PRE-NOTE
Piccola
premessa: questo sarà un capitolo di transizione. A
differenza delle scorse
premesse, ho deciso, anche grazie al consiglio della mia carissima
beta, di
dividere il capitolo in due parti, poiché sarebbe risultato
lunghissimo da leggere.
Di
conseguenza stavolta leggerete solo ed esclusivamente cosa è
successo ai nostri
otto digiprescelti in questo lasso di tempo e cosa sono attualmente
diventati.
Ah…
al posto del solito collage/copertina iniziale ho preparato per voi i
miei primi
otto aesthetic su ognuno di loro per rendere un tantino meglio la mia
idea.
Spero
vi piacciano.
Buona
lettura!
Virus
Capitolo
6
Salto
temporale
3
anni dopo.
Erano
passati esattamente tre anni da quando gli otto digiprescelti erano
riusciti a
porre fine alle angherie del Professor Mochizuki e del suo team. La
storia del
virus era solo un brutto ricordo, erano andati tutti avanti. Ognuno di
loro
aveva preso strade diverse e, non riuscendo a conciliare il tempo
libero per
via degli impegni costanti, non riuscivano a vedersi molto tra di loro.
Hikari
Yagami,
la digiprescelta della luce, aveva rinunciato
all’università e, come il
fratello, aveva deciso di dedicarsi solo ed esclusivamente al suo
sogno: la fotografia.
La giovane prescelta, appassionata da sempre, si era dedicata a vari
corsi e
Master fotografici. Lavorava come fotografa per una rinomata rivista
Giapponese, Vivi, una visione completa di moda per
donne giovani, ma
sofisticate. Una rivista che, attraverso le sue fotografie, descrive i
migliori
look e prodotti
lifestyle e dà consigli sulla cura
personale. Inoltre, aveva anche partecipato a diversi workshop sulla
fotografia
di moda, astratta, ritrattistica, paesaggistica, naturalistica, e in
bianco e
nero. Aveva diversi attestati e ormai era parecchio conosciuta in zona,
motivo
per cui, nel tempo libero, fuori dall'orario del suo vero lavoro,
veniva
chiamata per qualche shooting fotografico o per
qualche evento di cosplay
da fotografare. Ma quello non era l’unico passo che Hikari
aveva fatto, finalmente
la bella prescelta era riuscita a dichiararsi al suo migliore amico
Takeru, per
il quale provava da anni ormai remoti qualcosa che andata oltre e,
visto che
anche lui provava dei sentimenti nei suoi confronti, non
passò molto prima che
i due si fidanzassero.
Takeru Takaishi, il digiprescelto della speranza, solo dopo qualche tempo rivelò alla sua ragazza di non essersi mai dichiarato prima per rispetto nei confronti di Daisuke. Sapeva quanto il suo amico amasse la bella Yagami e motivo per cui, anche dopo la sua morte, non riuscì a confessarle i suoi sentimenti. Si rassegnò all’idea che avrebbero dovuto superare quel lutto, quindi non si tirò di certo indietro quando la ragazza si dichiarò a lui e accettò quell’amore che respingeva e custodiva da ormai troppo tempo.
Il giovane Takaishi, anche lui neo diplomato come la sua ragazza, nel frattempo si era iscritto alla facoltà di lettere presso la Today, l’università imperiale di Tokyo, la più prestigiosa dell’intero Giappone, scegliendo il campus con sede a Nakano. Inutile dire quanto fosse stata dura accedere a quella scuola, visto l’alto livello degli esami di ammissione. Ma, grazie al supporto della sua famiglia e della sua ragazza, era riuscito nel suo intento. Takeru aveva sacrificato le uscite con il gruppo ed Hikari, pur di realizzare il suo sogno, ovvero quello di diventare uno scrittore.
Mimi
Tachikawa,
la digiprescelta della purezza, aveva intrapreso,
invece, una carriera
un po’ bizzarra. Gli anni trascorsi in America con la sua
famiglia le avevano
fatto conoscere il mondo del make-up.
Si
accinse quindi, non appena diplomata, a frequentare tutti i corsi di
formazione
possibili ed immaginabili al fine di diventare una make-up
artist. E,
dopo poco più di un anno, aveva già raggiunto una
certa fama in tutto il
Giappone; era molto conosciuta perfino in Corea. La definivano
un’artista, allo
stesso livello di un pittore, di uno scultore o di uno stilista.
Perché, con
una personalità così eccentrica ed esplosiva, una
femminilità che non passava
di certo inosservata, non poteva che riuscire nel suo scopo. Il motto
di Mimi
era quello di far riscoprire alle donne la propria bellezza attraverso
il
trucco, i capelli e l’abbigliamento. Grazie alla sua bravura,
era ormai
ricercata come sponsor di prodotti di bellezza e aveva un articolo
dedicato
alle sue opere nella rivista mensile di Vogue Japan.
Aveva usato - in senso
giocoso - negli anni con la sua migliore amica Sora come cavia e poi
era finita
per fare di quella sua fissazione un vero e proprio lavoro.
Conobbe
un certo Kazuyuki, un professore di cosmesi, che le aveva insegnato
molto
durante un corso di aggiornamento, ed ebbe con lui una relazione. Non
si
sentiva, però, innamorata al punto da instaurare con lui una
relazione seria,
perciò, dopo sei mesi, chiuse la storia imponendosi di
intraprendere una nuova
relazione solo ed esclusivamente una volta conosciuto il vero amore.
Koushiro
Izumi,
il digiprescelto della saggezza, era già al secondo anno di
I.A., ovvero Intelligenza
Artificiale, all’Istituto di tecnologie di Tokyo.
Nel
tempo libero, al contrario, lavorava insieme a Nishijima, il quale nel
frattempo si era anche sposato e aspettava il suo primogenito.
L’hacker era
stato risarcito per i danni morali che aveva subito. Entrambi i
gèni erano
stati assunti dalla giunta comunale per poter importare migliorie in
città.
In occasione delle Olimpiadi, che quell’anno si sarebbero dovute tenere proprio nella loro città, si stavano dedicando alla realizzazione di robot volontari ed altri dispositivi elettronici per supportare le gare. Per citare un esempio, avevano già creato un esoscheletro hi-tech da fare indossare ai volontari per reggere i bilancieri nelle competizioni di sollevamento pesi. Lo scopo reale, però, di queste protesi tecnologiche era quello di agevolare le deambulazioni di pazienti e anziani con difficoltà motorie. L’intelligenza di Koushiro era utile per i suoi concittadini e, grazie a quell’occasione, conobbe una collega con le sue stesse doti, Momoka Hirai, che riuscì a fargli saltare tutti i circuiti in testa.
Joe Kido, il digiprescelto della sincerità, frequentava, invece, il quarto anno della facoltà di medicina e stava già facendo tirocinio presso l’ospedale dove lavorava suo padre. Da lì a poco, sarebbe diventato un bravissimo medico anche lui. In ospedale si era rivelato un elemento fondamentale e, grazie all’esperienza avuta con il virus, aveva deciso di intraprendere un percorso più complesso. Si sarebbe dedicato, infatti, allo studio delle malattie infettive per poter diventare un infettivologo.
Yamato Ishida, il digiprescelto dell’amicizia, avrebbe dovuto svolgere da lì a breve l’esame di stato per la triennale di Aeronautica spaziale. Con quella laurea, che si occupava di progettazione, costruzione e manutenzione dei velivoli, avrebbe potuto trovare presto un impiego nei vari settori specializzati. Ma, quello a cui il prescelto puntava, era diventare, con il tempo, un vero e proprio astronauta. Era talmente impegnato a superare quell’esame che ormai non riusciva a vedere nemmeno la sua ragazza.
Sora
Takenouchi,
la digiprescelta dell’amore, capendo la situazione,
appoggiò l’idea dello
studio ferreo del suo compagno e decise così di non
disturbarlo fino al giorno
dell’esame, lasciandolo concentrare per realizzare il suo
sogno.
Proprio
quest’ultima, ormai da tre anni, impartiva lezioni presso la
scuola di
giardinaggio della madre. Chi meglio di lei avrebbe potuto fare quel
lavoro.
Inoltre, la sua passione per l’ikebana
aveva fatto sì che diventasse
famosa in tutta la città per i cha no yu,
ovvero le cerimonie del tè -
una delle arti tradizionali zen più note. Sora, quando
veniva chiamata per
questo tipo di eventi, sistemava i tatami nella
stanza, detta chashitsu:
da un lato metteva il tokonoma, una piccola nicchia
in cui appendeva uno
scritto eseguito da un calligrafo esperto di Shodoo,
e realizzava una
piccola composizione simile all’ikebana,
particolarmente adattata alla
circostanza e con grande coerenza con la stagione in corso, detta chabana,
ovvero fiori per il tè. La cerimonia si basava su quattro
principi fondamentali
dello zen: armonia, rispetto, purezza e tranquillità. Doti
che di certo a Sora
non mancavano. Accoglieva gli ospiti e li invitava a lavarsi le mani,
poi li invitava
ad accomodarsi sul tatami assegnato e designava tra
questi l’ospite
d’onore. Da maestra era tenuta ad offrire un pasto leggero,
poi disponeva il
carbone, in modo da poter riscaldare l’acqua, ed infine
preparava delle
deliziose tazze di tè. Questa sua arte rendeva orgogliosa
sia lei che sua
madre.
Ed
infine, ultimo ma non meno importante, vi era Taichi Yagami,
il
digiprescelto del coraggio. Come lui stesso aveva promesso, si era
dedicato,
dopo la riabilitazione, che aveva affrontato con successo, a studiare
per
entrare in polizia. Grazie ai suoi sforzi, era
riuscito a mantenere fede
alla promessa fatta a sé stesso ed al suo caro amico
Daisuke. Aveva prima
superato le preselezioni brillantemente, poi le prove fisiche, quelle
psicoattitudinali e, infine, le visite mediche. Dopo essere venuta al
corrente
della sua paralisi temporanea, la commissione era rimasta piacevolmente
sorpresa dagli sforzi fatti dal ragazzo. L’addestramento di
nove mesi era
andato benissimo. Il giuramento fu un’emozione grande,
soprattutto quando, dopo
tutti quei mesi impegnativi senza i suoi amici e la sua famiglia,
scoprì che
erano tutti presenti all’appello. Dopo il giuramento, Taichi
prese servizio un
paio di mesi in un kōban
nel
quartiere di Ginza, per poi essere trasferito per un
intero anno in un kōban
a Yokohama.
Attualmente
vestiva il ruolo di un junsa, un semplice agente di
polizia. Seppur
ambisse ad altro, si dovette accontentare di dover vestire quel
semplice ruolo,
almeno inizialmente.
Il
kōban
è una piccola stazione di polizia al servizio di tutti per
informazioni di ogni
tipo. Taichi, giornalmente era invaso da turisti e non solo, pronto a
dare
indicazioni sulla locazione di negozi, kombini,
uffici e via
discorrendo. Continuava a segnare le cartine ai passanti, sognando di
salire di
ruolo e di tornare nella sua amata città. E, finalmente, a
fine anno, grazie
alle indicazioni del fratello di Joe, che era ormai un junsa-bucho,
ovvero sergente, riuscì a superare un concorso e ad avere
una promozione che lo
fece diventare un junsa-cho, ovvero un agente
anziano.
A
quel punto ottenne il trasferimento a Kasumigaseki,
l’edificio principale del
dipartimento di Polizia Metropolitana di Tokyo, che si trovava nel
quartiere di
Chiyoda, al centro della città. Un grande edificio a cuneo
con torre cilindrica
di ben diciotto piani d’altezza, che gestisce centodue
stazioni della
prefettura. Quante volte il prescelto del coraggio aveva sognato di
lavorarci,
passando di lì mentre andava con Sora ed i suoi amici a
comprare qualche
videogame ad Akihabara. E finalmente, grazie alla sua dedizione, era
riuscito a
realizzare il suo sogno. Visto il suo posto statale e la paga ben
retribuita,
non tardò a fare un mutuo per comprare una casa proprio
vicino al posto di
lavoro. Non si limitò nella scelta, comprò un
attico incantevole al
diciassettesimo piano, situato nel cuore del quartiere di Chiyoda,
importante sia dal punto di vista storico, sia amministrativo,
esattamente
accanto alla Tokyo Central Railway Station, la stazione ferroviaria e
metropolitana più frequentata della città.
Quell’attico
fu amore a prima vista: dall’ingresso principale si passava
al soggiorno, uno
spazio unico diviso in due angoli con un comodo divano di design con
isola,
disposto verso la TV a schermo piatto e al camino in pietra lavica. Le
finestre, grandi e a specchio, affacciavano sulla strada e, in
particolare, sul
Palazzo Imperiale di Tokyo, la residenza ufficiale
dell’imperatore Giapponese.
La cucina era modernamente attrezzata di tutto quello che si poteva
desiderare.
Il bagno, dipinto in colore carta da zucchero, era piccolo, ma molto
elegante.
Una scala a chiocciola conduceva alla camera da letto patronale, la
quale aveva
un meraviglioso letto matrimoniale rotondo ed annesso uno spazioso
bagno in
suite con una piccola vasca idromassaggio ad angolo ed una doccia super
tecnologica di ultima generazione. La seconda camera da letto si
trovava dalla
parte opposta dal corridoio. Da entrambe le stanze ci si poteva
affacciare alla
terrazza, arredata da un piccolo giardino pensile, che consentiva una
vista
impagabile sui tetti di Tokyo, ed un piccolo tavolo con dei divanetti
in
vimini.
Aveva
il lavoro e l’appartamento dei suoi sogni. Avrebbe voluto
avere anche la
famiglia dei suoi sogni, ma sapeva benissimo che quella non avrebbe di
certo
potuta comprarla.
Conobbe
una collega quando tornò a Tokyo. Era bellissima, con due
occhi azzurri che,
non appena oltrepassava la soglia della stazione di Polizia, gli
facevano
battere il cuore. Forse anche i suoi magnifici capelli rossi, che tanto
gli
ricordavano qualcuno di sua conoscenza, erano gli artefici di quelle
sensazioni. Si chiamava Menoa Bellucci, aveva solo un anno in
più, e anche lei
sembrava essere interessata al lui. Dopo molte pause pranzo insieme e
vari
cappuccini davanti al distributore automatico del corridoio di fronte
gli
uffici, Taichi si decise una volta per tutte e la invitò a
cena a casa sua. Il
primo appuntamento andò abbastanza bene, la cena
andò al meglio e, grazie al
vino, non esitarono e passarono la notte insieme. Si sentì
per una notte vivo,
come non lo ero da quando aveva baciato Sora in quella caverna, prima
che tutto
gli si ritorcesse contro, facendolo decidere di non rovinare il
rapporto tra
lei e Yamato, costringendolo a lasciarla andare tra le sue braccia,
ancora una
volta. Nonostante avesse realizzato i suoi sogni, si sentiva marcio
dentro ogni
qualvolta ripensava a lei.
La
storia con Menoa, però, non gli giovò
particolarmente. Non avevano argomenti in
comune, non riuscivano ad ascoltare la musica, o a vedere un film
insieme,
perché avevano gusti totalmente diversi e finivano per
litigare. Per non
parlare delle partite. Non poteva guardarne una, che subito la ragazza
iniziava
ad urlare come una forsennata.
Non
avendo altro in comune, tutta la loro storia era basata solo ed
esclusivamente
sul sesso. Ma la cosa che più non tollerava Taichi, era la
fissa che Menoa
aveva per le foto e i social media. Aveva provato a
farle capire in
tutti i modi che lo infastidiva, eppure lei continuava a farsi selfie
provocanti ovunque si trovassero, per pubblicarli poi su Instagram.
Non
era gelosia, ma a Taichi stancava fargli da fotografo in tutte le loro
uscite.
Non si accontentava mai del primo scatto e finivano per passare le
serate così.
-Basta!
Non ho mai capito questa tua fissa stupida. Se proprio volevi fare
l’influencer,
perché sei entrata in polizia?- sbroccò Taichi.
Si
alzò di scatto per andare a pagare il conto del locale dove
stavano bevendo un
drink. Non era la ragazza con cui avrebbe voluto avere una famiglia,
non era
quella giusta, forse nessuna più lo sarebbe stata.
“Rimarrò scapolo a vita!”
pensò rassegnato il ragazzo prima di tornarsene a casa.
Da quella sera, lui e Menoa si parlarono solo per motivi di lavoro e lui riprese la sua vita dedita solo ed esclusivamente al suo bel lavoro.
NOTE
FINALI
Come avrete sicuramente notato ho parlato di Taichi molto di più rispetto agli altri.
Ebbene sì, da questo momento il mio pupillo sarà il protagonista ufficiale del resto della storia.
Grazie
sempre alla mia beta Digihuman per essermi sempre
accanto.
Grazie
a chi legge e recensisce e grazie a chi legge anche da originale la mia
Virus!
:*
Wendy