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Autore: Sabriel Schermann    25/06/2020    4 recensioni
[SCRITTA NEL 2014]
Vite che si intrecciano all'infinito.
Una storia di crescita, delusioni e amori giovanili.
Esperienze che formano il nostro essere, che plasmano la nostra anima.
L'arte nella sua forma più pura, vista attraverso gli occhi di un'anima creativa.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La notte Noël dormì su una panchina scomoda, poco lontano dal Campo di Marte, il giardino su cui si innalza la torre simbolo della Francia.
Fece molta fatica ad addormentarsi e non ebbe il coraggio di chiudere gli occhi.
Sembrava che la torre la sovrastasse e che volesse rimproverarla per ciò che aveva avuto il coraggio di fare. Lo stesso successe i giorni seguenti; la notte faceva freddo, anche se era giugno, e anche se cercava di reprimerla, Noël aveva una paura immensa.
Vagando solitaria per Parigi per la prima volta, aveva preso pienamente coscienza di ciò che era e soprattutto di ciò che erano le proprie possibilità, ma sapeva di non poter tornare indietro. Aveva compiuto una scelta e avrebbe dovuto pagarne le conseguenze.
Ma la vera e propria angoscia doveva ancora arrivare.
Quel giorno, diretta a nord – est di Parigi, passò davanti al cancello chiuso di una biblioteca e se non fosse stato per quella strana ragazza non se ne sarebbe nemmeno accorta: una donna sui trent'anni, alta e snella e con una sigaretta in mano passeggiava avanti e indietro di fronte all'entrata, evidentemente aspettando che si aprisse.
Di tanto in tanto si portava la sigaretta alle labbra e inspirava, i capelli morbidi sciolti sulle spalle, il vestito rosa svolazzante.
Nonostante non facesse nulla di particolare, Noël pensò possedesse una classe che aveva visto in poche persone fino ad allora. Possedeva la grazia di una dama reale, la bellezza vera e profonda di chi ha vissuto una vita densa di emozioni e di chi è pieno di saggezza.
Poi il mozzicone si spense e lei lo gettò a terra, schiacciandolo energicamente con una suola.
Improvvisamente, senza che entrambe se ne rendessero conto, i loro sguardi si incrociarono e la ragazzina le sorrise leggermente, forse per giustificare la sua curiosità, o forse no.
Ma la donna si voltò dall'altra parte, camminando dandole le spalle, e Noël continuò per la sua strada. Si allontanò un poco e si volse, vedendola concentrata su un cartello del cancello ancora serrato.
D'improvviso, provò un'enorme paura di quella donna. Paura delle persone come lei, così perfette.
E se da adulta fosse diventata così? Che cosa avrebbe fatto, e che cosa sarebbe successo?
Poi si mise quasi a correre, allontanandosi il più possibile da lì, da quella donna, da Parigi.
Il mattino dopo si sarebbe svegliata molto presto e si sarebbe messa subito in viaggio.
Voleva andare al Quartiere Latino. Prima però, avrebbe fatto una sosta al Pantheon e alla Sorbona.
Poi avrebbe continuato a percorrere la strada dei sogni.

 

~

 

La mattina del giorno seguente Denis tornò alla bottega, riprendendo il lavoro da dove lo aveva interrotto.
Erano tre giorni ormai che non sentiva Noël ed era preoccupato. Non era mai passato così tanto tempo senza che si sentissero.
Così quel pomeriggio decise di andare a casa sua: quando arrivò, suonò due volte prima che una donna dagli occhi rossi e stanchi e i capelli in disordine gli venisse incontro.
Ewa attraversò rapidamente il vialetto e, senza nemmeno salutarlo, gli fece una domanda che lo lasciò perplesso: «Dov'è Noël?»
I suoi vestiti erano semplici e sembrava che non si fosse mossa di casa da qualche giorno. I suoi occhi si assottigliarono alla potente luce del sole.
«Pensavo che lei lo sapesse» rispose Denis, «sono qui per questo».
La donna lo guardò come se possedesse una risposta, qualsiasi essa fosse, e solo allora il ragazzo notò un piccolo ciondolo azzurro al suo collo, un cuore decisamente stonante in quel contesto.
Poi, una frase.
«È scomparsa ieri» mormorò la donna sul punto di piangere. «Ieri mattina non c'era e nemmeno ieri sera è tornata a casa!»
Denis rimase un attimo sconcertato. Tutto intorno a loro era immobile.
«Perché non chiama la polizia?» riuscì soltanto a domandare il giovane. La donna non rispose e lo guardò supplichevole, con le lacrime agli occhi e una mano chiusa a pugno sulla bocca.
Lui la guardò intensamente e in quel momento le fece un'immensa tenerezza: sembrava una bambina innocente e Denis poteva sentire le parole volare nell'aria: Salvami.

 

~

 

Quella sera Noël aveva molta fame: era quasi un giorno intero che non metteva nulla sotto i denti. Decise di entrare in un modesto locale poco lontano dal Pantheon e prese posto accanto alla finestra.
Sapeva di non poter resistere ancora per molto. Sapeva che, se avesse voluto sopravvivere, sarebbe dovuta tornare a Montmartre e allora chissà che cosa sarebbe successo.
Tentò di guardare fuori: le luci del locale erano forti e luminose e i loro riflessi le impedivano di ammirare il paesaggio esteriore. Di tanto in tanto vedeva qualcuno passare e entrare, e le parole si accumulavano le une sopra le altre creando soltanto tanto rumore.
I soldi le sarebbero bastati ancora per qualche giorno; poi avrebbe dovuto cavarsela completamente da sola.
Spostando lo sguardo, vide un uomo e una donna eleganti sedersi al tavolo di fianco al suo e due giovani ridere spensierati al tavolo anteriore.
Tutti sembravano divertirsi, tranne lei: pensava di essere scappata per trovare la sua strada, ma in realtà era tutto un gioco.
Tutte le strade sono uguali: non conducono da nessuna parte.
Una musica classica la distrasse dai suoi pensieri. Ci volle un po', ma la melodia zittì tutti e in pochi minuti all'interno del locale ci fu completo silenzio.
La sua visuale si spostò sul piccolo palco al centro del locale, dove una figura alta e muscolosa si ergeva in tutta la sua bellezza.
Ma un attimo dopo la musica terminò, dando inizio ad un'altra: la figura iniziò a muoversi e a ballare e ben presto tutti rimasero ipnotizzati dalla sua danza. Una benda bianca gli copriva gli occhi e i suoi piedi si muovevano veloci scalzi sulla sabbia sparsa sul palcoscenico.
Sembrava un grande angelo che danzava al cospetto di Dio.
I muscoli erano scolpiti sul suo petto e Noël rimase incantata dall'atmosfera che era riuscito a creare quel ragazzo in poco tempo attorno a sé. Quando la danza terminò, l'uomo scese dal palco e scomparì dietro i pesanti tendoni rossi, la musica terminò e il brusio rianimò il locale.
Era stato magnifico. Anche se era durato poco, tutti ne erano rimasti conquistati. Quel giovane pareva sceso dal cielo apposta per illuminare Parigi e farla sognare con la sua grazia.
Fissò il palco ancora qualche minuto, sperando che tutto a un tratto lo sconosciuto ricomparisse e ricominciasse la sua danza.
Improvvisamente, si ricordò una frase di Burroughs: la cosa più pericolosa da fare è rimanere immobili.
Da quel momento in avanti avrebbe fatto soltanto ciò che le andava di fare.
Nient'altro.

 

~

 

Śródmieście, Breslavia, agosto 2007

Una bambina dai capelli rossi e un nastro rosa sulla testa rise rumorosamente alle parole della nonna. Camminando, poteva vedere le case a schiera rosse, verdi e blu accostate le une accanto alle altre.
Lontano, alla fine della strada, un breve rivolo d'acqua scorreva, azzurro e pulito in una giornata limpida come quella di agosto di quell'anno.
Per la strada, la bambina guardò incuriosita alcuni gnomi di ferro con ai piedi delle insegne, ma non riuscì a leggere ciò che ci fosse scritto, perché la nonna la trascinò subito verso il fiume.
Ne vide altri, ma ancora non sapeva che erano il simbolo di Breslavia per eccellenza e che ce ne sarebbero stati ovunque sul loro cammino.
La donna teneva stretta la manina della bambina raccontandole la sua storia, e lei gradiva immensamente tutto ciò.
Camminando lungo il fiume, raccontava della Seconda Guerra Mondiale, di come la Polonia fosse stata rasa al suolo dalle bombe, di come lei fosse riuscita fortunatamente a sopravvivere. Le raccontò di suo padre, che un giorno partì per Varsavia e non tornò più.
Nonna Sofia possedeva una fattoria con un immenso terreno e la bambina, durante quel breve soggiorno aveva avuto modo di accarezzare la lana soffice delle pecore, farsi leccare le mani dalle capre, imparare a mungere le mucche e raccogliere le uova delle galline.
Ogni mattina il gallo la svegliava col suo canto squillante e ogni volta che scendeva le scale per la colazione la nonna era già in piedi, pronta per lavorare. In dieci giorni le insegnò a cucire, a ricamare e a piantare i semi delle verdure nel terreno.
Quando era in sua compagnia Noël era felice e spensierata. Furono giorni magnifici per lei.
La casa della nonna era grande, e a lei era stata affidata la vecchia camera dell'unico fratello di sua madre, Michał. Lui ora viveva in un'altra città e la sua stanza era quasi vuota, a eccezione del piccolo armadio, il letto e una fotografia sul comodino.
Era la foto di un uomo con i capelli completamente bianchi e gli occhi grigi come pietre levigate dalle onde del mare; il naso era storto e le labbra parevano secche e consumate dal tempo.
Nella foto, l'uomo aveva la bocca socchiusa, ma non sembrava un sorriso ciò che aveva dipinto in volto: pareva più un ghigno di stupore, come se l'autore della foto l'avesse immortalato di sorpresa, senza alcun preavviso.
Nell'angolo inferiore dell'immagine si intravedeva il lembo di una maglia azzurra, forse un maglione di lana.
«Nonno Stefan...»
L'anziana donna si sedette sul letto. «Sfortunatamente tu non l'hai mai conosciuto, tesoro».
Emise un lieve sospiro: «È stato un bravo marito e un buon padre».
In quei giorni, Noël aveva avuto modo di conoscere anche i suoi cugini, Marek e Stefan.
Marek aveva quattordici anni e spesso se ne stava in disparte, con gli adulti. La bimba non riusciva a capire se lo facesse solo per sentirsi grande o perché veramente si annoiava con loro.
Un giorno la nonna le chiese di raccogliere le ultime pesche dal grande albero, esattamente al centro del suo terreno, poco lontano dalla casa.
Marek fu l'unico a volerla accompagnare; camminarono l'uno di fianco all'altro, osservando il cielo al confine del campo verde e improvvisamente lui le chiese come si vivesse in Francia, se fosse diverso e migliore.
Noël farfugliò qualcosa e il cugino sembrava non avere voglia di insistere.
«Vuoi andartene da qui?»
Invece di raccogliere i frutti, il ragazzo si accasciò ai piedi della pianta. Lei lo imitò, senza ripetere la domanda.
Stettero in silenzio per quelli che parvero minuti, quando finalmente Marek rispose con un sospiro rassegnato.
«Tak. Sì, Noël».
Lei comprese e non rispose. Restarono a guardare l'orizzonte fatto di grano e campo e cielo.
Cielo azzurro come quello di Montmartre.
«E dove vorresti andare?»
Il ragazzo esitò. «Non lo so. Via e basta».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note d'autrice:

Rileggendo ed editando questo capitolo mi sono resa pienamente conto di quanto scrivessi male sei anni fa ^^''
Per cui ora mi rivolgo ai lettori che mi seguono: notate delle differenze sostanziali tra questa storia e le più recenti? Quali sono secondo voi?
Non abbiate paura di offendermi, sono curiosa!


   
 
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