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Autore: viktorkrumsupremacist    23/06/2020    0 recensioni
Un vestito, per alcuni di noi, può rappresentare molto più che un semplice pezzo di stoffa.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
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I like your dress [wolfstar]

 

Sirius chiuse la porta della sua stanza e appoggiò la schiena alla dura superficie di legno nero fresco, sospirando. Forse se non avesse previsto che quel che era accaduto sarebbe successo proprio come se lo era immaginato ora si sarebbe accasciato al pavimento piangendo, frignando e singhiozzando, invece si era preparato mentalmente, abbastanza da liquidare la faccenda con un sospiro. Non era preveggente, semplicemente conosceva i suoi genitori, e del resto una piccola parte di se stesso aveva sperato in una reazione del genere.

Del resto, chiunque avrebbe voluto separarsi dalla propria famiglia, idealmente e nei fatti, se i valori fondanti fossero stati la discriminazione e la non accetazione di chiunque avesse nel suo corpo anche una sola goccia di sangue non puro.

Eccetto suo fratello, che a quanto pareva viveva solo per assecondare i suoi genitori e da ogni nuova che combinava Sirius non faceva altro che ottenere ulteriore approvazione – come se non fosse già il figlio prediletto.

Sirius non lo avrebbe ammesso nemmeno a se stesso, ma il fatto che i suoi genitori gli avessero suggerito che, siccome ci teneva così tanto a essere diverso dalla sua famiglia facendosi smistare in Grifondoro, allora poteva smettere anche di partecipare alle riunioni familiari che si tenevano per ogni pasto – perché i suoi genitori ci tenevano molto a tenere banchetti letteralmente ad ogni pasto, perché potevano permetterselo e quindi perché non ostentarlo – un po’ gli aveva fatto male, ma come già detto lo aveva previsto, e anzi avrebbe trovato strano il contrario, quindi meglio abituarsi presto a passare l’estate chiuso nella sua stanza, perché di certo non poteva disturbare il suo nuovo (non ne aveva mai avuti prima in realtà) migliore amico conosciuto a Hogwarts nella sua stessa Casa, James Potter. I suoi genitori lo avevano già ospitato durante le vacanze natalizie, non poteva imporre la sua presenza anche ora per più mesi.

Il pensiero congiunto di dover rendere la sua stanza più bella per poterci vivere giorno e notte e quello del suo migliore amico gli ricordò quando proprio il Natale precedente James lo aveva condotto in un posto a cui talvolta pensava ancora.

A quanto pareva anche i Babbani avevano la loro Diagon Alley, solo che a quanto pare ne avevano una in ogni paese o quasi – o forse perché, non avendo la magia, per loro era più difficile il trasporto da una parte all’altra del mondo – e la chiamavano centro commerciale.

Ricordava ancora quella fredda serata poco prima della notte di Capodanno quando James lo aveva portato lì. In generale la famiglia Black non aveva mai permesso a Sirius di partecipare a qualsiasi evento o riunione che comprendesse più di una decina di persone alla volta, sempre per la fissazione per il sangue puro, quindi trovarsi in mezzo a quella folla felice di essere in vacanza, che bramava qualcosa che si trovava dall’altra parte delle scintillanti vetrine e che parlava, parlava, parlava senza nemmeno curarsi che qualcuno stesse ad ascoltare, purchè si parlasse dei loro programmi natalizi, aveva dato al ragazzo una strana sensazione, quasi un capogiro, ma gli era piaciuta.

I genitori di James gli avevano comprato alcuni dolci natalizi e poi James gli aveva fatto fare un giro durante il quale erano entrati in qualsiasi negozio li attraesse. Sirius ricordava ancora le occhiate stranite dei Babbani che li circondavano e le risate di James quando in un negozio aveva comprato un vestito babbano, ma a quanto pare destinato a essere utilizzato solo dalle donne. Sirius aveva sollevato le spalle e lo aveva comprato lo stesso, ostentando indifferenza. Del resto l’allenamento fatto a casa con l’ignorare i continui commenti dei suoi genitori lo aveva aiutato.

Ora, ripensando a quella serata, si sentiva come se qualcuno lo avesse trasportato su un altro mondo. Avrebbe pagato per avere James accanto che rideva di lui, del resto in maniera amichevole e non troppo cattiva.

Sirius prese dei poster babbani che aveva comprato quella sera e li appese nella sua stanza. Raffiguravano l’interno di alcuni loro mezzi di trasporto, e lui ne era affascinato. Erano francamente troppo ingegnosi perché lui potesse anche solo sognare di capire cosa dicessero, come se fossero scritti in un’altra lingua, ma del resto non c’è bisogno di essere tecnici per ammirare certe cose.

L’occhio gli cadde sul pacchetto che racchiudeva il vestito che aveva comprato. Nonostante lo possedesse da mesi non lo aveva mai nemmeno aperto. Dove avrebbe potuto farlo senza essere preso in giro? Non a casa sua e nemmeno nel suo dormitorio a Hogwarts, pertanto lo aveva semplicemente fatto finire nel baule sotto qualsiasi altra cosa avesse mai posseduto e aveva finto non esistesse.

Ma la verità è che quel pezzo di stoffa nero, striminzito, seppure evidentemente troppo lungo per lui in quanto destinato a qualcuno con almeno dieci anni in più di lui, rivestito di paillettes scintillanti, esercitava da qualche mese su di lui un fascino segreto, quasi oscuro. Di certo non si sentiva normale nell’esserne così stregato, ma non poteva poi farci granchè.

Sirius non poteva fermare se stesso dall’immaginare una sua discesa teatrale da una rampa di scale con solo quello addosso. Era sicuro che avrebbe riscosso solo ammirazione, e lui in particolare, essendone stato privato per la maggior parte della sua vita, era quasi succube della sensazione di ricevere un po’ di approvazione da chiunque.

Non poté semplicemente più resistere. Era sicuro che nessuno sarebbe entrato nella sua stanza in quel momento, nessuno desiderava stare in sua presenza per più di qualche minuto, giusto il tempo di lanciargli qualche sguardo carico di disprezzo, quindi andò verso il baule e cercò il pacchetto.

Troppo preso dall’imbarazzo, quella sera aveva detto al commesso che si trattava di un regalo, pertanto ora lo stava spacchettando. In effetti era come se lo stesse regalando a se stesso in quel momento, non solo la stoffa ma anche il carico di piacevoli ricordi che quell’abito portava con sé.

Una volta scartatolo lo accarezzò. Nonostante fosse rivestito di paillettes era morbidissimo al tatto. Prima ancora che potesse rendersi conto di cosa stava facendo, Sirius lo indossò.

Si sentì ridicolo. Era chiaramente pensato per qualcuno più alto di lui, si sentiva così a disagio che non ebbe nemmeno il coraggio per guardarsi allo specchio e l’unica cosa che lo fermò dal gettarlo era il fatto che poi la sua famiglia lo avrebbe trovato.

Nonostante questo sentì però che la stoffa era morbida anche addosso, fresca, e se possibile luccicava ancora di più.

“Tra qualche anno” si disse alla fine sfilandoselo dalla testa e riponendolo nella scatola.

***

Quella sera Sirius e Remus avevano alzato il gomito con la Burrobirra ed erano più ilari del solito. La risata di Sirius era un po’ forzata in realtà, un angolino della sua mente non faceva che chiedersi quando avrebbe rivisto l’altro, che domani sarebbe partito per una missione affidatagli da Silente per l’Ordine. Quando partiva, Sirius non sapeva mai quando sarebbe tornato, se sarebbe tornato, quando lo avrebbe rivisto, come avrebbe trascorso quelle lunghe giornate da solo, senza l’unica persona che era capace di farlo sentire intero, sano e di qualche valore, ma viveva per quei giorni, talvolta settimane, durante le quali Remus stava da lui, perché non aveva altro dove andare, e Sirius era felice di offrire alla persona che amava un tetto sotto cui rifugiarsi.

Non lo sapeva, ma anche le risate di Remus erano forzate. Sirius doveva nascondersi da tutti, certo; ma che dire di lui, che ormai era diventato un reietto e non poteva mostrarsi da nessuna parte? Francamente era sorpreso di se stesso e della forza che aveva ogni volta che doveva partire di lasciare il loro letto per lasciarlo lì.

- Cosa stai fissando? – gli chiese Sirius, schioccandogli le dita di fronte agli occhi. – Se mi fissi un altro po’ potrei cominciare a pensare che sei incantato dalla mia bellezza.

- E sarebbe una novità? – ridacchiò Remus sporgendosi verso destra, dove Sirius stava seduto, per dargli un rapido bacio sulle labbra. O almeno, quella era l’intenzione, ma l’altro gli mise una mano sul collo, impedendogli di allontanarsi finchè non avesse finito con lui. Remus non si sarebbe certo lamentato. E di solito i baci tra loro le sere prima di separarsi erano sempre più lunghi del solito, come se ognuno volesse imprimersi dell’altro il ricordo in tutti i cinque sensi.

- Lo sarebbe – rispose Sirius quando le loro labbra finalmente si separarono – da quando siamo tornati insieme non mi hai mai detto che sono bello.

Remus inarcò il sopracciglio, pur intuendo che dietro un’apparente battuta l’altro gli stava confidando qualcosa che lo tormentava. – Pensavo fosse scontato. Ti ho sempre trovato l’uomo più attraente esistente. 

- Quello era prima di Azkaban – rispose Sirius guardandolo negli occhi, sfidandolo a contraddirlo.

Cosa che Remus avrebbe fatto immediatamente. – Mi piaceva quello che eri prima e quello che sei adesso. Forse ora ti amo anche più di prima.

Remus voleva accarezzargli i lunghi capelli, ma l’altro lo prese per il polso e lo fece alzare. – Vieni con me – gli disse.

Lui lo seguì. Non sapeva dove lo avrebbe portato, anche se sperava di conoscere la destinazione.

E invece si sbagliava. Al piano di sopra, Sirius varcò una soglia che era off limits per chiunque, che faceva sempre attenzione a chiudere quando c’era qualcun altro in casa: la sua stanza di quando era piccolo e frequentava ancora Hogwarts.

Remus si guardò attorno, suo malgrado, con curiosità malcelata. Da ragazzino aveva sempre sognato di vedere dove il ragazzo che gli piaceva dormiva. Ora però gli dava una sensazione strana, perché sentiva che in quella stanza Sirius ci aveva lasciato parecchie cose, alcune non materiali. Lì ci aveva chiaramente dormito qualcun altro, non la persona che amava.

Contrariamente al resto della casa, tutta arredata di verde e nero, Sirius l’aveva arredata coi colori dei Grifondoro, con manufatti babbani ovunque, e regnava un ostentato disordine.

- Quando avevo circa dodici anni passai un’estate d’inferno qui. A tenermi compagnia e a impedirmi di scappare e sparire per sempre c’erano sempre stati solo il pensiero di tornare a Hogwarts, da te e James e Peter, e delle cose praticamente inutili che avevo comprato con James il Natale prima. Quei poster che fecero infuriare i miei genitori quando li scoprirono – Sirius si interruppe per indicarli – e un vestito. Lo avevo comprato ma mi stava così male che decisi che lo avrei rindossato solo dieci anni dopo, con un corpo migliore, ma non credo di aver mai avuto la possibilità di far fiorire il mio corpo.

Remus guardava fisso l’altro, ma il suo sguardo non era ricambiato. Era come un diario che veniva aperto da una persona che non ne era l’autore. Era chiaro che era stato scritto per qualcun altro, Remus doveva solo sentirsi fortunato che quella particolare pagina si fosse aperta per essere letta da lui, ed in effetti si sentiva grato.

- Ad Azkaban avevo chiaramente altre priorità che pensare alla mia toeletta, ma tornato qui mi sono reso conto di piccoli danni al mio corpo di cui non mi sarei reso conto se non fossi mai tornato a una vita quasi civile o normale. Ormai ho lo stomaco di un passerotto e se mangio dieci grammi più del solito sto malissimo, reggo malissimo l’alcool, come ti sarai accorto, e soprattutto ho la pelle così secca che persino farmi la doccia vuol dire fare attenzione a come mi sfioro, o potrei cominciare a sanguinare.

Remus sapeva tutte quelle cose, ma non lo interruppe. Una cosa era mostrare proprio malgrado alcune delle proprie debolezze agli altri, un’altra ammetterle ad alta voce.

- Quindi, ora mi chiedo… chissà se questo vestito che mi tenne compagnia a dodici anni lo sentirò ancora così morbido sulla pelle.

Sirius si spogliò con gesti meccanici. Remus non poteva staccargli gli occhi di dosso, e l’altro poteva dire qualsiasi cosa volesse, ma lo trovava estremamente attraente. Avrebbe baciato ogni centimetro della sua pelle secca se avesse potuto – cosa che faceva ogni volta che ne aveva l’occasione, del resto.

Dopo aver rimosso gli ordinari abiti che portava ogni giorno, indossò il vestito di cui aveva parlato.

Remus spalancò gli occhi quando Sirius distese le braccia attendendo il suo giudizio. La stoffa era scintillante e fasciava il suo corpo magro meravigliosamente. Faceva risaltare ancora di più i suoi lunghi capelli scuri e faceva un contrasto bellissimo con la sua pelle chiara.

Sirius fraintese quell’occhiata. – Non avrei dovuto fartelo vedere – disse, facendo scorrere la bretellina su una delle spalle per toglierselo.

Remus praticamente dovette correre per raggiungerlo all’altro capo della stanza.

- Ti sbagli. Avresti dovuto farmelo vedere prima – disse, ma Sirius interpretò male quella frase.

- Hai ragione, immagino avresti voluto sapere prima che…

-… che hai un tale gusto nel vestirti ma ogni giorno mi riservi noiosi pantaloni e magliette tre taglie più grandi. Questo mi piace molto di più, lascia molto meno all’immaginazione – lo interruppe Remus deciso.

Sirius alzò lo sguardo. Forse aveva gli occhi lucidi. – Ti piace? – chiese alla fine con voce tremante.

Remus gli andò vicino, ponendosi di fronte, poi gli circondò i capelli con le mani e glieli sollevò sulla testa. Stavano così vicini che sentiva il calore del corpo dell’altro.

- Perdona il suggerimento, così staresti molto meglio – gli sussurrò all’orecchio, stuzzicandogli la pelle nuda col suo respiro. Forse lo fece di proposito, solo per vederlo rabbrividire.

Sirius sollevò le braccia per tenersi sollevati i capelli. – Dici? – chiese dubbioso alla fine.

- Dico. Ah, e per favore, non togliertelo. Mi piace il tuo vestito e piacerebbe che lasciassi quell’onore a me più tardi.

   
 
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