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Autore: Adlenime    23/06/2020    3 recensioni
Sato... semplicemente gli faceva perdere la testa! Da quanto tempo la stava fissando? Si sentiva sopraffatto dall'insano desiderio di avvicinarsi a lei e abbracciarla, accarezzarla. Non si saziava mai di lei. Lei era tutto. Aveva bisogno di Sato. Lei era l'unico motivo per cui ogni giorno sopportava le angherie dei suoi colleghi al lavoro, per cui passava intere notti in bianco, che gli dava una speranza verso il futuro. Lei era...
(Miwataru theme fanfiction)
Genere: Romantico, Slice of life, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Miwako Sato, Wataru Takagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La poggia allunga il cocktail fatto per restare

Ed il tuo mondo vola e intanto il ghiaccio cade

Tu piano ti addormenti che poi ti porto dentro se vuoi

Mentre ti resto a guardare


 

Miwako venne improvvisamente strattonata: una mano saldamente premuta sulla sua spalla destra la trascinò all'indietro, e la schiena urtò contro il petto del suo fidanzato, che la strinse protettivamente a sé.

 

"Scusate, ma la mia partner non è interessata."

 

Miwako sentì il viso andarle in fiamme e, voltando il capo, vide Wataru proprio dietro di lei, una mano appoggiata al tavolo, l'altra occupata a tenere lei tra le sue braccia. Non poté ignorare come stesse pendendo da un lato, probabilmente era appoggiato al tavolo per mantenersi in equilibrio, e i suoi occhi sembravano quasi velati, non riuscendo a mettere bene a fuoco ciò che lo circondava.

 

Gli altri agenti lo guardarono con profondo disgusto, e sembravano anche pronti a fare qualcosa che andasse oltre a una semplice discussione, ma Sato non aveva tempo di occuparsi di una lite tra ubriachi, soprattutto se il suo fidanzato poteva farsi male nel mentre.

 

"Scusateci, ragazzi, potreste lasciare me e Takagi-kun da soli? Devo parlargli in privato."

 

Disse la giovane agente mentre si districava dal suo abbraccio iperprotettivo, lanciando agli altri agenti un'occhiata che non ammetteva repliche. I colleghi presero le loro giacche, le carte da gioco e i loro bicchieri, borbottando qualcosa tra di loro. Miwako semplicemente li ignorò mentre questi si allontanavano e si voltò verso Wataru. Con sua grande sorpresa, Takagi non sembrava più allegro come quando lo aveva trovato a discutere con i colleghi. 

 

Infatti ora Takagi si era abbandonato su una sedia con uno sguardo quasi ferito, da cagnolino bastonato, la cui sola visione le provocò una stretta al cuore.

 

"Takagi-kun?"

 

Lo chiamò timidamente Miwako, senza ricevere alcuna reazione.

 

"Ehm... Va tutto bene?"

 

Di nuovo, nessuna risposta.

Sospirò e si sedette sulla sedia di fianco alla sua, prese il viso di lui tra le sue mani, costringendolo a guardarla negli occhi e ripeté:

 

"Va tutto bene?"

 

Decise di approcciarsi il più cautamente possibile. Aveva già visto Wataru ubriaco, più di una volta, e sapeva fin troppo bene gli effetti che l'alcool aveva sul suo giovane e inesperto ragazzo. Lo fissò dritto in quegli occhi velati e confusi, il viso, tra le sue mani, era di una delicata sfumatura magenta. Miwako non ci mise molto a raggiungere il suo stesso colorito: Wataru era sempre stupendo in quello stato e, ogni volta, risvegliava un lato di lei che doveva sempre bastonare per non permettergli di prendere completamente il controllo.

 

"Mi hai... Mi hai respinto..."

 

Replicò lui con sguardo quasi risentito, una nota di accusa nella sua voce. Miwako lo guardó un attimo confusa ma poi capì a cosa si stesse riferendo: poco prima, quando aveva chiesto ai colleghi di girare i tacchi e andarsene, si era prima dovuta allontanata da Wataru, che l'aveva abbracciata protettivamente quando uno degli agenti, senza alcuna cattiva intenzione, ne era sicura, le aveva offerto di ordinare un cocktail e bere vicino a loro.

 

Sospirò quasi divertita: Wataru era incredibilmente iperprotettivo quando beveva. Era un lato nascosto di lui che le piaceva tremendamente, le riscaldata letteralmente il cuore. Però poi quando si sentiva ferito, tutte le sue più grandi insicurezze parevano quasi rovesciarsi su di lui e lo gettavano in uno stato di completa disperazione, e tutto ciò che serviva per tirarlo un po' su di morale era l'affetto di qualcuno. Questo, invece, Miwako l'aveva sempre trovato un po' triste: Wataru sembrava quasi sempre alla disperata ricerca di qualcuno che gli volesse bene e lo apprezzasse per quel che era, come se nella sua vita non si fosse mai sentito amato. E la sola idea che ciò potesse essere vero le faceva tremendamente male.

 

Per questo non poté fare a meno di sorridere quando Takagi le disse quelle parole, ma non poté neppure evitare di sentire anche un improvviso dolore all'altezza del petto.

 

Istintivamente lo abbracciò, e, con suo sollievo, lui ricambiò il gesto. Avvicinò le labbra al suo orecchio e, con un filo di voce, gli disse:

 

"Come puoi pensare a qualcosa del genere? Gli stavo solo intimando di andarsene... Sai, volevo stare da sola con te."

 

Sato non aveva bisogno di vedere l'espressione di Takagi per sapere che le sue labbra si erano curvate in un piccolo sorrisino predatorio. E questo era l'altro lato nascosto di Wataru che fuoriusciva ogni volta che beveva. Wataru sapeva essere dannatamente sexy.

 

Miwako decise di sciogliere l'abbraccio prima di perdere il controllo a abbandonarsi completamente al suo istinto, e, guardandolo negli occhi gli disse ciò che che voleva dirgli ormai da più di mezz'ora, da quando si era messa a cercarlo per tutto il locale:

 

"Takagi, mi dispiace rovinarti la serata, ma devo accompagnarti a casa ora. Preferisco non fare troppo tardi e la festa è quasi finita."

 

Intanto ne approfittò per accarezzargli il volto, mentre cercava disperatamente di non pensare a quanto fosse tremendamente attraente in quello stato. Ma Wataru non sembrava volerle dare molta tregua o assecondarla. Improvvisamente un lampo squarciò il cielo e una goccia d'acqua cadde proprio dentro il cocktail che il suo ragazzo stava bevendo, mentre iniziava a propagarsi nel cielo il rumore assordante del tuono.

 

Wataru si limitò a sorriderle con quel suo sguardo seducente, gli occhi e i pensieri appannati dall'alcool, si portò una mano tra i capelli, scombinandoli più del necessario, mentre sempre più numerose gocce di pioggia iniziavano a cadere dal cielo.

 

Wataru prese il suo cocktail e, alzandolo all'altezza delle labbra, lanciò a Miwako un'occhiata fin troppo sensuale e replicò:

 

"A me non va affatto di andarmenere, però..."

 

Miwako sentì il cuore martellarle nel petto e mozzarle il fiato. Ormai i capelli scompigliati di Wataru erano completamente bagnati e gli incorniciavano il viso divinamente, le gocce sembravano scendere su di lui come una cascata di diamanti. La camicia su cui poco prima si era aggrappata per abbracciarlo era ora fradicia e si era conformata perfettamente al suo corpo, mettendone in evidenza i muscoli dell'addome, il petto scolpito e le ampie spalle. Le gambe accavallate e il cocktail che stava per portare alle labbra completavano la scena.

 

Il suo viso andò in fiamme e maledisse gli dei per non essersi ubriacata anche lei abbastanza da potersi abbandonare completamente al lato più selvaggio della sua indole. Invece era lucida, e sapeva di dover guidare, altrimenti avrebbero dovuto passare la notte in quel locale. Inoltre non era un bene che Takagi, così poco abituato a bere, continuasse a farlo sotto l'effetto dell'alcool.

 

Si precipitò quindi in avanti e lo prese per il polso, tirò indietro la mano con cui stava stava tenendo il calice e lo costrinse ad appoggiarlo sul tavolo. Si alzò in piedi e sospirò pesantemente. 

 

"Se non ti va, mio caro, cattivo ragazzo, sarò costretta a portartici con la forza."

 

Aggiunse con un tono di voce pericolosamente accattivante. Le labbra di Takagi si piegarono ancora di più in quel sorrisetto quasi malvagio.

 

Improvvisamente Wataru si alzò di scatto, sbattendo con forza la mano contro il liscio piano del tavolo, facendo così cadere il suo cocktail sul grigio asfalto sotto di loro, probabilmente per mantenersi in equilibrio, visto che aveva iniziato immediatamente a barcollare come se si trovasse su una nave in tempesta.

 

Miwako venne presa alla sprovvista e, senza neppure rendersi conto di ciò che era appena successo, si ritrovò le labbra di Wataru sulle sue, la sua mano sulla vita di lei, mentre l'avvicinava possessivamente contro il suo corpo, e le braccia di lei andarono istintivamente a chiudersi attorno al suo addome. 

 

Quando sentì il rumore del ghiaccio infrangersi, Miwako decise di mandare al diavolo il suo autocontrollo e, sotto una pioggia ormai torrenziale, lo baciò con foga. Costrinse il suo fidanzato ad indietreggiare fino al muro, per permettergli di trovare qualcosa su cui trovare un po' di stabilità. 

 

Miwako non seppe mai quanto tempo lei e Wataru passarono lì, a baciarsi e accarezzarti, a chiamarsi teneramente tra i sospiri mentre i loro corpi parevano ormai intrecciarsi in una sola entità, in un solo corpo, mentre il mondo intorno a loro pareva volare.

 

Sato riuscì finalmente ad adagiare il corpo semi addormentato del suo fidanzato sul suo letto, e tirò finalmente un sospiro di sollievo. Wataru non riusciva neppure a reggersi in piedi, figuriamoci salire le scale del condominio fino al suo appartamento, quindi lei lo aveva letteralmente trasportato di peso. Ma Takagi non era esattamente leggero, e nonostante Sato fosse abituata a scaraventare in giro criminali di ogni peso, trovava che un conto fosse far affidamento sulle sue forze per pochi attimi, giusto il tempo per stordire un malvivente, un altro usare tutte le sue energie dopo una devastante giornata di lavoro e un'estenuante festa durata fino a tardi per trasportare un uomo di 80 chili su al terzo piano di un palazzo. 

 

Si stava sgranchendo il collo indolenzito, prima di tornare fare dietrofront e andare finalmente a casa, quando una mano si allacció debolmente alla sua manica e sentì la voce, ancora impastata dall'alcool, del suo fidanzato:

 

"Te ne vai già via?"

 

Miwako abbassò lo sguardo e ancora una volta, quella notte, sentì il cuore piroettarle nel petto.

 

Il viso di Wataru era mezzo sprofondato nel cuscino, i capelli sparpagliati gli coprivano come sempre la fronte, ma gli occhi erano così diversi da quelli dell'uomo che conosceva. Takagi sembrava triste, malinconico, e nonostante ciò attorno a lui aleggiava ancora quell'aura stranamente seducente, che così poco lo caratterizzava.

 

Sato fece un lieve sorriso mentre si chinava al suo fianco e gli poggió le labbra sulla fronte, in un dolce e carezzevole bacio della buona notte.

 

"Devo andare a casa, Wataru, o mia madre si preoccuperà."

 

Replicò lei in tono accondiscendente, come se stesse spiegando qualcosa di molto complesso a un bambino di tre anni... A un dolce bambino di tre anni.

 

Wataru si rattristò ancora di più e cercò di rafforzare, anche se solo debolmente, la presa sul suo braccio.

 

"T-ti prego... Non andare..."

 

Le sussurrò mentre le sue palpebre si facevano pesanti e iniziavano ad abbassarsi sui suoi occhi, contro la sua volontà.

 

Miwako non poté fare a meno di continuare a sorridere: quanto lo adorava, così dolce, tenero, vulnerabile. Sospirò e, sciogliendosi senza difficoltà dalla sua presa, iniziò ad accarezzarlo amorevolmente.

 

"Tranquillo, resto qui finché non ti addormenti, ok?"

 

Il suo ragazzo si limitò a mugugnare qualcosa di incomprensibile, mentre il sonno iniziava a prendere il sopravvento su di lui, cullato dalla dolce fragranza che la donna di fianco a lui emanava e dalle sue teneri carezze.

 

Miwako restò lì, a guardarlo, anche dopo che il suo respiro si era fatto regolare e i lineamenti meno tesi, continuò a osservare ogni suo minimo dettaglio e movimento, sempre con quella sua mano intrecciata ai suoi capelli color caffè. Ci vollero un paio di minuti perché realizzasse a pieno ciò che stava facendo, rompendo l'incantesimo.

 

"Ahh ma cosa mi è preso, ora?"

 

Replicò alzandosi, lieta che l'oscurità nascondesse la lieve tinta rosata di cui si era colorato il suo viso. Si passò una mano tra i capelli, come per scacciare ogni distrazione, pronta finalmente ad andare a casa, dove ormai sua madre si era addormentata dopo averla aspettata invano per ore.

 

Stava per chiudere la porta della camera di Takagi alle sue spalle, quando l'occhio le cadde nuovamente sul suo bell'addormentato. Restò un attimo a fissarlo, con espressione indecifrabile. Poi fece una smorfia di arresa e un sospiro di esasperazione.

 

"Oh, al diavolo!"

 

Replicò ritornando nella stanza, togliendosi la maggior parte dei vestiti scomodi, come l'abito che aveva indossato per la festa, e, dopo essere rimasta solo in canottiera e intimo, si accoccolò sotto le coperte, di fianco al suo Wataru.

 
   
 
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