Nova strofina i
palmi accaldati lungo le cosce. È ancora sul divano, e il
cuore soffia nelle orecchie come un mantice. La AJ700 ha lasciato
l’appartamento da cinque minuti e Malone non ha ancora
iniziato con le domande. Lei lo ha visto sollevarsi dalla poltrona,
passare una mano sul volto sfatto e raggiungere il mobile bar a passi
strascicati; sente un sospiro cavernoso e il gorgoglio del whiskey,
dietro la grossa schiena dell’uomo.
Malone si volta, lento, il Bogart’s in una mano e il
bicchiere nell’altra. «È un casino.
È tutto un cazzo di casino» sibila a sé
stesso. Butta giù l’alcol come un cormorano che
ingolla un’anguilla. Svuota il bicchiere. Lo sguardo vaga da
un punto all’altro del salottino e Nova capisce di essere
momentaneamente sparita dalla sua personalissima percezione della
realtà.
Malone torna accanto al divano. Pianta la bottiglia, aperta, sopra il
tavolo. Le statuine vibrano. «Che stai cercando di fare,
Barton?»
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\ /
[ RICERCA IN
CORSO… ]
Connor procede agile
tra i dataset. Passa da un fotogramma all’altro, da un
elemento audio all’altro; raccoglie, analizza, scandaglia e
infine, con un singolo battito delle palpebre, riemerge nella
realtà sensibile illuminata dalla cruda fluorescenza delle
lampade al neon.
Lo stanzone della lavanderia è deserto. Il cupo ronzio dei
motori si propaga nell’aria appesantita dal vapore. Gli
oblò interattivi riflettono le sagome distorte dei due
androidi: uno di fronte all’altro.
Connor libera il polso della AJ700 dalla sua presa e lascia che il
fluido si ricompatti lungo i segmenti terminali della propria mano.
La AJ700, invece, nella divisa blu indistinguibile da quella dei suoi
cloni, fissa un punto oltre la spalla di Connor come se lui non fosse
presente. Il LED lampeggia timidamente di
giallo e si stabilizza. La AJ700 raccoglie dal pavimento un soprabito
nero: è caduto quando Connor le ha afferrato il braccio per
forzare la connessione. Eccetto il debole sussulto, però,
l’androide di Nico Malone non ha reagito
all’intrusione. Non ha tentato di contrastarla, né
di proteggersi. È rimasta passiva. Inerte. Vulnerabile.
Connor la guarda e da qualche parte nel suo programma,
un’elaborazione, troppo simile a un pensiero, viene
bruscamente terminata.
Scuote la testa, supera la AJ700 ed esce dalla lavanderia. Prende la
direzione opposta a quella da dove è arrivato: deve
raggiungere gli ascensori interni riservati agli androidi. E deve farlo
nel minor tempo possibile. Attraverso la memoria della AJ700, gli sono
bastati pochi secondi per visionare molte ore della vita privata di
Nico Malone e degli altri abitanti dell’appartamento 0903. Ha
visto le scene di cui è stata testimone la AJ700: grida,
insulti, minacce; una donna, a volte furiosa, a volte impaurita; sedie
ribaltate, bicchieri rotti e ancora la stessa donna, spintonata e
strattonata.
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«Voglio
aiutarla.»
«Ma chi vuoi prendere per il culo? Io, quando vedo una
carogna, la riconosco subito. Continua così, Barton, e farai
una brutta fine.»
«Sì, me l’ha già
detto.» Nova teme che la sua voce non sia distaccata come
vorrebbe. Rabbia e panico si addensano nello stomaco come una massa
parassita. «Se dovessi provare a ingannarla, mi
farà pentire di—»
«No!» esclama Malone. «Sto parlando di
questo!» Agita una mano: un gesto convulso. «Di
quello che stai facendo qui! Come ti salta in mente di—vuoi
finire come Walton, eh?»
La rabbia di Nova prende il sopravvento con uno spasmo dei polmoni. Una
fitta sotto le orecchie quasi la stordisce.
E poi, all’improvviso, davanti ai suoi occhi, Malone
indietreggia e si accascia sulla poltrona. Le dita, grosse come sigari
e serrate sul collo del Bogart’s, stanno tremando. Malone
riempie il bicchiere fino a farlo traboccare. Gocce di whiskey
macchiano il costoso vetro. «Non li avrei mai dovuto
prendere, quei maledetti androidi» sospira, roco. Beve, e
sospira ancora. «Quel povero ragazzo… come lo
hanno ridotto. Vattene, Barton. Vattene a casa.»
Nova lo fissa, interdetta: il mento contro il petto, le braccia
penzoloni tra le ginocchia, il respiro pesante di un vecchio. Nico
Malone, il dispotico direttore dello Zenosyne, ridotto a un individuo
pallido e balbettante. Che fine ha fatto la violenza di poco prima?
È l’effetto dell’alcol? È il
rimorso di un assassino? È una messinscena?
«Ti ho detto di andartene… sei sorda?»
Nova non si muove. «Il suo androide ha ancora la mia
giacca.»
E Malone non ribatte: sta bevendo.
«Le importa davvero qualcosa di Zachary?»
«Non se lo meritava… Era un bravo
ragazzo.»
«Non abbastanza bravo per uno stipendio dignitoso.»
L’allusione scivola nel silenzio. Malone, forse,
non nemmeno l’ha udita; gli occhietti grigi
rimangono fissi sulla bottiglia.
«Sa che il padre di Zachary è malato? Col poco che
lei gli dava—»
«Lo so. Era figlio unico. Quel disgraziato non
reggerà il colpo. Meglio così, per
lui…» La voce di Malone si spezza, come se gli
fosse andata di traverso la saliva, e l’uomo si aggrappa al
bicchiere come un asmatico a un inalatore.
Nova ha dimenticato il piano, Connor, il datapad e il motivo per il
quale sono lì. Piuttosto, pensa alla Glock e rimpiange di
averla consegnata alla polizia; e immagina quanto sarebbe stato facile
farlo confessare…
«Io ci ho provato… Ci ho provato ad
aiutarli» esala Malone. «Ho fatto quello che
potevo.»
Nova torna alla realtà. «Aiutati?»
ripete. «Come li ha mai aiutati, lei?»
«Sapevo che Walton aveva bisogno di qualcosa in
più. E io gliel’ho versato, senza attirare troppo
l’attenzione, certo. In cambio di qualche lavoretto extra.
Avevamo un accordo. Funzionava.»
«Che lavoretto?»
«Informazioni. Politici, gente dello spettacolo,
imprenditori. Più ricchi sono, più prendono sul
serio il rischio di rovinarsi, se i loro segreti saltano
fuori.»
Nova sa come funziona: si prende di mira una personalità in
vista, la si mette al corrente delle informazioni in mano al tabloid e
poi, più o meno diplomaticamente, in cambio del silenzio si
ottiene il permesso di pubblicare un’esclusiva meno
imbarazzante. La maggior parte della gente preferisce cedere le
fotografie del primogenito, piuttosto che vedere pubblicate le proprie
chat erotiche o i messaggi scambiati con lo spacciatore di Red Ice di
fiducia. Giornalismo o ricatto: la linea è sottile. Nova si
acciglia: in un modo soltanto Walty poteva essere coinvolto nel
meccanismo. «Sta dicendo che Zachary lavorava per lei come
hacker? Gli faceva rubare informazioni private?»
A Malone scappa un verso soffocato: un principio di logora risatina.
«Facevo rubare?» le fa eco. «Non
l’ho mica mai minacciato con una pistola.» Finisce
di svuotare il bicchiere.
I respiri grevi, saturi di alcol, riempiono i secondi di silenzio.
«Che ironia del cazzo…»
«E che cosa c’è di ironico?»
scatta Nova.
«Solo un paio di settimane fa gli ho detto:
“puntiamo in alto, Walton, o qui ce ne andiamo tutti a casa.
Trovarmi qualcosa che faccia stringere il culo ai pezzi grossi della
Cyberlife.”»
Nova aggrotta ancora di più la fronte. «E cosa
avete rubato?»
Malone scrolla la testa. «Niente. Walton ha mollato il
lavoro. Diceva che tentare di forzare i sistemi di sicurezza dei quei
laboratori è impossibile.»
Nova espira, piano, quasi di sollievo. «Se dava
già denaro in più a Zachary, perché
lui voleva chiedere un aumento?»
Malone alza lo sguardo: c’è
un’annebbiata sorpresa dietro la caligine del whiskey.
«Senti, Barton» parte, aspro «lo so che
in redazione mi credete una iena, ma pensavo davvero che Walton si
meritasse un aumento in regola. Gli avevo detto che ne avremmo
discusso. Ne avremmo dovuto parlare domani mattina.»
«Sul serio? Gli avrebbe dato un aumento, anche se le entrate
dello Zenosyne sono in calo?» incalza Nova.
«Zachary aveva paura che lei non si sarebbe fatto scrupoli a
licenziarlo, se i guadagni avessero continuato a scendere.
Evidentemente, per qualche motivo, credeva che non tenesse di gran
conto il suo lavoro, regolare o no.»
Malone strizza il bracciolo sotto la mano libera. «Quando
Walton mi ha detto di non voler provare con la Cyberlife, non
l’ho presa bene, è vero. Gli ho detto che avrei
potuto sbatterlo fuori e trovare qualcun altro, sì. Ma dopo
qualche giorno… be’, ho riflettuto. E…
e mi sono calmato.»
Una serie melodiosa serie di trilli si diffonde
nell’appartamento.
Arriva dall’ingresso. Il display di comando della serratura
è diventato verde. ‘Reception: chiamata in
entrata’ annuncia una soave vocetta elettronica.
Lo sguardo di Nova guizza dall’ingresso a Malone, che non
accenna a muoversi dalla poltrona, e da Malone all’ingresso.
‘Reception: chiamata in entrata.’
«Non risponde?»
«Sarà qualche altro stronzo che cerca
interviste...»
«A quest’ora?»
‘Reception: chiamata in entrata.’
Con un filo d’orrore, Nova scopre che il suo ginocchio si
è messo a sobbalzare. Stende le dita, preme il palmo contro
la coscia e pianta il tallone contro il pavimento.
«Sono insistenti. Sarà importante.»
‘Reception: chiamata in—’
«Accetta chiamata!» bercia Malone.
Un bip acuto introduce una seconda voce: è la ST300 della
lobby. «Buonasera, signor Malone. Siamo spiacenti di
disturbarla a que—»
«Che cosa vuoi?» sbotta l’uomo.
«Per via di un malfunzionamento nei nostri sistemi interni,
sono state erroneamente rilevate delle anomalie nei versamenti da lei
effettuati nell’ultimo mese per i nostri servizi interni. Ho
bisogno della sua autorizzazione per riattivare il suo canale di
pagamento.»
«Avete bisogno di… cosa?»
«Le sue impronte digitali. Può raggiungere
l’ufficio della hall?»
«Adesso?»
«Se non è troppo disturbo. L’operazione
di non richiederà che pochi minuti.»
I polmoni di Nova sfiorano l’implosione.
Solo quando Malone latra una risposta affermativa in direzione della
porta e poi, mormorando insulti, abbandona la poltrona, lei si
arrischia a respirare di nuovo.
La ST300 cinguetta una frase di scuse per il fastidio generato
dall’imprevisto, ringrazia e termina la chiamata.
«È un problema se aspetto qui il suo androide? Non
credo ci—»
Nova sussulta.
Malone, invece, fissa imperturbato la propria mano, improvvisamente
vuota, e poi i frammenti di vetro sul pavimento: il bicchiere gli
è scivolato via delle dita. Ne schiaccia i resti sotto i
suoi passi malfermi, sistema il colletto della camicia e srotola le
maniche.
Nova si alza, seguendolo verso la porta.
«Non farti trovarti qui quando ritorno» intima
Malone, dandole le spalle. «Non voglio rivederla, la tua
faccia. Ma più… e dico sul serio, questa
volta.» Spettinato e in maniche di camicia, e troppo alticcio
per rendersene conto, Malone tocca per cinque volte il tastierino
numerico sullo schermo. Ne esce un bip sgraziato: il codice
è sbagliato. Malone ci riprova. E ci riprova. E ci riprova.
E al quarto tentativo, la porta si apre.
/ \ \ /
[ - 00:04:48 ]
Il
countdown è stato avviato nel momento esatto in cui Connor
si è disinserito dalla rete privata del palazzo e ha
continuato a scorrere, in un angolo del display oculare, mentre
percorreva l’androne del dodicesimo piano. Ha utilizzato
tutti i dati a disposizione per calcolare l’intervallo di
tempo prima del ritorno di Nico Malone: i secondi necessari a un uomo
alto un metro virgola ottantatré centimetri per coprire la
distanza tra gli ascensori e l’appartamento; i secondi
impiegati dall’ascensore per completare una corsa senza
interruzioni fino alla lobby; il tempo che, approssimativamente,
impiegherà Malone per comprendere che la chiamata non
è partita dalla Reception.
Connor schiaccia il pulsante del campanello e i sensori audio
registrano un musicale tintinnio all’interno
dell’appartamento. Non intercetta altri rumori dietro porta,
che resta chiusa.
[ - 00:04:26 ]
L’androide osserva i sottili numeri color bronzo sul battente
sinistro.
[ - 00:04:20 ]
[ - 00:04:12 ]
Monitora il corridoio, ben rischiarato dalla luce aranciata delle
applique di vetro satinato. Repliche di quadri astratti decorano le
pareti color crema. Non c’è nessuno, per ora. E
per un istante, una parte dei suoi algoritmi si trattiene sulle
differenze tra i piani superiori del The Rowland – ambienti
assemblati con cura per il comfort degli umani – e gli spogli
locali della lavanderia sotterranea destinata al lavoro degli androidi
domestici.
[ - 00:03:55 ]
Un soffio meccanico, la compatta superfice nera davanti a lui si divide
in due e Nova Barton, senza dire una parola, gli afferra un
braccio e lo trascina oltre la soglia.
Connor, osservandola richiudere in fretta la porta, rileva lo stato di
sovraccarico sensoriale ed emotivo della donna: pressione arteriosa in
aumento, battito cardiaco accelerato, temperatura corporea leggermente
superiore alla norma. Però, è illesa.
«Ha trovato il dispositivo di Malone» constata,
piatto, spostando l’attenzione sul datapad tra le mani della
giornalista: un MILAE X 9.0.
Il volto dell’altra si contrae: è
un’espressione di fastidio, e lieve repulsione.
«Era in camera da letto… la camera di letto di
Malone. L’ultimo posto al mondo in cui avrei mai voluto
metter piede. Certo che non scherzavi quando hai detto di poter
replicare qualsiasi voce… ma è legale?»
Connor inarca un sopracciglio. «Niente di quello che stiamo
facendo qui è legale.»
«Anche questo è vero. Ti prego, dimmi che hai
trovato la password.»
L’androide annuisce. «Nico Malone ha sbloccato il
datapad mentre si trovava nel campo visivo del suo androide.
Fortunatamente, non è protetto da un identificatore
biometrico: utilizza una password alfanumerica.»
Nova gli mostra un sorriso esile. Poi, getta uno sguardo alla porta
dietro di loro.
«Quanto tempo abbiamo?»
«Meno di tre minuti.»
La
porta si spalanca.
Nico Malone si blocca sull’uscio del proprio appartamento.
Fissa, attonito, giornalista e androide.
Il cuore di Nova ha fatto un balzo.
«Sei ancora qui, cazzo?»
Nova guarda l’AJ700 accanto a lei: le sta porgendo
l’impermeabile, pulito e tiepido di asciugatrice.
«Il suo androide è appena tornato» si
giustifica.
Malone fa un gesto secco con la mano, come se volesse cancellarsele
entrambe da davanti. Sembra più livido, e molto
più furibondo, di quando è uscito; va
dall’ingresso al divano e dal divano al mobile bar.
«Pezzi di plastica del cazzo… nessuna chiamata,
dicono…»
Nova sta indossando la giacca. Deve andarsene prima che Malone, in un
guizzo di lucidità, capisca cosa sta succedendo; o prima che
qualcun altro, giù nella lobby, faccia un paio di conti.
«E quei coglioni della sicurezza, sono anche più
stupidi! Ah, ma domani mattina chiamo Morozov! Io non pago duemila
dollari al mese per—»
Malone tace.
Fissa di nuovo Nova.
Lei si sente gelare. Ma, come se niente fosse, chiude la fibbia
dell’impermeabile.
«Barton…»
«Sì?»
«Se non sparisci subito, ti sbatto fuori a calci.»
Nova sistema la borsa in spalla e punta alla porta, seguita a ruota
dall’AJ700. Emma sblocca la serratura, augura un impersonale
buonasera e l’ultimo rumore che Nova riesce a sentire, prima
che i doppi battenti si sigillino alle sue spalle, è
l’anta del mobile bar che viene di nuovo aperta.
Risalendo
a bordo del taxi, Nova porta con sé qualche fiocco di neve.
Lei sprofonda nel sedile, rivolto verso l’interno
dell’abitacolo, ma il suo morale sprofonda molto
più giù, molto più in basso, fino a
lambire il mantello sotto la crosta terrestre.
Connor, sul sedile accanto, la scruta e tace; e fuori, sotto la neve
fitta, le luci del The Rowland danzano sui cofani delle automobili
parcheggiate.
Stando al registro di connessione dal datapad, Nico Malone non poteva
trovarsi negli uffici dello Zenosyne al momento della morte di Walty.
Nova schiaccia la guancia tra i denti: esiste la possibilità
che non avesse il datapad con sé, ma a questo punto non
può ignorare il fatto che le telecamere di sorveglianza
abbiano mai ripreso l’uomo tornare all’ottavo
piano. Nico Malone è una persona orrenda. Ma non
è l’assassino.