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Autore: Abby_da_Edoras    22/06/2020    6 recensioni
Questa è una minilong Starker (la prima di due) che ha lo scopo di modificare il finale di Endgame e di dare un lieto fine a tutti i personaggi. Questa prima storia in quattro parti avrà un finale aperto perché poi ce ne sarà una seconda, conclusiva. La storia si svolge mesi dopo la battaglia finale contro Thanos e la morte di Tony e Natasha. Peter non si è mai ripreso dal trauma subito e passa le giornate chiuso nella sua stanza, senza contatti con nessuno, deciso forse a lasciarsi morire. Un giorno, però, a casa sua arrivano Fury e Coulson e lo portano al quartier generale degli Avengers perché devono parlargli e allora... cambierà tutto?
Pairing: Tony Stark/Peter Parker; Pietro Maximoff/Bruce Banner (accenni).
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a registi, autori e produttori del MCU.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Agente Phil Coulson, Bruce Banner/Hulk, Nick Fury, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Legends never die'
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Capitolo terzo

 

Quietly spoken forbidden words
Safe and sound, nothing hurts
Touching the lips with our fingertips
Luna my darling

Burning fire like there never was
Sighing words of the falling stars
Already crying when we saw the light
Luna my darling!

(“Luna my darling” – Amberian Dawn)

 

Senza sapere come ci fosse arrivato o perché, Peter si ritrovò nello studio di Tony Stark… con Tony in persona che stava in piedi davanti a lui e lo guardava fisso. Fury e Coulson, che avevano compiuto la loro missione, avevano chiuso la porta e se n’erano andati, sapendo bene che i due avevano un gran bisogno di parlarsi da soli.

Nessuno dei due parlava, però.

Peter, nei primi tempi dopo la perdita di Stark, non aveva voluto credere che fosse morto davvero, era convinto che Iron Man avrebbe sicuramente trovato un modo per salvarsi e si era figurato mille scenari nei quali Tony tornava da lui. Aveva immaginato quel momento milioni di volte e, adesso che stava succedendo davvero, l’unica cosa che riusciva a fare era guardarsi l’orlo dei jeans, cucitura dopo cucitura, e le punte delle scarpe.

Non sapeva cosa dire, come dirlo e nemmeno che cosa avrebbe dovuto provare.

Possibile che non provasse niente?

“Peter, non dovrei dirlo ma… sei ridotto peggio di me” mormorò Stark, tentando di sdrammatizzare quel momento così carico di tensione. “Mi dispiace, adesso cambierà tutto, vedrai!”

In pochi passi fu addosso a Peter, lo strinse forte tra le braccia e non riuscì a dire altro, tanto si sentiva in colpa. Se quel povero ragazzo era in quello stato era solo perché aveva sofferto per lui, perché lo aveva lasciato da solo. Lo abbracciò stretto, non c’era bisogno di parole per dirgli che non lo avrebbe mai più abbandonato.

Peter, però, rimase immobile. Non si scostò dall’abbraccio, ma nemmeno lo ricambiò. E Tony, ovviamente, se ne accorse. C’era qualcosa di strano, di diverso in Peter, e non era solo l’aspetto fisico che lo faceva sembrare appena uscito da una malattia gravissima. Il male che lo divorava era ancora dentro di lui… ma perché? Perché, se Tony adesso era lì, sano e salvo?

L’uomo non riusciva a capire, nemmeno lui si era immaginato così il suo primo incontro con Peter dopo tutti quei mesi. Non appena aveva ripreso conoscenza ed era riuscito a parlare aveva chiesto subito di Peter, aveva chiesto che glielo portassero, doveva parlare con lui, doveva fargli sapere che era vivo. Fury, però, si era opposto: gli aveva risposto che avrebbe visto Peter soltanto quando fosse stato davvero meglio, che era inutile creare false speranze nel ragazzo per poi, magari, distruggerle di nuovo. Tony era vivo, sì, ma non si poteva ancora sapere fino a che punto sarebbe guarito. E se fosse rimasto paralizzato, o qualcosa del genere? In quel caso Peter avrebbe dovuto essere preparato ad affrontare la situazione.

Adesso, però, Tony Stark si rendeva conto che il ragionamento di Fury era sbagliato: avrebbero dovuto avvertire Peter e permettergli di stare al suo fianco, comunque fossero andate le cose. Peter aveva bisogno di sapere che era vivo, aveva bisogno di fargli compagnia, di sentirsi utile. Chi poteva dire quali conseguenze avrebbe riportato il ragazzo dopo tutti quei mesi di angoscia e sofferenza?

Tuttavia, ormai era andata così e Tony poteva solo cercare di sostenere e consolare quel Peter che sembrava perduto in una dimensione di disperazione e cupa apatia.

Staccandosi a fatica da lui, gli circondò le spalle con un braccio e lo portò verso il divano, dove si sedettero entrambi.

“Peter, so che questi mesi sono stati terribili per te e credimi, ho insistito in tutti i modi con Fury perché ti facesse avere mie notizie, ti dicesse che mi avevano salvato e che stavo lottando per riprendermi completamente” iniziò a dire, spezzando quel silenzio spaventoso. “Sapevo che avevi bisogno di una speranza, ma Fury è stato irremovibile. Comunque adesso sei qui, siamo qui tutti e due. Immagino che avrai tante cose da chiedermi, no?”

Finalmente Peter alzò lo sguardo su di lui, ma ciò che c’era nei suoi occhi non piacque affatto a Tony.

“Lei che cosa sarebbe adesso, esattamente?” chiese, laconico.

“Che cosa…? Pete, sono sempre io, sono Tony Stark. Chi credi che sia? Cosa accidenti ti ha raccontato Coulson?”

“L’hanno riportata in vita usando del DNA alieno, quindi lei che cosa è adesso?” ripeté Peter, fissando l’uomo con durezza. “Cos’è, un clone? Un replicante? Una specie di ibrido?”

Tony si era aspettato di tutto, ma non quella gelida ostilità, quelle domande a raffica. Cercò di buttarla sullo scherzo mentre dentro di sé tremava.

“Già, come ho potuto dimenticare? Hai visto troppi film e serie TV su alieni, cyborg e cloni. Magari ti aspetti che adesso mi nasca Alien dallo stomaco o che sviluppi dei tentacoli!” ribatté, con un sorriso sforzato che finì per essere una smorfia. “Ti assicuro che sono perfettamente normale, anzi, forse sono un po’ ringiovanito, ma questo è un effetto collaterale che non mi dispiace affatto.”

Era vero. Il DNA Kree, con la sua capacità di rigenerare i tessuti, aveva reso Tony Stark più forte, più resistente e anche visibilmente più giovane. Adesso era molto più simile all’uomo che per la prima volta, quattro anni prima, aveva messo piede in casa di Peter per fare la sua conoscenza e arruolarlo per la missione in Germania.

“Non è più un essere umano, non del tutto. E, soprattutto, non è il signor Stark che conoscevo io” dichiarò Peter, lapidario.

No, ragazzi, aspettate un attimo, qui c’è qualcosa che non va. Peter si sarebbe dovuto mostrare felice di rivedermi, questo sarebbe dovuto essere un momento di grande gioia. Perché sta facendo così?

Tony cominciava a sentirsi molto insicuro, le sue certezze stavano crollando e lui non ne capiva nemmeno il motivo. Tuttavia non era da lui mostrarsi turbato e, quindi, ancora una volta cercò una risposta ironica e scherzosa per sdrammatizzare. Diamine, proprio questo suo modo di fare era così tipico di Tony Stark che già da solo avrebbe dovuto convincere il ragazzo che non si trovava di fronte all’ Invasione degli ultracorpi!

“Tecnicamente parlando, allora nemmeno tu sei del tutto un essere umano, visto che dentro di te hai una parte di DNA di ragno, però la cosa non mi ha mai scandalizzato” replicò Tony. A questo punto, normalmente, Peter si sarebbe messo a ridere, ma non avvenne. Il ragazzo continuava a fissarlo con quei grandi occhi scuri come se si fosse trattato di qualche strano esperimento scientifico.

“Io… mi sento a disagio qui con lei” ammise Peter, tormentandosi le mani. “Ho conosciuto il signor Stark quattro anni fa e… beh, ero felice perché il mio idolo di sempre mi aveva finalmente notato, aveva bisogno di me per una missione. E poi siamo diventati sempre più… ecco, amici, direi. Mi ha insegnato tante cose e abbiamo affrontato insieme tante difficoltà, però…”

“Maledizione, ragazzo, tutto questo io lo so già!” esclamò Stark, spaventato dalla piega che stava prendendo la conversazione. “Vuoi smetterla di parlare di me come se io non ci fossi? Quel signor Stark di cui stai parlando sono io e tutti i ricordi che hai di ciò che abbiamo condiviso sono anche i miei, non hai bisogno di raccontarmeli!”

“Sì, beh, immagino che questa sia la cosa più facile, anche un’Intelligenza Artificiale può mantenere i ricordi di un essere umano” commentò Peter.

“Ma io non sono un cavolo di Intelligenza Artificiale, né un clone né qualunque cosa tu stia pensando! Sono Tony Stark, è possibile che per te sia così difficile accettarlo?”

Lo sfogo dell’uomo servì finalmente a sbloccare quella situazione di stallo. Lo sguardo di Peter, che fino ad allora era stato freddo e distaccato, si riempì dei sentimenti e delle emozioni che veramente si stavano agitando nel suo cuore: dolore, angoscia e, soprattutto, un’incredibile dose di rabbia repressa, fuoco allo stato puro.

“Perché il signor Stark mi ha abbandonato!” esclamò, esasperato e disperato al contempo. “Perché il signor Stark mi ha mentito, aveva detto che sarebbe andato tutto bene, che non mi avrebbe mai lasciato e invece… e invece ha voluto fare l’eroe, ha preferito fare il salvatore del mondo senza pensare a cosa ne sarebbe stato di me! Il signor Stark è morto da eroe e mi ha lasciato nel vuoto più totale! Quindi, se lei è il signor Stark o qualsiasi cosa abbiano trovato per rimpiazzarlo, sappia che non la perdonerò mai per quello che mi ha fatto, mai!”

La rabbia disperata di Peter era talmente violenta che pareva incendiare la stanza, Tony se la sentì bruciare addosso e sentì anche che se l’era meritata tutta. Sì, Peter aveva ragione, lui gli aveva mentito e poi lo aveva lasciato solo…

Il ragazzo si alzò di scatto dal divano, con un’energia che non tirava fuori da mesi, e fece per avviarsi verso la porta.

“Aspetta, Peter, dove vuoi andare?”

“Il più lontano possibile da qui” rispose il ragazzo, fulminandolo con un’occhiata. “A casa o all’Inferno, non ha importanza, l’unica cosa che voglio è andarmene il più lontano possibile da qui!”

Tony si alzò e si avvicinò lentamente a lui. Non doveva fare movimenti bruschi altrimenti Peter, proprio come un animale ferito, avrebbe reagito in modo incontrollabile.

“Pete, ascoltami bene adesso” gli disse, cercando di mantenere un tono di voce calmo e pacato, “lo so quanto hai sofferto, so cosa hai passato. E ti assicuro che non era mia intenzione mentirti. Non avrei mai voluto farti sentire abbandonato e ingannato. Ma non avevo un’altra possibilità, lo capisci questo? Il Dottor Strange lo sapeva, lo sapeva fin dal principio che sarebbe dovuta finire così. In qualsiasi altro scenario possibile Thanos avrebbe vinto e avrebbe sterminato l’umanità. Cos’altro potevo fare?”

“Lei non sa niente” sibilò Peter, “non ha la minima idea di cosa io abbia passato in questi mesi. Cosa poteva fare? Dare le Gemme a Carol, magari, lei non sarebbe stata danneggiata usando il Guanto. Ma no, doveva essere lei l’eroe, no? Come ha detto a Thanos? Io sono Iron Man. Chissà che soddisfazione, vero, sentirsi il salvatore del mondo, il cavaliere intrepido che si sacrifica per il bene di tutti? E chi se ne frega di quelli che rimangono!”

Peter piangeva, adesso, e le sue lacrime erano brucianti come la sua collera. Tony si sentì devastato. Cosa aveva fatto a quel ragazzino?

“Non so che farmene delle sue scuse e delle sue giustificazioni! Lei ha fatto la sua scelta e io adesso faccio la mia. Voleva morire da eroe? Bene, per me lei è morto, qualsiasi schifezza le abbiano trapiantato per farla tornare in vita!” gridò Peter, annaspando poi per trovare il modo di aprire la porta, uscire e andarsene dal quartier generale degli Avengers. Avrebbe fatto tutta la strada di corsa, se necessario, ma non avrebbe resistito in quel posto per un minuto di più. Si sentiva soffocare, era come se le pareti della stanza si stessero restringendo e gli crollassero addosso, schiacciandolo. Aveva la nausea, sentiva le gambe tremare e non riusciva a trovare il modo di aprire la porta. Il malessere che gli toglieva il respiro e gli faceva girare la testa aumentava, aumentava sempre più…

Poi fu il buio.

Tony lo vide cadere a terra come fulminato.

Si sentì gelare il sangue e di slancio si buttò sul suo corpo inerte, lo strinse a sé e lo sollevò da terra. Chiaramente non era stato niente di grave, Peter era debole, da mesi si nutriva a malapena e si alzava raramente dal letto. Quel giorno aveva fatto fin troppo, le emozioni avevano finito per vincerlo e, come se non bastasse, quello scatto di rabbia aveva consumato le ultime scorte di energia che gli restavano. Aveva perduto i sensi per la debolezza e Tony lo capiva benissimo, ma mentre lo sollevava da terra e, tenendolo tra le braccia, lo riportava verso il divano e ce lo stendeva, non riusciva a dimenticare una scena terribile avvenuta più di due anni prima, sul pianeta Titano.

“Non mi sento molto bene… non so che mi succede… non lo so…” Peter era spaventato, vacillava, fece qualche passo incerto verso Stark, ma fu l’uomo a slanciarsi verso di lui e a stringerlo forte tra le braccia, mentre il ragazzino si aggrappava a lui come all’ultima possibile salvezza.

“No, ragazzo, no, a te non succederà” gli disse Tony, con la voce spezzata, cercando di tranquillizzarlo nonostante lui stesso fosse agghiacciato. “Andrà tutto bene, andrà tutto bene, Pete…”

“Non voglio morire, non voglio morire, signore, la prego” singhiozzò Peter, avvinghiandosi disperatamente alla schiena di Stark, piangendo, tremando di paura perché era pur sempre un ragazzino e non voleva andarsene, non voleva. Da qualche parte, dentro di sé, era convinto che il signor Stark avrebbe trovato il modo di trattenerlo, di salvarlo. “La prego, non voglio morire, non voglio morire…”

“Non ti lascerò andare, questa volta no, io non ti lascio, ragazzo, hai capito? Mi senti?” adesso anche Stark piangeva, lacrime silenziose gli scendevano dagli occhi mentre lui cercava in ogni modo di stringere più forte Peter, di non lasciarlo svanire, di sentirlo contro di sé. “Non ti lascio andare!

“Signor Stark… mi dispiace… io non volevo che…” mormorò Peter, mentre si dissolveva lentamente.

Peter si era sbagliato dicendo a Tony che non poteva capire cosa avesse provato nei mesi in cui aveva pianto la sua perdita. Certo che lo sapeva, invece. Era la stessa terribile, gelida e opprimente sensazione di vuoto che lui stesso aveva provato due anni prima sul pianeta Titano, vedendo il ragazzino che si dissolveva tra le sue braccia. Per sua fortuna era durato poco, il Dottor Strange aveva riportato indietro il tempo di pochi minuti e gli Avengers scomparsi, tra cui Peter, erano tornati indietro… ma Tony non avrebbe mai dimenticato quegli istanti di dolore e disperazione. *

E adesso, mentre chiamava Banner perché lo aiutasse a far rinvenire Peter, riviveva quei momenti strazianti. Sì, poteva capire benissimo quanto avesse sofferto il suo povero ragazzino in quei mesi…

Peter aveva perduto i sensi, ma ogni tanto aveva un barlume di coscienza e aveva sentito Tony che lo stringeva a sé, che lo sollevava da terra per deporlo sul divano, che lo abbracciava forte.

“Resta con me, Pete, resta con me. Andrà tutto bene, non ti lascio questa volta” lo sentiva mormorare.

Tutto questo… non era accaduto più di due anni prima, su Titano? Le stesse braccia, lo stesso calore, le stesse parole rassicuranti che lo avevano fatto sentire bene nonostante la paura di svanire chissà dove?

Era il signor Stark, ora come allora, a farlo sentire al sicuro…

Fine capitolo terzo

 

 

* Questa versione dei fatti in cui gli Avengers vengono riportati indietro da Strange è la mia personale, che trovate nella long fic Yo contigo tu conmigo in cui ho riscritto gli avvenimenti di Infinity War.

   
 
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