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Autore: Sian    28/06/2020    2 recensioni
Queste, le ultime parole di Wataru Date, affidate al suo allievo omonimo Wataru Takagi. Come ha reagito quest'ultimo alla morte del suo mentore?
Tratto dal "Capitolo 1 - Ascoltami, Takagi."
Preso alla sprovvista, Date allentò la presa sulla sua agendina, la quale volò aldilà del marciapiede, adagiandosi in mezzo alla carreggiata. «Diamine!»
«Vado a prenderla!» Takagi, che si trovava più vicino alla strada, si precipitò verso il bordo del marciapiede. Stava quasi per toccare l'asfalto, quando Date lo fermò.

Tratto dal "Capitolo 2 - Non tenerti tutto dentro."
Sarebbe stato un lungo giorno. La stanchezza dopo un appostamento notturno si faceva sentire ormai. Ma non sarebbe riuscito a riposare nemmeno un po' in quelle condizioni. [...] I suoi occhi pieni di lacrime erano fissi sul corpo immobile del suo amico.
Tratto dal "Capitolo 3 - Come quella volta."
«È bastato proprio un attimo di coincidenze assurde, già. Come quella volta.» Cercò di raccontargli un pezzo della sua vita, di quando era ancora una bambina. Ma forse non era il caso di rattristarlo ancora di più.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Juzo Megure, Miwako Sato, Wataru Date, Wataru Takagi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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«T-Ti affido questa...»

Capitolo Due - Non tenerti tutto dentro.
Wataru Takagi e Juzo Megure

«Date-san...! Date-san!!!» Teneva l'agendina tra mani che non volevano smettere di tremare. Non era possibile. Non voleva crederci. Il suo mentore si era spento così velocemente. Era assurdo morire così, per un incidente di qualche pazzo al volante. No. Non era per nulla giusto. Aveva ancora tutta una vita davanti.
Sentì la sirena dell'ambulanza avvicinarsi rumorosamente. Avrebbe dovuto fare segno di dove si trovava. Ma non riusciva a staccare gli occhi da tutto il sangue che proveniva dal corpo di Date.
Se solo fosse andato lui a prendere l'agendina... In qualche modo si riteneva responsabile di quanto successo. Le lacrime avevano incominciato ad annebbiargli la vista.

«Siamo arrivati.» Annunciò il medico mentre accorreva con strumenti preparati in precedenza assieme alla sua squadra di medici.
Takagi rivolse finalmente lo sguardo a qualcosa che non fosse il corpo esanime del suo collega. «È spirato pochi secondi fa...» Lasciò lo spazio alla squadra medica per accertare la morte e fare i primi rilievi dell'incidente.

No. Non era affatto giusto. Avrebbe dovuto imparare ancora molto dal suo collega. Avrebbero dovuto divertirsi ancora nei loro giorni liberi. Avrebbe dovuto indagare ancora a tanti casi con lui. Era una delle persone più buone che avesse mai conosciuto. Ed era proprio vero che ad andarsene erano sempre i migliori.
Guardò l'agendina che Date gli aveva affidato. Quell’agendina doveva essere importante per lui. Ma non se la sentiva di dare un'occhiata, in quel momento, al contenuto dell'unico oggetto che Date aveva potuto lasciare prima di abbandonare questa vita. Era qualcosa di così importante che l'avrebbe sicuramente esaminata in solitudine appena avrebbe avuto il coraggio di affrontare la situazione.

«Ragazzo, raccontaci cos'è successo.» Uno dei paramedici, raggiunto dalla polizia stradale che si occupava degli incidenti avvenuti in strada, gli si avvicinò chiedendo la sua testimonianza e offrendogli un bicchiere d'acqua.
Era chiaramente sconvolto per ciò che era appena successo, eppure Takagi fornì loro ogni dettaglio, in qualche modo aveva trovato la forza per raccontare tutto. Lo doveva per lui. Non avrebbe voluto farsi trascinare dal panico, e come poliziotto doveva esserne in grado. Gliel'aveva ribadito anche Date. Doveva essere forte. Certamente le lacrime non poteva fermarle, ma restava disponibile a qualsiasi domanda sull'accaduto.
Sarebbe stato un lungo giorno. La stanchezza dopo un appostamento notturno si faceva sentire ormai. Ma non sarebbe riuscito a riposare nemmeno un po' in quelle condizioni. Il bicchiere d'acqua era ancora pieno. Dubitava di riuscire anche solo a ingerire qualsiasi cosa. I suoi occhi pieni di lacrime erano fissi sul corpo immobile del suo amico. A breve sarebbe stato portato in camera mortuaria dell'ospedale, per gli ultimi saluti da parte di tutti i suoi parenti e conoscenti prima del suo funerale il giorno seguente.

La cerimonia funebre era terminata. Tutto il corpo della polizia metropolitana di Tokyo vi aveva partecipato in memoria del loro collega Wataru Date, il giorno successivo all’incidente.
Takagi si reggeva miracolosamente in piedi. L'intenzione di abbandonare il luogo in cui aveva appena dato l’ultimo saluto al suo amico era pressoché inesistente. Non riusciva a realizzare la sua morte: era stato una persona forte, coraggiosa e generosa. La sua vita non avrebbe dovuto spegnersi così presto. Ci sarebbero state così tante cose da fare ancora, tantissime cose che avrebbe voluto dirgli. Gli serviva del tempo per realizzare che tutto ciò era sfumato via. Gli occhi dolevano stanchi: non dormiva da più di ventiquattr'ore, incapace di addormentarsi, i suoi pensieri gli impedivano di dormire. Non poteva realizzare che ciò che aveva vissuto era la realtà.

Non erano rimaste molte persone nei paraggi, e quelle poche avrebbero voluto fare qualcosa per lui.
Miwako Sato era rimasta lì più a lungo. Capiva cosa potesse provare il suo collega, un vuoto incolmabile che nemmeno il silenzio avrebbe potuto riempire. Avrebbe voluto dirgli qualsiasi cosa, confortarlo, soprattutto essendo a conoscenza della decisione dell’ispettore Megure. Da quel momento in poi Takagi sarebbe stato nella sua squadra di indagini, e questo spostamento non sarebbe mai avvenuto se Date non fosse morto.
Lei più di tutti aveva il dovere di parlargli.
Lo osservò, senza commentare nulla. Forse voleva stare da solo con i suoi pensieri. Avrebbe dovuto accontentarlo? D'altronde non le veniva in mente nemmeno mezza parola da potergli rivolgere.
Come si poteva trovare le parole giuste quando si aveva a che fare con la morte?
Lo lasciò solo allontanandosi dal luogo della cerimonia, senza più girarsi a guardarlo. Stava sicuramente ancora osservando il punto ormai vuoto in cui un attimo prima si trovava la bara.
Forse da solo si sarebbe sfogato da tutta quell'ingiustizia.

L’ispettore Megure le fece un cenno e le sillabò «Ci penso io.»
«Takagi.» Megure gli si avvicinò, poteva capire quanto stesse soffrendo in quel momento. Aveva gli occhi rossi dal pianto, ma nel momento in cui Takagi aveva riconosciuto che ad avvicinarsi era il suo superiore, aveva cercato, in qualche modo bizzarro, di sembrare forte, di essere all'altezza del suo lavoro. «Sai già che puoi dirmi tutto. Non tenerti tutto dentro, ti farebbe solamente del male.»

Già. Quante volte gli aveva ribadito di riferirgli qualsiasi cosa che non andava, di chiedergli consiglio in qualsiasi momento... Lo rispettava veramente molto, lo riteneva un ispettore valido, comprensivo, umano. Capiva il pericolo del lavoro che veniva svolto, ma capiva anche le personalità dei suoi agenti, proprio per sapere chi era il più adatto in determinate indagini.
Forse doveva ascoltare il suo consiglio. Era un suo superiore, ma per quel momento poteva anche dimenticare di essere solamente un agente della polizia metropolitana di Tokyo trasferitosi da meno di un anno. Si ricordava ancora del primo giorno del trasferimento, si ricordava del suo primo incontro con Wataru Date. Certo che ne avevano combinate parecchie insieme, i Wataru Brothers.
Ora che ci pensava, aveva trascorso tutti quei mesi assieme al suo mentore. Erano stati accoppiati bene per svolgere le indagini. Inoltre, Date aveva uno stile tutto suo per condurre le indagini, che Takagi ammirava.

Ma ora... era tutto finito. Non sarebbe più uscito la sera libera insieme a lui solamente per chiacchierare di un po' di tutto, dal calcio alle ragazze, oltre che a bere un po'.
Si ricordava quanto l’argomento ragazze fosse delicato per Takagi. Ogni volta che Date ne accennava, l’amico sapeva già dove volesse andare a parare. Voleva spronarlo a farsi avanti alla ragazza che gli piaceva, perché era ovvio che gli piacesse la viceispettrice Sato. Date lo riteneva parecchio timido, e proprio per questo ci avrebbe pensato lui a ricordargli di provarci ogni tanto.
Gli ripeteva sempre che non bisogna aver paura della vita, proprio perché ne abbiamo a disposizione una sola e bisogna essere felici in ogni momento di essa. Dunque, perché non provare a farsi avanti? Ma era difficile, soprattutto da quando aveva potuto constatare che Sato piaceva a tantissimi altri suoi colleghi. E per peggiorare la situazione quella ragazza sapeva il fatto suo, e non si faceva avvicinare da nessuno degli uomini che pendevano dalle sue labbra. Non sarebbe mai riuscito a farsi avanti.

Ma Date aveva proprio ragione, e lo aveva dimostrato a sue spese. La vita era una sola.
«Ispettore... Tutto ciò non sarebbe accaduto se fossi andato io a prendere l'agendina.» Si sentiva tremendamente colpevole dell'accaduto, nonostante si fosse trattato di coincidenze assurde. Avrebbe sicuramente risparmiato qualche secondo se solo Date gli avesse permesso di andare a recuperarla.

«Non darti nessuna colpa, Takagi. Soprattutto quando non è stata per nulla colpa tua. È stato un incidente, e il colpevole addormentato al volante è già stato arrestato.» Megure gli diede una sonora pacca sulla spalla.
Certo con quelle parole non voleva di certo dire che era giusto che fosse morto. «Inoltre, sono sicuro che Date ti abbia istruito su come ci si deve comportare in casi del genere. Ora che lui non c'è più, devi mantenere alti i suoi insegnamenti.»

Quelle parole sembrarono illuminare Takagi. «D'accordo, ispettore. Mi impegnerò per seguire le sue orme e diventare un ottimo detective come lo era lui. Grazie per il supporto.» Fece un breve inchino di riconoscenza. Forse aveva ragione. Doveva farsi forza. Avrebbe continuato ad indagare nei casi di omicidio, per mettere in pratica tutti gli insegnamenti di Date.

«D'ora in poi lavorerai nella squadra investigativa della viceispettrice Sato. Avrò bisogno del tuo aiuto sulle indagini condotte da me personalmente. Sono sicuro che non ci deluderai e sarai un ottimo agente.» Megure sapeva quanto fosse importante tenere alto il morale dei suoi sottoposti, non era di certo un lavoro facile. Le emozioni, molto spesso negative, avrebbero potuto portarlo sulla via errata. Era suo dovere indirizzarlo a chi sapeva che lo avrebbe capito e lo avrebbe distratto da tutto ciò che era successo.

«Grazie per la fiducia!» Nonostante fosse in quel dipartimento da poco meno di un anno, doveva ringraziare l'ispettore Megure per l'opportunità datagli. Non che in quel momento si sentisse particolarmente stimolato per lavorare. C'erano tante che gli frullavano in testa e sicuramente il lavoro ne occupava una minima parte. Avrebbe voluto evitare il lavoro, isolarsi e restare con sé stesso a rimuginare su ciò che era successo.

Ma sapeva che non era possibile. Non avrebbe preso nessun giorno di ferie, non poteva farlo. Non poteva mancare al senso di giustizia. Soprattutto in quel momento. Non poteva mandare all'aria tutti gli insegnamenti che Date gli aveva confidato. Avrebbe dovuto continuare a cercare i criminali: questi ultimi non si fermano solo perché qualche poliziotto era in lutto.


   
 
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