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Autore: TheDoctor1002    16/06/2020    1 recensioni
Artemis conosce il mare. Lo ha solcato in lungo e in largo quando era in marina, vi ha disseminato terrore una volta cacciata e ancora oggi, dietro l'ombra del suo capitano, continua a conoscerlo.
Il suo nome è andato perduto molti anni fa: ora è solo la Senza-Faccia. Senza identità e senza peccati, per gli altri pirati è incomprensibile come sia diventata il secondo in comando degli Heart Pirates o cosa la spinga a viaggiare con loro. Solo Law conosce le sue ragioni, lui e quella ciurma che affettuosamente la chiama Mama Rose.
Ma nemmeno la luce del presente più sereno può cancellare le ombre di ciò che è stato.
Il Tempo torna sempre, inesorabile, a presentare il conto.
"Raccoglierete tutto il sangue che avete seminato."
//
Nota: trasponendola avevo dimenticato un capitolo, quindi ho riportato la storia al capitolo 10 per integrarlo. Scusate per il disguido çuç
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Corazòn, Donquijote Doflamingo, Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Pirati Heart
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 11: Para Bellum (parte 1)

Il nero della notte di Marijoa aveva offerto un'impagabile cortina ai tre pirati.
La loro partenza non aveva avuto ostacoli di sorta e, mentre la minuscola imbarcazione dell'armata rivoluzionaria faceva rotta verso Punk Hazard, il mare d'inchiostro inghiottì anche le fioche luci della città in lontananza.
Nonostante le notevoli difficoltà che raggiungere un'isola fuori dalle mappe poteva comportare, Koala aveva provato ad intrattenere una piccola conversazione con Artemis.
Le raccontò brevemente di cosa si era persa, del fatto che avevano individuato Robin sul lungo ponte in costruzione e avevano trovato anche Zoro, Nami e Sanji, quest'ultimo a Momoiro, con enorme sorpresa generale.
Sabo le aveva riferito quanto la Senza-Faccia si interessasse dei movimenti di tutti, ma non ebbe grandi soddisfazioni dalla sua interlocutrice.
Spesso rispondeva solo a monosillabi, con un "Cosa, scusa?" o un "Perdonami, ero distratta.".
Law non era certo una compagnia migliore: aveva un'aria concentrata e lontana, quasi stesse meditando mentre osservava la ragazza pilotare il peschereccio che li avrebbe condotti al crocevia.
Il silenzio in cabina si fece man mano totale e asfissiante, salvo che per gli sporadici telegrammi dello stesso Sabo: brevi lingue di carta, spesso imbrattate di solo una manciata di lettere in sigle che nemmeno Artemis era in grado di decifrare e che, ad ogni modo, non sembrava interessata a spiare.
Koala capiva i suoi compagni di viaggio, dopotutto: perfino la sua parlantina si esauriva prima di una missione importante o di un compito rischioso, tuttavia non si aspettava che anche due figure del genere potessero sentire perlomeno il peso della tensione.
Non Trafalgar Law, che nonostante la sua giovane età era entrato senza difficoltà negli Shichibukai.
Lui, che aveva avuto il coraggio di farsi beffe del governo con un doppio gioco da cui aveva più da perdere che da guadagnare.
E, di certo, neanche la Senza-Faccia, della quale aveva sentito parlare con ammirazione fin da bambina, la stessa che tante volte era stata accolta da sussurri stupiti a Baltigo.
L'unica persona che potesse sparire oltre le porte dell'ufficio di Dragon senza che ci fosse neppure il bisogno di annunciarla.
Tirò l'ennesimo sospiro.
Sentiva la stanchezza pesarle sulle spalle e né la pallida luce della luna, né il sentiero che le stelle tracciavano sopra la sua testa sembravano in grado di alleviarla.
"Spero che se la cavino." Scrisse rapida a Sabo, mentre, silenziosa come un'ombra, Artemis scivolava verso il ponte.

 

Tamburellando appena le punte delle dita sul parapetto della nave, si chiese se quella che stava per prendere fosse la scelta migliore.
Aveva scandagliato il tempo in lungo e in largo per scovare imprevisti, cambi di programma o variazioni e, fin dove poteva vedere, tutto sembrava destinato a filare stranamente liscio. C'era solo un momento che risultasse davvero cruciale, uno solo.
Un testa o croce, poco distante per tempo e chilometri dagli eventi di Dressrosa.
Aveva visto la moneta volteggiare in aria e sparire, era riuscita a ricostruire la mano che l'aveva lanciata e l'uomo a cui essa apparteneva.
Si chiedeva solo cosa l'avrebbe spinta ad allontanarsi da Law in un momento tanto cruciale, che giustificazione potevano avere trecentocinquanta miglia per quella manciata di secondi.
Un vago senso di colpa l'attanagliò mentre, con un rapido giro d'occhi, si guardò intorno con riluttanza, assicurandosi che nessuno dei suoi due compagni di viaggio la vedesse sparire per un solo impercettibile istante.

 

-//-//-//-

 

"Eccovi finalmente", sospirò l'anziano marine, sentendo il rumore dei suoi passi nell'erba. "In ritardo, per giunta."
Tirava un vento gelido e, per assurdo, Artemis non percepì alcuno sbalzo termico passando dal ponte della nave a quella remota isola.
"In anticipo, vorrete dire" lo corresse lei, "sono arrivata da quando non eravate ancora ammiraglio. Converrete che è un bel viaggio, Issho-san."
Una sottile crepa si fece largo attraverso il suo volto rugoso: Artemis riuscì a scorgervi un sorriso divertito.
"Già, un gran bel viaggio. Lungo e pericoloso. Dovete aver visto qualcosa che vi ha terrorizzata, per avere tanta fretta. Trasudate paura. Vi remate contro, agitandovi così, non sapete che la fortuna assiste gli audaci?"
"Venite al dunque." Sospirò la donna, certa che Fujitora, oltre che la sua paura, fosse riuscito a captare anche la sottile scossa di rabbia che l'attraversò nel vedersi leggere dentro in maniera tanto sfacciata. "Qual è la posta? Per crimini regolari non scommettete mai. Cosa c'è di diverso?"
L'uomo si prese il suo tempo per rispondere, quasi dovesse trovare le parole giuste per farlo.
"Io non sono stato chiamato ad arrestarvi." Rispose lui, ora con un tono molto più mesto.
Doveva essersi reso conto che l'intero disegno ancora sfuggiva agli occhi di Artemis. "Immagino non abbiate idea di cosa sto per dirvi, non è così?"
Il respiro della donna si bloccò a metà trachea.
Scosse lentamente la testa, lo sguardo perso nel vuoto, quasi fosse in trance.
"No, non lo so." Specificò, ricordandosi solo in un secondo momento della debolezza di Fujitora.
"Si tratta di Santana.", rivelò l'ammiraglio.
E se l'aria che circolava nei polmoni di Artemis era stata poca, con quelle poche sillabe svanì del tutto.
Qualsiasi emozione ci fosse in lei, paura, rabbia o superbia che fossero, sparirono per lasciare il nulla al loro posto.
Un nulla annichilente e terribile.
"Santana?" Riuscì a sussurrare con un flebile filo di voce "Santana ha parlato con voi? Cosa vuole? Perché vi ha contattato?"
"Ha parlato con tutti noi ammiragli, in realtà. Ci ha affidato una missione: vuole vedervi. Insiste per farlo dagli eventi di Marineford."
Artemis calciò con rabbia uno dei ciottoli ai suoi piedi giù dalla scogliera, guardandolo venire inghiottito dalla spuma di un mare infuriato quasi quanto lei.
"Non può volerlo adesso. Ho cose più importanti da portare a termine, non ho tempo per lei. Troverò una scusa, se ha aspettato per tutti questi anni può aspettare ancora."
"Temo che voi non stiate cogliendo la gravità della cosa." specificò l'uomo, respirando a pieni polmoni lo iodio e la salsedine che il mare in burrasca portava fino a loro. "Ha insistito per vedervi e ha mobilitato la marina tramite un ordine diretto ai suoi vertici. Ormai non c'è altra via: Santana non si arrenderà finché non accetterete. Immagino saprete com'è fatta."
Una pioggia sottile iniziò a posarsi sulle spalle dei due, affiancando l'umidità al freddo di quella giornata uggiosa.
"In realtà non ho mai avuto l'onore e speravo di non averlo mai. Inutili bambini viziati, non la piantano finché non li soddisfi." Imprecò tra i denti Artemis "Ma è davvero la questione più importante della mia vita, ammiraglio. Dovreste saperlo, so che avevate l'abitudine di leggere sempre i rapporti che stilavo da Spiders Miles e Dressrosa. Sono vent'anni che pianifico questa guerra. Venti, non uno di meno: da quando ho messo piede nella sua casa. Non lascerò tutto ora. Law ha bisogno di me, questo intero dannatissimo mondo ne ha bisogno: dobbiamo toglierlo di mezzo, sapete meglio di me i danni che può fare."
Il cieco sospirò, ascoltando le gocce ricongiungersi al mare: non riusciva a dire chi fosse più ostinata tra le due.
L'argomentazione di Artemis era sensata e convincente, ma comunque nulla rispetto a qualsiasi parola proferita da una donna come Santana.
"Il piano di Kaido non è ancora completo, possiamo fare in tempo a fermarlo." proseguì Artemis "Ma ho un disperato bisogno di tempo: senza di me, non so quante speranze gli restino."
Per quanto attendesse una risposta da Fujitora, questa non arrivava.
L'uomo sembrava essere altrove, completamente assorto da altre questioni, mentre il cuore di lei pulsava fino a farle fischiare le orecchie e a farle mancare il fiato.
Si trovò vicina a pregarlo, pur con quella sua scorza di militare fermezza a sorreggerla.
"Dite qualcosa. Qualsiasi cosa, sapete di essere l'unico a potermi aiutare. Datemi almeno una possibilità di risolverla alla vostra maniera!" Propose d'impeto, lasciando intravedere per pochi istanti la disperazione che aveva preso ad attanagliarla. "Era questo che dovevate decidere, no? Testa o croce. Se vinco io ottengo altri dieci giorni, altrimenti vi seguirò qui e ora senza discutere."
Un profondo silenzio inghiottì la conversazione.
Le mani di Artemis tremavano appena, tanto era impaziente.
"Forse posso fare qualcosa, se i kami mi assisteranno." Rivelò finalmente l'ammiraglio, estraendo una moneta dalle pieghe della sua tunica. Era lo stesso minuscolo e vecchio berry arrugginito della sua visione: una patina verdastra permetteva a stento di leggerne il valore, appena in rilievo. "Dovete sapere che, se fosse per me, questo lancio non sarebbe nemmeno necessario: non esiste giustificazione nè giustizia in ciò che chiede Santana, nemmeno in forza del suo ruolo. Il governo vi ha già inflitto abbastanza torti per chiedere ancora qualcosa da voi. Ad ogni modo, un uomo non è solo ciò in cui crede, ma anche ciò che deve. Immagino capirete."
"Non potete assicurarmi nulla, non è così?" Chiese Artemis, con una leggera delusione.
"Temo di no. Tuttavia, il destino è tanto imprevedibile quanto perentorio. Se la fortuna sceglierà di assistervi, non sarò io a contraddirla. Quindi, figliola? Testa o croce?"
La ragazza impiegò qualche istante a realizzare e prendere una decisione.
Non seppe perché, ma sentiva che scegliere testa non le avrebbe portato fortuna.
"Croce." Rispose infine.
L'uomo sorrise, lanciò in aria la moneta e, senza nemmeno aspettare che questa cadesse, si voltò per andarsene.
"Aspettate, Fujitora!" Lo richiamò incredula "Dove state andando? Non volete sapere l'esito?"
"So già l'esito." Rivelò, salutandola appena con la mano "Sapevo che sarebbe uscito croce. Pensa te, non avete nemmeno dovuto barare: gli dei tengono davvero un occhio su di voi. Spero continueranno a farlo in futuro."
Senza sapere cosa replicare, Artemis spostò appena con la punta dello stivale i sottili ciuffi d'erba che nascondevano la moneta caduta: il flebile luccichio emergeva dal fango e mostrava la croce al cielo piovoso.

 

-//-//-//-

 

Il profondo sospiro che Artemis tirò non passò inosservato a Law, che la raggiunse sul ponte con fare quasi distratto.
Un ruolo interpretato talmente male che lei se ne accorse da qualche metro di distanza.
"Prima che me lo tiri fuori con qualche giochetto: sì, sono sparita un attimo." ammise quasi senza guardarlo.
"Non l'avevo notato," mentì lui spudoratamente, "ma sembri piuttosto alterata. Si può sapere dove sei stata per agitarti così? Dobbiamo restare lucidi, se vogliamo che tutto vada bene."
"Sono la prima a saperlo. Ma avevo una faccenda da sistemare e non sono riuscita a farlo prima. D'altro canto, non ero nemmeno sicura che sarei riuscita a farlo dopo."
L'espressione sul volto di Law si illuminò appena di curiosità.
Passò gradualmente al setaccio tutte le sue conoscenze, ma non gli venne in mente nessuno che potesse essere tanto importante e che potesse turbarla così.
"Con qualcuno che conosco?" Chiese infine, arrendendosi davanti a quel gioco stupido.
"Nì," sospirò Artemis con una punta di delusione nella voce, "ho scoperto che una persona che sto evitando da un po' mi sta tenendo il fiato sul collo."
"Di chi si tratta? Qualche marine? Uno degli ammiragli?"
"No, no" sbuffò, riprendendo a torturarsi il labbro inferiore con i denti.
Artemis continuava a camminare avanti e indietro per i pochi metri del ponte, sbuffando come un cavallo sul punto di scatenare l'inferno.
Sembrava troppo concentrata a mettere un piede dietro l'altro per notare l'espressione incredula di Law.
"Non starai parlando di un..." la voce di Law si strozzò prima che riuscisse a pronunciare il resto della frase, ma quel frammento di domanda bastò a fermare Artemis.
Bloccò quella sua frustrante passeggiata in un istante, quasi fosse la parola chiave di un bravo illusionista.
"Sto parlando di controllare gli ordigni" cambiò discorso lei, "domani non possiamo permetterci errori: se qualcosa andasse storto, dovremmo usare le nostre forze e sarebbe energia in meno per difendersi. Non sappiamo quanta resistenza opporrà."
Seguendo un suo leggero cenno, Law la seguì fino in cabina, dove Koala continuava imperturbabile a navigare.
Sventrarono per l'ennesima volta una delle borse da viaggio e controllarono ancora lo stesso esplosivo che avevano già ispezionato almeno un centinaio di volte.
Osservando appena i movimenti di lei, Law non poté fare a meno di notare la leggera contrattura della sua mandibola.
Aveva visto quel suo tic molte volte: prendeva a farlo sempre, quando diceva una parola di troppo.

 

   
 
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