Capitolo secondo
Once
in my lifetime there's so much to give
So much to live in stolen moment
Asking now for another way not to feel pain
'Cause sorrow helps morning light guide the night away!
(“Luna
my darling” – Amberian Dawn)
Nick Fury si presentò la
mattina seguente alle dieci in punto, accompagnato da un signore distinto che
fece un’ottima impressione a zia May: si trattava, appunto, di Phil Coulson.
“Buongiorno, signora, e
scusi per l’ora inopportuna” disse Coulson molto gentilmente e con un sorriso
accattivante. “Io sono Phil Coulson, vicedirettore dello S.H.I.E.L.D. e conosce
già il nostro direttore Nick Fury.”
La donna appariva imbarazzata e confusa di
fronte alla gentilezza dell’uomo, era abituata ai modi bruschi e scontrosi di
Fury… e, ovviamente, proprio per quello Coulson aveva deciso di parlare per
entrambi. La situazione era molto delicata ed era meglio che May fosse nella
miglior disposizione d’animo possibile!
“Oh, sì, buongiorno. Sì, ecco… prego,
accomodatevi” disse la zia May, già completamente affascinata da Coulson. “Desiderate
un caffè o qualcos’altro? Avete fatto colazione? Potrei offrirvi un dolce che è
la mia specialità…”
“NO, grazie!” intervenne Fury, che ricordava
di aver sentito parlare Tony a proposito di un orrendo dolce del quale May
Parker andava tanto fiera.
“Signora, saremmo veramente felici di poterci
sedere a fare colazione, ma purtroppo abbiamo molta fretta. Sa, si tratta dello
S.H.I.E.L.D. e sono sempre situazioni molto delicate” lo interruppe Phil
Coulson prima che rovinasse tutto. “Peter è già pronto, spero.”
“Credo di sì, vado a vedere” rispose May,
tutta sorridente. “Ma, nel frattempo, se volete potete servirvi da soli intanto
che io chiamo Peter.”
Fury e Coulson furono salvati giusto in tempo
dall’arrivo del ragazzo, che in effetti era già pronto da almeno un’ora,
innervosito perché non riusciva a capire cosa mai lo S.H.I.E.L.D. potesse
volere da lui e soprattutto consapevole che lui, tanto per cominciare, non
voleva avere più niente a che fare con S.H.I.E.L.D., Avengers e compagnia!
“Sì, sono qui, sono pronto” disse Peter,
manifestandosi in cucina come una sorta di apparizione.
E, in effetti, tanto Fury quanto Coulson
rimasero per qualche attimo interdetti nel vederlo. Erano passati ormai diversi
mesi dall’ultima volta in cui si erano incontrati, al funerale di Tony Stark
per l’appunto, ma nel frattempo sembrava che anche Peter fosse morto e
riportato in vita sotto forma di zombie o poco più. Per fortuna si era dato una
sistemata rispetto ai mesi che aveva trascorso per casa, si era fatto la
doccia, pettinato e indossava jeans e una camicia a quadretti blu sopra una
maglietta… si vedeva comunque che aveva perso almeno quattro o cinque chili,
aveva le occhiaie e il volto pallidissimo dove spiccavano enormi i tristissimi
occhi nocciola che parevano aver perso tutta la loro luce.
“Ecco Peter!” annunciò la zia May, spezzando
quel clima imbarazzante. “Bene, allora direi che potete andare. Aspetta, hai
fatto colazione?”
“Sì, zia, ho mangiato due biscotti con un
bicchiere di latte” rispose Peter. Non gli importava che Fury e Coulson
sentissero come si era ridotto, del resto era anche colpa loro, era colpa di
tutti… Come pensavano di rimediare adesso?
I due uomini dello S.H.I.E.L.D. si
scambiarono un’occhiata significativa, poi decisero di non perdere altro tempo
in chiacchiere e convenevoli e di svolgere la loro missione. Anzi, vedendo come
era conciato Peter forse avevano aspettato anche troppo, forse avrebbero dovuto…
ma era inutile pensarci adesso, ora tutto si sarebbe risolto.
“Bene, ragazzo, allora se sei pronto possiamo
andare, l’auto ci sta aspettando e abbiamo diverse cose da fare” disse Fury,
prendendolo per un braccio con una delicatezza che non ci si sarebbe aspettati
da uno come lui.
“Quando potrà tornare a casa?” domandò subito
zia May.
“Non si preoccupi, signora, sarà Peter stesso
a chiamarla per dirle se potrà rientrare entro stasera o se ci vorrà qualche
giorno” le rispose gentilmente Coulson. Sapeva che, se le cose fossero andate
come speravano, Peter avrebbe anche potuto decidere di non tornare a casa per
un po’, ma non era il caso di dirlo alla donna, già tanto preoccupata. “Arrivederci,
signora, grazie ancora per la sua disponibilità e non tema per Peter, anzi,
forse questa sarà un’occasione per farlo stare meglio. Sono molto felice di
averla conosciuta e spero di rivederla presto.”
“Oh, sì, beh, anch’io!” ribatté zia May. “Ciao,
Peter, ci sentiamo, allora.”
“Ciao, zia” disse il ragazzo, senza lo stesso
entusiasmo. Ecco, ci mancava solo che sua zia si prendesse una sbandata per Phil
Coulson…
Peter si sentiva frastornato dopo tanti mesi
che non usciva di casa e non si rese nemmeno bene conto di ciò che succedeva.
Aveva la vaga sensazione che Fury e Coulson lo scortassero verso la macchina
come se fosse un detenuto, li sentiva parlare ma non riusciva a capire bene
nemmeno che cosa stessero dicendo. E quel poco che riusciva a capire gli
sembrava un’assurdità.
“Ti farà piacere vedere come abbiamo fatto
ricostruire e perfezionare il quartier generale degli Avengers” stava dicendo
Coulson, sempre sorridendo. “Adesso è ritornato in piena attività e quasi tutti
gli Avengers sono tornati a vivere là. Sarà bello incontrarli, no?”
Per niente. Non voglio vedere nessuno degli Avengers, non
voglio vedere il nuovo quartier generale, voglio soltanto tornare a casa e
dimenticare tutto, stava pensando Peter mentre Coulson
continuava a chiacchierare amichevolmente.
“E, nel frattempo, io e Phil ti racconteremo
una storia, una storia che è iniziata più di otto anni fa” intervenne Fury.
Una storia? Non sono un bambino, non ho bisogno che mi
raccontiate le favole per tenermi buono, avrebbe
voluto rispondere Peter, ma era troppo faticoso anche fare polemica, meglio
lasciare che facessero quello che volevano, che lo portassero dove avevano deciso.
Lui si sarebbe chiuso nella sua bolla,
non avrebbe parlato con nessuno e, alla fine, si sarebbero pur decisi a
riportarlo a casa, no? Quello non era mica un sequestro di persona! Anche se,
quando c’era di mezzo lo S.H.I.E.L.D., non si poteva mai dire con certezza…
Il viaggio in macchina era lungo e Peter, che
non era più abituato a stare in auto per tanto tempo, cominciava ad avvertire
un vago senso di nausea. Tra lo stordimento, il malessere che provava e il
senso di vuoto assoluto in cui viveva ormai da mesi, gli arrivò alle orecchie e
in qualche punto non meglio precisato del cervello una storia assurda su un
progetto dal nome esotico voluto da Coulson e Fury. Questo progetto era stato
ideato per essere attivato in caso di morte di un Avenger e prevedeva l’uso di
DNA alieno per scopi medici.
Sentendo nominare DNA alieno Peter cominciò a credere sul serio che tutto quello
fosse soltanto un sogno. Prima che tutto andasse in pezzi nella sua vita, il
ragazzo era stato un vero nerd, amante dei film e delle serie TV più originali
e creative, dal Doctor Who a Outer limits passando per Ai confini della realtà e chi più ne ha
più ne metta. Da ragazzino aveva passato nottate intere a guardare episodi su
episodi, spesso con l’amico Ned e una ciotola gigante di popcorn; negli ultimi
due anni, poi, era stato un altro il compagno delle sue maratone televisive, era stato il signor Stark…
Su questo pensiero le connessioni di Peter si
interruppero, non doveva pensarci più.
Molto bene, quello era evidentemente un sogno
ispirato a qualche episodio di una delle sue serie TV preferite e, chissà per
quale motivo, Coulson e Fury facevano parte del suo sogno e gli stavano
raccontando di aver estratto dei campioni dal cadavere di un alieno, un certo Kree o qualcosa del genere. Sì, era
decisamente un sogno e anche dei più assurdi, visto che adesso Fury stava
raccontando di aver fatto sviluppare ai suoi scienziati un sistema per
utilizzare i campioni di DNA alieno che permettevano la rigenerazione del
tessuto cellulare e di averli usati proprio su Coulson, ucciso da Loki nel 2012
durante l’attacco a New York.
“Io sono la prova vivente, è proprio il caso
di dirlo, del successo di questo progetto” disse Coulson, soddisfatto. “Loki mi
aveva ucciso e io sono rimasto cadavere per giorni prima che le operazioni
segrete derivanti dal DNA Kree avessero
effetto e i miei tessuti cellulari si rigenerassero completamente, ma è andato
tutto bene e adesso eccomi qui, più forte e resistente di prima proprio grazie
alla commistione tra il DNA Kree e il
mio!”
Ecco, questo dimostra ancora di più che è tutto un sogno.
Chi ha mai sentito una storia più cretina di questa? pensò stancamente Peter, mentre l’auto giungeva
finalmente al ricostituito quartier generale degli Avengers. E adesso non dovrei svegliarmi?
Ma, invece di svegliarsi, Peter si ritrovò
fuori dalla macchina e di fronte al grande edificio, perfettamente ricostruito
e all’avanguardia, quel luogo in cui aveva desiderato non mettere mai più
piede. Se avesse potuto, il ragazzo avrebbe chiesto che gli venissero strappati
tutti i ricordi legati a quel posto e alla persona con la quale ci aveva
vissuto. Non voleva nemmeno più nominarlo, anche quello gli faceva troppo male.
E la sofferenza che si rinnovava, attraversandogli tutto il corpo come una
linfa gelida e velenosa, fece capire a Peter che, nonostante la storia assurda
ascoltata da Fury e Coulson, quello comunque non era un sogno.
Cosa significava, allora?
Phil Coulson era morto ed era stato riportato
in vita grazie a parti di DNA alieno?
Ma perché?
Che cosa era, dunque, adesso Phil
Coulson, un mezzo alieno? Tipo quelli dei suoi film di fantascienza, una sorta
di Invasione degli ultracorpi?
E, soprattutto, perché diavolo gli avevano
raccontato questa storia e lo avevano portato nell’unico posto in cui non
sarebbe mai più voluto tornare?
“Senti, Peter, se ti abbiamo raccontato tutto
questo c’è un motivo” disse Coulson, conducendo gentilmente il ragazzo verso l’ingresso
dell’edificio. Sì, in un certo senso lui e Fury dovettero quasi spingercelo, ma cercarono di farlo nel
modo più cortese possibile.
“Ah, sì? E quale?” domandò Peter, immaginando
che fosse quello che i due uomini attendevano di sentirgli chiedere. In realtà
a lui non poteva fregare di meno di sapere della morte e resurrezione di Phil
Coulson…
“Phil, non c’è un modo più semplice per
dirglielo, diciamoglielo e basta” tagliò corto Fury, mentre continuavano a
condurre il ragazzo nei corridoi del grande edificio.
Coulson fece finta di non averlo sentito. Per
la miseria, Fury era proprio un insensibile! Non aveva visto com’era ridotto
quel povero ragazzo? E loro sapevano bene perché. In quei lunghi mesi, più
volte i due uomini avevano discusso su quel preciso argomento: secondo Coulson,
Peter avrebbe dovuto sapere, almeno avrebbe avuto una speranza a cui
aggrapparsi invece di lasciarsi andare in quel modo; secondo Fury, al
contrario, era necessario attendere per verificare che le cose fossero andate
nel modo migliore possibile prima di metterlo a parte della cosa, altrimenti
Peter avrebbe potuto anche subire uno shock ancora peggiore.
“Dove mi state portando?” domandò di nuovo
Peter, guardandosi intorno. Era sempre più agitato, non voleva stare in quel
posto, era stato ricostruito troppo
bene e i ricordi lo stavano assalendo, distruggendo quel minimo controllo di sé
che era riuscito a mantenere fino a quel momento. Ecco… no, quella era la sala
TV dove avevano visto tanti telefilm e quella laggiù era… sì, era la sua
stanza. E adesso perché, perché, in
nome del cielo, lo stavano conducendo proprio verso quello che era stato lo
studio del signor Stark?
“Ascoltami bene, Peter, come ti ho detto io
stesso ho fatto questa esperienza e ne sono uscito addirittura migliore di
prima…” disse Coulson.
“Abbiamo aspettato tutti questi mesi perché
io volevo essere sicuro… non volevo darti una delusione, ragazzo” intervenne
Fury.
“La verità è che il Progetto T.A.H.I.T.I. era
stato pensato, appunto, per riportare in vita uno degli Avengers nel caso in
cui fosse rimasto ucciso in una missione…” fece Coulson.
“Ed è stato esattamente quello che abbiamo
fatto in questi ultimi mesi…” continuò Fury.
“Le procedure mediche sono sicure al cento
per cento, io ne sono la prova, e il DNA alieno permette al corpo umano di
rigenerarsi, rendendolo ancora più forte di prima” riprese Coulson.
“Il Progetto T.A.H.I.T.I. è stato un successo
ed è servito proprio allo scopo per il quale era stato pensato, ha riportato in
vita un Avenger, o meglio, uno dei fondatori degli Avengers” aggiunse Fury.
Erano ormai arrivati a pochi passi dalla
porta dello studio che era stato di Tony Stark. Peter ne aveva abbastanza di
quel posto e di tutte le chiacchiere dei due uomini. Si divincolò, strappandosi
dalle mani che lo stavano guidando verso un luogo dove non voleva andare.
“Insomma, adesso basta! Cosa volete da me?
Cosa volete dirmi? Perché mi avete portato qui?” esclamò, esasperato.
Tutti rimasero immobili per un istante quando
la porta dello studio si aprì e, sulla soglia, apparve l’inconfondibile figura
di Tony Stark, un Tony Stark in perfetta salute, anzi, a volerla dire tutta
anche un tantino ringiovanito, come se il DNA alieno lo avesse non solo
riportato in vita, ma anche riportato indietro di almeno cinque anni. Esibiva
il suo solito sorriso strafottente, ma la sua espressione cambiò totalmente
quando vide Peter… o meglio, quello che di Peter restava dopo quei mesi d’inferno.
“Pete… cosa ti è successo? Come stai? Io non
sapevo, non mi avevano detto niente, avrebbero dovuto avvertirti prima, io…
Dai, vieni dentro, ragazzo, abbiamo un milione di cose da raccontarci, no?”
disse l’uomo, travolto da emozioni contrastanti, la gioia di rivedere il suo
ragazzino mescolata al dolore di trovarlo così deperito e sofferente… con la
consapevolezza che, se Peter aveva patito tanto, era stato solo perché aveva
perduto lui.
“Ecco, questo è quello che volevamo dirti,
Parker” disse Fury, con un tempismo poco opportuno. “Abbiamo riportato in vita
Tony Stark.”
Fine capitolo secondo