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Autore: Celeste98    20/06/2020    1 recensioni
La morte in sé non è una punizione, bensì una liberazione. La punizione è per chi sopravvive. Per un po’ rimani in una sorta di limbo in cui tutto perde di importanza e perciò si tende a dimenticare.
La vera sfida, poi, è ritornare a vivere.
Dopo la perdita di suo marito Turles, questa è la sfida che Rosicheena si trova ad affrontare
Vegeta Prince e Bardack Son sono i migliori amici della coppia, loro quattro erano D’Artagnan e i tre moschettieri, ma in fondo c’è molto più di questo. È il destino che mischia le carte con cui giochiamo.
- “Che poi è relativamente facile innamorarsi per la prima volta: è tutto nuovo e vedi quel sentimento sconosciuto crescere alla velocità della luce, la vera sfida è innamorarsi di nuovo dopo aver sofferto. È questo che voglio per te Rosy, ti sfido a sopravvivere e andare avanti" -
Un nuovo progetto AU (a cui ormai immagino siate abituati) che sto scrivendo un po' alla volta e che spero di riuscire a portare a termine. Questa volta avrò a che fare con altri personaggi, quelli che definirei i Senior, che essendo poco approfonditi posso permettermi di adeguare senza andare troppo OOC.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bardack, Nuovo personaggio, Re Vegeta, Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Cinque anni prima -
Era stato un viaggio tranquillo, Rosy aveva persino smesso di ripetere che non fosse costretto ad accompagnarla solo dopo la prima ora in auto. Le restanti due le avevano passate con lei che cantava a squarciagola le canzoni mal assortite della sua playlist e lui che cercava di non ridere ogni volta che la sentiva pronunciare puffaffero, perché non si deve mai prendere in giro Rosicheena sui cartoni animati. Erano in viaggio verso Osaka, nella cui periferia vivevano Doug ed Ester che li avevano invitati all’ultimo minuto per la festa per il loro anniversario di matrimonio. In realtà era un evento che Rosy aveva in agenda da mesi, era una tradizione riunirsi tutti per festeggiare l’anniversario dei suoi genitori adottivi con un barbecue in giardino, la novità era la presenza di Vegeta. L’invito poi era stato tra i più assurdi che Rosy avesse mai visto: era nella sua camera, in videochiamata con i coniugi quando Vegeta era entrato senza bussare chiedendole dove avesse messo la sua maglietta che, Doug ed Ester non potevano saperlo, aveva lasciato lì per le emergenze. Ester aveva quindi esordito dicendo qualcosa come “E chi è quel gran pezzo di figo?” incurante del fatto che Rosicheena non indossasse le auricolari. Nell’imbarazzo dei due giovani aveva poi sorriso a Vegeta e lo aveva invitato ad unirsi a loro alla festicciola per l’anniversario. Come Rosy gli spiegò nei giorni successivi, Ester è una donna dolcissima ma anche imprevedibile, un attimo prima può essere tutta zucchero, orsetti gommosi e marshmallow  un attimo dopo poteva tenerti il muso per ore solo per aver espresso un parere negativo sulle sue amate calle, quindi si era raccomandata di non insultare mai i suoi fiori che sostituiva ogni settimana per non ammettere di non avere il pollice verde.
Ci sarebbero stati anche molti dei suoi fratelli adottivi così Rosy, quando non cantava, gli comunicava informazioni che gli sarebbero state utili, argomenti sì e argomenti no, squadre sportive tifate e principalmente difetti dei suddetti ragazzi.
“Quando abitavo con loro eravamo in totale cinque ragazzi in quella casa, so però che negli ultimi tempi si sono dati una calmata soprattutto dopo essere diventati nonni per la prima volta. Penso che siano due bambini che ora hanno in custodia”
Quando arrivarono davanti alla casa il viso di Rosy si illuminò di un sorriso dolce e sincero, lo stesso che aveva tutte le volte che parlava degli anni con loro, gli unici veramente felici della sua infanzia. Non che si potesse veramente chiamare infanzia dal momento che aveva tredici anni quando l’adottarono. I dodici anni precedenti li aveva passati saltando da una casa famiglia all’altra, Rosy scherzava spesso dicendo di aver viaggiato più lei in tutto lo Stato che i suoi tre amici tutti insieme, a distanza di un anno di amicizia Vegeta non si spiegava cosa potesse aver spinto una coppia a riportare indietro una bambina di due anni presa in affidamento. Sempre Rosicheena gli aveva spiegato che il più delle volte i bambini in affido vengono restituiti quando la coppia ha figli propri, l’effetto collaterale di questi reietti sta poi nella loro scarsa fiducia nel prossimo e nel loro successivo farsi sempre riportare in casa famiglia.
“Ci siamo” Rosy sorrise ancora di più guardando l’amico
“Pronto a ogni genere di domanda, soprattutto imbarazzante?”
“Non vorrei essere da nessun’altra parte”  al ché le sorrise a sua volta e si avviarono all’ingresso, armati di fiori e regalo che avevano scelto insieme: una cornice d’argento decorata con un’orchidea in rilievo sull’angolo in basso a sinistra e tre opzioni di foto scelte da Rosicheena.
“Ciao Ester” ad aprire la porta fu una bellissima donna abbastanza avanti con le età, i capelli rossi erano striati di grigio, gli occhi marroni e, ovviamente un’abbondante spruzzata di lentiggini.
“Rosy! Tesoro che aspetti? Su abbracciami” lo fece immediatamente Rosicheena, abbracciando stretta la donna che le avvolse il busto. Nel giro di pochi secondi il suo sguardo si posò sul giovane uomo che se ne stava sorridente in veranda. Rosy non era una tipa affettuosa, il contatto fisico lo tollerava a stento e aveva impiegato un po’ per abituarsi all’esuberanza di Turles, lui invece c’era andato più con i piedi di piombo ed era il motivo per cui si era conquistato quasi immediatamente la fiducia della bella mora.
“E tu devi essere il fidanzato della mia bambina”
“Ehm no, non esattamente signora”
“No Ester, Vegeta non è il mio fidanzato, è il mio migliore amico”
“Vegeta, eh?” Rosy arrossì davanti al ghigno di Ester e Vegeta non fu da meno quando la donna ammiccò nella sua direzione per poi salutarlo con un abbraccio, come se fosse di famiglia.
“Caro sono arrivati Rosy e Vegeta” ovunque si trovasse suo marito sicuramente doveva aver sentito la voce squillante della donna che doveva amare parecchio per continuare a sopportarla, Rosicheena lo diceva da sempre. Il disimpegno, così come il salotto, era tempestato di fotografie dei coniugi insieme ai loro tanti figli adottivi presi singolarmente.  
“Eccola qui la mia piccola. Come stai Rosy? Sono secoli che non ci vediamo” la mora sorrise al padre adottivo abbracciandolo a sua volta
“Sto bene Doug, il lavoro mi impegna parecchio e quando sono libera sto con i miei amici”
“E a tal proposito” si voltò quindi verso il Prince “è un piacere conoscerti Vegeta. Di tutti i miei figli Rosicheena è l’unica che non ha mai portato a casa un fidanzato”
“Infatti lui non è il mio fidanzato Doug” Rosy ci provò a dirglielo, ma dal suo broncio e le braccia incrociate al petto era evidente che fosse abituata all’essere poco ascoltata, almeno su questo argomento.
“Oh beh, allora mi correggo. È un piacere conoscere il non fidanzato di mia figlia”
“Il piacere è mio signore”
“Oh no dai, chiamami solo Doug”
L’uomo era di qualche anno più grande di sua moglie, probabilmente aveva la stessa età di Noah, capelli corti in un taglio militaresco, occhi verdi, era poco più basso di Vegeta e dotato di quella che Rosy definiva pancetta da birra e patine.
“Doug degli altri chi è già arrivato?”
“Siete tra i primi tesoro, di là c’è solo Kaito”
“Il che di per sé basta e avanza” esordì una nuova voce maschile dalla portafinestra del salotto che dava sul giardino. Era un uomo all’incirca quanto Vegeta, i capelli spettinati in una cresta punk rossa acceso che, Rosy gli aveva raccontato, aveva lo scopo di coprire quello che lui considera un orrido biondo cenere; indossava dei pantaloni di pelle aderenti e strappati in più punti e un gilè verde che attirava l’attenzione quasi quanto i suoi capelli e la posa in stile il corvo. Gli occhi chiari, molto simili a quelli di Rosicheena, si illuminarono quanto quelli della ragazza quando si abbracciarono stretti.
“Vieni pagliaccio, devo presentarti il mio migliore amico” con fare esageratamente teatrale, il rosso si portò una mano al cuore e si stampò in faccia un’espressione da cucciolo con tanto di labbro tremante
“Ma non ero io il tuo migliore amico?”
 “Tu sei il mio intimo amico fraterno”
“E qual è la differenza?”
“Il nome, per me siete sullo stesso piano” finito il siparietto, Kaito si voltò verso il nuovo arrivato, sorrise e gli porse la mano.
“Piacere di conoscerti non fidanzato di Rosicheena. Kaito Dext, mago degli effetti speciali” così conobbe un’altra delle persone della vita di Rosicheena e dal primo momento ne rimase colpito: nonostante l’aspetto molto stravagante che aveva solo lo scopo di attirare l’attenzione, Kaito sapeva interagire con chiunque e trovava sempre il modo di stemperare la situazione o dissolvere il disagio, amava il suo lavoro e quando ne parlava gli brillavano gli occhi, così come gli brillavano quando parlava degli anni passati in casa di Doug ed Ester che gli descrisse dettagliatamente in quelle ore di allestimento della serata in giardino.
“Quando arrivò Rosy il posto si era liberato qualche settimana prima perché Phil ricevette una borsa di studio all’università, lo conoscerai tra poco e lo riconoscerai perché è il classico avvocato con il completo gessato e la cravatta sempre annodata”
“Kai anche Vegeta indossa completi gessati e cravatta”
“Sì ma non adesso, bellezza. Phil sicuramente si presenterà con il completo e la cravatta e io passerò il mio tempo a cercare di corrompere suo figlio a versarci sopra qualche bevanda gassata e appiccicosa. Ora se non ti dispiace stavamo chiacchierando, sciò” Rosy si allontanò ridendo, tranquilla di lasciare Vegeta in buone mani, al massimo al termine di quella serata il suo migliore amico avrebbe avuto qualche argomento in più per prenderla in giro.
Per le 19 erano arrivati tutti e quindici i figli di Doug ed Ester con rispettive famiglie, il giardino era pieno di persone eppure la coppia di festeggiati riusciva efficacemente a mantenere l’ordine. Gli invitati erano seduti ovunque, per lo più sui tanti cuscini sparpagliati sul prato o i divani e poltrone da giardino, Vegeta era stato trascinato su un mucchio di cuscini insieme a Rosy, Kaito e i fratelli a cui erano più affezionati.
“Ma dimmi un po’ Prince, Rosy scalcia ancora come un asino quando è in preda agli incubi?” Rosicheena arrossì vistosamente prima di tirare una gomitata nel fianco di Quill, dopodiché mise il broncio avvicinandosi maggiormente a Vegeta che, come al solito, le avvolse i fianchi con un braccio, facendola appoggiare a sé. Dopo la decima volta che avevano provato a spiegargli la situazione, alla fine sia Vegeta che Rosy avevano rinunciato a rispondere che non fossero una coppia, tanto ci pensavano Kaito o Ester a presentare Vegeta come il non-fidanzato o il quasi-fidanzato di Rosy.
“Solo ogni tanto” questa volta la gomitata se la meritò Prince
“Non farci caso, tutte le persone cresciute in orfanotrofio soffrono di cose del genere. Rosy soffriva di attacchi di panico ma non era nulla in confronto al sonnambulismo di Brady” a parlare era stata Lazuli, una bella ragazza ma molto timida. Rosy le aveva raccontato che da bambina aveva subito delle molestie da una coppia affidataria e da allora infatti tende a indossare abiti che sminuiscono la sua innata bellezza.
“Vero” intervenne il diretto interessato ridacchiando. Brady è invece un tipo non troppo alto e rotondetto, sempre sorridente. Nonostante l’aspetto lui è l’anima della festa, nonché anche quello che alla fine finisce con più alcool che sangue in corpo sdraiato chissà dove a contemplare il cielo/soffitto. A divergere con il spirito festaiolo è il suo lavoro, Brady infatti è il proprietario di una libreria in centro.
La storia però la raccontò Kaito, come era ovvio.
“Una volta lo abbiamo trovato in mutande davanti al frigorifero aperto che cercava delle pantofole a forma di unicorno che aveva visto alcuni giorni prima in tv... Vedi Prince, a parte gli scherzi, tutti noi reietti delle case famiglie ci portiamo dietro degli strascichi di quella vita. Può trattarsi di incubi, fobie, sonnambulismo, difficoltà nelle relazioni, ammetterlo è un grande passo avanti e riuscire ad avere degli amici veri è un traguardo non da poco. Sono felice che Rosy ti abbia conosciuto” per quel poco che aveva avuto modo di vedere di Kaito, non sembrava il tipo che riuscisse a fare discorsi seri e sentire quelle parole da una persona che conosceva Rosicheena come le sue tasche non era una cosa da niente. Prima che potesse rispondergli, però, Kaito si era già alzato in piedi e stava battendo con il suo accendino sulla bottiglia di spumante che aveva requisito poco prima
“Bene, ora che ho la vostra attenzione vorrei dire alcune parole. Mamma e papà, non conosco molte coppie che sono arrivate a così tanti anni di relazione, ci auguriamo che grazie al vostro esempio i presenti riescano a raggiungere insieme almeno la metà. Ammetto che ho girato parecchio in lungo e in largo il regalo perfetto, ma niente mi sembrava abbastanza. Poi il destino me l’ha presentato su un piatto d’argento” con un cenno chiese ai festeggiati di aprire il pacco che era rimasto ancora chiuso per richiesta del giovane. Solo pochi dei presenti riuscirono a riconoscere quella scultura di un volto come il trofeo degli BAFTA ai migliori effetti speciali con il nome del ragazzo scritto sul piedistallo
“Non ci credo!” Ester lo riconobbe all’istante perché era nella lista dei traguardi di Kaito e lo aveva sempre incoraggiato a non tirarsi indietro
“Mi avete spinto a seguire i miei sogni e se ho raggiunto questo traguardo lo devo a voi ed è a voi che va la dedica che vi ho fatto incidere” e mentre il ragazzo si faceva abbracciare da coloro che considerava a tutti gli effetti i suoi genitori, Rosicheena approfittò per stringersi maggiormente sotto il braccio del suo migliore amico
“Super figo il mio fratellone, vero?”
 
- Tempo presente -
Il mio nome è Helena e sono tua madre... Rosicheena non riusciva a capire quelle parole, quasi come se fossero state pronunciate in un’altra lingua. Chi era quella donna? Lei era certa di non averla mai vista e non le somigliava per niente. Avevano a stessa altezza, gli stessi capelli neri e la stessa pelle chiara, ma il viso della sconosciuta così come il suo corpo era più rotondo, forse a causa della gravidanza o di altre successive, oppure lo era di costituzione, non pensava di certo in quel momento a tutte le volte che Noah le aveva detto di trovarla troppo magra a causa dello stress e gli strascichi della depressione da cui era stata affetta che le impedivano di nutrirsi quando dovrebbe, o meglio che le impedivano di prendere peso. Gli occhi bruciavano come quando trascorreva molte ore davanti al computer e non riusciva a respirare, il torace sembrava chiuso in una morsa che non le permetteva di prendere abbastanza aria, stava annaspando come un pesce fuor d’acqua.
Madre? No, quella sconosciuta non era sua madre, perché non basta il DNA, non bastano nove mesi di gravidanza, non basta la somiglianza fisica a definire chi è una madre e soprattutto perché se pensava alla parola mamma davanti agli occhi appariva solo il volto sorridente di Marie Prince.
Le palpebre facevano male per quanto stava sgranando gli occhi ma era inutile perché non vedeva niente, era immersa in un buio talmente terso che la luce non sarebbe stata in grado di definirne dei limiti. Intanto il panico saliva e i respiri si facevano più veloci.
“Papà cazzo apri questa fottuta porta!” Vegeta premeva insistentemente il campanello con il gomito cercando di attirare l’attenzione del padrone di casa, Rosicheena tremante saldamente stretta tra le sue braccia con il viso sprofondato nell’incavo tra la spalla e il collo umido per le lacrime della donna.
“Si può sapere che hai da- Oh Santo cielo! Cosa le è successo?!”
“Sta avendo un attacco di panico e non riesco a calmarla” Vegeta faceva appello a tutte le sue forze per non far percepire nella voce la paura che gli stava chiudendo lo stomaco, ma Rosy percepiva le loro voci come suoni ovattati.
“Stendila sul letto... Rosy? Rosicheena riesci a sentirmi?” Noah provava ad essere professionale ma la preoccupazione per la giovane era tanta, soprattutto perché era rigida come una statua e non reagiva agli stimoli, che fossero lievi colpi sulle guance o la luce puntata negli occhi. Poi continuava a piangere, i suoi singhiozzi erano l’unico suono che riusciva ad emettere.
“Che cosa le è successo?”
“Ha incontrato sua madre”
 
 “Il mio nome è Helena e...” spostò momentaneamente lo sguardo sorridendo ancora ma questa volta in modo molto imbarazzato, incapace di sostenere gli occhi chiari di Rosy “e sono tua madre”  Rosicheena impallidì
“Deve essere stata mal’informata, signora, io non ce l’ho una madre”
“No, Rosicheena ti prego ascoltami. Io sono qui ora, io voglio conoscerti”
“Conoscermi? Tzk” Vegeta era la persona che conosceva meglio Rosy eppure stentò a riconoscerla con il viso deformato in un’espressione talmente agghiacciante da mettere i brividi persino a lui “Ironico che lei voglia conoscermi solo ora, un po’ in ritardo. Avrebbe dovuto pensarci prima di abbandonarmi davanti a una stazione di polizia ad appena un anno e mezzo di vita” gli occhi della sconosciuta si riempirono di lacrime ma la sua espressione non cambiò di molto, non traspariva nessuna emozione. Rosicheena rimase in uno stato di apatia per un po’, non si rese conto di quando iniziò a tremare, né del momento in cui il respiro si fece più veloce fino a provocarle dei forti capogiri.
 
Quelle parole sembrarono avere un qualche effetto su Rosy che uscì dallo stato di apatia, ma lo fece strillando come se la stessero pugnalando. Noah si sentì morire quando vide i suoi occhi lucidi dal dolore mentre le somministrava un calmante, Vegeta che aveva dovuto tenerla ferma non era in una condizione migliore. Il calmante impiegò poco a fare effetto, ma Vegeta rimase per anche i minuti successivi steso accanto  Rosicheena, tenendola tra le braccia, accarezzandole i capelli e struggendosi per averla ridotta in quelle condizioni. Erano anni che Rosicheena non ricorreva ai calmanti, l’ultima volta era stato nei giorni immediatamente successivi alla morte di Turles: non riusciva a dormire e le poche volte in cui la stanchezza aveva il sopravvento si svegliava urlando preda di attacchi di panico. In queste occasioni aveva quindi ricorso ai sonniferi e, per fortuna, di rado alle iniezioni, sapere che questa volta era stato lui a scegliere al suo posto però lo distruggeva. Certamente nel giorni successivi avrebbe cercato un modo per farsi perdonare, anche se Rosy sicuramente gli dirà che non ha nulla di cui farsi perdonare.
L’appetito era del tutto passato e se fosse stato per lui non si sarebbe mai mossi da lì, poco importa se il completo era scomodo per stare sdraiato sul letto, che Rosy detestasse da morire quando le scarpe entravano in contatto con il copriletto, o che un angolo della fibbia della cintura gli stesse dando parecchio fastidio al basso ventre. Non gli importava nulla. Voleva restare scomodamente sdraiato su quel letto matrimoniale di cui ora in due ne occupavano appena metà, voleva tenerla tra le braccia, sentire il suo profumo, i capelli scuri di lei che vengono quasi pettinati dal suo pizzetto, e soprattutto voleva illudersi di aver fatto la cosa giusta. Non si sarebbe mosso di lì se Noah non fosse andato a chiamarlo per dirgli dell’arrivo di Bardack e di Radish, entrambi preoccupati per Rosy.
“Sta tranquillo Vegeta, le ho somministrato un dosaggio leggero. Dormirà al massimo per un paio d’ore”
Come l’uomo aveva già annunciato, gli altri attendevano nel salone, compresa Sadala.
“Come sta? Papà non ci ha voluto dire cosa è successo” Radish era stato il primo a notare l’arrivo del fratello maggiore, attirando quindi anche l’attenzione degli altri due.
“Si riprenderà, è stato un attacco di panico ma è una donna forte” Vegeta annuì alle parole di suo padre andando a sedersi sulla poltrona
“Veg ma che è successo? È da Turles che Rosy non ha attacchi di panico forti, almeno a quanto dice lei”
“Ha ricevuto una visita di sua madre”
“E con ciò? Mi sembrava che con Ester avesse un buon rapporto” nel suo fare saccente Sadala espose la domanda che assillava anche Bardack e Radish e, seppur Vegeta in altre circostanza le avrebbe risposto come suo solito, ma ci passò sopra solo perché lei non poteva sapere
“Infatti non ho mai parlato di Ester” rispose chinando il capo e massaggiandosi gli occhi con la mano.  Per la seconda volta si ritrovò a raccontare ciò che era successo poco prima.
“E ha la faccia tosta di farsi vedere dopo venticinque anni? Che stronza!”
“Radish modera le parole” per quanto sotto shock Noah cercava di mantenere la calma e far ragionare anche il minore dei suoi figli, nonché il più attaccabrighe.
“No Noah, Rad ha perfettamente ragione. C’è sicuramente un motivo dietro questa improvvisata e potrebbe benissimo essere il galà dell’altra sera e delle decine di foto di Rosy e Vegeta apparse sui giornali con i titoli più disparati. La vostra famiglia è tra le più in vista e non c’è dubbio che vedere lo scapolo d’oro di West City accompagnato faccia notizia e questa donna, chiunque sia, potrebbe volerci guadagnare a sua volta” Vegeta osservò distrattamente il suo migliore amico entrato in pieno nel ruolo dell’avvocato e gliene fu grato perché in quel momento più che mai lui non sapeva che fare. Anche Bardack dovette accorgersene perché, scuotendo il capo, successivamente si rivolse a Noah
“Fate attenzione, sicuramente cercherà di avvicinare di nuovo Rosicheena e finché non sapremo qualcosa di lei non è il caso che ci abbia a che fare”
 
Quando aprì gli occhi Rosicheena si sentì ancor più stanca di quando si era addormentata. La testa le scoppiava come dopo una sbornia colossale. Erano due anni che non si sentiva così, da quando quella notte in ospedale Rosicheena si svegliò di soprassalto a causa dei macchinari che annunciavano la dipartita di suo marito. Quello che visse nei mesi successivi fu, sicuramente, il periodo peggiore della sua vita: per le prime settimane non si mosse dalla sua camera, piangeva a ogni ora; la notte non dormiva senza i sonniferi e durante il giorno assumeva altri calmanti che la lasciavano sempre molto confusa e intontita, qualsiasi cosa facesse o dicesse dopo poco la dimenticava. Sentirsi di nuovo così non fece che incrementare il danno riportandola con la mente a quel periodo nero. Non aveva mai pensato al suicidio, diceva di essere troppo razionale per togliersi la vita e non voleva causare altro dolore a quelle persone cui voleva bene. Fu questa consapevolezza a spingerla a lasciare la città. Lo fece un sabato mattina senza alcun preavviso, Vegeta e Noah erano andati a trovare i Son e lei era rimasta alla villa con Radish a cui aveva chiesto di accompagnarla alla stazione. Non fu una grande sorpresa, Vegeta aveva accennato loro che Rosy fosse stata invitata dai genitori a tornare a casa loro per un po’, quello che non si aspettavano era che, un po’ alla volta, la donna cominciò ad allontanarsi. Le chiamate si fecero più brevi e rare, un po’ alla volta il suo atteggiamento si fece più distante, era persino tornata a dare del lei a Noah; poi quelle poche chiamate diventarono ancora meno, sostituite da qualche messaggio in cui alludeva agli impegni del nuovo lavoro, infine sparirono anche quelli. Poi, una sera, aprì la porta e si trovò davanti Vegeta più furioso che mai che la riportò alla ragione.
 
Tornare a vivere non fu facile, ma soprattutto non fu facile dire basta ai sonniferi. Ci vollero settimane per farla uscire da quella assuefazione e se non ci fosse stata la sua sorellina Lunch, che era diventata infermiera, probabilmente non ci sarebbe riuscita. Turles le mancava come l’aria e non riusciva a pensare a lui senza scoppiare a piangere, per questo evitava di farlo, rimandava finché era in compagnia ma quando poi si trovava da sola nel buio della sua camera la cosa era inevitabile. Quella sera non faceva la differenza. Non era solo Turles a mancarle, le mancavano anche i suoi amici, la sua vita che era andava in frantumi quando suo marito aveva iniziato a peggiorare fino a decidere per il ricovero.
Le lacrime stavano per prendere il sopravvento in quella routine che la accompagnava da settimane: avrebbe pianto con il viso sprofondato nel cuscino per attutire i singhiozzi finché non si sarebbe addormentata esausta, dopodiché la mattina dopo avrebbe nascosto le occhiaie con il fondotinta, gli occhi rossi con una sciacquata di collirio e avrebbe fatto finta di stare bene, come faceva da settimane. Il suono incessante del campanello le scombinò i piani. Erano le dieci passate, Doug ed Ester si erano già ritirati per riposare e chiunque fosse fuori dalla casa sembrava non avere intenzione di togliere il dito dall’interruttore finché non porta non fosse stata aperta. Ci alzò velocemente e ignorando i capogiri e la vista offuscata per la debolezza percorse a memoria il tragitto che la separava dalla porta d’ingresso. Il mondo le crollò sulle spalle con tutto il suo peso quando gli occhi riconobbero la figura di Vegeta Prince malamente illuminato dai lampioni davanti il portone di casa. Sotto shock aprì la bocca per dire qualcosa ma non ne uscì alcun suono, Vegeta non parve curarsene perché prese la parola senza pensarci due volte.
“Tu, piccola codarda che non sei altro... Ti ho lasciato il tuo tempo, ti ho lasciata piangere, chiuderti in te stessa e allontanarti da me, ma giuro su quanto è vero Iddio che tu non mi allontanerai da te, sono stato chiaro?” i suoi occhi neri erano cerchiati di rosso, non seppe dire se per la stanchezza o il pianto, perché Vegeta era un uomo tutto d’un pezzo ma non aveva paura di ammettere di piangere.
“Tu sei la mia migliore amica, Rosy, vedova di uno dei miei migliori amici. Mia madre  ti considerava come un’altra figlia, mio padre ancora adesso ti considera tale. Rosy lo vuoi capire che ti voglio bene?! Arrabbiati, urla, prendimi anche a pugni se ti può essere d’aiuto ma ti prego, ti scongiuro, non allontanarmi mai più da te perché sentirti distante fa più male di qualsiasi pugno abbia ricevuto in tutta la mia vita” dopo anni quella notte dormirono l’una tra le braccia dell’altro piangendo e asciugandosi le lacrime a vicenda.
 
“Ehi sei già sveglia” come richiamato dai suoi pensieri, ecco Vegeta oltrepassare la porta della camera con indosso una vecchia tuta estiva blu. Rosicheena annuì lievemente, cercando di non aumentare il mal di testa che le premeva le tempie
“Quando fai uso di questa roba per un bel po’ di tempo servono dosi maggiori per buttarti giù” come si aspettava Vegeta storse il naso prima di porgerle un bicchiere.
“Papà ha ipotizzato che potessi avere mal di testa e mi ha detto di portarti qualcosa” la donna non si fece pregare per mandare giù il contenuto del bicchiere e ributtarsi di peso sul cuscino.
“Che ore sono?”
“Circa le undici” ancora una volta annuì con lo sguardo perso sul soffitto e nessuna espressione in volto. Rimasero così per un paio di minuti in cui l’unica cosa percepibile era il suono dei loro respiri.
“A che cosa pensi?”
“Spero di riuscire a togliere le macchie di trucco dalla federa del cuscino, anzi se ti fidi lasciami anche il tuo completo, altrimenti puoi detrarmi il costo della tintoria dallo stipendio”
“Idiota” quantomeno riuscirono a stemperare la situazione ridacchiando entrambi, poi Vegeta si stese sul letto mentre Rosy, a cui il mal di testa doveva essersi alleggerito, si diresse nel bagno privato e ne tornò con il pigiama indosso.
Ripensando a una chiacchierata avuta con Muter quando andò a trovarlo al locale, Rosicheena nuovamente mezza addormentata decise di togliersi una curiosità
“Perché dopo tanti anni sei ancora il mio cavaliere dalla scintillante armatura? Non ti stanchi a combattere guerre perse in partenza?” Vegeta voltò il capo nella sua direzione, osservandone il profilo grazie alla luce della luna che filtrava dalle tende semichiuse
“Perché tutte le principesse ogni tanto hanno bisogno di essere salvate, anche quelle cocciute come te” Rosy sorrise avvicinandosi maggiormente all’amico fino a posare la testa sul suo petto granitico, dove si addormentò velocemente grazie anche ai grattini tra i capelli che lui sapeva bene fossero il suo punto debole.
 
- Due anni prima -
“Guarda che l’ho capito” la voce di Turles, così insolitamente apatica, convinse la giovane donna a ignorare il paesaggio fuori dalla finestra e volgere lo sguardo la sua attenzione al marito. Lo trovò ad osservarla con una strana luce in quegli occhi neri che da sempre erano in grado di leggerle dentro.
“Lo so che ti piace” continuò senza bisogno di che lei dicesse nulla, perché tra di loro funzionava così.
“Ma non dire stronzate” Rosicheena rispose senza riflettere e tornò a guardare il cielo grigio che preannunciava neve.
“Questa ne è un’ulteriore conferma. Erano due gli uomini che fino a un attimo fa erano in questa stanza, eppure non mi hai chiesto a chi mi riferissi” Rosicheena spalancò gli occhi, sperando che Turles non lo notasse, che illusa. Turles conosceva tutto di sua moglie e non aveva bisogno di guardarla per capire cosa le frullasse per la testa, così come sapeva che quell’approccio così diretto con Rosicheena non era sempre una buona idea
“Non è che l’infermiera Occhi dolci ti ha somministrato qualche allucinogeno insieme ai farmaci?” Turles scosse il capo. Classico atteggiamento di Rosy: quando si sente in trappola con le spalle al muro si rimbocca le maniche e innalza le sue barriere. Adesso avrebbe cercato una scusa qualsiasi per allontanarsi, così fu Turles stesso a fornirgliene una. Iniziò ad osservare il soffitto con espressione assorta
“Ho voglia di frittelle” Rosicheena gli sorrise prima di avvicinarsi e baciarlo sulle labbra
“Scendo al bar qui di fronte a prendertene un paio, torno subito”



SPAZIO AUTRICE
Dunque, dunque, dunque...  In questa storia non mi sono fatta sentire molto, quindi quale miglior giorno per farmi sentire che alla vigilia del mio compleanno?! L'idea era di pubblicarlo domani, ma mi sono ricordata di come sarebbe impossibile riuscire a prendere il PC anche solo per cinque minuti quindi eccomi qui oggi.
Vabbé tralasciando questa parte di poca importanza, stavo dicendo... Non mi sono fatta sentire molto nelle note probabilmente perché ho preso questa storia molto alla leggera e, avendo iniziato a pubblicarla con solo due capitoli pronti, e non ero neppure certa che l’avrei continuata. Quando ho iniziato a pubblicare ho quindi scritto una bozza di trama, ma questo capitolo non era previsto né nell’idea iniziale né tantomeno nella trama. Ho deciso dal nulla di inserire il personaggio di Helena, Kaito e gli altri che, comunque, non credo avranno altre apparizioni.
Probabilmente ho un po’ esagerato sulla parte dell’attacco di panico ma concedetemelo come licenza poetica... In più consideriamo il suo passato e la (quasi) sindrome d’abbandono di cui mai ammetterà di soffrire.
Vorrei ringraziare voi lettori silenziosi e soprattutto Elema a cui dedico questo capitolo, spero che ti piaccia
😘
Il prossimo capitolo sicuramente non rispetterà i tempi previsti, anche se questa volta di mio non mi sono imposta scadenze di pubblicazione, vorrei poter dire che il capitolo 7 sia in fase di scrittura ma in realtà è del tutto in fase di progettazione. Non ho idea di cosa trattare, o meglio ne ho una vaga idea ma questa non basta a riempire neanche tre pagine (per i miei standard di 7 è pochissimo e vorrei scriverli anche più lunghi). Vabbé vi ho annoiati abbastanza, al prossimo capitolo 🤗
  
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