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Autore: _Blanca_    17/06/2020    1 recensioni
| Contesto → Pacifist Route | ● | Deviant!Connor + Human!OC ♡ | ● | Reporter/Detective relationship tropes |
Nova Barton è una reporter freelance nella Detroit del 2038. La metropoli sa essere un’arena ostile e Nova si arrangia come può per sbarcare il lunario. Non era certo nei suoi piani finire invischiata nelle indagini di un tenente di polizia perennemente di cattivo umore e del suo improbabile collega: un avanzatissimo modello di androide, programmato per dare la caccia ai cosiddetti devianti. Che Nova lo voglia o meno, anche lei dovrà fare i conti con le conseguenze delle proprie scelte.
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{ 06.20 capitoli revisionati » 1 – 21 }
Genere: Science-fiction, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Connor/RK800, Hank Anderson, Kara/AX400, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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025. DATA THEFT







DATA: 7 NOVEMBRE 2038
ORA: 22:17

DOWNTOWN, CAPITOL PARK

Nova strofina i palmi accaldati lungo le cosce. È ancora sul divano, e il cuore soffia nelle orecchie come un mantice. La AJ700 ha lasciato l’appartamento da cinque minuti e Malone non ha ancora iniziato con le domande. Lei lo ha visto sollevarsi dalla poltrona, passare una mano sul volto sfatto e raggiungere il mobile bar a passi strascicati; sente un sospiro cavernoso e il gorgoglio del whiskey, dietro la grossa schiena dell’uomo.
Malone si volta, lento, il Bogart’s in una mano e il bicchiere nell’altra. «È un casino. È tutto un cazzo di casino» sibila a sé stesso. Butta giù l’alcol come un cormorano che ingolla un’anguilla. Svuota il bicchiere. Lo sguardo vaga da un punto all’altro del salottino e Nova capisce di essere momentaneamente sparita dalla sua personalissima percezione della realtà.
Malone torna accanto al divano. Pianta la bottiglia, aperta, sopra il tavolo. Le statuine vibrano. «Che stai cercando di fare, Barton?»

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    [ RICERCA IN CORSO… ]

Connor procede agile tra i dataset. Passa da un fotogramma all’altro, da un elemento audio all’altro; raccoglie, analizza, scandaglia e infine, con un singolo battito delle palpebre, riemerge nella realtà sensibile illuminata dalla cruda fluorescenza delle lampade al neon.
Lo stanzone della lavanderia è deserto. Il cupo ronzio dei motori si propaga nell’aria appesantita dal vapore. Gli oblò interattivi riflettono le sagome distorte dei due androidi: uno di fronte all’altro.
Connor libera il polso della AJ700 dalla sua presa e lascia che il fluido si ricompatti lungo i segmenti terminali della propria mano.
La AJ700, invece, nella divisa blu indistinguibile da quella dei suoi cloni, fissa un punto oltre la spalla di Connor come se lui non fosse presente. Il LED lampeggia timidamente di giallo e si stabilizza. La AJ700 raccoglie dal pavimento un soprabito nero: è caduto quando Connor le ha afferrato il braccio per forzare la connessione. Eccetto il debole sussulto, però, l’androide di Nico Malone non ha reagito all’intrusione. Non ha tentato di contrastarla, né di proteggersi. È rimasta passiva. Inerte. Vulnerabile.
Connor la guarda e da qualche parte nel suo programma, un’elaborazione, troppo simile a un pensiero, viene bruscamente terminata.
Scuote la testa, supera la AJ700 ed esce dalla lavanderia. Prende la direzione opposta a quella da dove è arrivato: deve raggiungere gli ascensori interni riservati agli androidi. E deve farlo nel minor tempo possibile. Attraverso la memoria della AJ700, gli sono bastati pochi secondi per visionare molte ore della vita privata di Nico Malone e degli altri abitanti dell’appartamento 0903. Ha visto le scene di cui è stata testimone la AJ700: grida, insulti, minacce; una donna, a volte furiosa, a volte impaurita; sedie ribaltate, bicchieri rotti e ancora la stessa donna, spintonata e strattonata.

/ \  \ /


«Voglio aiutarla.»
«Ma chi vuoi prendere per il culo? Io, quando vedo una carogna, la riconosco subito. Continua così, Barton, e farai una brutta fine.»
«Sì, me l’ha già detto.» Nova teme che la sua voce non sia distaccata come vorrebbe. Rabbia e panico si addensano nello stomaco come una massa parassita. «Se dovessi provare a ingannarla, mi farà pentire di—»
«No!» esclama Malone. «Sto parlando di questo!» Agita una mano: un gesto convulso. «Di quello che stai facendo qui! Come ti salta in mente di—vuoi finire come Walton, eh?»
La rabbia di Nova prende il sopravvento con uno spasmo dei polmoni. Una fitta sotto le orecchie quasi la stordisce.
E poi, all’improvviso, davanti ai suoi occhi, Malone indietreggia e si accascia sulla poltrona. Le dita, grosse come sigari e serrate sul collo del Bogart’s, stanno tremando. Malone riempie il bicchiere fino a farlo traboccare. Gocce di whiskey macchiano il costoso vetro. «Non li avrei mai dovuto prendere, quei maledetti androidi» sospira, roco. Beve, e sospira ancora. «Quel povero ragazzo… come lo hanno ridotto. Vattene, Barton. Vattene a casa.»
Nova lo fissa, interdetta: il mento contro il petto, le braccia penzoloni tra le ginocchia, il respiro pesante di un vecchio. Nico Malone, il dispotico direttore dello Zenosyne, ridotto a un individuo pallido e balbettante. Che fine ha fatto la violenza di poco prima? È l’effetto dell’alcol? È il rimorso di un assassino? È una messinscena?
«Ti ho detto di andartene… sei sorda?»
Nova non si muove. «Il suo androide ha ancora la mia giacca.»
E Malone non ribatte: sta bevendo. 
«Le importa davvero qualcosa di Zachary?»
«Non se lo meritava… Era un bravo ragazzo.»
«Non abbastanza bravo per uno stipendio dignitoso.»
L’allusione scivola nel silenzio. Malone, forse, non  nemmeno l’ha udita; gli occhietti grigi rimangono fissi sulla bottiglia.
«Sa che il padre di Zachary è malato? Col poco che lei gli dava—»
«Lo so. Era figlio unico. Quel disgraziato non reggerà il colpo. Meglio così, per lui…» La voce di Malone si spezza, come se gli fosse andata di traverso la saliva, e l’uomo si aggrappa al bicchiere come un asmatico a un inalatore.
Nova ha dimenticato il piano, Connor, il datapad e il motivo per il quale sono lì. Piuttosto, pensa alla Glock e rimpiange di averla consegnata alla polizia; e immagina quanto sarebbe stato facile farlo confessare…
«Io ci ho provato… Ci ho provato ad aiutarli» esala Malone. «Ho fatto quello che potevo.»
Nova torna alla realtà. «Aiutati?» ripete. «Come li ha mai aiutati, lei?»
«Sapevo che Walton aveva bisogno di qualcosa in più. E io gliel’ho versato, senza attirare troppo l’attenzione, certo. In cambio di qualche lavoretto extra. Avevamo un accordo. Funzionava.»
«Che lavoretto?»
«Informazioni. Politici, gente dello spettacolo, imprenditori. Più ricchi sono, più prendono sul serio il rischio di rovinarsi, se i loro segreti saltano fuori.»
Nova sa come funziona: si prende di mira una personalità in vista, la si mette al corrente delle informazioni in mano al tabloid e poi, più o meno diplomaticamente, in cambio del silenzio si ottiene il permesso di pubblicare un’esclusiva meno imbarazzante. La maggior parte della gente preferisce cedere le fotografie del primogenito, piuttosto che vedere pubblicate le proprie chat erotiche o i messaggi scambiati con lo spacciatore di Red Ice di fiducia. Giornalismo o ricatto: la linea è sottile. Nova si acciglia: in un modo soltanto Walty poteva essere coinvolto nel meccanismo. «Sta dicendo che Zachary lavorava per lei come hacker? Gli faceva rubare informazioni private?»
A Malone scappa un verso soffocato: un principio di logora risatina. «Facevo rubare?» le fa eco. «Non l’ho mica mai minacciato con una pistola.» Finisce di svuotare il bicchiere.
I respiri grevi, saturi di alcol, riempiono i secondi di silenzio.
«Che ironia del cazzo…»
«E che cosa c’è di ironico?» scatta Nova.
«Solo un paio di settimane fa gli ho detto: “puntiamo in alto, Walton, o qui ce ne andiamo tutti a casa. Trovarmi qualcosa che faccia stringere il culo ai pezzi grossi della Cyberlife.”»
Nova aggrotta ancora di più la fronte. «E cosa avete rubato?»
Malone scrolla la testa. «Niente. Walton ha mollato il lavoro. Diceva che tentare di forzare i sistemi di sicurezza dei quei laboratori è impossibile.»
Nova espira, piano, quasi di sollievo. «Se dava già denaro in più a Zachary, perché lui voleva chiedere un aumento?»
Malone alza lo sguardo: c’è un’annebbiata sorpresa dietro la caligine del whiskey. «Senti, Barton» parte, aspro «lo so che in redazione mi credete una iena, ma pensavo davvero che Walton si meritasse un aumento in regola. Gli avevo detto che ne avremmo discusso. Ne avremmo dovuto parlare domani mattina.»
«Sul serio? Gli avrebbe dato un aumento, anche se le entrate dello Zenosyne sono in calo?» incalza Nova. «Zachary aveva paura che lei non si sarebbe fatto scrupoli a licenziarlo, se i guadagni avessero continuato a scendere. Evidentemente, per qualche motivo, credeva che non tenesse di gran conto il suo lavoro, regolare o no.»
Malone strizza il bracciolo sotto la mano libera. «Quando Walton mi ha detto di non voler provare con la Cyberlife, non l’ho presa bene, è vero. Gli ho detto che avrei potuto sbatterlo fuori e trovare qualcun altro, sì. Ma dopo qualche giorno… be’, ho riflettuto. E… e mi sono calmato.»
Una serie melodiosa serie di trilli si diffonde nell’appartamento.
Arriva dall’ingresso. Il display di comando della serratura è diventato verde. ‘Reception: chiamata in entrata’ annuncia una soave vocetta elettronica.
Lo sguardo di Nova guizza dall’ingresso a Malone, che non accenna a muoversi dalla poltrona, e da Malone all’ingresso.
‘Reception: chiamata in entrata.’
«Non risponde?»
«Sarà qualche altro stronzo che cerca interviste...»
«A quest’ora?»
‘Reception: chiamata in entrata.’
Con un filo d’orrore, Nova scopre che il suo ginocchio si è messo a sobbalzare. Stende le dita, preme il palmo contro la coscia e pianta il tallone contro il pavimento.
«Sono insistenti. Sarà importante.»
‘Reception: chiamata in—’
«Accetta chiamata!» bercia Malone.
Un bip acuto introduce una seconda voce: è la ST300 della lobby. «Buonasera, signor Malone. Siamo spiacenti di disturbarla a que—»
«Che cosa vuoi?» sbotta l’uomo.
«Per via di un malfunzionamento nei nostri sistemi interni, sono state erroneamente rilevate delle anomalie nei versamenti da lei effettuati nell’ultimo mese per i nostri servizi interni. Ho bisogno della sua autorizzazione per riattivare il suo canale di pagamento.» 
«Avete bisogno di… cosa?»
«Le sue impronte digitali. Può raggiungere l’ufficio della hall?»
«Adesso?»
«Se non è troppo disturbo. L’operazione di non richiederà che pochi minuti.»
I polmoni di Nova sfiorano l’implosione.
Solo quando Malone latra una risposta affermativa in direzione della porta e poi, mormorando insulti, abbandona la poltrona, lei si arrischia a respirare di nuovo.
La ST300 cinguetta una frase di scuse per il fastidio generato dall’imprevisto, ringrazia e termina la chiamata.
«È un problema se aspetto qui il suo androide? Non credo ci—»
Nova sussulta.
Malone, invece, fissa imperturbato la propria mano, improvvisamente vuota, e poi i frammenti di vetro sul pavimento: il bicchiere gli è scivolato via delle dita. Ne schiaccia i resti sotto i suoi passi malfermi, sistema il colletto della camicia e srotola le maniche.
Nova si alza, seguendolo verso la porta.
«Non farti trovarti qui quando ritorno» intima Malone, dandole le spalle. «Non voglio rivederla, la tua faccia. Ma più… e dico sul serio, questa volta.» Spettinato e in maniche di camicia, e troppo alticcio per rendersene conto, Malone tocca per cinque volte il tastierino numerico sullo schermo. Ne esce un bip sgraziato: il codice è sbagliato. Malone ci riprova. E ci riprova. E ci riprova. E al quarto tentativo, la porta si apre.

/ \ \ /

    [ - 00:04:48 ]

Il countdown è stato avviato nel momento esatto in cui Connor si è disinserito dalla rete privata del palazzo e ha continuato a scorrere, in un angolo del display oculare, mentre percorreva l’androne del dodicesimo piano. Ha utilizzato tutti i dati a disposizione per calcolare l’intervallo di tempo prima del ritorno di Nico Malone: i secondi necessari a un uomo alto un metro virgola ottantatré centimetri per coprire la distanza tra gli ascensori e l’appartamento; i secondi impiegati dall’ascensore per completare una corsa senza interruzioni fino alla lobby; il tempo che, approssimativamente, impiegherà Malone per comprendere che la chiamata non è partita dalla Reception.
Connor schiaccia il pulsante del campanello e i sensori audio registrano un musicale tintinnio all’interno dell’appartamento. Non intercetta altri rumori dietro porta, che resta chiusa.

    [ - 00:04:26 ]

L’androide osserva i sottili numeri color bronzo sul battente sinistro.

    [ - 00:04:20 ]

    [ - 00:04:12 ]

Monitora il corridoio, ben rischiarato dalla luce aranciata delle applique di vetro satinato. Repliche di quadri astratti decorano le pareti color crema. Non c’è nessuno, per ora. E per un istante, una parte dei suoi algoritmi si trattiene sulle differenze tra i piani superiori del The Rowland – ambienti assemblati con cura per il comfort degli umani – e gli spogli locali della lavanderia sotterranea destinata al lavoro degli androidi domestici.

    [ - 00:03:55 ]

Un soffio meccanico, la compatta superfice nera davanti a lui si divide in due e  Nova Barton, senza dire una parola, gli afferra un braccio e lo trascina oltre la soglia.
Connor, osservandola richiudere in fretta la porta, rileva lo stato di sovraccarico sensoriale ed emotivo della donna: pressione arteriosa in aumento, battito cardiaco accelerato, temperatura corporea leggermente superiore alla norma. Però, è illesa.
«Ha trovato il dispositivo di Malone» constata, piatto, spostando l’attenzione sul datapad tra le mani della giornalista: un MILAE X 9.0.
Il volto dell’altra si contrae: è un’espressione di fastidio, e lieve repulsione.
«Era in camera da letto… la camera di letto di Malone. L’ultimo posto al mondo in cui avrei mai voluto metter piede. Certo che non scherzavi quando hai detto di poter replicare qualsiasi voce… ma è legale?»
Connor inarca un sopracciglio. «Niente di quello che stiamo facendo qui è legale.»
«Anche questo è vero. Ti prego, dimmi che hai trovato la password.»
L’androide annuisce. «Nico Malone ha sbloccato il datapad mentre si trovava nel campo visivo del suo androide. Fortunatamente, non è protetto da un identificatore biometrico: utilizza una password alfanumerica.»
Nova gli mostra un sorriso esile. Poi, getta uno sguardo alla porta dietro di loro.
«Quanto tempo abbiamo?»
«Meno di tre minuti.»

La porta si spalanca.
Nico Malone si blocca sull’uscio del proprio appartamento. Fissa, attonito, giornalista e androide.
Il cuore di Nova ha fatto un balzo.
«Sei ancora qui, cazzo?»
Nova guarda l’AJ700 accanto a lei: le sta porgendo l’impermeabile, pulito e tiepido di asciugatrice. «Il suo androide è appena tornato» si giustifica.
Malone fa un gesto secco con la mano, come se volesse cancellarsele entrambe da davanti. Sembra più livido, e molto più furibondo, di quando è uscito; va dall’ingresso al divano e dal divano al mobile bar. «Pezzi di plastica del cazzo… nessuna chiamata, dicono…»
Nova sta indossando la giacca. Deve andarsene prima che Malone, in un guizzo di lucidità, capisca cosa sta succedendo; o prima che qualcun altro, giù nella lobby, faccia un paio di conti.
«E quei coglioni della sicurezza, sono anche più stupidi! Ah, ma domani mattina chiamo Morozov! Io non pago duemila dollari al mese per—»
Malone tace.
Fissa di nuovo Nova.
Lei si sente gelare. Ma, come se niente fosse, chiude la fibbia dell’impermeabile.
«Barton…»
«Sì?»
«Se non sparisci subito, ti sbatto fuori a calci.»
Nova sistema la borsa in spalla e punta alla porta, seguita a ruota dall’AJ700. Emma sblocca la serratura, augura un impersonale buonasera e l’ultimo rumore che Nova riesce a sentire, prima che i doppi battenti si sigillino alle sue spalle, è l’anta del mobile bar che viene di nuovo aperta.

Risalendo a bordo del taxi, Nova porta con sé qualche fiocco di neve. Lei sprofonda nel sedile, rivolto verso l’interno dell’abitacolo, ma il suo morale sprofonda molto più giù, molto più in basso, fino a lambire il mantello sotto la crosta terrestre.
Connor, sul sedile accanto, la scruta e tace; e fuori, sotto la neve fitta, le luci del The Rowland danzano sui cofani delle automobili parcheggiate.
Stando al registro di connessione dal datapad, Nico Malone non poteva trovarsi negli uffici dello Zenosyne al momento della morte di Walty. Nova schiaccia la guancia tra i denti: esiste la possibilità che non avesse il datapad con sé, ma a questo punto non può ignorare il fatto che le telecamere di sorveglianza abbiano mai ripreso l’uomo tornare all’ottavo piano. Nico Malone è una persona orrenda. Ma non è l’assassino.








NOTA AUTRICE

A gran sorpresa di… non so se di tutti ma la mia di certo, sono tornata con un nuovo capitolo. È un po’ difficile spiegare la pausa. Non ho perso interesse per questa fan fiction. Anzi, le sono spudoratamente affezionata. Però, ho passato quel genere di lungo, lungo, luuuungo momento in cui, pur continuando ad amare l’idea della storia, tutto quello che scrivo sembra pura spazzatura. In più, ci si sono messi impegni vari ed imprevisti a tenermi lontano dalla tastiera, sob!

Comunque, a tutti i lettori che sono qui dall’inizio e a chi si è aggiunto nelle ultime settimane: grazie! ⊂(・ω・*⊂)
 
   
 
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