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Autore: RosaRossa_99_    18/06/2020    0 recensioni
"Vado in camera mia…"
Dissi alzandomi dalla sedia
"È un invito?"
Lo guardai malamente
"Ti ringrazio per avermi fatto passare una 'splendida' mattinata"
Virgolettai 'splendida' con le dita, per poi girarmi e andarmene
"Vedrai il pranzo allora!"
Era assolutamente, estremamente odioso.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Una voce risvegliò il mio sonno, e aprii gli occhi, trovandomi davanti quelli azzurri di Dave che un tempo mi avevano stregata

 

“Alzati. Abbiamo delle cose da fare”

 

Lo guardai in silenzio, alzandomi solo quando uscì dalla stanza richiudendosi la porta alle spalle. Mi feci la doccia, vestendomi con i vestiti che trovai sul letto: mio padre aveva un’ossessione con il rosa a quanto pare… infilai i pantaloni dritti e la blusa, incastrandone i bordi nel pantalone, e infilai le ballerine con il fiocchetto, facendo una faccia disgustata.

Scesi le scale, ma sta volta non venni accolta da mio padre o da Dave…

 

“Zayn?”

 

Lui ghignò, squadrandomi da testa a piedi

 

“Ciao, tesoro”

 

Non prometteva bene. Perché era qui? Dov’era Aron?

 

“Lavori con Cesare? Dov’è Aron?”

 

Il suo ghigno svanì, lasciando spazio ad un’espressione torva. Avanzò lentamente verso di me, afferrandomi il collo con una mano, facendomi sussultare

 

“Il tuo caro fidanzatino l’ha ucciso”
 

Mi sussurrò all’orecchio, iniziando a stringere la presa, ma non tanto da non farmi respirare. Stefan aveva ucciso suo padre… Aron era fuori dai giochi. Questo voleva dire che ora lo avrebbero voluto ancora più morto, se prima aveva una possibilità di salvarsi… ora questa si era azzerata del tutto

 

“Per questo siamo qui… lo attireremo nella trappola grazie a te, e io prenderò il comando. Lo ucciderò davanti i tuoi begli occhioni, in modo lento e doloroso…”

 

Lacrime di rabbia iniziarono a scendere dai miei occhi, e gli sferrai uno schiaffo, facendogli girare la testa. Si toccò la parte colpita, guardandomi con sguardo divertito

 

“Ci divertiremo proprio tanto, tesoro”
 

Cesare a quel punto entrò nella stanza

 

“Malik, benvenuto nella mia umile dimora”

 

Zayn lasciò la presa sul mio collo, andando verso l’uomo che mi aveva generata, e facendo un inchino

 

“Signor Moretti, è un onore per me”

 

Lecca culo di merda.

 

“Vedo che già sei stato accolto da mia figlia… ma ora vieni, seguimi. Discuteremo di affari nel mio ufficio”

 

Iniziarono a camminare, ma prima di uscire dalla stanza Cesare mi chiamò

 

“Bambina, anche tu”

 

Magari sentire i loro discorsi mi avrebbe potuto aiutare, o avrei potuto ricevere qualche informazione su Stefan. Li seguii a distanza di sicurezza fino ad un grande ufficio, dove Cesare prese posto dietro la grossa scrivania e fece accomodare Zayn su una sedia di pelle nera di fronte questa, e fece cenno a me, di sedermi nell’altra

 

“Allora, dimmi pure”

 

Zayn si scharì la voce

 

“Aron è morto. Per la precisione ucciso da suo figlio, Stefan”

Cesare si accigliò

 

“E dov’è ora il ragazzino”

 

Zayn abbassò lo sguardo sulle sue mani incrociate sul tavolo

 

“Abbiamo perso i contatti con lui… non sappiamo dove sia”

 

“Bene. Lo voglio morto e sepolto”
 

I miei occhi si spalancarono, ritrovando il coraggio. Mi alzai dalla sedia di scatto

 

“Non osare sfiorarlo con un solo dito”

 

Cesare mi guardò divertito

 

“E che intendi fare, bambina mia?”

 

Mi guardai intorno, notando un taglia carte appuntito sulla scrivania. Lo afferrai velocemente

 

“Uccidermi non lo salverà, anzi...”
 

Io scossi la testa, cambiando la direzione della lama e puntandola sulla mia gola. Come una molla Cesare scattò, i suoi occhi colmi di preoccupazione

 

“Devi giurarmi che lo lascerete in pace, non lo cercherete e lui vivrà”

 

“Avanti, bambina. Posa il taglia carte”

 

“GIURALO”

 

Premetti di più la lama, sul mio collo, incidendolo leggermente. A quel punto ero solo un corpo morto che camminava, se questo fosse servito a tenergli salva la vita non avrei esitato due volte

 

“Va bene, va bene”

 

Un sospiro tremolante mi lasciò le labbra e allentai la presa sull’arma, ma fu un errore: in un secondo due uomini mi afferrarono le braccia, facendo cadere il taglia carte con un tonfo, e bloccandomi sulla scrivania. Mi dimenai, cercando di liberarmi dalla loro presa ma che si rafforzava sempre di più

 

“Portatela di sotto, magari andare a trovare il buon vecchio Elia la farà ammansire”

 

Mi trascinarono di forza, svoltando vari angoli della casa per poi arrivare in una parte metallica con delle scale che si immergevano nel buio. Mi trascinarono di sotto, gettandomi sul pavimento ruvido, ma prima che potessi alzarmi e correre il mio polso venne circondato da qualcosa di freddo. La porta subito dopo si chiuse con un tonfo e io rimasi seduta, cercando di liberarmi dalla presa della catena tirando ma non procurandomi altro che dolore. I miei occhi pian piano si abituarono al buio, illuminato solo dalla poca luce che filtrava da sotto la grossa porta, facendomi intravede la figura di un uomo ricurvo su una sedia: papà.

Iniziai a singhiozzare, avvicinandomi il più possibile a lui, riuscendo ad arrivare quasi a sfiorarlo

 

“Papà, cosa ti hanno fatto...”

 

Dissi fra i singhiozzi, e l’uomo sembrò sentirmi, alzando di poco la testa

 

“S-sohpie, che c-ci fai q-qui”

 

Sputò fra un colpo di tosse

 

“M-mi dispiace… ti tirerò f-fuori di qui”

 

Iniziai a tirare nuovamente le catene, cercando di liberarmi, ma procurandomi solo dolore

 

“Sophie…”

 

Mi richiamò, ma non lo ascoltai, continuando a tirare e non trattenendo le lacrime di dolore

 

“Gemma… ascoltami”

 

Mi fermai, continuando a singhiozzare

 

“I-io, n-non ci r-riesco. M-mi dis-spiace”

 

“Piccola Gemma… ti amo e lo farò sempre. Non è colpa tua, darei la mia vita per te”
 

Quelle parole suonavano come un addio

 

“P-perchè dici così. Noi ce la faremo, usciremo di q-qui. Stefan ci t-troverà”

 

Lui scosse la tesa

 

“Mi dispiace averti tenuta nascosta la verità. Non doveva andare così… tu meritavi il mondo”

 

“Papà… tu sei il mio mondo. Non avrei potuto chiedere genitore migliore”

 

Sorrise amaramente

 

“Avrei dovuto essere più presente nella tua vita… e non pensare solo al lavoro. È colpa mia se ti hanno trovato, non me lo perdonerò mai”
 

Scossi la testa

 

“Non è colpa tua… va bene così. Vedrai, andrà tutto bene”

 

“Gemma, ascoltami. Sii forte. Devi essere forte”

 

Io annuii velocemente

 

“Combatterò papà, lo farò”
 

Ma lui scosse la testa con un sorriso amaro

 

“Non voglio che tu lo faccia. Non combattere, piccola mia. Sii forte ma arrenditi a loro… ti faranno del male se non lo farai, e non posso permetterlo. Ubbidisci e non rischiare la tua vita… Non opporre più forza, ti voglio sapere al sicuro quando io non ci sarò più. Giuramelo, Sophie”

 

“M-ma papà, n-no. Non mi voglio arrendere, non-”
 

“Ti prego, mia piccola gemma. Loro non esiteranno a farti del male, e io non posso permetterlo. Ti prego”

 

Perché mi stava chiedendo di arrendermi? Non mi aveva cresciuto così. E io mi ero arresa, fino a quel momento, ma non era servito lo stesso a niente. Dovevo combattere, per me e per lui. Lo avrei portato fuori di qui, e sarei morta provandoci.

Toccai il polso, accorgendomi che era una manetta quella cosa che mi circondava il polso. Avevo visto tanti polizieschi e gialli nella mia vita, e c’era un modo per riuscire a liberarmi. Presi un respiro profondo, chiudendo gli occhi e contando fino a tre. Un crack riecheggiò nella stanza, rimbalzando nelle pareti. Mi morsi il labbro per non urlare dal dolore, stringendo gli occhi e sfilando la manetta dal polso

 

“Sophie! Cosa hai fatto”
 

Mi portai al petto la mano con il pollice rotto, alzandomi dal pavimento e avanzando verso mio padre

 

“Tu non mi hai cresciuta così. Mi hai insegnato a non arrendermi mai, ed è quello che ho intenzione di fare. Noi usciremo di qui, o moriremo provandoci”
 

Mi chinai dietro lo schienale della sedia, sciogliendo i nodi che lo tenevano fermo con la mano buona, per poi passare a liberare i piedi

 

“Andiamo, alzati”
 

Lo presi da sotto le ascelle, cercando di alzarlo, ma era un peso morto

 

“Non- riesco. Hai una possibilità senza di me, vai via”

 

Scossi la testa, avvolgendo un suo braccio sulla mia spalla e avvolgendogli il fianco

 

“Non ti lascio qui”
 

Riprovai ad alzarlo, ma era troppo pesante

 

“Devi farlo… ti rallenterei solo. Tornerai a prendermi, ma ora devi andare”

 

“M-ma-”
 

“Starò bene, gemma. Appena esci dalla porta svolta a destra, c’è un piccola porta che da su un garage. Prendi una macchina e scappa lontana da qui. Ti prego”
 

Lo guardai, cercando altre opzioni ma non trovandone

 

“Tornerò a prenderti. Te lo giuro”

 

Lui sorrise

 

“So che lo farai. Ti voglio così tanto-”

 

“NO! Non dirlo! Lo dirai quando saremo fuori di qui, non è un addio papà. Resisti”

 

Lui annuì, per poi piegarsi in avanti, troppo stanco per parlare ancora.

Seguii le sue istruzioni, salendo le scale silenziosamente e aprendo la porta metallica che cigolò. Il respiro mi si mozzo in gola e pregai che nessuno fosse nei dintorni e la avesse sentita. Mi affacciai, guardando il corridoio vuoto, così uscii seguendo le indicazioni e trovando la porta che aprii, ritrovandomi in un garage con varie auto. Puntai lo sguardo su una Range Rover: veloce e perfetta per una fuga. Vi montai, iniziando a cercare freneticamente le chiavi, ritrovandole nel cruscotto. Azionai la macchina, e la feci partire accelerando di colpo per sfondare il cancello, che si aprì con un colpo secco. Ma la mia corsa finì lì, in men che non si dica trovai l’entrata circondata da uomini armati e da macchine, impedendomi l’uscita. Zayn in prima fila, con una sigaretta accesa sulle labbra, dall’aria annoiata

 

“Avanti, tesoro. Scendi e finiamo questa ridicolaggine. Non hai dove andare”
 

Mi accigliai, cercando un’uscita, ma non trovandola. Non avrei potuto sfondare il blocco delle macchine neanche volendo: ero in trappola

 

“Sparate alle gomme”

 

Spalancai gli occhi, abbassandomi e nascondendomi il viso nelle mani, sentendo diversi pari e la macchina abbassarsi progressivamente. Avevano forato tutte e quattro le ruote, rendendo la macchina del tutto inutilizzabile. Diedi un pugno al volante, notando sotto il sedile il manico di una pistola. Non era finita.

Scesi dalla macchina, nascondendo l’arma dietro la schiena

 

“Abbiamo iniziato a ragionare vedo”

 

Non appena fui a qualche metro, uscii la pistola puntandola su Zayn, che rimase per un secondo sorpreso, per poi fare un sorrisetto divertito

 

“Sophie, Sophie, Sophie… cosa credi di fare? Non vedi che sei sola?”

 

“Non è sola”

 

Una voce giunse alle mie orecchie, riscaldandomi il cuore. In un attimo la casa fu circondata da macchine dell’FBI, elicotteri iniziarono a girare sul cielo, creando un gran caos

 

“Siete circondati. Abbassate le armi”
 

Mi girai con un sorriso stampato in faccia, quanto mi era mancato il suo viso…

 

“Ciao, amore”
 

Mi sorrise anche lui, e io mi precipitai tra le sue braccia, che subito mi accolsero. Il gruppo di uomini in divisa che lo avevano scortato, ci superarono iniziando ad ammanettare Zayn e gli altri uomini, che non avevano neanche provato a fare mezza mossa, consapevoli che se solo ci avessero provato si sarebbero ritrovati con un buco in testa

 

“Come…”
 

“Il tuo messaggio è arrivato”

 

Mi accigliai

 

“M-ma che messaggio, io n-non ho mandato niente, Stef”

 

Lui si accigliò

 

“Cazzo. È una trappola!!”

 

Urlò, prima di afferrarmi per un braccio e iniziare a correre verso una delle volanti. A quel punto dalla casa uscì Cesare, accompagnato da un’orda di uomini

 

“Finalmente ci conosciamo”

 

Stefan si parò davanti il mio corpo

 

“Hai perso. Sei circondato”

 

Cesare alzò le spalle

 

“Forse si, forse no. Ma posso ancora avere la mia vendetta”

 

In quel momento mio padre venne gettato a terra, ed io urlai, superando Stefan che mi attirò per i fianchi

 

“Digli addio, bambina mia”
 

Il volto di mio padre mi rivolse per un’ultima volta un sorriso, prima che una pallottola gli attraversasse il cranio. Successe tutto così velocemente, tutto così in fretta. Rimasi lì, con le orecchie che mi fischiavano e lo sguardo fisso sul corpo privo di vita dell’uomo che mi aveva cresciuto e amato. Il sorriso ancora stampato sul suo volto pallido e deturpato. Non gli avevo detto che gli volevo bene, lui non me l’aveva detto perché lo avevo fermato. Voleva darmi il suo addio perché sapeva ciò che sarebbe successo e io glielo avevo impedito. Se n’era andato senza un addio. Caddi sulle ginocchia, sulla terra, con lo sguardo fisso sul suo corpo, incurante di tutto quello che stava succedendo intorno a me. Sentivo urla, spari, gli elicotteri, sirene. La voce di Stefan

 

“Stefan...”
 

Sussurrai, guardando il ragazzo che cercava di riportarmi alla realtà. Mi alzai lentamente, ancora con i sensi intorpiditi, ma una figura dietro di lui catturò la mia attenzione. Dave. Sgranai gli occhi, spingendo il suo corpo e parandomi davanti.

Tutto successe in un battito di ciglia, senti tre colpi attraversarmi il corpo, e mi girai verso Stefan che mi guardava con gli occhi spalancati e il viso pallido

 

“T-ti am-mo”

 

Dalla bocca iniziò a sgorgarmi sangue. Non avevo paura, non sentivo dolore, ero felice. Gli avevo salvato la vita. In un secondo le sue braccia afferrarono il mio corpo barcollante e senza forze, accompagnandomi sulla terra e avvolgendomi. Il suo viso entrò nella mia visuale sfocata e la sua voce era l’unico rumore percepibile alle mie orecchie.

 

POV esterno

Erano in mezzo al campo di battaglia, la ragazza con tre pallottole da cui uscivano fiumi di sangue, e il ragazzo disperato che cercava di tenerla in vita. La scuoteva, incredulo di non essere riuscito a fermarla dal mettersi in mezzo alla traiettoria, perché quelle pallottole erano per lui. Lui doveva trovarsi steso in quella terra fangosa, fangosa per il sangue scarlatto che fuoriusciva dalla ragazza, mescolandosi con la terra e formando quella poltiglia disgustosa che li stava ricoprendo. La stese a terra, cercando di fermare il sangue che le usciva dallo stomaco, mentre lei lo guardava sorridente, con il volto pallido, prossimo alla morte. Nella sua testa pensava che lo avrebbe fatto altre mille volte, che ne valeva la pena, lo aveva detto tante volte che avrebbe dato la sua vita in cambio di quella del ragazzo, e quel momento era arrivato.

Lui la guardava disperato, piangendo per la prima volta dopo tanto, perché stava perdendo l’unica persona che avesse mai amato, l’unica persona che era riuscito a fargli abbattere tutte le pareti e i muri, insinuandosi nella sua vita con prepotenza.

Le sussurrò che l’amava, che non doveva sacrificare la sua vita preziosa per la sua inutile, perché era così: la sua vita senza di lei non aveva valore. La strinse a sé, mentre il suo respiro rallentava e le sue palpebre si chiudevano. La mano che teneva la sua perse la stretta, lasciandola andare e cadendo con un piccolo tonfo sulla terra fangosa. Il ragazzo si lasciò andare in un urlo disperato, mentre tutto intorno si fece il silenzio. Degli agenti corsero verso di lui, prendendogli dalle braccia la ragazza, e urlando ordini a lui, che rimase con lo sguardo perso e il desiderio di vendetta che gli bruciava le viscere

 

“Portatemi Dave”

 

Gli uomini si guardarono, non sapendo che fare, mentre la ragazza venne caricata su una barella e portata via.

 

“Dove cazzo è”

 

Era come un treno in corsa, nessuno avrebbe potuto fermarlo, ma d’altronde nessuno ne aveva intenzione. Quel ragazzo gli aveva consegnato uno dei più ricercati trafficanti e malavitosi. Così gli fecero spazio, indicandogli una volante parcheggiata poco più in là, da cui il biondo gli sorrideva con uno sguardo soddisfatto. Anche se le pallottole non erano per la ragazza, aveva ottenuto la sua vendetta, una vendetta migliore. Come Stefan gli aveva portato via tutto, lui gli aveva portato via l’unica cosa che gli era rimasta.

Stefan spalancò lo sportello, afferrando per il colletto il ragazzo dagli occhi azzurri, tirandolo fuori dalla macchina e lanciandolo sulla fiancata dell’auto con tanta forza che questo si ammaccò, procurando un grugnito di dolore al ragazzo. Intorno a lui si era formata una cerchia di agenti, d’altronde anche loro cercavano vendetta: vendetta per il loro agente e per la sua bambina, che in fin dei conti tutti avevano aiutato a tenere al sicuro, pur non riuscendoci.

Stefan subito gli fu al collo, alzandolo e stringendo le sue mani, bloccandogli il respiro e facendogli arrossare il volto, ormai il sorrisino spavaldo scomparso dal suo viso

 

“Mi hai portato la cosa più importante della mia vita”

 

Sussurrò, con il volto rigato dalle lacrime. Lo tenne sollevato in aria fin quando i suoi occhi non iniziarono a chiudersi, e il suo corpo non smise di muoversi, ma a quel punto mollò la presa, permettendogli di tornare a respirare

 

“Ho il potere di ucciderti. Ma non lo farò. Se tu vivi è perché io te lo permetto, ma sappi che da questo momento la tua vita non ti apparterrà più, sei una marionetta al mio servizio”

 

Il ragazzo si portò le mani al collo ricoperto dal sangue della ragazza, tossendo convulsivamente e cercando di regolare il respiro. Gli agenti subito lo afferrarono, facendolo risalire in macchina e chiudendo lo sportello. Se il ragazzo aveva deciso di lasciarlo in vita, avrebbero rispettato il suo volere.

Il corpo di Elia venne coperto con un lenzuolo e portato via, così come i corpi di quelli che avevano provato a ribellarsi.

Stefan si infilò in macchina, scortato dagli agenti, correndo verso l’ospedale. Non sapeva se la sua ragazza ce l’avrebbe fatta, non sapeva se era troppo tardi, ma quel che sapeva era che se lei non ce l’avesse fatta allora non avrebbe buttato la sua vita come si era giurato di fare, come aveva giurato ad Elia qualche giorno prima. Se lei aveva sacrificato la sua vita per salvargli la sua lui l’avrebbe vissuta, usandola nel modo giusto e non gettandola al vento. Non avrebbe reso la sua morte inutile.

E così arrivò in ospedale, non sapendo il destino che lo avrebbe atteso. Chiese al bancone della ragazza e gli dissero che stava lottando per la vita in sala operatoria e così corse per i corridoi di quell’ospedale dai muri immacolati, sembrando essere uscito dall’inferno per il sangue che lo ricopriva. Corse in quei corridoi fino a fermarsi nella sala d’attesa, cercando e aspettando con lo sguardo che un medico o un infermiere uscisse da quelle porte, portandogli notizie.

Le ore passarono, e il pavimento di quella stanza si ricoprì delle sue orme infangate.

Finalmente la porta si aprì, e da questa ne uscì un dottore che si guardò intorno, incontrando il sua sguardo con quello disperato del ragazzo. Stefan in un balzò gli fu davanti

 

“Come...”

 

Il medico gli annuì e lui per un secondo si sentì sollevato

 

“Siamo riusciti a salvarla per un pelo. I proiettili hanno colpito una parte del polmone che è stata danneggiata, e abbiamo dovuto esportarlo di urgenza. Gli altri hanno colpito lo stomaco e il fianco. Ancora non è fuori pericolo, ha perso molto sangue; dovremo aspettare le prossime ore per vedere se si risveglia”
 

Stefan si portò una mano alla bocca, pensando alla povera ragazza che avrebbe potuto non svegliarsi mai più

 

“Posso vederla?”
 

Chiese in un sussurro e il medico annuì

 

“È in un ambiente sterile, prima si deve pulire e cambiare. Non possiamo rischiare che le ferite si infettino. Da quella parte c’è una doccia, le faremo trovare dei vestiti puliti”

 

Stefan annuì, precipitandosi nella stanza indicata, lavandosi in modo frettoloso e cambiandosi con una divisa dell’FBI pulita. Si precipitò dalla stanza, con ancora gocce d’acqua che gli scendevano per il corpo non essendosi preoccupato di asciugarsi. Entrò nella stanza, trovando la ragazza distesa sul lettino bianco, tubi e cavi erano attaccati alla sua pelle, e fasce bianche la circondavano varie parti del corpo. Ma nonostante tutti i lividi e graffi e la sua pelle pallida, per Stefan rimaneva la ragazza più bella del mondo.

Le si avvicinò cautamente prendendole la mano pallida con il polso fasciato, e si chiese l’inferno che aveva passato in quella casa, maledicendosi per non essere riuscita a trovarla prima.

Rimase lì, immobile ad osservarla, fin quando un bussare leggero richiamò la sua attenzione: tre uomini in divisa entrarono nella stanza, guardando con pietà il ragazzo distrutto

 

“È il momento”

 

Stefan annuì

 

“Ho bisogno ancora di qualche minuto, e di un foglio e una penna”
 

Gli uomini annuirono, lasciandolo solo nella stanza.

Dopo qualche minuto Stefan piegò la carta, posandola sul comodino della ragazza, e le si avvicinò, premendo le labbra sulla fronte pallida che in qualche modo lo confortò, sentendo quel lieve calore della sua pelle

 

“Vivi per me”

 

Dopo queste ultime parole uscì, non guardandosi più indietro.

Non sapeva se ce l’avrebbe fatta, ma quello su cui aveva certezza era che quella sarebbe stata l’ultima volta per molto tempo che i suoi occhi l’avrebbero vista.

 

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Ve lo avevo detto a prestissimo...

Siamo giunti alla fine della storia, forse manca un ultimo capitolo, senza contare l’epilogo.

Secondo voi che accadrà? Sophie si risveglierà? E la lettera cosa dirà? E soprattutto, perché Stefan è così sicuro che non la vedrà per molto tempo?

Vi lascio così, mi raccomando: continuate a votare e commentare se volete, conta molto per me. Un grosso bacio

XX

-R

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

   
 
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