testa di Hai pende una condanna di morte....spero di avervi incuriosito...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caro Diario.
Questa è la prima volta che scrivo qualcosa su queste pagine, e mi sento terribilmente sciocca a chiamarti "Diario". In fondo non sei altro che un quaderno rilegato di spesso cuoio. Ma non mi importa, il tempo scorre, ed io non ho tempo di perdermi in dettagli inutili. Fra solo poche ore la sentenza di morte nei miei confronti verrà eseguita, Il Consiglio stesso si è riunito per prendere una decisione. E' un evento che non avveniva da almeno un migliaio d'anni, se mai è accaduto. Il Consiglio è l'organo supremo, l'organo che regola l'ordine negl'otto stati. Il consiglio funziona in modo semplice, gli otto membri sono eletti dalla popolazione delle otto maggiori isole, sono le persone ritenute più sagge. Ogni membro ha poteri illimitati su di uno stato, per tradizione nessun Consigliere è mai a capo dello stato che gli ha dato i natali. Inoltre nessun Consigliere è superiore o ha più poteri di ogni altro. Il Consiglio si limita alle faccende e alle decisioni più importanti, e per emettere una sentenza il voto dev'essere unanime. Non ho mai visto un Consigliere, ma li ho sempre immaginati come persone anziane, vestiti con lunghi abiti e con grigie barbe altrettatnto lunghe. La sentenza, la mia condanna a morte è stata decretata in poche ore, il tempo necessario perchè tutto venisse organizzato. Il tempo necessario perchè ad ogni Consigliere venisse raccontata la mia storia, ed ora che sto per morire voglio che resti qualcosa di me.
Mi chiamo Hai, ho tredici anni, e sono l'ultima Erede dei Corvi della Terra. Terra, che nome sciocco per questo pianeta. La terra su questo pianeta è costituita da isolette simili ad una spruzzata di efelidi qua e là. Mi chiamo Hai, e questa è la mia storia.
E' così difficile riassumere tutta la propria vita nelle pagine di questo quaderno, ma il fato mi impone un iniqua scadenza, tuttavia non so come cominciare, penso che sia meglio se io inizi dal principio.
L'isola su cui sono nata si chiama Trondhr, un'isola molto più a nord di dove mi trovo ora, talmente a nord da essere ricoperta da uno spesso strato di neve e ghiaccio per dieci mesi l'anno. E'un isola popolata prevalentemente da contadini, a dispetto del freddo intenso i raccolti sono sempre abbondanti. Il commercio non è l'interesse principale degli abitanti; ogni famiglia produce e consuma ciò di cui ha bisogno, senza sprechi. Se, raramente, qualcosa avanza e si trova un acquirente si può pensare alla vendita delle proprie provviste. Tutti i contadini, nessuna eccezione, hanno adottato questo stile di vita a Trondhr. Ci sono solo poche persone che non vivono di ciò che coltivano: fabbri, medici e sacerdoti. Sull'isola ci sono tre fabbri, persone oneste e capaci, due di essi hanno un assistente. Un medico e svariati assistenti sono l'unica speranza per tutti noi di poter sconfiggere le malattie. Per quanto riguarda i sacerdoti, in un'isola piccola come la nostra sono diventati dei fanatici e dei puristi. L'unica altra persona a non coltivare nulla è anche l'unica persona per cui gli altri lo fanno per lui. Il Conte è il delegato del Consiglio che governa sull'isola, vive in un castello sulla cima di una collina. E'un uomo buono, anche se per primo propose la mia morte, ma non gli porto rancore.
La luna è ormai alta nel cielo, e la sua luce fa finalmente capolino dalla mia finestra illuminando fiocamente queste pagine. La finestra è posta troppo in alto per una bambina, e mi impedisce la vista. E'la mia ultima notte, e non potrò vedere la luna.
Tutte le storie cominciano dalla nascita del protagonista, ma la mia comincia da quando mia madre, dal sesto mese di gravidanza, cominciò ad avere i primi dolori. I dolori diventarono presto fitte, e le fitte un tormento incessante. Mia madre si ritrovò costretta a letto dai dolori e dalla nausea, e fu mio padre a doversi prendere cura dei miei fratelli.
Non posso fare meno di sorridere pensando ai dolori che mia madre sopportò per i quattro mesi precedenti alla mia nascità. So che è sbagliato, sorridere pensando a quanto mia madre potesse soffrire, a quanta paura dovesse avere vedendo sangue rigurgitava per la contnua nausea; ma non posso farne a meno. Fui la prima e l'unica fra i miei fratelli a nascere in ospedale. Per il medico fu un operazione piuttosto semplice, quella della mia nascita. Ben più complesso e rischioso fu l'intervento per salvare la vita di mia madre, con tutti i danni che le avevo causato fu un miracolo che uscì viva dalla sala operatoria.
Mio padre volle aspettare. Aspettare che mia madre si svegliasse prima di vedermi, prima di darmi un nome. Rimasi cinque giorni senza un nome. In quei giorni fui allevata da una balia di gran cuore. La balia rimase affascinata dal mio aspetto, tanto che gli fruttò un grande dispiacere restituirmi alla mia legittima madre, che mi portò alla mia futura casa dopo circa sette giorni dalla mia nascita.
La scelta del nome non fu difficile. Nè papà ne mamma avevano pensato ad un nome per me, ma si misero d'accordo non appena di videro. Qualcosa nel mio aspetto gli fece venire in mente il nome Hai. E non a caso. Significa letteralmente Sangue Impuro, o, secondo altre fonti Sangue Nero. Tutti, tranne i miei genitori, sanno che un Erede ha due segni particolari: la pelle color avorio, e sangue corvino. Tutto ciò che pensarono i miei genitori quando mi videro fu che ero magnifica. Non faccio per vantarmi, ma sono decisamente più bella delle mie sorelle, che forgiate da anni di duro lavoro manuale avevano un aspetto più simile ai miei fratelli che a me.
Per i due mesi successivi furono le mie due sorelle maggiori a prendersi cura di me. Furono delle balie precise ed efficienti, per quanto possano esserlo due bambine, una di dieci e l'altra di sei anni. La mia infanzia fu come quella di tutte le bambine dell'isola, passavo la maggior parte del tempo con mia madre e le mie sorelle che filavano e lavoravano la lana davanti al camino sempre acceso, mentre mio padre lavorava la terra, sterile dal momento della mia nascita.
A due anni sentivo le storie che mia madre raccontava alle mie sorelle, che rimanevano estasiate. A tre Sentivo raccontare dalla mia sorella maggiore le sue cotte a mia madre, mia sorella Crystal prendeva una cotta ogni mese, e per ognuna di esse chiedeva consiglio alla mamma. A cinque anni finalmente potei raccontare storie anche io, avventure nei boschi innevati, che tanto mi affascinavano. Non avevo il permesso di addentrarmi troppo nella foresta, i miei genitori temevano che mi potessi perdere, o che potessi essere aggredita da qualche animale. Non mi preoccupavo affatto di questi pericoli, avevo un senso dell'orientamento eccellente, e sorprendentemente riuscivo a comunicare con gli animali. So che sembra assurda come affermazione, ma gli animali mi ascoltavano, e a modo loro mi rispondevano.
Forse il punto migliore da cui iniziare a raccontare la mia storia non è dalla nascita. La mia esistenza si è noiosamente trascinata dal momento in cui nacqui fino al giorno del mio ottavo compleanno, quello fu l'inizio reale dei miei guai.
Racconterò da li.
  
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