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Autore: MauraLCohen    27/06/2020    2 recensioni
[Post finale quarta stagione]
Sandy, Kirsten e Sophie Rose durante un blackout.
Dal Testo:
« Va tutto bene, scimmietta » provò a rassicurarla. « Ti sei fatta male? »
« Fa male dappertutto » replicò Sophi, la voce straziata dal dolore.
Kirsten si chinò a baciarle la fronte mentre sentiva il cuore dilaniarsi ad ogni singhiozzo della figlia.
Genere: Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kirsten Cohen, Sandy Cohen, Sophie Rosie Cohen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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{Finalmente mi sono diplomata e posso tornare a dedicarmi interamente alle pubblicazioni.}

***
 Il prompt è di Meras Anderson dal gruppo Facebook Hurt/Comfort Italia - Fanfiction e Fanart, a cui spero piaccia il fill

***
Parole chiavi: altezza, lanterna, costole.

[ Nel testo sono evidenziate in grassetto ]

***

 

Brutte cadute 

 

Berkeley era, ormai, prigioniera di un violento temporale da tre giorni: pioveva a dirotto e i fulmini creavano nel buio del cielo venature di luce violacea terrificanti. In strada non si udiva un fiato, solo lo scrosciare della pioggia contro l’asfalto e qualche lampione che si stava per bruciare.

Kirsten sedeva sul divano con la testa poggiata sulla spalla di Sandy, erano avvolti in una calda coperta e la luce dell’allegra fiamma del camino rischiarava i loro profili e proiettava le loro ombre sulla parete. Guardavano la tv, un vecchio film in dvd che Sandy aveva recuperato in uno scatolone in garage; a nessuno dei due pareva interessare granché, ma almeno quello era un modo per cercare di ammazzare la noia di quei momenti, dato che non potevano uscire a causa del maltempo né potevano spendere un po’ di tempo di qualità  insieme, visto che la piccola Sophie Rose era al piano di sopra, nella sua cameretta, pronta a correre giù dalle scale ad ogni tuono per nascondersi tra le braccia della mamma, la quale era subito pronta a cullarla amorevolmente.


« Metto un altro film? » domandò Sandy con un sorriso beffardo stampato sul viso mentre guardava la testa di Kirsten crollare sulla sua spalla. 

Sentendo la voce del marito, la donna si ridestò rapidamente.

« Uhm? N-no! » si affrettò a dire, biascicando le parole. « Stavo solo riposando gli occhi. »

Sandy scoppiò a ridere, poggiando la propria testa sulla sua. « Ahn Ahn. Come no! »

« Sandy! Piantala. Non stavo dormendo » protestò Kirsten. 

« Kirsten! Stavi proprio dormendo invece » replicò lui, imitando il suo tono di voce per prenderla in giro. 

« Non sei divertente » concluse lei, pizzicandogli il braccio indispettita. Dalle labbra di Sandy scappò un gemito che la fece sorridere soddisfatta e prima che il marito potesse muoversi per vendicarsi, la casa venne avvolta dal buio. 

Tutte le lampadine accese nelle stanze, i lampioni in giardino e la tv si spensero contemporaneamente, facendoli sobbalzare entrambi.

« Aah! Maledizione, non ci voleva. È un blackout. » La voce dell’uomo ruppe il silenzio, mentre con la mano cercava quella di Kirsten. Sapeva quanto il buio la agitasse; dopo la Suriak, prendeva sonno a fatica se lui non era sdraiato accanto a lei e l’oscurità la soffocava. Aveva perso il conto di quante notti, dopo la riabilitazione, l’aveva sentita rannicchiata accanto a lui, tremando.

Kirsten sospirò appena sentì la mano di Sandy stringere la sua. 

« Non ci voleva no! » commentò. 

Era rigida, il marito lo percepì immediatamente e le si avvicinò, avvolgendole le spalle con un braccio. 

« Va tutto bene » la tranquillizzò. « Dovremmo cercare le torce e le candele » provò a suggerirle poi, ma non fece in tempo a finire la frase che dalle scale arrivò il rumore di piccoli passi veloci, accompagnati da urla disperate. 

« Mamma!? » stillava Sophie Rose, la più piccola dei tre fratelli Cohen.

Piangeva. 

« Mamma?! Dove sei!? MAMMA! »

« Sophi, sono qui » rispose Kirsten, staccandosi dal marito e alzandosi subito in piedi per cercare di raggiungere le scale. Non importava quanto si sentisse turbata, se la sua bambina aveva bisogno, lei sarebbe stata lì. È quello che fa un genitore: mettere i propri figli prima di ogni cosa.

Se lo avesse fatto anche Caleb, forse non ci sarebbero stati la Suriak, le notti insonni e la paura di trovarsi al buio da sola –  Kirsten non poté fare a meno di pensarci mentre aggirava il divano. 

« Tesoro stai calma » continuò a ripetere, cercando di orientarsi nel lungo corridoio e provando ad evitare i mobili spigolosi. 

« Mamma, dove sei? » 

Sophie Rose scendeva  velocemente l’enorme scala a due rampe e Kirsten cercò di capire dove fosse la figlia seguendo il rumore dei suoi passi. 

« Non correre, rischi di cade... » Non finì nemmeno la frase, che la sua voce venne brutalmente interrotta da un suono sordo, come di un sacco pesante che rotolava giù per i gradini.

« MAAAMMAAA! » L’urlo di dolore e terrore arrivò forte e chiaro alle orecchie di Kirsten, che corse immediatamente nella direzione da cui arrivava il grido d’aiuto della bambina.

« Sono qui, Sophi, tranquilla. » Kirsten iniziò a tastare il pavimento cercando di individuare il corpo della piccola che continuava a piangere. Quando finalmente le sue dita la sfiorarono, Kirsten le accarezzò il viso. 

« Va tutto bene, scimmietta » provò a rassicurarla. « Ti sei fatta male? »

 « Fa male dappertutto » replicò Sophi, la voce straziata dal dolore. 

Kirsten si chinò a baciarle la fronte mentre sentiva il cuore dilaniarsi ad ogni singhiozzo della figlia. 

« SANDY?! » strillò, voltandosi verso quello che doveva essere il soggiorno. O la cucina? Ah, al buio era impossibile orientarsi!

L’uomo udì appena il richiamo della moglie. Era uscito in giardino nel tentativo di recuperare una delle lanterne che illuminavano il divanetto sotto il patio. Ne afferrò una in fretta e furia e cercò di farsi strada fino a Kirsten. 

« Non riuscivo a trovare una torcia, così... » spiegò, portando la flebile luce vicino al proprio viso, per poi inginocchiarsi accanto alla moglie alla figlia, ora visibile grazie alla fiammella della lanterna

« Sophi, riesci a muoverti? » chiese preoccupato rivolto alla figlia, mentre cercò di aiutarla ad alzarsi. 

Kirsten gli afferrò il braccio prima che potesse arrivare a Sophie Rose. 

« Sandy, è scivolata dall’ultima rampa, potrebbe avere qualcosa di rotto. Un braccio, una caviglia, Dio non voglia, qualche costola. Non possiamo muoverla, dobbiamo chiamare l’ambulanza. » 

Sandy riportò lo sguardo sulla bambina e su quei dolci occhioni azzurri sofferenti. Anche se in preda al panico, Kirsten era rimasta la più giudiziosa dei due ed aveva ragione: dovevano assicurarsi che muoverla fosse sicuro. 

« Scimmietta, devi fare una cosa per papà. Pensi di poterlo fare? »

« Uh Uh » rispose lei tra le lacrime. 

« Brava la mia bambina. Prova a fare un respiro profondo e dimmi se senti dolore al petto. »

Sandy sentì prima l’ispirazione di Sophie e dopo qualche secondo  l’espirazione. Si rese conto che lui, invece, stava trattenendo il fiato mentre con una mano stringeva la spalla di Kirsten, anche lei in religioso silenzio, con gli occhi puntati sul corpicino inerme di Sophie, che era appena visibile grazie alla luce della lanterna.

« No, papà, niente bua » lo rassicurò la piccola. 

Sandy e Kirsten si guardarono sollevati. Niente costole rotte. 

« Ora prova a muovere lentamente prima una gamba, poi l’altra e così le braccia. Dimmi se ci riesci. » Stavolta fu Kirsten a parlare e ancora una volta Sophi ubbidì. 

Provò a ruotare prima un piede. 

« Sì » confermò « Si muove. »

Fece lo stesso anche con l’altro e ripeté esattamente le stesse parole. 

Poi fu il turno delle braccia e per fortuna, si disse Kirsten, era tutto a posto. Allora Sandy la prese subito in braccio, stringendola a sé premurosamente e lasciando che la sua testolina si poggiasse contro il proprio petto. Istintivamente  le baciò i lunghi capelli biondi per rassicurarla. 

« Sei stata bravissima, scimmietta. Adesso passa tutto, non preoccuparti. »

Sandy la condusse fino al divano, dove le sistemò con cura il cuscino sotto la testa, per poi coprirla con il plaid. Le baciò la fronte e le sorrise, cercando di trasmetterle quanta più sicurezza poteva. Vedere la sua principessa agonizzante lo corrodeva dentro e sapere di non poter fare nulla di più per aiutarla lo faceva sentire impotente, incapace di proteggerla.

« Papà? » chiamò Sophie, rivolgendo il suo sguardo nella sua direzione e distogliendolo dai suoi pensieri. Lui si chinò immediatamente sulle ginocchia per potersi trovare alla stessa altezza della sua interlocutrice. 

« Posso avere Ringo? » concluse lei, incrociando lo sguardo del padre.

Sandy le sorrise. 

« Certo, scimmietta. Ora dico a mamma di prendertelo. » 

Ringo era il cagnolino di pezza che Ryan le aveva regalato per il suo quarto compleanno, l’anno prima. Sophie non si muoveva se non lo aveva con sé. Il fratello maggiore le aveva detto che Ringo l’avrebbe difesa quando non poteva farlo lui e lei ci credeva con tutta sé stessa: stringeva quel peluche proprio come faceva con Ryan e non lo lasciava mai.

Quando Kirsten glielo porse, Sophie lo avvolse con entrambe le braccia e affondò il viso nella stoffa di quel cucciolo di Labrador. 

La madre, intanto, le sistemò nuovamente le lenzuola, accarezzandole i capelli prima di raggiungere Sandy in cucina. 

Lo trovò con in mano una torcia, mentre frugava tra i cassetti, mettendo a soqquadro l’intera stanza.

« Tesoro, che fai? » gli chiese, facendolo sobbalzare. 

« Kirsten! Sei tu? » domandò lui, voltandosi di scatto e puntando il fascio di luce dritto sul viso della persona che lo aveva chiamato. 

« Hai un’altra moglie nascosta in cantina? » replicò lei, con fare ironico, portandosi una mano sul viso per evitare l’intenso bagliore biancastro. La caduta dalle scale di Sophie le aveva fatto dimenticare che si trovava in una casa completamente buia. Ora la sua unica preoccupazione era la figlia. 

« Spiritosa! Cercavo le candele. Non le teniamo qui? » Sandy riprese a svuotare l’ennesimo cassetto, puntando la torcia sulle centinaia di cianfrusaglie che stava riversando sul banco da lavoro.

« Non sono lì, Sandy. Mi pare di averle viste nel mobiletto sotto la dispensa » spiegò la donna, indicando l’enorme fila di sportelli in mogano sopra la testa del marito. 

Sandy seguì la traiettoria dell’indice di Kirsten, individuando il punto che gli aveva suggerito. Prese a frugare, in ginocchio, tra i vari strofinacci e grembiuli. 

« Eccole! » esultò dopo qualche minuto, sollevando due lunghe stecche di cera marrone. Si voltò verso Kirsten ma la trovò con il viso rivolto in direzione del soggiorno in cui Sophie era sdraiata. 

« Kirsten? » la chiamò per attirare la sua attenzione. Lei non parve sentirlo, sembrava come in trance. « Tesoro? Iuh uuh? Pianeta terra chiama Kirsten! Rispondi » scherzò ancora, agitando le mani, e finalmente riuscì a ridestarla. 

La donna tornò a rivolgere lo sguardo verso il marito che, ora, si era rimesso in piedi e le camminava incontro con un sorriso amorevole disegnato sul volto.

« Scusa » si affrettò a dire lei « Ero distratta, che hai detto? » 

Sandy sapeva che Kirsten era ancora spaventata per la caduta di Sophie e che in cuor suo continuava ad incolparsi per non essere stata con lei in camera. Era sempre stata protettiva con Seth e Ryan, ma con Sophie Rose aveva toccato livelli mai visti primi e il marito capiva che, in parte, tutta quella iper-protezione era dovuta alle complicanze della gravidanza, alla paura che avevano provato nel pensare di perderla, quando ancora nemmeno credevano che stavano per avere un altro figlio. Quel piccolo scricciolo con gli occhi azzurri e i capelli biondi, che strillava a squarciagola quando arrivavano i suoi fratelli a casa, quando vedeva i genitori tornare da lavoro, era stato un miracolo. Il più bello del mondo. E né Kirsten né Sandy pensavano di meritarlo fino in fondo, temevano fosse tutto  un sogno che sarebbe potuto finire da un momento all’altro e, perciò, ne avevano estrema cura. 
Anche Sandy era preoccupato, da morire, però la loro bambina stava bene, era forte e non c’era bisogno di farsi prendere dal panico. Così abbracciò Kirsten, muovendo le mani su e giù lungo la sua schiena per cercare di tranquillizzarla.

« Ho trovato le candele » le sussurrò, sorridendo. « Tu stai bene? » le chiese, poi, affondando il viso tra i suoi capelli e continuando ad accarezzarla. 

Lei si lasciò distrarre dal tocco gentile delle dita del marito, grata che lui la conoscesse così bene da cogliere in ogni momento ciò che le passava per la mente. Senza Sandy non sapeva come avrebbe fatto. Era davvero l’amore della sua vita e non avrebbe potuto desiderare un padre migliore per i loro figli. 

La preoccupazione, però, non tardò a ripresentarsi e nella testa di Kirsten si figurarono gli scenari peggiori.

« Dovremmo portarla all’ospedale. Non sappiamo se stia realmente bene. Potrebbe avere una commozione celebrale, qualche microfrattura, Sandy... » cominciò a farfugliare, tenendo il viso premuto contro il suo petto. 

« Sophie sta bene! » la interruppe lui. « Guardala » aggiunse, alzandole il mento con due dita e indicandole il divano in cui la loro bambina stava parlando con Ringo di quanto fossero cattive e antipatiche le scale. 

« Devo dirlo a Ryan. Lui le distruggerà con le sue mani.  » La sentirono architettare con voce offesa. Kirsten non poté fare a meno di sorridere e Sandy fece lo stesso. 

Stava bene e il suo lato Nichol già minacciava vendetta.

« Visto? Non ha nulla, solo qualche livido. Domani rincomincerà a saltare a destra e sinistra come se non fosse successo nulla. Prima si è solo spaventata e tu non hai nulla di cui preoccuparti. » Sandy  strinse la moglie a sé con maggiore decisione, poggiando le proprie labbra sulle sue. 

« Ti amo, lo sai vero? » gli rispose Kirsten, sorridendo, mentre teneva il viso vicino a al suo. 

Sandy annuì, sorridendo a sua volta, sentendo le braccia di lei avvolgerli il collo.

« Anche io, tanto » le rispose, baciandola di nuovo. 

La pioggia intanto aveva continuato a cadere incessantemente sulle strade di Berkeley, senza risparmiarsi né tuoni né lampi. 

Quando un boato più forte invase la casa, Sandy e Kirsten si sentirono chiamare a pieni polmoni da Sophie e subito si precipitarono da lei. 

La trovarono seduta sul divano con le gambe strette al petto e il povero Ringo imprigionato nel mezzo, la coperta giaceva sul pavimento e Sophie nascondeva il viso tra le ginocchia. 

« Ho paura! » gridò, prima di scoppiare di nuovo a piangere. 

I suoi genitori le furono subito accanto, anche loro ora sedevano sul divano. La tennero al sicuro tra loro due, accarezzandole i capelli e sussurrandole una ninna nanna per calmarla.

« Va tutto bene, siamo qui » dissero entrambi, senza smettere di coccolarla.

Sophie Rose continuò ad abbracciare Ringo, poggiando la testa sul petto di Kirsten e lasciandosi cullare dalle carezze e dalla voce della mamma e del papà. 

Protetta dal tepore dei corpi dei genitori e sicura della presenza del suo cagnolino, la piccola cadde pian piano in un sonno profondo, dimenticandosi del buio e del maltempo.

   
 
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