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Autore: V4l3    23/06/2020    2 recensioni
Dal testo [...] Alex ripensò a quella conversazione avuta con Francesca e si chiese perché sia lei che la madre fossero così convinte che lui l’avrebbe aiutata, non erano parenti, non avevano niente in comune e lei ora era lì per stravolgergli la vita.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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-E'la figlia di quella tua amica?- alla domanda della madre Jason rimase impassibile a sorseggiare il suo caffè; quella mattina, dopo giorni, si era finalmente alzato senza il solito nervosismo, sapendo già che dipendeva dalla presenza nella stanza accanto. 

L'arrivo di Alex lo aveva completamente colto alla sprovvista, era stato terribilmente bello e inatteso, ma allo stesso tempo si era subito messo in allerta nel pensare a ciò che sarebbe potuto accadere, soprattutto per il modo di fare della sua famiglia, sempre pronta a giudicare e sentenziare sulla sua vita; prima di chiudere gli occhi la sera prima, aveva quasi sperato ingenuamente, di essere lasciato in pace: quanto si era sbagliato, pensò.

Dopo un lungo momento, alzò lo sguardo per incrociare quello della donna e non ci fu bisogno di risposta, Margaret sospirò sorridendo appena

–Le somiglia molto- gli disse mettendo una zolletta di zucchero nel suo tè –Emma, mi pare di ricordare- aggiunse e questo lo portò a sospirare pesantemente, sapendo che fosse solo l'inizio

–Mamma ti prego di non toccare l'argomento - il tono duro fece alzare lo sguardo della donna

–Posso sapere il perchè?- chiese con occhi severi, odiava quando il figlio la trattava come un'estranea, lui cercò di ritrovare la calma rilassando le spalle 

–E' morta da poco- rispose secco lasciando Margaret sconvolta a fissarlo con stupore.

Seguirono attimi di silenzio, Jason riprese la sua colazione sentendosi addosso lo sguardo della madre

–Che c'è?- si trovò a chiederle, lei sospirò riprendendo a sorseggiare la sua bevanda calda, prima di parlare

–Credo che tu sappia cosa vorrei chiederti- disse semplicemente e lui si ritrovò ad abbassare lo sguardo sul caffè fumante, sapendo bene a cosa stesse alludendo e non sarebbe stata la sola, vista la reazione dei fratelli la sera prima, sapendo bene che quello era stato solo un piccolo assaggio

–E' venuta a trovarmi- rispose semplicemente, la donna lo guardò scettica

–Jas, non ci vediamo molto e tu hai sempre tenuto tutto per te- disse Margaret -ma sono tua madre e questo non lo puoi cambiare- aggiunse, lui la fissò nuovamente –Vorrei che mi dicessi la verità-

Soffiò sul caffè prima di prenderne un ennesimo sorso, sapeva che la madre non avrebbe mollato tanto facilmente il discorso

–E' venuta a stare da me per un po'- l'accontentò –Emma, prima di morire, ha voluto che lasciando il suo paese, Alex potesse ritrovare un po' di pace, a casa non era al sicuro- Margaret ascoltò le parole del figlio sorseggiando la sua tazza fumante

–Che vuoi dire con "non era al sicuro"?- chiese senza guardarlo, lui si appoggiò allo schienale della sedia

–Il nonno non è una persona per bene, mamma, non lo è mai stato non so se ti ricordi, Emma ha voluto proteggerla- si guardarono negli occhi e Margaret vide il volto del figlio diventare serio e il suo sguardo essere più nero della notte; capì che molte cose ancora lo tormentavano, percepì sofferenza e dolore in quelle parole, sapendo bene quanto custodisse gelosamente il suo passato in Italia, il suo passato con Emma; abbassò il capo sospirando

–Emma ha voluto far venire sua figlia da te, per proteggerla- ripetè –ma chi proteggerà te da lei quando se ne andrà?- chiese fissandolo negli occhi.

Jason aprì la bocca stupito per quella domanda, si fissarono un attimo negli occhi e lui scorse in quello sguardo consapevolezza, poi la vide alzarsi senza aggiungere altro, andando incontro alla cameriera che le porgeva il pesante cappotto

–Ci vediamo più tardi Rose- la sentì dire alla domestica, uscendo subito dopo e lasciando che il silenzio piombasse dentro e fuori Jason rimasto di sasso; non riusciva a capire cosa avesse voluto dirgli la madre, o forse sì?

Un brivido gli attraversò la schiena. 

Non c'era niente da proteggere, si disse, o meglio non era certo lui, almeno era quello che sperava con tutto il cuore, qualora un giorno lei lo avesse lasciato; quel pensiero lo portò subito a seppellire definitivamente il buon umore di quella mattina. Si convinse che la madre fosse esagerata, sapeva bene quanto fosse apprensiva nei suoi riguardi, ma quelle parole non dovevano scalfirlo perchè aveva accettato il fatto che lui si sarebbe fatto da parte qualora Alex avesse deciso di andarsene

In quei giorni aveva spesso ragionato sulla cosa arrivando alla conclusione che attenersi al suo piano iniziale, fosse l'unica sua alternativa; si sarebbe fatto in quattro per lei, perché non poteva fare altrimenti, questo era fin troppo chiaro; i suoi sentimenti poteva tenerseli ben stretti, ma non avrebbe permesso che minassero la serenità di Alex, anche se gli fosse costato tantissimo: avrebbe preferito tagliarsi una mano che rinunciare a lei, ma se questo era per il suo bene, proprio perché provava quei sentimenti, avrebbe accettato tutto, senza interferire. 

Si era più volte dato dello sciocco in quei giorni per averla provocata in quei modi, arrivando quasi a baciarla, lasciando che quel suo cuore ritrovasse una felicità ormai sopita in lui, ammettendo a sé stesso che averla vicino gli faceva perdere la lucidità, soprattutto quando lo guardava con quei fari del colore del mare, con quella bocca sorridente; non riusciva più a trattenersi, stava diventando uno sforzo continuo e spesso falliva, come aveva stupidamente dimostrato anche la sera prima, almeno un paio di volte aveva dovuto schiaffeggiarsi mentalmente per non saltarle letteralmente addosso; un mezzo sorriso gli spuntò sulle labbra mentre sorseggiava il caffè, ripensando a come se l'era trovata in salotto, smarrita e infreddolita da sembrarle un pulcino: stringerla a sé era stato qualcosa che non era davvero riuscito a reprimersi, doveva sentirla, doveva toccarla anche solo per poco, respirare il suo profumo. Sospirò pensando che dopotutto sua madre lo conosceva bene, aveva capito subito quello che lui aveva cercato di sopprimere e con cui stava ancora lottando. 

Posò la tazza del caffè sbuffando e sentendosi troppo vulnerabile, troppo sensibile alla presenza di Alex, soprattutto nei confronti al resto della sua famiglia: come avrebbe fatto ad affrontare il matrimonio con loro? Un senso di nausea lo colpì al pensiero di quello che avrebbe detto o fatto il padre, la preoccupazione gli attanagliò le viscere, non potendo permettersi che qualcuno di loro la mettesse in pericolo

-Buongiorno- la delizia e il tormento dei suoi pensieri entrò nella sala da pranzo, distogliendolo da quei pensieri e quando la vide arrivare sorridente come non mai, il suo cuore si fermò; posò il suo sguardo su quello meravigliato di lei rivolto al tavolo imbandito con un po' di tutto, come era solito prepararlo la madre quando aveva ospiti; la vide prendere posto davanti a lui, i capelli castani legati in una coda, il viso pulito, leggermente truccato sugli occhi, lo sguardo cristallino messo ancora più in risalto dal maglione azzurro che indossava, quelle labbra arricciate in un sorriso genuino e Jason si convinse che sarebbe stata una lotta durissima e lui avrebbe sicuramente perso, ma ne sarebbe valsa comunque la pena

–Accidenti sembra di stare in un Grand Hotel- Alex prese un croissant caldo e ne morse un pezzetto non trattenendo un gemito di piacere per la fragranza zuccherina e calda che le solleticò il palato, poi guardò verso Jason e il suo sorriso si spense nel vedere quello sguardo tormentato

–Tutto bene?- chiese incerta e lo vide sforzarsi di deglutire e sorridere appena

–Si, si tutto bene- rispose con un profondo sospiro per poi regalarle un sorriso più sincero

–Come hai dormito principessa?- le chiese e lei avvampò deglutendo e inevitabilmente le labbra si arricciarono in un sorriso imbarazzato 

–Molto bene, grazie- rispose cercando di darsi un po' di importanza assumendo una postura più dritta e un'espressione fintamente altezzosa

Lui rise piano, guardandola e rendendosi conto di quanto fosse profondo quello che era nato e si era radicato in lui fin dentro alla sua anima, cingendo il suo cuore senza dargli alcuna possibilità di poter sentire nient'altro, in un modo che davvero avrebbe dovuto averne quasi paura,  perchè aveva quel potere di spazzare via ogni malessere, con un semplice gesto, uno sguardo, dandogli la forza di poter affrontare tutto e tutti, lo stava rendendo diverso in un modo che neanche riusciva a spiegarsi, si ritrovò a ridere

-Ne sono lieto- rispose finendo il suo caffè continuando a tenere gli occhi su quel volto arrossato che sorridente mangiava il suo cornetto bevendo il caffè

-Spero non abbiano fatto tutto questo per me- esordì Alex guardando la varietà di pietanze che avevano preparato

-E' il minimo avendo una principessa no?- osservando lo sguardo canzonatorio che le stava rivolgendo Jason, non riuscì a non ridacchiare

-Tua madre è stata davvero gentilissima- disse lusingata per tanta cortesia, riprendendo a bere il suo caffè per camuffare l'imbarazzo misto a piacere nel sentirsi chiamare così da lui, dandole la sensazione che davvero fossero più vicini, un po' più intimi; a quel pensiero, le tornarono alla mente le parole della Signora Davis: ci aveva pensato prima di cadere in un sonno profondo, la sera prima, ed era giunta alla conclusione di poter aspettare di parlarne con lui, non essendo il momento migliore; in quei giorni Jason stava già affrontando il problema grave del padre, metterci sopra anche quel discorso, sarebbe stato troppo, non voleva sobbarcarlo di pensieri e preoccupazioni

–Pensavo di tornare a casa- affermò dopo qualche attimo.

Aveva deciso di andare via, per il bene di entrambi, aveva capito che forse la sua presenza, seppur gradita, poteva nascondere altre situazioni spiacevoli per Jason, come era avvenuto con i fratelli la sera a cena, ma appena pronunciate quelle parole sentì il suo sguardo saettarle addosso, mentre lei non riuscì ad alzare gli occhi dal piatto

–Perché?- le chiese con una nota delusa nella voce 

Alex si sentì in difficoltà e alzò finalmente il viso ad incrociare lo sguardo enigmatico del suo interlocutore che ogni volta la portava a sentire il suo cuore battere forte

–Non mi dire che ne hai già abbastanza della mia famiglia?- la punzecchiò ironico, cercando di allontanare quella sensazione di irritazione sapendola lontana

-Ma no!- sbottò rossa in volto - Credo sia meglio- aggiunse più cauta

–Forse per te- le rispose lui in un sussurro, lasciandola stupita, ma non poteva rimanere 

-E' stato già molto carino farmi stare qui ieri sera e stanotte, non voglio continuare ad abusare della gentilezza di tua madre- Jason a quel punto non trattenne una risata e lei lo vide alzarsi e fare il giro del tavolo avvicinandosi; lei rimase di sale per quella vicinanza, ma i brividi la invasero quando lo vide abbassarsi leggermente verso di lei con aria insolente

–Ormai sei qui, non pensare minimamente di lasciarmi da solo ad affrontare la gentilezza della mia famiglia!- la provocò lui apertamente e dopo un attimo di stupore a quelle parole, Alex si ritrovò ad arricciare le labbra in un sorriso; non poteva credere che le stesse dicendo che la voleva lì con lui,  ma sapeva che poteva essere difficile giustificare la loro convivenza, qualora gli avessero continuato a chiedere spiegazioni

-Ma..- cercò di replicare ma si fermò quando lui le sorrise, a un soffio dal viso

-Voglio che rimani con me, Alex- le disse pianissimo -ancora per un pò- aggiunse lasciandola completamente senza fiato

-Pensi di potermi fare questo favore?- le chiese lui continuando a starle troppo vicino e guardandola con quel mezzo sorriso e quegli occhi da non farle capire assolutamente nulla, si ritrovò a fare un leggero cenno d'assenso con il capo e lui ampliò quel sorriso mostrandole quel viso che tanto amava

-Bene- soddisfatto si rimise in piedi allontanandosi da lei che si ritrovò finalmente a respirare

- Ci vediamo tra un po'- le disse avviandosi verso la porta, mentre una vicina dentro di lui lo sbeffeggiava perchè come al solito, prima del suo arrivo aveva pensato di potersi controllare, cosa che puntualmente sfumava nell'oblio appena la vedeva, arrivando di nuovo a stargli troppo vicino

-Dove vai?- gli chiese lei facendolo fermare

–Devo fare delle cose, oggi- rispose poco convinto, Alex si strinse nelle spalle

–Potrei venire con te?- quella domanda le uscì senza che avesse avuto il tempo di pensare se dirla o meno cogliendolo alla sprovvista e lo capì nell'espressione interdetta che le rivolse; 

–Senti Jason- si affrettò a dire –scherzavo, ma davvero prendo un taxi e torno a casa, credo sia la cosa migliore- si girò a guardare il piatto davanti a sé, convinta di aver invaso la sua privacy

–Hai quindici minuti e non pensare di sfuggirmi, hai qualcosa da raccontarmi, o sbaglio?- le disse stupendola e quando si voltò lo trovò vicino la porta che le sorrideva, non sapendo che lui avesse già deciso di perdere con lei.

****

Faceva freddo, nonostante un tiepido sole illuminava le strade dove la gente camminava veloce, Alex guardava incantata dal finestrino la quotidianità di Londra

-Dove andiamo?- chiese dopo qualche minuto scandito dalla musica della radio, quando si girò a guardare Jason rimase ad osservare il profilo dell'uomo, i suoi ciuffi scuri gli ricadevano sulla fronte, aveva un'espressione seria ma rilassata, non si era fatto la barba che leggera gli ricopriva le guance e il mento

–Devo vedere un cliente, mi deve commissionare non so cosa, mi ha mandato un messaggio ieri- rispose –poi devo andare a comprare alcune cose per il lavoro- aggiunse

–Sicuro che possa venire con te?- gli chiese e lui arricciò le labbra in un sorriso

–Se non ti avessi fatto venire, te la saresti squagliata- disse rivolgendole uno sguardo eloquente facendola ridere

-Mi dirai tutto con più calma dopo, Alex, ma vorrei sapere se sarà così difficile affrontare i funzionari- Alex si strinse nelle spalle e osservandolo vide il suo sorriso lasciar spazio ad un'espressione più seria, lei sospirò

-Credo di sì, ma dipenderà soprattutto da noi- rispose vedendolo contrarre la mascella e fare un leggero cenno con il capo mentre con facilità parcheggiò per poi guardarla

-Siamo una squadra no? Ce la faremo- le disse ritrovando il sorriso che subito la contagiò

-Dai andiamo- la sollecitò lui aprendo lo sportello

Alex osservò il bell'edificio moderno, alcune persone distinte entravano e uscivano dalla grande porta a vetri scorrevole – Credo sia meglio se ti aspetto in macchina- affermò

–Non dire fesserie, non sei un cane! Per oggi avrò un'assistente, basta che non apri bocca- lo fissò poco convinta ma non volendo discutere, scese dall'auto e lo seguì all'interno.

Lo vide muoversi con disinvoltura, facendo presupporre che conoscesse bene il posto, Alex lo seguì verso la reception dove salutò un ragazzo con una stretta di mano

–Ciao Jason, è bello rivederti!- Jason ricambiò il saluto –Ti sta aspettando nel suo ufficio, vai pure conosci la strada- gli disse il ragazzo prendendo una telefonata, Jason le fece un cenno con il capo per poi proseguire verso il corridoio; Alex, poco dietro di lui osservava affascinata i diversi uffici vetrati, alcune persone svolgevano il loro lavoro seduti nelle proprie postazioni, vestiti in maniera impeccabile

–Di cosa si occupano?- chiese vedendo un uomo mostrare come degli schizzi ad almeno dieci ragazzi in una stanza –Sono dei pubblicitari- le rispose l'uomo arrivando a fermarsi davanti ad una porta per poi girarsi a guardarla

–Tieni, assistente- la canzonò dandole in mano un quadernino con una penna, Alex lo guardò ridendo mentre lui bussò e una voce femminile all'interno permetteva l'ingresso.

-Jason! Che bello rivederti!- ad accoglierli Alex si trovò a guardare una bellissima donna sui quarant'anni, biondissima ed estremamente elegante nel suo completo gessato grigio, aveva bellissimi occhi verdi e il trucco sapientemente usato li risaltava ancora di più, li accolse con uno splendido sorriso alzandosi dalla scrivania in legno scuro dietro la quale vi era un'ampia vetrata affacciata su un bellissimo giardino

–Ciao Camille- la donna lo abbracciò di slancio mentre Alex osservava il tutto sforzandosi di rimanere indifferente, puntando i suoi occhi sull'ampio ufficio e i vari quadri alle pareti

–E'davvero tanto che non ci vediamo- continuò la donna sinceramente felice

–Almeno un anno, da quando sei andata a New York- fece Jason e lei sospirò, staccandosi da lui

–Mamma mia hai ragione! E' davvero tanto, troppo- disse posando una mano sul braccio di Jason in modo confidenziale, solo in quel momento sembrò accorgersi di Alex in assoluto silenzio, poco distante

–E lei?- chiese la donna curiosa posando quelle gemme verdi su Alex che deglutì in imbarazzo

–Lei è la mia assistente, Alex- la presentò Jason e ad Alex non sfuggì quello sguardo ironico che le stava rivolgendo trattenendosi anche lei dal ridere, tese la mano alla donna

–Molto piacere –rispose gentile

–Piacere mio, sono Camille McFith, accomodatevi- ed indicò il divano di pelle marrone addossato alla parete, in netto contrasto con le due belle poltrone di colore bianco

–Vi posso offrire un caffè?- chiese loro Camille andando verso una sorta di bancone posizionato accanto alla scrivania e alle due maestose librerie

–Si, molto volentieri- rispose Jason

-Sempre amaro e con una punta di latte- specificò la donna che sorrise al moro

-Ti ricordi bene- asserì Jason

-Per te Alex?- chiese iniziando a trafficare

-Normale va bene- rispose la ragazza sedendosi accanto a Jason e sentendosi come un pesce fuor d'acqua

–Allora, che mi racconti di bello?- chiese la donna avvicinandosi con un vassoio con sopra le tazzine di caffè e qualche biscotto che posò sul tavolinetto; Alex la vide muoversi con grazia, accomodarsi sulla poltrona accanto a Jason e accavallare quelle lunghe gambe in un gesto estremamente elegante, tutto di quella donna trasmetteva classe e raffinatezza, se solo avesse potuto sarebbe tornata volentieri in auto

–Il solito direi, tu piuttosto, come è stata l'esperienza oltreoceano?- chiese Jason iniziando a sorseggiare il suo caffè, anche Alex iniziò a berlo, cercando di rimanere il più composta possibile

–Bello, ma non vedevo l'ora di tornare- ammise la donna –è stato sicuramente un salto di qualità per il mio studio, ma sinceramente New York non fa per me, preferisco Londra - aggiunse finendo il suo caffè per poi sorridere ad Alex

–E tu come mai hai dovuto usufruire di un'assistente? Hai aumentato il lavoro?- chiese curiosa, Jason sorrise senza guardarla –In un anno diverse cose cambiano, Camille- rispose, ma Alex ebbe la sensazione che quella frase alludesse ad altro, la donna sospirò e si sforzò di sorridergli.

–Allora, che posso realizzare per te?- chiese Jason sistemandosi meglio sul divano, la donna a quel punto posò la sua tazzina ormai vuota

–Ho necessità che restauri alcuni mobili dell'800- Jason rimase sorpreso a quella richiesta

–Non sarebbe meglio che chiedessi a un restauratore?- ma la donna scosse la testa

–No, preferisco che te ne occupi tu, si tratta di mobili a cui tengo molto, fanno parte del lascito di mio nonno, non voglio che nessun altro si occupi di questo- sembrava molto risoluta e il tono da lei usato non ammetteva un rifiuto, Jason sospirò e girò il volto verso Alex che era rimasta immobile ad ascoltare

–Inizia a scrivere- le disse seccato e Alex quasi sobbalzò aprendo il quadernino

–Bene, dato che non credo io possa rifiutare conoscendoti, ho bisogno di sapere intanto di che tipo di mobili parliamo e poi dovrò vederli- disse, Camille sorrise soddisfatta e iniziò a snocciolare una serie di informazioni che Alex appuntò sul quaderno

–Dove si trovano per poter fare una prima analisi?- chiese Jason alla fine

– I mobili sono a casa mia, puoi venire domani sera, se vuoi- Alex chiuse il quadernino e deglutì stranita da quell'informazione, aveva notato il modo in cui Camille guardasse Jason, anche se lui non sembrava per nulla turbato, anzi lo vide sospirare e alzarsi

–D'accordo verrò da te per le 18- disse alzandosi per avviarsi verso la porta, seguito subito da una Alex felice di potersene andare

–Cenerai con me- le parole di Camille inchiodarono Jason, ma anche Alex si pietrificò

–Non mi occorrerà molto tempo Camille, devo solo fare un primo sopralluogo- precisò girandosi verso la donna e verso Alex dietro di lui

–Lo so, ma ho voglia di passare un pò di tempo con te- il tono dolce di Camille fu come una doccia gelata per Alex rimasta immobile; gli occhi di Jason si fecero attenti sulla donna, poi però abbassò lo sguardo verso Alex che lo fissava con occhi sgranati e un leggero sorriso spuntò sulle labbra dell'uomo

–No, non mi fermerò, Camille- detto questo si girò ed uscì rapidamente senza darle modo di dire altro, Alex deglutì e si trovò a girare il capo per salutare la donna, trovandola con sguardo ferito che fissava la porta dove Jason era sparito, dandole la conferma che il loro non era stato un parlare a caso, come non lo era stato il modo in cui quella donna si era mostrata a Jason.

Una volta in strada Alex si ritrovò a respirare a pieni polmoni, rendendosi conto di aver trattenuto il fiato e avvertendo di nuovo quella sensazione fastidiosa all'altezza dello stomaco da crearle un certo disappunto , come quando vedeva Jane insieme a lui: stava prendendo in seria considerazione il fatto che si trattasse di pura e semplice gelosia.

Salì in auto porgendo a Jason il suo quaderno

–Tieni ho scritto tutto- e non riuscì a mascherare il tono seccato che le aveva provocato tutta quella situazione, lui la fissò un attimo per poi sogghignare

–Non mi serve- rispose lasciandola stupita e poi stranita

–Come non ti serve?- chiese sentendolo ridere immettendosi nel traffico

–Dovevo giustificare la tua presenza, no?- a quella frase Alex aprì la bocca sconcertata, l'aveva fatta scrivere tanto per farle fare qualcosa

–Sei davvero il peggiore!- sbottò incrociando le braccia, ma distendendo le labbra in un sorriso 

-Non sai quanto- le rispose scoppiando a ridere, nel pensare che farla andare con lui era stato puro egoismo, certo che poteva attenderlo in auto, ma lui voleva averla accanto, senza se e senza ma, finchè fosse stato possibile e al diavolo tutti.

****

Poco dopo l'auto di Jason si fermò in un grande magazzino e Alex, dapprima entusiasta, si ritrovò a gironzolare tra gli infiniti reparti, c'era di tutto dalla falegnameria, alle vernici, a materiali da costruzione, a piante, piuttosto che arredamento da giardino

–Mi fanno male i piedi- esordì dopo una mezz'ora che giravano, Jason era intento a scegliere fra un paio di barattoli 

–Hai appena 19 anni e ti lamenti per due passi?- la canzonò senza guardarla, decidendo di prenderli entrambi infilandoli nel cestino che portava già pieno 

–Ne ho 20 fra poco- precisò con una punta d'irritazione -c'è così tanta roba e gente che mi gira la testa- aggiunse vedendo la miriade di persone che affollavano il magazzino

–E va bene, hai fame?- le chiese guardandola e lei si ritrovò ad arrossire mentre il suo stomaco a quella domanda aveva risposto per lei facendo ridere di gusto Jason che s'incamminò verso le casse, seguito da Alex rossa di vergogna. 

Erano in fila quando il telefono di Jason iniziò a squillare e vedendo il nome sul display, fu costretto ad allontanarsi un poco per poter rispondere, mentre Alex iniziò a sistemare tutto sul rullo della cassa 

–D'accordo allora facciamo alle 18 oggi, si non c'è problema a dopo- lo sentì dire prima di riattaccare e riavvicinarsi alla cassa con il volto un pò adombrato

–Tutto bene?- gli chiese Alex mentre lo seguì  dentro il primo fast food subito lì fuori, preoccupata che fosse qualcosa riguardante il padre

–Era Camille- le rispose lui seguendo un ragazzo che li accompagnò ad un tavolino porgendo loro due menù.

A quell'affermazione Alex sentì di nuovo quel saporaccio in bocca 

–Ha cambiato idea? – chiese forse con una punta di speranza che quei due non si incontrassero più, lo vide sospirare chiudendo il menù e facendo un cenno al ragazzo che stava poco distante

–Per me un numero 15 con salsa piccante, tu Alex?- le chiese e lei si trovò a dire il primo numero che trovò sul menù, seguirono attimi di silenzio tra di loro, l'unico vociare era dato dagli altri clienti e da una musica in sottofondo

–Domani non può e vuole vedermi stasera- Alex ringraziò il ragazzo che aveva portato loro da bere, perchè sentì il gran bisogno di far sparire l'arsura che sentiva alla gola, anche Jason iniziò a sorseggiare la sua birra guardando fuori la vetrata

–E dov'è il problema?- si trovò a chiedere, non capendo tutto il malumore dell'uomo, mentre il suo era aumentato a dismisura

–Camille è un tipo che non ammette che qualcuno non accetti i suoi piani, avrà qualcosa in mente – Alex si spostò per far posare il piatto al cameriere che subito si dileguò, per un attimo annusò il profumo di carne e di patatine e iniziò a mangiarne un paio

-Vi conoscete da molto?- chiese cercando di non mostrarsi troppo interessata, lui fece un cenno d'assenso addentando il suo panino

-Da diversi anni- aggiunse dopo poco -Ho lavorato per suo padre, quando mi ha commissionato alcuni mobili per una loro proprietà- Alex stava ascoltando, ma il tarlo nel suo orecchio ormai aveva iniziato a darle fin troppo fastidio

–Avete avuto una storia?- a quella domanda diretta gli occhi di Jason si aprirono sorpresi, Alex arrossì, ma una parte di lei si stava rodendo il fegato nel senso più letterale del termine e aveva bisogno di saperlo; lo vide posare il panino e pulirsi la bocca per poi prendere un altro sorso di birra

–Era così evidente?- le chiese a sua volta l'uomo, facendola sentire tremendamente in imbarazzo; non avevano mai parlato di certi argomenti, a dirla tutta non avevano mai parlato abbastanza, per cui si sentì tremendamente inopportuna, ma non riusciva a fermarsi, così fece un cenno d'assenso continuando a mangiare

–Diciamo che ci siamo frequentati per un pò, niente di serio, poi lei è partita- Alex guardò in quegli occhi blu e sentì il peso delle tante cose che ancora non conosceva e forse non avrebbe mai saputo sul suo passato

–Ma Jane?- chiese e lo vide prendere una lunga sorsata della sua birra, mentre un sorriso amaro gli colorì le labbra

–Ci sono cose che forse alla tua età non sono chiare..ma sai a volte..- sembrò improvvisamente a disagio, come se non riuscisse a parlarle apertamente e quel suo modo di fare la fecero scattare

–Ho capito, era solo sesso con entrambe- lo anticipò vedendolo ammutolirsi alla sua frase, mentre lei percepì un rancore e un senso di fastidio mai provato prima, ma cercò di rimanere indifferente il più possibile, concentrando la sua attenzione al piatto che aveva davanti

-Sì- lo sentì affermare dopo un lungo silenzio e di nuovo i loro occhi si incrociarono

–Sono state solo storie di sesso- e fu strano anche per lui dirlo ad alta voce, come se per la prima volta si trovasse a pensare che in realtà, sia con Jane che con Camille, non era riuscito ad instaurare alcun tipo di rapporto, nonostante le avesse frequentate per anni, se non un alleggerimento per corpo e mente in quegli sprazzi di tempo, niente di più; al contrario, con Alex, si sentiva già troppo coinvolto.

Alex abbassò il capo sentendosi ferita per quell'ammissione, come se qualcosa le bruciasse all'altezza del cuore, o forse era lo stomaco? Bevve, ormai priva di appetito, per poi alzare lo sguardo sull'uomo che ora aveva posato il viso ad una mano e osservava fuori dalla vetrata mangiando svogliatamente qualche patatina, immerso in chissà quali pensieri; era di una bellezza da levarle il fiato e per un attimo ebbe come la percezione di poter quasi immedesimarsi in quelle due donne, in quel dolore che sicuramente provavano nel non poter stare con lui, perchè Jason, senza neanche rendersene conto, diventava qualcuno a cui non si voleva rinunciare; lo sapeva bene lei che il solo immaginarsi lontano da lui, le procurava una fitta al cuore da lasciarla senza parole.

Gli occhi le divennero subito liquidi, perchè non avrebbe mai voluto rinunciare a lui, rischiare di non poterlo vedere, di non poterlo sentire parlare, arrabbiarsi, borbottare, ridere. La morsa alla sua anima strinse forte levandole il respiro

 –So che ai tuoi occhi io sia solo un poco di buono– la voce bassa dell'uomo la riscosse, lo disse senza guardarla, mentre lei si trovò ad aprire la bocca sorpresa da quell'affermazione

 –Non faccio certo una bella figura affermando le mie storiella ad una ragazzina che si sta affacciando al mondo solo ora, mi dispiace, ma sappi che non tutti gli uomini sono come me- Alex sentì il suo cuore farsi pesante e indolenzito; lui continuava a non guardarla

-Molti ragazzi che incontrerai avranno la testa sulle spalle, non faranno quello che io ho fatto a Jane e Camille- solo allora la guardò e quello sguardo la trafisse 

–Devi trovarti un bravo ragazzo, Alex- le disse –una persona che prima di sè stesso metta te in cima a tutto, che gli basti vedere che stai bene per essere a sua volta felice, che faccia di tutto per te e non perchè glielo chiedi, ma perchè sente che non potrebbe fare altrimenti- si fermò e lo vide abbassare la testa, non vedendo il dolore che Jason ricacciò nel suo più intimo essere, sopprimendolo con tutte le sue forze. 

 –Faremo il matrimonio per permetterti di vivere la tua vita, finalmente libera da tutto il tuo passato, ma voglio che mi prometti che cercherai di essere felice, che troverai un ragazzo che si prenda cura di te e che insieme creiate il futuro che vorrete- perchè sapeva che doveva andare così, infondo.

Alex sentì i suoi occhi farsi ricolmi di lacrime 

–Jason io..-ma lui alzando lo sguardo la fermò, anche il suo era stranamente liquido e malinconico –Promettimi che sarai felice e questo compromesso tra di noi diventi solo un ricordo che non minerà la tua felicità- 

Alcune lacrime rigarono il volto di Alex che si alzò di scatto dalla sedia ed uscì dal locale

  
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