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Autore: hello angel    20/06/2020    0 recensioni
Le sue dita si mossero delicatamente sui tasti del grande pianoforte. Le note di quella melodia che non aveva mai sentito rimbalzavano nel silenzio del salotto. L'unica luce proveniva dalla lampada alta posta vicino al pianoforte e dalla luna piena che illuminava quella notte di inizio luglio. Il suo chiarore pallido si era posato sulle sue dita snelle e delicate mentre erano impegnate a suonare. Mentre teneva la testa appoggiata alla mano, poco inclinata verso il basso, Chanyeol ammirava quel suo viso assorto nella musica. I suoi occhi brillavano leggermente mentre suonava quelle note ma non era merito della lampada, e nemmeno della luna. Brillavano di luce propria. "Manterresti una promessa se fossi io a chiedertelo?" chiese, all'improvviso.
"Certo." rispose Baekhyun, distogliendo per un attimo lo sguardo dai tasti senza smettere di suonare.
"Non fuggire mai da me." Glielo disse con una voce decisa e calma, gli occhi fissi su i suoi. Baekhyun lo guardò per qualche istante, con un velo di confusione nella sua espressione per poi sorridere in quel modo così unico e dolce a cui ormai si era abituato da tempo. "Te lo prometto." disse, a bassa voce.
[IN REVISIONE]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Baekhyun, Baekhyun, Chanyeol, Chanyeol, D.O., D.O., Kai, Kai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Stava morendo di fame. Già lungo il tragitto verso casa, seduto dentro l'autobus, lo stomaco aveva iniziato a brontolare insistentemente. Non vedeva l'ora di sedersi a tavola e mangiare qualunque cosa commestibile ci avesse trovato sopra. A causa dell'intensa giornata all'università aveva avuto poco tempo per pensare al cibo. Mancava poco alla fine del semestre, l'ultimo esame e avrebbe dovuto solo occuparsi dei festival prima dell'inizio della pausa estiva. Un ultimo sforzo. Le luci di casa erano accese. Fortunatamente, la nonna era tornata a casa prima di lui e gli aveva risparmiato la fatica di preparare la cena da solo. Era una frana ai fornelli.

"Sono tornato!" esclamò, entrando in casa. Si tolse le scarpe e avanzò verso la cucina.

"Bentornato." lo salutò la nonna, con in mano un grosso cucchiaio di legno e un grembiule di un azzurro un po' scolorito adornato da del merletto bianco ai bordi. Quante volte le aveva detto di buttare via quel grembiule orrendo. Era imbarazzante.

Baekhyun viveva con la nonna da quando aveva 6 anni ed era l'unica famiglia che aveva e che avesse mai avuto. Era una donna di statura bassa, snella e aveva superato i 50 anni di età. La sua testa era ricoperta da una folta chioma di capelli neri e la sua pelle era chiara come la porcellana. Aveva gli occhi di un marrone scuro ma che, esposti al sole, mostravano una leggera tonalità chiara simile al miele. Nel corso degli anni non era cambiata molto, era come se il tempo si fosse fermato per lei. Era una donna affascinante, sia nell'aspetto che nel carattere. Era molto intelligente, dolce e generosa, sapeva suonare il pianoforte, cucinare, cucire e anche disegnare. Inoltre, era anche un'instancabile lavoratrice. Per Baekhyun, era la migliore nonna che si potesse desiderare ed era felice di essere suo nipote. Anche se non era la sua vera nonna.

Quella donna, per chissà quale sconosciuta ragione, aveva deciso di adottarlo 18 anni prima e portarlo via da quel luogo orribile e inospitale che un tempo era stato ciò che poteva definire casa: l'orfanotrofio. Nonna Byun lo aveva preso con sé, gli aveva dato il nome che portava, la vita che stava vivendo e una quantità di affetto indescrivibile. Più di una volta sentiva di non meritarsi quell'affetto. Una donna così piena di qualità era stata sfortunata a beccarsi un nipote così pigro e anonimo. Nel suo piccolo, aveva sempre cercato di essere degno di lei e di non metterla mai in imbarazzo. Non voleva si pentisse di aver scelto proprio lui in mezzo a quella marea di bambini in attesa di una famiglia.

"Metto a tavola la cena." lo avvertì.

"Mi lavo le mani e arrivo!"

La casa in cui vivevano era molto piccola anche se non si poteva proprio definire casa. Aveva due stanze, un piccolo ma accogliente bagno con una minuscola vasca e una piccola cucina a gas in cui avevano messo il tavolo che usavano per consumare i loro pasti. Non era granché ma quello era il massimo che potevano permettersi al momento. La nonna era stata proprietaria di un negozio di articoli per le vacanze, escursioni e campeggi. Le fruttava un ottimo guadagno e riusciva tranquillamente a permettersi una bella casa. Ma la sfortuna volle che durante l'ultimo anno di liceo di Baekhyun, lei si ammalò di cancro. Da lì cominciarono tutti i loro problemi: fu un cancro tosto, i medici erano stati parecchio pessimisti al riguardo. Utilizzarono qualunque mezzo possibile per salvarle la vita ma tutto il denaro che la nonna aveva accumulato dopo anni di duro lavoro fu speso per pagare le cure, le spese ospedaliere e le medicine che dovette prendere. Divenne difficile mandare avanti il negozio e alla fine dovette chiuderlo e venderlo. Quando fu abbastanza in forze per poter ricominciare a lavorare, fu costretta a svolgere qualunque tipo di mansione per cercare di risollevarsi economicamente.

Baekhyun non era rimasto con le mani in mano. Decise di passare tutto l'anno successivo a lavorare per riuscire a mettere da parte il più possibile per aiutare la nonna con tutte quelle spese. Anche lui aveva fatto di tutto: dal cameriere, al tutor per i bambini delle elementari, il volantinaggio, consegne a domicilio, magazziniere in uno stabilimento. Aveva persino lavorato al mercato ortofrutticolo. Tutto per riuscire a sopravvivere con la nonna e magari pagarsi anche l'università, anche se era cominciato ad essere un sogno molto lontano da realizzare. A quei tempi, si era ormai convinto che non sarebbe mai riuscito a frequentarla e gli andava anche bene. La cosa più importante era la salute della nonna. Ma non appena si riprese, la nonna non volle sentir ragione: lo costrinse a fare l'esame di ammissione e non solo lo superò ma ottenne pure il massimo dei voti che gli permise di accedere alla borsa di studio. Se non l'avesse ascoltata quel giorno, ora non starebbe rincorrendo il suo sogno come stava facendo.

Nonostante i problemi, la nonna era sempre rimasta la persona più solare che Baekhyun avesse mai visto ed era lei che le aveva insegnato a vivere la vita con positività. Gli ripeteva sempre 'Fin quando restiamo insieme, possiamo superare qualunque cosa'. Quelle parole erano così convincenti che non poteva far altro che crederci. Quel suo sorriso gli dava forza e lo aiutava a non cadere nello sconforto quando arrivavano le bollette da pagare ma i soldi non erano sufficienti. Col passare del tempo, cominciò ad avere qualche dubbio. Forse non bastava restare semplicemente uniti per affrontare le cose. Il soldi erano il motore del mondo. Senza quelli, difficilmente si andava avanti.

Baekhyun si sedette di tutta fretta e afferrò le bacchette, pronto a riempirsi la pancia con la buona cucina della nonna, la sua cuoca preferita. "Grazie per il cibo!" esclamò, con l'acquolina in bocca. Stava per afferrare il primo pezzo da mangiare quando notò il contenuto dei piatti a tavola. Quei grossi filetti di carne non erano qualcosa che era abituato a vedere. Per risparmiare, avevano deciso di non spendere troppo per i pasti durante i giorni comuni. Pietanze come la carne erano per i giorni festivi, per qualche occasione speciale o per accogliere un ospite, quelle rare volte che ne avevano uno. Il pesce era più economico, ad esempio. "Da dove vengono questi?" chiese, indicando i piatti di carne con le bacchette.

"Me l'ha regalata la signora di Gangnam a cui ho fatto le pulizie questo pomeriggio. Me l'ha data assieme alla paga di oggi." spiegò. "Mangia prima che si raffreddi tutto."

Baekhyun appoggiò le bacchette sul tavolo. La sua espressione si fece cupa. "Sei andata a lavorare di nuovo per quella donna? La sua casa è enorme, non puoi pulirla tutta da sola." disse. "Avevi detto che non ci saresti più andata perché era troppo faticoso."

"Lo so ma quella signora paga molto bene. Abbiamo bisogno di quei soldi." disse. "E poi, non ho dovuto fare molto. Fortunatamente, era più in ordine del solito."

"E perché hai accettato questa?" chiese, indicando i filetti di carne. "Non voglio mangiare gli scarti degli altri!"

La nonna lo guardò, aggrottando le sopracciglia e lasciando andare un sospiro. "Non sono scarti. Il figlio più grande le ha portato più carne di quanto potesse consumare da sola e ne ha data un po' a me per non sprecarla. Non c'è nulla di male nell'accettare una gentilezza del genere."

Baekhyun rimase in silenzio con la testa bassa. La nonna era visibilmente stanca, lo era molto negli ultimi mesi. Aveva aumentato il carico di lavoro per avere qualche spicciolo in più in tasta per la fine del mese ma così facendo stava solo peggiorando la sua cagionevole salute. In passato, la nonna era stata una persona molto in salute. Le piaceva andare in campeggio e fare lunghe passeggiate nei boschi. Amava la natura e le escursioni e da piccolo lo aveva portato a visitare molti dei posti più belli non troppo distanti dalla regione. Ma dopo la malattia, il suo corpo non era tornato quello di un tempo. I medici le avevano raccomandato più volte di non esagerare ma lei era testarda. Continuava a fare di testa sua e lavorare fino allo stremo delle forze. Non sapeva effettivamente quanti lavori la nonna avesse appuntati in agenda. Sapeva solo che usciva la mattina presto e spesso tornava esausta a casa poco prima dell'ora di cena. Ormai ci aveva fatto l'abitudine.

Il senso di colpa lo stava divorando. La nonna aveva faticato per tutto il giorno e lui era lì a lamentarsi del cibo a tavola. Doveva essere grato di riuscire a mangiare tutti i giorni. Altre persone, nel mondo, non erano così fortunati di avere almeno un pasto caldo al giorno. "Scusa, nonna. Non avrei dovuto dire quelle cose." disse a bassa voce, tenendo la testa bassa per l'imbarazzo. Cosa poteva capirne un ragazzino come lui del sacrificio? La nonna sgobbava dalla mattina alla sera per permettergli di vivere una vita dignitosa, come faceva da anni, e lui non aveva alcun diritto di lamentarsi.

La nonna sorrise e si allungò verso il ragazzo per arruffargli leggermente i capelli. "Adesso mangia. Voglio vedere i piatti ripuliti."

Baekhyun annuì, restando in silenzio, e riprese le bacchette. Cercò di mandar giù quel cibo ma per quanto buono fosse, l'appetito sembrava essergli passato. Mandava giù ognuno di quei bocconi a fatica. La nonna gli mise sul piatto altre fette di carne e gli fece segno di mangiare. Baekhyun annuì di nuovo, accennando un sorriso con la bocca piena. Doveva farlo per lei, per quanto non ne avesse voglia.

Come faceva ogni sera dopo essere tornato a casa, Baekhyun cominciò a raccontare la sua giornata. Lo faceva fin quando era bambino, quando tornava a casa da scuola e gli raccontava di tutte le cose nuove che aveva imparato. Lei lo ascoltava molto volentieri, con attenzione e curiosità. "Sai, ho un nuovo amico, ultimamente. Lavora alla compagnia vicino all'università." disse.

"Il KEG? Dev'essere parecchio più grande di te, allora."

Baekhyun scosse la testa. "Invece è più piccolo di qualche mese. Non so che cosa faccia ma credo sia qualcosa di importante. Ha detto che non può dirmelo. Dev'essere per forza qualcosa di top secret."

"E' un tipo misterioso."

"E' anche molto intelligente ed educato." continuò. "All'inizio mi sembrava un tipo un po' freddo ma ho scoperto che è molto più gentile di quello che sembra. Inoltre, è anche molto bello. E' alto, magro, ha un viso perfetto e si veste molto bene. Penso di non aver mai visto una persona più raffinata di lui."

"Ti piace proprio questo amico, eh?" disse la nonna, con un sorriso. "E' passato molto tempo dall'ultima volta che hai parlato di qualcuno con così tanta ammirazione."

Baekhyun abbassò un po' lo sguardo, un pizzico di imbarazzo si riversò sulle sue guance. Non si era accorto di averne parlato con così tanto entusiasmo. "Sì, lo ammiro molto."

"Fammelo conoscere, un giorno. Sono curiosa di vedere questo principe delle favole. Invitalo a cena un giorno di questi."

"Posso davvero?"

"Certo che puoi." rispose. "E poi, mi hai incuriosita. Adesso voglio proprio vederlo con i miei occhi."

Il viso di Baekhyun si illuminò. "Glielo chiederò!"

La nonna ricambiò il sorriso. "Finisci di mangiare quello che hai nel piatto."

"Subito!" esclamò, riprendendo a mangiare. Il buon umore sembrava essere finalmente ritornato.







Ci era passato davanti parecchie volte ma fino a quel momento non si era mai fermato ad osservarlo per bene. Il palazzo che faceva da sede Korean Empire Group spiccava in mezzo a tutte le strutture di quella via. Era un grattacielo in cemento scuro pieno di finestre che si innalzava, imponente, come una grande montagna. L'ingresso era un enorme atrio luminoso continuamente pieno di gente che andava a veniva senza smettere di parlare. Era arredato con qualche poltrona in pelle e delle piante, ad ogni lato c'erano dei grandi pannelli che indicavano le varie direzioni da prendere per spostarsi all'interno dell'edificio. Da entrambi i lati c'erano quattro grossi ascensori. Al centro c'era un enorme bancone che aveva l'aria di essere la reception o una specie di punto di accoglienza per i visitatori. Le due donne che ci stavano dietro avevano i capelli legati con un chignon basso con un lieve trucco sul viso. Indossavano una camicia bianca e una gonna nera corta fino a metà gamba. I badge su cui sembravano essere scritti i loro nomi, completi di foto, erano attorno ai loro colli come una collana. Anche tutti gli altri dipendenti ne avevano uno simile attorno al collo. Una di loro era impegnata a parlare al telefono mentre l'altra stava sfogliando una grossa agenda.

Baekhyun si sentì intimorito da quell'ambiente. Ogni persona che gli era passata vicino mentre attraversava l'atrio era indaffarata, spesso col telefono attaccato alle orecchie, e le braccia non mancavano di essere occupate da cartelle che avevano l'aria di essere piene zeppe di documenti. Si stavano dando tutti un gran da fare. Osservandoli per bene, sembravano tutti uguali. Ognuno di loro era più o meno vestito allo stesso modo, persino le pettinature erano simili. Doveva essere quel famoso dress code di cui gli aveva parlato Chanyeol. Sembravano tanti piccoli robot che facevano avanti e indietro senza la minima espressione sul volto. Era dunque questo il mondo degli adulti?

Facendo attenzione a non farsi notare troppo, si avviò verso il bancone della reception e prima che potesse aprire bocca, la donna impegnata a sfogliare l'agenda sollevò gli occhi e si rivolse a lui. "Salve. Benvenuto al KEG." disse, con un tono gentile e un sorriso. "Come posso aiutarla?"

Era una di quelle rare volte in cui una persona si era rivolta a lui in un modo così formale. Lo scambiavano sempre per un liceale e quindi nessuno si era mai preoccupato di trattarlo come l'adulto che era. "Sono venuto per vedere un certo Park Chanyeol. Potrei sapere dove si trova il suo ufficio e se era possibile raggiungerlo?"

La donna sbatté le palpebre e mostrò un'espressione confusa. "Come ha detto, prego?"

"Park Chanyeol." ripeté. "Lavora qui."

Anche l'altra donna si avvicinò e anche lei aveva un'espressione confusa in volto. "Ha un appuntamento?" chiese.

"Ecco… no." rispose. Serviva un appuntamento per vederlo? Aveva già intuito che Chanyeol non fosse un semplice impiegato ma non pensava servissero certe formalità.

"Mi dispiace ma temo sia impossibile incontrarlo."

"E' un mio amico!" esclamò. "Non potrei vederlo per qualche minuto? Devo chiedergli una cosa. Non ci metterò molto."

"Non riceve nessuno senza appuntamento. Non si fanno eccezioni." disse, con tono secco e severo. "Devo chiederle di accomodarsi fuori."

"Ma…"

"Prego." disse, indicandogli l'uscita con le mani in un modo deciso ma educato.

Si sentì sconsolato e sconfitto. Era stato facile entrare ma pareva che la sua avventura all'interno di quell'enorme grattacielo fosse finita ancora prima di cominciare. Forse era meglio tentare un altro giorno o sperare di incontrarlo al parco o altrove ma negli ultimi due giorni Chanyeol non si era fatto vivo da nessuna parte. Non aveva neanche risposto ai suoi messaggi. Che gli fosse successo qualcosa? Magari si era ammalato. Ma la donna della reception gli aveva fatto intendere che si trovasse lì. Poteva tentare di incontrarlo a fine turno ma era ancora troppo presto e non poteva perdere tutto quel tempo ad aspettarlo.

Stava per arrendersi quando i suoi occhi scivolarono su due donne che stavano parlando non troppo distanti da uno degli ascensori. Una di loro stava passando un paio di cartelle all'altra donna e lì notò un particolare. Tutti gli altri dipendenti che aveva visto andare avanti e indietro tenevano in mano anche loro delle cartelle ma di colore diverso. Alcune rosse, altre azzurre e altre ancora verdi. Ma quelle erano gialle, esattamente come quelle che aveva visto sul sedile anteriore dell'auto di Chanyeol, dopo essersi salutati di fronte alla caffetteria un paio di giorni prima. A quel punto gli venne un'idea.

Senza farsi notare, si avvicinò alla donna con le cartelle tra le braccia, mantenendo le distanze. Entrò dentro uno degli ascensori e non appena le porte si chiusero, si avvicinò piano piano. Attese qualche secondo fin quando l'ascensore non si fermò. In alto, il numero 26 si illuminò. Premette un tasto e richiamò l'ascensore al piano terra. Se le sue supposizioni erano esatte, quella donna lo avrebbe portato dritto da Chanyeol, o almeno dove probabilmente poteva trovarsi il suo ufficio. L'ascensore era molto spazioso e veloce e ancora prima che se ne accorgesse, era già arrivato a destinazione.

Il 26° piano si mostrò subito affollato non appena mise piede fuori dall'ascensore. Alcuni impiegati facevano avanti e indietro, passandosi dei fogli e parlando al telefono. Il continuo chiacchiericcio risuonava nelle sue orecchie, un rumore fastidioso e insistente. In confronto, l'ingresso era molto più silenzioso. Andò avanti lungo l'elegante e ampio corridoio elegantemente arredato fin quando una voce non troppo distante lo bloccò e gli irrigidì i muscoli. "Ehi, tu." esclamò una voce profonda. Quando si voltò, vide un uomo alto vestito con un completo interamente nero e un'auricolare nell'orecchio destro avvicinarsi verso di lui con un'aria minacciosa. "Che cosa stai facendo qui?" Lui non era per niente gentile come le due donne della reception.

Baekhyun deglutii forte. "S-Stavo cercando un mio amico." balbettò. "Si chiama Park Chanyeol."

L'uomo sollevò un sopracciglio. "Hai un appuntamento?"

Di nuovo con quella storia dell'appuntamento. "No. Sono solo venuto per dirgli una cosa perciò…"

L'uomo gli afferrò il braccio quando cercò di allontanarsi. "Non puoi vederlo senza appuntamento." disse, con tono duro. "Sarà meglio che tu te ne vada."

Era sul punto di perdere la pazienza ed era raro che accadesse. "Ma sei sordo? Ti ho detto che devo solo dirgli una cosa!" esclamò, lanciandogli un'occhiataccia. La sua voce attirò l'attenzione degli impiegati che stavano svolgendo il loro lavoro non troppo distanti. Altri tre uomini vestiti allo stesso modo e altrettanto alti e robusti si avvicinarono non appena notarono il trambusto. "Cosa sta succedendo qui?" chiese uno di loro.

"Ci metterò poco, lo prometto! Devo solo chiedergli una cosa e me ne andrò subito!" continuò, con lo stesso tono di voce. Un altro degli uomini lo afferrò per l'altro braccio e cercò di trascinarlo verso l'ascensore. Le loro prese erano salde, anche impiegando tutte le sue forze non riuscì a spostarsi nemmeno di un centimetro. Più lui cercava di liberarsi e più loro mettevano forza in quella presa. Le braccia cominciavano a fargli male. A quel punto, gli venne in mente l'unica cosa che potesse fare per convincerli a liberarlo. Con uno scatto, diede un morso sull'avambraccio di uno degli uomini, il primo che lo aveva fermato. Ci mise più forza che poteva e lui, alla fine, mollò la presa, ritirando il braccio. Riuscì a staccarsi anche dall'altro e iniziò a correre ma la fuga fu breve. Gli altri due lo riafferrarono e cercarono di tenerlo fermo, tenendolo saldo per il torace. Baekhyun iniziò a dimenarsi, chiedendo di essere liberato ad alta voce e attirando l'attenzione di tutti. Ormai l'intero piano si trovava lì a godersi lo spettacolo, tra stupore e risolini.

Ma le risate cessarono e loro facce ritornarono serie non appena udirono una voce. "Che sta succedendo qui?" La voce di Chanyeol si fece strada in mezzo ai suoi lamenti. Il ragazzo avanzò verso di lui con lo sguardo cupo.

"Chanyeol!" esclamò, felice di vederlo.

Il ragazzo fece un cenno ai due uomini con la mano e loro lo lasciarono andare l'istante dopo. "Che ci fai qui?"

"Visto che non rispondevi ai miei messaggi ho pensato di venirti a trovare qui ma questi tipi non volevano farmi passare." si lamentò.

Chanyeol sospirò. "Vieni. Hai già attirato abbastanza l'attenzione." disse, afferrandolo per il braccio e costringendolo a seguirlo. Ma i suoi occhi caddero sul braccio di uno degli uomini in nero prima di allontanarsi. "Hai morso una delle mie guardie?" chiese, con tono incredulo, osservando quelli che sembravano i segni lasciati dai suoi denti sulla pelle arrossata.

Baekhyun strinse le spalle e cercò di evitare il suo sguardo accusatorio. "Non era mia intenzione." sussurrò, tenendo la testa bassa dall'imbarazzo.

Il ragazzo sospirò di nuovo e riprese a trascinarlo con sé. Si fermò di fronte a una grande porta nera e la aprì, obbligandolo ad entrare. "Tornate al lavoro." ordinò, poco prima di entrare, a tutta la gente che si era radunata là fuori e riuscì a sentire i passi di ognuno di loro che probabilmente si affrettava a raggiungere nuovamente la propria postazione di lavoro.

"Ohhh, sono scattati tutti." disse. "Cosa sei, il loro capo?"

"Che diavolo ci fai qui?" chiese, ignorando la sua ultima battuta e avanzando verso di lui. La sua faccia non prometteva nulla di buono.

Baekhyun indietreggiò istintivamente di qualche passo di fronte a quel tono. "Dovevo chiederti una cosa."

"E non potevi farlo in un altro modo?"

"E come? Non rispondi ai miei messaggi e non volevo disturbare con una telefonata." spiegò.

"Non ho avuto il tempo di rispondere e poi, guarda." Afferrò il telefono dalla scrivania e gli mostrò la loro chat. Negli ultimi due giorni gli aveva scritto più e più volte. Il contenuto dei messaggi era molto unilaterale, come se non si aspettasse di ricevere una risposta. Scriveva quello che faceva durante la giornata. Gli aveva mandato anche diverse foto. Alcune di cosa aveva mangiato e l'ultima di queste lo mostrava con un cucciolo di cane che aveva incontrato al parco. Nel testo del messaggio aveva scritto 'Ho fatto amicizia!!' e una piccola emoji. "Ti ho dato il mio numero di telefono per aiutarti con Jongin non per usare la nostra chat come blog personale."

Baekhyun arricciò il naso. "Mi sembrava una cosa carina da fare." spiegò. "E poi sei stato tu il primo a scrivermi. Pensavo di facesse piacere."

Il ragazzo sospirò, passandosi una mano tra i capelli. "E' stato solo un caso." disse, andando a sedersi dietro la sua scrivania.

"Quindi è questo il tuo ufficio."

Era molto grande. La prima cosa che attirava l'attenzione non appena si entrava era la sua scrivania. Era di un legno scuro e con dietro una grossa poltrona da ufficio in pelle nera. Di fronte c'erano due poltrone scure e un altro divano in pelle bordeaux. Sulla destra c'erano altre poltrone e al centro un lungo tavolo in vetro spesso con sopra una pianta e sotto un tappeto dello stesso colore dei divani. Di piante ce n'erano molte sparse qua e là e davano un tocco di colore a tutto quel nero, grigio e marrone dell'arredamento. Non c'erano tende ma delle persiane da ufficio che ricoprivano le enormi finestre alle spalle. C'era un televisore a schermo piatto appeso al muro, accanto al tavolo di vetro mentre sulla scrivania c'era un enorme computer di ultima generazione assieme a una pila di cartelle gialle. Nell'aria un unico profumo: la colonia di Chanyeol. Gli aveva invaso le narici non appena aveva aperto la porta.

"Wow, è proprio bello qui." disse, girando su se stesso per ammirarlo a 360 gradi. "Non ho mai visto un ufficio così bello in vita mia."

"Non è tutto questo granché."

"Scherzi? E' bellissimo!" esclamò. Quell'ufficio trasudava ricchezza ed eleganza. Ogni singola cosa era pulita e in perfetto ordine, tutto curato con gusto nei minimi particolari. Non era difficile capire a chi appartenesse. Tutto lì dentro era la proiezione di ciò che era Chanyeol: elegante, raffinato e sofisticato. Unico. Anche se piena di cartelle e documenti, anche la scrivania era in ordine. Analizzò per bene quello che era il posto in cui Chanyeol passava gran parte della sua giornata e i suoi occhi caddero sulla spessa targa in vetro posta leggermente a destra, quando si accomodò su una delle poltrone di fronte. Su di essa c'era scritto 'CEO Park Chanyeol'. Baekhyun la osservò per qualche secondo prima di realizzarne il significato. Non era un esperto d'inglese, quel poco che sapeva lo aveva imparato a scuola, ma lo conosceva abbastanza da capire cosa significasse quella parola. CEO era l'acronimo di Chief Executive Office. Amministratore delegato.

"Chanyeol." lo chiamò. Deglutii prima di aprire bocca. "Per caso sei il capo di questa baracca?"

"Come baracca?" chiese, facendo una smorfia. "Mio padre e mio nonno non ci hanno sputato sangue per farla arrivare dov'è adesso per poi sentirla chiamare baracca."

Spalancò gli occhi. "Sei il capo di questa il compagnia." Era più un'affermazione che una domanda. Una realizzazione.

"Ci sei arrivato, finalmente. Mi chiedevo quanto ci avresti messo a notale la targa sulla scrivania."

"Che figata!" esclamò, alzandosi di colpo dalla poltrona. "Quindi tutto questo posto è tuo?"

"Sì."

"E tutta quella gente lavora per te?"

"Sì."

"Quindi tu non sei ricco, sei miliardario!" disse, quasi urlandolo.

"Abbassa la voce." gli ordinò. "Hai già attirato abbastanza l'attenzione, per oggi."

Stentava a credere alle sue orecchie. Che Chanyeol non fosse un semplice dipendente era chiaro. Ma mai avrebbe immaginato che fosse lui stesso un membro di questi piani alti. Anzi, era molto più di un semplice membro. Avrebbe dovuto capirlo dal suo abbigliamento, dal suo modo di fare, dal suo atteggiamento, dal modo in cui la donna della reception e le guardie all'ingresso del piano si erano rivolti a lui. La sua giovane età lo aveva fregato. "Certo, che un CEO me lo immaginavo diverso." disse. "Credevo fossero tutti vecchi, con la pancia e brutti. Mentre tu sei alto, magro e bello! E sei anche giovanissimo!"

"Ora che mi ci fai pensare, mio padre era così." disse, a bassa voce. "Ma non eri venuto qui per chiedermi qualcosa?"

"Ah, sì." Baekhyun tornò ad accomodarsi sulla poltrona, ritornando alla realtà. Adesso che era lì non sapeva esattamente come chiederglielo. Era una proposta un po' stramba, forse inaspettata. Chissà come l'avrebbe presa. Era venuto fin lì con tutte le buone intenzioni, raccogliendo tutto il suo coraggio ma ora che ce lo aveva davanti si sentiva in imbarazzo a chiederglielo. "Ecco…" esitò. "Ho parlato di te a mia nonna. Si è molto incuriosita e…"

"E…?"

Lasciò andare un grosso respiro. "Mi ha detto di chiederti se ti andava di venire a cena da noi, una sera." La frase gli uscì tutta d'un fiato e con un tono di voce tremolante.

"E sei venuto per chiederti questo? Non potevi scriverlo in un messaggio?"

"L'ho fatto! Più o meno…" disse. "Ma non hai risposto."

Chanyeol si grattò la testa. "Certo che sei proprio strano." disse, con un pizzico di ironia nel tono di voce. "Ci penserò su."

Sul viso di Baekhyun apparve un grosso sorriso. "La nonna ne sarà felicissima! E' curiosa di conoscere il mio nuovo amico."

"Da quando noi due siamo amici?" chiese, appoggiandosi sullo schienale della poltrona. Un sorrisetto apparve sulle sue labbra.

"Uhm… da due giorni?"

Il ragazzo sorrise di nuovo e ritornò a sistemare i fogli sparsi della scrivania. "Ringrazia tua nonna da parte mia e dille che farò il possibile per organizzarmi. Ma ora dovresti andare. Non puoi rimanere qui."

Baekhyun fece per alzarsi dalla poltrona ma un boato lo fece sussultare. Il potente suono di un tuono riecheggiò dentro l'ufficio. Si alzò per guardare fuori dalle finestre attraverso le tapparelle. Fuori il cielo si era fatto scuro e la pioggia aveva iniziato a picchiettare contro il cornicione, bagnando i vetri delle finestre. Anche Chanyeol stava curiosando attraverso le tapparelle. "Piove." disse Baekhyun.

"Eppure c'era un bel sole stamattina."

"Ehy, Chanyeol." lo chiamò. Prese un grosso respiro. "P-Posso rimanere qui?" Anche senza aprire bocca, già dalla sua faccia poteva intuire quel 'no' di risposta. "Ti prego! Non ho l'ombrello e la fermata dell'autobus è lontana!" lo implorò. "Lasciami rimanere qui fino a quando non smette di piovere!"

"Neanche per sogno!" rispose. "Dovrai arrangiarti."

"Dai, non essere cattivo!" esclamò, strattonandolo per la giacca. "Se mi prenderò un malanno, sarà solo colpa tua!"

Chanyeol si passò di nuovo una mano tra i capelli e si schiarì la voce. "E va bene." disse, infine, mostrando un po' di pietà.

"Evviva! Grazie!" saltò dalla gioia, mentre ritornava sulla poltrona da cui si era alzato, saltellando.

"Ma a patto che tu non tocchi niente. Non devi spostare niente e soprattutto non devi toccare nessuna cartella o aprire i cassetti." disse, severo. "Sono stato chiaro?"

"Non devi preoccuparti! Devo sistemare gli appunti che ho preso oggi a lezione. Me ne starò buono qui."

"Inoltre…." continuò. "Devo andare a una riunione, tra poco. Devo lasciarti da solo per circa un paio d'ore. Mentre starò via ti chiuderò dentro con la mia chiave così non entrerà nessuno. Se qualcuno dovesse bussare, non aprire per nessun motivo. Non fiatare."

Per cosa l'aveva preso, per un bambino di 5 anni? Era proprio un tipo diffidente. "Agli ordini! Puoi andare tranquillo."

Chanyeol sistemò le ultime cose prima di uscire e lasciarlo, non prima di avergli fatto ulteriori raccomandazioni. Rimasto da solo, l'unico rumore nell'ufficio divenne quello della pioggia che scendeva incessantemente fuori. Tirò fuori i suoi appunti e cominciò a darsi da fare ma una strana sensazione di solitudine si accese dentro di lui. Quell'ufficio era bello, certo, ma c'era qualcosa che lo rendeva triste. Forse quella sua esagerata grandezza lo rendeva un po' inquietante. Chanyeol era davvero abituato a passare così tante ore della giornata lì dentro? E tutto da solo? Probabilmente anche lui aveva provato della solitudine dentro quelle grandi mura in giornate come quelle. A fargli compagnia ci pensò l'intenso odore della colonia di Chanyeol che, nonostante fosse uscito dall'ufficio da parecchio tempo, si riusciva ancora a percepire quasi come se fosse ancora lì. Respirandolo più che poteva, improvvisamente, quella solitudine svanì un po'.







"Bentornato." disse, quando sentì la porta dell'ufficio aprirsi alle sue spalle.

Chanyeol entrò portando ancora con sé le cartelle con cui era uscito e le gettò sulla scrivania, sopra le altre che aveva lasciato lì. "Ci ho messo più del previsto."

"Non importa, io ho appena finito." dichiarò. "E giuro che non ho toccato niente."

"Ho visto." Chanyeol si sedette dietro la scrivania e si strofinò leggermente gli occhi. Sembrava visibilmente stanco e provato.

"Qualcosa non va?"

"Sono solo un po' stanco, tutto qui." rispose. "Queste riunioni sono molto pesanti."

"Devi andarci per forza?"

"Certo. In fondo, sono il capo della baracca." ripeté l'espressione che Baekhyun aveva usato un paio d'ore prima, con una nota scherzosa nel tono di voce.

Baekhyun ridacchiò. "Fuori ha smesso di piovere. Sarà meglio che vada." Si alzò dalla poltrona e rimise il suo quaderno degli appunti e la penna dentro lo zaino. "Posso sperare di avere una risposta riguardo l'invito?"

"Ti scriverò un messaggio."

Baekhyun annuì con un sorriso e si fece strada verso la porta con Chanyeol che lo seguì, qualche passo indietro. "Hai intenzione di prendere di nuovo l'autobus?"

"Certo."

"Non sarà pericoloso?"

"Lo hai detto anche l'altra volta. Perché pensi che gli autobus siano pericolosi? Non ne hai mai preso uno?"

"No, mai."

Baekhyun sbatté le palpebre. "Mai? E come ti spostavi prima di prendere la patente?"

"Mi portava in giro il mio autista." rispose.

Domanda stupida. I ricchi non hanno bisogno di prendere qualcosa di così banale come l'autobus per spostarsi. Hanno chi li scarrozza in giro senza muovere un dito. "Beh, non sono affatto pericolosi. E sono molto economici." spiegò, mentre usciva dalla porta./p>

"Se lo dici tu."

Baekhyun ridacchiò di nuovo, fin quando non sollevò gli occhi e di colpo il suo sorriso si spense, dando spazio ad un'espressione piena di tensione. A pochi metri da lui, Jongin se ne stava fermo immobile a fissarlo con un'espressione turbata sul volto. "Baekhyun?" sussurrò.

Non si aspettava di vederlo lì e soprattutto in quel momento. Non si era preparato. Non aveva pensato a come comportarsi per quando lo avrebbe rivisto, né sapeva cosa avrebbe potuto dire. Le parole di Chanyeol lo avevano rassicurato a tal punto che aveva messo da parte qualunque tipo di preoccupazione sulla questione ma ora che lo aveva davanti di nuovo un profondo senso di agitazione crebbe in lui. Le mani gli iniziarono a tremare.

"Cosa ci fai tu qui?" chiese. Ma sembrava che si stesse rivolgendo più a Chanyeol che a lui.

"È venuto per chiedermi una cosa." rispose Chanyeol al suo posto. "Nulla di particolare. Solo una cosa riguardo una materia universitaria che ho studiato anche io. Aveva qualche dubbio."

Com'era bravo Chanyeol a mentire. La sua espressione rimase seria e pacata ad ogni parola, senza minimamente scomporsi. Il suo tono super convincente. Jongin avanzò verso di loro in silenzio, aggrottando leggermente le sopracciglia. Non pareva per niente convinto. "A nessuno al di fuori dei dipendenti è permesso entrare nella compagnia. E in particolare in questo piano." disse. Fissava Chanyeol con un'espressione strana. Sembrava quasi intimidatoria. "E soprattutto, senza appuntamento. Come è riuscito a passare?"

Chanyeol avanzò verso di lui. "Jongin…"

"Vi siete messi d'accordo per vedervi?" Quella domanda la fece con un tono nervoso, come se fosse sul punto di scoppiare. "Dimmi la verità!"

"Jongin!" intervenne Baekhyun, alzando di poco la voce, abbastanza da farlo calmare. "Vieni con me." disse, infine. Si voltò verso Chanyeol e gli rivolse un sorriso. "Grazie per l'aiuto."

Baekhyun avanzò lungo il corridoio per raggiungere l'ascensore e Jongin lo seguì poco dopo, in silenzio e con la testa bassa. Usciti dalla compagnia, si fermarono in una piccola area ristoro non troppo distante dal parcheggio esterno. L'area aveva qualche panchina di ferro ed era decorata da alberi e piante. Sparso qua e là c'era qualche posacenere. Si andò a sedere su una delle panchine e fece segno a Jongin di fare lo stesso, accanto a lui. "Vieni."

Il ragazzo esitò per qualche istante, guardandolo con aria confusa, ma poi si andò a sedere dove gli aveva indicato. Era vestito in completo come la prima volta che lo aveva visto. Gli calzava a pennello, probabilmente era fatto su misura. I piccoli lampioni attorno erano accesi e la loro luce si rifletteva sul lucido delle scarpe nere che indossava. Anche quelle avevano l'aria di essere costose. Anche se Jongin si vestiva in maniera molto simile a Chanyeol, i due trasmettevano due auree completamente diverse. Il look di Jongin era semplice, meno sofisticato ma pur sempre affascinante.

"Se ti interessa saperlo, sono entrato senza appuntamento." disse, all'improvviso. "E per questo ho creato un po' di problemi."

"Non mi interessa molto." rispose, guardando altrove.

"Prima sembrava il contrario."

"E' solo perché…" esitò. "Chanyeol sembra diverso."

"Diverso? In che senso?"

Rimase per qualche secondo in silenzio prima di parlare. "Ha iniziato a mentirmi e a nascondermi le cose."

Baekhyun lo osservò per qualche istante. Teneva la testa bassa e girata, come se stesse facendo di tutto per evitare il suo sguardo. Ma anche in quel modo riusciva a vedere la sua espressione amara, lo sguardo di qualcuno che aveva un peso nel cuore. Sembrava un cucciolo bastonato. "Non lo conosco abbastanza per poterlo dire ma Chanyeol non sembra il tipo da mentire con cattiveria." disse. "Per quanto possiamo provarci, nessuno è mai sincero al 100%. A volte, bisogna mentire per il bene degli altri o per proteggere se stessi. Se ti sta mentendo, probabilmente lo sta facendo per il tuo bene."

"Non ho bisogno di essere protetto da lui." precisò, con aria imbronciata.

Baekhyun ridacchiò. "Evidentemente Chanyeol non la pensa così. Sei fortunato ad avere una persona come lui vicino."

Finalmente il ragazzo trovò il coraggio di voltarsi verso di lui. "Perché mi hai portato qui?"

"Volevo parlare un po'." disse, incrociando le gambe. "Mi sono reso conto che non so niente di te."

Non sapeva esattamente cosa stesse facendo. Dentro di sé, sperava di trovare il coraggio di rifiutarlo e mettere fine a quella storia ma di fronte a quell'aria triste gli si strinse il cuore e non se la sentì di farlo proprio quel giorno. Al quel punto, pensò che prima di farlo, conoscerlo meglio poteva essere una buona idea. Sapere un po' più su di lui lo avrebbe aiutato a trovare il modo migliore per rifiutarlo senza ferirlo troppo, come sperava. "Quanti anni hai, ad esempio?"

"Ho 22 anni."

"Ma guarda! Quindi sei più piccolo di me. E io che pensavo fossimo coetanei. Io ne ho 24."

"Davvero?" chiese, con tono stupito. "Ero convinto fossi più piccolo. Allora devo chiamarti hyung."

"Se vuoi." disse, con un sorriso. "Frequenti la Yonsei, vero?"

"Huh? S-Sì."

"Che facoltà?"

"Business Administration."

"Ah, è la stessa che ha frequentato Chanyeol. Quindi vuoi fare il suo stesso lavoro?"

"Non esattamente…" disse. Il suo tono si fece più cupo. "Sono stato costretto a iscrivermi a quella facoltà."

"Come sarebbe a dire 'costretto'?"

"Mio padre ha voluto a tutti i costi che la frequentassi. Vuole che anche io prenda il mio posto là dentro, un giorno, ma io non voglio."

"E allora cosa vorresti fare?" chiese, curioso. "Qual era il tuo sogno da bambino?"

Jongin rimase in silenzio. Abbassò la testa e le sue guance si arrossarono leggermente. "Ballare." sussurrò, in maniera quasi impercettibile.

"Come?"

"Volevo fare il ballerino." ripeté. Abbassò ancora di più lo sguardo. "Ma non prendermi in giro per questo."

"Perché dovrei farlo? E' un sogno bellissimo!" esclamò. "Io non sono capace nemmeno di muovermi sul posto. Balli ancora?"

"No, ho smesso da un bel po'." disse. C'era tristezza nei suoi occhi e un pizzico di nostalgia nel suo tono di voce. "Quando ero molto piccolo i miei genitori andavano spesso a teatro e mi portavano con loro a vedere degli spettacoli di danza classica. Ne ero affascinato, così tanto che chiesi a mia madre di iscrivermi a un corso per imparare. Lei accettò, con mia grande sorpresa, e già a 5 anni iniziai a frequentare la scuola." raccontò. "Ero piuttosto bravo. I maestri mi lodavano continuamente e dicevano che avrei fatto molta strada, se avessi continuato. Ma dopo aver compiuto 12 anni, mio padre m'impedì di continuare a frequentare le lezioni. Diceva che la danza è una cosa da femmine e che un maschio che balla è solo un imbecille."

"E hai smesso a quell'età?"

"Dovevo farlo ma non volevo. Cascasse il mondo io avrei dovuto continuare. Così decisi, ogni anno, di falsificare la firma di mio padre e firmare l'autorizzazione a frequentare le lezioni senza che lui ne sapesse niente. Per pagare le lezioni, sfilavo dei soldi dal suo portafoglio una volta al giorno perché avevo paura che intercettasse il pagamento se avessi usato una carta di credito. Non si accorgeva mai se mancava qualche banconota. Partecipavo solo ai tornei di Seoul o di qualche piccola città vicina per non destare troppi sospetti. Mi spostavo solo con i mezzi pubblici invece di andare con l'autista che mi accompagnava a scuola per non essere scoperto. Nascondevo i trofei e le medaglie dentro uno scatolone per sigillato sotto il letto. Per tutti quegli anni, non si era mai accorto di niente, tanto era impegnato a stare dietro al suo lavoro e ai suoi affari." spiegò.

"Ti piaceva tanto, vero?"

Jongin annuì, con un piccolo sorriso. "Mi faceva sentire libero. Per uno come me, costretto a vivere sotto un regime pieno di rigide regole e imposizioni, la danza era come una via d'uscita da quell'inferno. Mi piaceva essere ammirato mentre ballavo. Alla fine di ogni spettacolo, chiunque avesse assistito veniva da me a farmi i complimenti, persino i genitori dei miei compagni." disse. "Ma i miei compagni avevano la famiglia e gli amici a guardarli i mezzo al pubblico. Io non avevo nessuno. Ballavo soltanto per me stesso."

Il suo viso era triste. Non poteva immaginare quanto potesse essere stata dura per lui. Lui si reputava fortunato, la nonna aveva sempre appoggiato ogni sua scelta. Era la sua prima sostenitrice in tutto e per tutto. Jongin, al contrario, sembrava essere cresciuto senza alcun appoggio. Solo con se stesso, era costretto ad essere la sua unica spalla su cui fare affidamento. Non poteva immaginare quanta solitudine si provasse a crescere così.

"Poi, un giorno, qualcosa cambiò." riprese a parlare. "Alla fine di uno dei miei ultimi spettacoli, vidi Chanyeol. Scoprì che era già venuto ad altri miei spettacoli e io non ne sapevo niente. Inoltre, scoprì anche che era lui quello che mi mandava un mazzo di fiori in camerino alla fine di ogni esibizione. Quel giorno, decise di darmeli di persona e mi fece anche i complimenti."

"Chanyeol?"

Annuì con un sorriso. "Ero così felice." disse. "A causa di vari problemi, io e lui siamo stati separati durante l'infanzia e siamo cresciuti separati. Ma non passava giorno senza che io sperassi di poter anche solo parlare con lui, come facevamo da piccoli. Vederlo lì e sapere che lui era fiero di me, fu come vincere il più importante dei trofei. E' un emozione che conservo gelosamente dentro di me."

"E poi cosa è successo?" chiese.

"Mio padre scoprì tutto e mi costrinse a smettere immediatamente. Fu come se mi fosse caduto il mondo addosso." spiegò. "In quel periodo, ero molto incosciente, cominciai a fare un sacco di cose stupide e a frequentare la gente sbagliata. Avevo perso di vista ogni cosa. Passai un anno e mezzo di inferno. E' stato Chanyeol a salvarmi. Se non fosse stato per lui, non so dove sarei, adesso."

"Gli vuoi molto bene, non è così?"

Jongin annuì. "Io sono figlio unico e mi è sempre mancato l'affetto di un fratello o di una sorella. Quindi per me lui è sempre stato come un fratello maggiore o anche di più. E' il modello a cui mi ispiro."

Baekhyun sorrise e gli diede una leggera pacca sulla spalla. "Sono sicuro che anche Chanyeol ti vuole molto bene. Ecco perché è così protettivo verso di te. Non essere troppo duro con lui."

"Lo so."

Anche Baekhyun era figlio unico, o almeno lo credeva. Non aveva mai conosciuto i suoi genitori e non poteva sapere se questi, dopo averlo abbandonato, avessero avuto altri figli. Gli sarebbe piaciuto avere un fratello, o anche una sorella. Non faceva differenza per lui. In fondo, un po' poteva capire i suoi sentimenti e quel suo senso di solitudine. Adesso che aveva parlato con lui, riusciva a comprenderlo un po' di più. "Senti, posso chiederti una cosa?"

"Certo."

"Mi faresti vedere qualche passo di danza?"

Jongin sgranò gli occhi e le sue guance si scurirono. "C-Cosa?" balbettò.

"Non ho mai visto un ballerino di danza classica dal vivo prima d'ora. Mi faresti vedere qualcosa?" chiese. "Anche qualche semplice passo, niente di complicato."

Il ragazzo iniziò a grattarsi la testa con fare nervoso. "N-Non saprei…" continuò a balbettare, in preda all'imbarazzo. "E' passato molto tempo dall'ultima volta."

"Non importa. Non ti giudicherò se dovesse esserci qualche errore." lo rassicurò. "E comunque, non sarei nemmeno in grado di riconoscere gli errori."

Jongin non sembrava molto entusiasta della cosa, a giudicare dalla sua espressione frustrata. Ma cercò di convincerlo mostrandogli la faccia più convincente che potesse fare. Alla fine, sembrò arrendersi. "Va bene." disse, sospirando. "Ma solo qualche passo." Si alzò dalla panchina e si sistemò un po' il completo. "Non è proprio l'abbigliamento adatto ma farò del mio meglio."

"Metticela tutta!" lo incoraggiò.

Il ragazzo prese un grosso respiro, chiuse gli occhi per qualche secondo per concentrarsi e poi si mise posa. Chiuse le gambe per poi divaricarle lentamente formando un rombo, tendendo i piedi fermi. Contemporaneamente, sollevò un braccio. "Questo si chiama 'plié'. Di solito lo si fa appoggiandosi a una sbarra per mantenere l'equilibrio ma io so farlo anche senza." Ritornò alla posizione di riposo. Piano piano, sollevò una gamba fino a dove i pantaloni del completo glielo consentirono, mentre il resto del corpo stava in equilibrio su una punta. Anche le scarpe gli limitavano i movimenti. "Questo invece si chiama 'développé'." spiegò, rimanendo in equilibrio. "Purtroppo il vestito non mi permette di arrivare più in alto."

"Deve fare un gran male." commentò Baekhyun, mentre non gli staccava gli occhi di dosso.

"Per niente, una volta che sei ben allenato ci fai l'abitudine." disse, mentre ritornava al suo posto. Poi risollevò una gamba verso l'esterno e lentamente cominciò a fare un giro su se stesso, tenendo la gamba sollevata e le braccia distese verso l'esterno ma un leggermente curvate. "Questo viene chiamato 'arabesques'. Ne esistono diversi tipi." disse. "Mentre questo passo è il più famoso." Si mise sulle punte con una gamba mentre sollevava l'altra, piegandola all'interno e formando un piccolo triangolo. Le braccia si curvarono, simulando un cerchio e,senza mostrare il minimo sforzo, fece velocemente un giro su se stesso, atterrando con le gambe separate e le braccia distese verso l'esterno.

"Una piroetta!" esclamò Baekhyun, riconoscendo quel passo che aveva visto altre volte in televisione.

"Esatto."

"Ne sapresti fare alcune di seguito?"

"Per chi mi hai preso? Certo che sì."

Cominciò a fare una, due, tre, quattro piroette, una dietro l'altra, volteggiando leggiadro lungo lo spazio dell'area ristoro. Nonostante il vestito gli impedisse dei movimenti fluidi, Jongin riuscì comunque a rendere ogni singolo passo elegante e privo di imperfezioni. Mentre danzava, la sua espressione si fece serena e distante, come se avesse dimenticato tutto ciò che aveva intorno. Il suo viso si era illuminato. Sembrava quasi un angelo che si librava nel cielo con le sue potenti ali. Baekhyun rimase incantato di fronte a una tale bellezza.

"Wow." esclamò. "Non avevo mai visto nessuno muoversi così bene."

"Te l'ho detto. Ero il migliore dell'intera scuola." disse, con fierezza. Si vedeva proprio che gli piaceva ricevere complimenti.

"Un talento come il tuo non dovrebbe essere sprecato così. Non hai provato a parlare con tuo padre? Potresti convincerlo a farti riprendere le lezioni. Sei ancora in tempo per riprendere."

Tutto un tratto, Jongin ritornò serio e la serenità sul suo viso svanì mentre si fermava e ritornava dritto. "Questo è impossibile."

"Perché dici che è impossibile? Se provassi a spiegargli i tuoi sentimenti lui potrebbe-"

"Tu non capisci!" alzò la voce. "Lui non può capire. Non potrà mai."

Baekhyun sussultò e si zittì. Forse era stato troppo invadente e inopportuno. Non conosceva abbastanza di lui per poter mettere il naso nelle sue faccende famigliari. Eppure non poteva sopportare che un ragazzo così dotato dovesse abbandonare il suo sogno a causa di uno stupido capriccio del padre. Anche gli uomini potevano danzare e non c'era nulla di cui vergognarsi. "Mi dispiace. Sono stato invadente."

"A me dispiace di aver alzato la voce." disse, mentre ritornava a sedersi accanto a lui. "Ti sto mostrando solo i lati peggiori di me."

"Questo non è vero." disse. "Mi hai appena mostrato un lato meraviglioso e non devi vergognartene solo perché è tuo padre a dirtelo. Devi fare solo ciò che ti dice il cuore."

"Lo sto già facendo. Non sarei qui a parlare con te, allora."

Lo guardava fisso negli occhi, esattamente come aveva fatto quella sera al ristorante. Con coraggio, senza alcun imbarazzo o timore. Se qualche minuto prima gli era sembrato un giovane scoraggiato dalla vita, adesso era come se avesse di fronte un uomo forte e sicuro di sé. E lui realizzò di non essere ancora in grado di affrontarlo come voleva. Non mentre aveva con quegli occhi così seri e rigidi a fissarlo con così tanta insistenza. Lentamente, il ragazzo iniziò a sporsi verso di lui, senza smettere di guardarlo. Ad ogni secondo era sempre più vicino, fino a quando i loro visi non furono a pochi centimetri l'uno dall'altro. Da quella distanza, Baekhyun riuscì a sentire il suo profumo. Un aroma di gelsomino, forse. Era talmente potente da inondargli le narici come se glielo avessero spruzzato direttamente sul viso. Era diverso dalla colonia che utilizzava Chanyeol.

Jongin continuò ad avvicinarsi senza esitazione, concentrando adesso gli occhi sulle sue labbra tremolanti. Era a un passo dal centrare il suo obiettivo ma Baekhyun fu abbastanza rapido da fermarlo. "No, scusami." disse, a bassa voce, mentre distoglieva lo sguardo e si allontanava di poco.

"Ti disgusto così tanto da non accettare neanche un bacio?"

"No, non è questo. Io…" esitò. Come poteva spiegarglielo? Le mani gli tremavano mentre le stringeva contro il metallo della panchina. "Per te avrebbe un significato diverso."

L'espressione di Jongin si fece ancora più seria ma un velo di tristezza coprì i suoi occhi. Da quella distanza, poteva vedere le sue labbra carnose tremare e trattenersi, come se fosse sul punto di dire qualcosa. Poteva percepire la frustrazione fuoriuscire da ogni angolo del suo corpo. "Lui ti piace, vero?"

"Eh?"

"Chanyeol." disse. "Lui ti piace. E' per questo che non vuoi baciarmi."

Di cose strambe ne aveva sentite molte uscire dalla bocca di quel ragazzo ma quella era sicuramente la più assurda. "C-Cosa? No, non è così!" esclamò, balbettando. "Lui è solo un amico che ho conosciuto da poco!"

Jongin accennò un sorriso, anche se con gli occhi ancora pieni di tristezza. "Tu non hai la minima idea di come sorridi di fronte a lui, non è così?

Rimase in silenzio dopo quella domanda. Stava tentando con tutto se stesso di trovare un modo per rispondere e farlo nella maniera più convincente possibile ma non ci riuscì. Il fiatò gli si mozzò in gola e ciò non fece altro che mandarlo in totale frustrazione. Perché non riusciva a dire niente? Cosa c'era a frenarlo? Probabilmente la paura di dire qualcosa che potesse ferirlo e rompere la promessa fatta a Chanyeol. O magari, la paura di non riuscire ad esprimersi al meglio e peggiorare la situazione. Ma quella domanda lo lasciò di sasso. "Che intendi?" riuscì a dire, alla fine.

Jongin non rispose. Si alzò dalla panchina e fece per allontanarsi. "Non mi arrenderò tanto facilmente. Anche se dovesse trattarsi di Chanyeol." disse. Nelle sue parole c'era sicurezza e determinazione, come nei suoi occhi. Sembrava intendere veramente quello che aveva detto. Baekhyun rimase da solo poco dopo, in preda ai mille pensieri che gli martellarono la testa. Era venuto lì con lo scopo di riuscire a migliorare la situazione ma finì per causare solo l'effetto opposto. E adesso era più confuso e disperato di prima. Quella domanda continuava a frullargli in testa. Gli piaceva Chanyeol? Impossibile.





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Si sentiva un completo idiota. Baekhyun non aveva la minima intenzione di ricambiare i suoi sentimenti, ormai era evidente. Non era neanche minimamente interessato ad approfondire una sconoscenza in quel senso. Riusciva ancora a sentire la sua mano pressata contro il suo petto mentre lo allontanava quando aveva tentato di baciarlo. Un gesto avventato ma non pensava di essere rifiutato in un tale modo. E oltre a quella dolorosa realizzazione, un altro problema si fece avanti. Baekhyun aveva cercato di negarlo, non che si aspettasse che confessasse così su due piedi. Ma era quasi certo che tra quei due ci fosse qualcosa. Aveva troppa esperienza per non riuscire a capire quando due persone erano attratte l'una dall'altra. Gli occhi e i sorrisi non mentono mai.

Che fossero consapevoli di questi sentimenti era incerto. Lo stesso Baekhyun sembrava essere caduto dalle nuvole. E lì si rese conto del terribile sbaglio che aveva commesso. Se Baekhyun era sincero e non si era realmente accorto di niente, adesso con tutta certezza era da qualche parte in preda alla confusione e ai dubbi. E se si fosse reso conto di quei sentimenti? Lui se ne sarebbe stato complice ed era ultima cosa che voleva. Chiederlo a Chanyeol era fuori discussione. Non aveva il coraggio, temeva la sua risposta e, comunque, avrebbe trovato un modo convincente per negare tutto e cambiare discorso come faceva sempre. Non era in grado di tenergli testa. Perché diavolo non era in grado di tenere a freno a lingua? La sua impulsività stava rischiando di allontanare sempre di più Baekhyun da lui. Lo stava portando dritto tra le braccia di un'altra persona, una persona contro cui non poteva competere.

A rompere la sua marea di pensieri fu il suono del campanello del suo appartamento. Cercò di ignorarlo, fingendo di non essere in casa ma chi stava fuori dalla porta non aveva la minima intenzione di cedere. Si fece sempre più insistente, suonando due, tre, quattro volte. Solo Chanyeol e suo padre conoscevano il suo indirizzo e per la prima volta, aveva paura di aprire ad entrambi. Poi, dei colpi forti bussarono contro la porta. "Jongin, apri immediatamente questa porta! Lo so che sei dentro!" urlò.

La violenta e furiosa voce di suo padre riecheggiò nelle sue orecchie, facendolo sussultare. E a giudicare dal suo tono di voce, sembrava anche molto arrabbiato. In un certo senso, se lo aspettava. Quelle volte in cui non si era fatto vivo alla compagnia, il padre mandava qualcuno a rimproverarlo al suo posto. Quel giorno era venuto lui di persona e ciò non prometteva nulla di buono. Si alzò dal letto a malincuore e andò verso l'ingresso. Fece un profondo respiro e prima di aprire la porta, preparandosi a ciò che lo aspettava. "Risparmiami la ramanzina. Lo so perché sei qui." disse, non appena aprì.

Suo padre si fece strada dentro l'appartamento, seguendo il figlio fino al soggiorno. La sua espressione era più furiosa del solito ma Jongin non ci diede molto peso. In fondo, ne era abituato, ormai. "Perché diavolo non sei venuto alla compagnia, oggi?" chiese. Aveva l'aria di uno che se avesse potuto, avrebbe sputato fiamme dalla rabbia.

"Non ne avevo voglia." rispose, mentre si accomodava sul divano. In realtà, ci era andato. Ma quell'improvvisa chiacchierata con Baekhyun era stato il suo cambio di programma. Dopo se n'era andato dritto a casa. Non era dell'umore giusto per ritornare lì.

Il padre rimase in piedi a fissarlo. "Non ne avevi voglia, dunque." disse. "Forse non ti è ancora chiara la tua posizione."

"Come mai sei venuto tu questa volta? Di solito mandi uno dei tuoi schiavetti a farmi la ramanzina." Stava giocando col fuoco e ne era consapevole. Ma un po' si divertiva a stuzzicarlo quando era di pessimo umore, specialmente perché sapeva che ciò lo faceva arrabbiare ancora di più.

Stranamente, il padre sembrò non cedere troppo a quelle provocazioni. "Devi sfruttare tutto il tuo potenziale se vuoi prendere il posto di tuo cugino!" esclamò, con un tono di voce che si fece ancora più alto e rabbioso.

"Non ho intenzione di prendere il posto di Chanyeol." disse, senza degnarlo di uno sguardo. "Mi pare di avertelo già detto un milione di volte."

Ed era la verità. Jongin non aveva mai aspirato al posto del cugino. Intanto perché non aveva alcun interesse. Più stava lontano da quel tipo di ambiente e meglio era. Non lo invidiava neanche un po' per quel tipo di ruolo che occupava. Poi, avrebbe significato tradire la persona più importante della sua vita. E per ultimo ma non meno importante, non aveva alcuna possibilità. Non era paragonabile neanche lontanamente a Chanyeol. Non aveva la sua intelligenza, la sua tenacia, la sua capacità di spiccare in tutto ciò che faceva. Era una nullità in confronto a lui.

"Non pensi abbastanza in grande, figliolo."

"Non chiamarmi figliolo!" esclamò, lanciandogli un'occhiataccia velenosa e severa. "E' disgustoso."

L'uomo rise. Quel orribile rumore invase le orecchie di Jongin e fu quasi tentato di coprirsele o addirittura alzarsi da quel divano per non sopportarla ulteriormente. "Non importa quello che dirai. Sono e resterò tuo padre." dichiarò. "Sbagli se pensi che ti lascerò un attimo di tregua. Arriverà il momento in cui sarai costretto a starmi dietro e nemmeno Chanyeol riuscirà a salvarti, stavolta." Poggiò dei documenti sul bordo del divano. "Studia per bene questi per domani. Guai a te se non ti presenti in ufficio o verrò a trascinarti con le mie mani." disse con quel tono che fece sembrare tutto una vera e propria minaccia.

Jongin ignorò quelle parole. Suo padre si voltò per dirigersi verso l'uscita e chiuse la porta dietro di sé, sbattendola con forza. La sola presenza del padre vicino a lui lo disgustava e l'aria del suo appartamento sembrava essersi infettata dall'odore di sigaretta e quella sgradevole colonia che era solito usare. Era l'odore che detestava di più al mondo ma purtroppo anche quello che conosceva meglio.

Spostò gli occhi sui documenti accanto a lui e con il braccio li colpì, scagliandoli contro il pavimento. I fogli si sparsero a terra e lì sarebbero rimasti fino a quando non si fosse deciso a prenderle e gettarli nella spazzatura. Quell'uomo aveva il potere di risvegliare in lui tutta una quantità di sensazioni nauseanti e sgradevoli che tentava disperatamente di tenere a freno. Ogni volta che se lo ritrovava vicino, gli ritornavano alla mente tutti gli abusi, gli insulti, le botte che aveva ricevuto. Perché a quell'uomo non era mai andato bene nulla di quello che facesse. Lo considerava una delusione, un impiccio. Più e più volte gli aveva detto di quanto si vergognasse di avere un figlio come lui. Ma non gli importava molto della sua opinione. Aveva imparato ad ignorarla fin da piccolo e se ne curò ancora meno quando Chanyeol tornò nella sua vita. A cosa gli serviva un padre del genere quando poteva fare affidamento a suo cugino che più e più volte aveva dimostrato di essere l'unico famigliare su cui poteva far affidamento. Finché c'era Chanyeol era tranquillo ma a quel punto non era certo che questa tranquillità sarebbe durata ancora a lungo.

   
 
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