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Autore: Star_Rover    29/06/2020    8 recensioni
Fronte Occidentale, 1917.
La guerra di logoramento ha consumato l’animo e lo spirito di molti ufficiali valorosi e coraggiosi.
Dopo anni di sacrifici e sofferenze anche il tenente Richard Green è ormai stanco e disilluso, ma nonostante tutto è ancora determinato a fare il suo dovere.
Inaspettatamente l’ufficiale ritrova speranza salvando la vita di un giovane soldato, con il quale instaura un profondo legame.
Al fronte però il conflitto prosegue inesorabilmente, trascinando chiunque nel suo vortice di morte e distruzione.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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XIX. Nel fuoco e nella tormenta
 

Il capitano Howard non si sorprese nel trovare il tenente Green fuori dal suo studio. Non era ancora sorto il sole e già si preannunciava una giornata impegnativa.
«Credo di conoscere il motivo della sua visita» disse con voce atona.
«Attendevo sue notizie» spiegò Richard mostrandosi nervoso e impaziente.
«La questione del prigioniero non è più una nostra responsabilità»
«Che cosa significa?»
Il suo superiore non mostrò particolare interesse: «semplicemente che quel tedesco non è più sotto la nostra custodia»
«Quindi quell’uomo non sarà più giustiziato?» domandò con tono speranzoso.
«Per certo posso dirle solo che non saremo noi ad accusarlo. Presto sarà trasferito in un campo di prigionia»
Richard non seppe se interpretare quelle parole in modo positivo o meno.
Il capitano gli rivolse uno sguardo severo.
«Non so per quale motivo abbia sprecato tante risorse per questa questione, ma ora avrà altro di cui preoccuparsi»
Il tenente sussultò: «sono arrivati altri ordini dal generale Emmet?»
«Spero che lei si sia riposato abbastanza in queste settimane, stiamo per tornare al fronte»
 
Richard si occupò di riferire a Hugh le notizie riguardanti la sorte di Friedhelm.
Il soldato però non reagì come previsto, la sua espressione rimase ansiosa e preoccupata.
«Se la sua esecuzione è stata solo rimandata significa che potrebbero ancora condannarlo»
L’ufficiale distolse lo sguardo: «purtroppo questo non possiamo saperlo»
«Chi potrebbe avere interessi in questa faccenda?»
«Il capitano Howard non ha rivelato nulla a riguardo, ma se sospettano realmente che egli sia una spia penso che lo vogliano vivo per interrogarlo»
Hugh non trovò affatto rassicurante quella risposta, sapeva bene in che cosa consistevano realmente quei tipi di interrogatori.
«In ogni caso a quell’uomo è stata data un’altra possibilità» continuò Green.
«È una magra consolazione, non crede?»
Il volto di Richard si incupì: «è una speranza che a molti non è stata concessa»
Hugh comprese l’errore, in quel momento si pentì per quel suo atto di presuntuoso egoismo.  
«Mi dispiace, questa storia mi ha coinvolto più di quanto avrei dovuto permettere» ammise.
Il tenente lo rassicurò: «provare empatia per il nemico non è una colpa»
«Io…volevo ringraziarla per quello che ha fatto»
Richard non rispose, era stato il destino a decidere, indipendentemente dalla sua volontà. Inoltre la situazione non era stata affatto risolta.
 
***

Il ritorno ad Arras fu improvviso e inaspettato.
Il tenente Green era consapevole che a seguito del massacro di Passchendaele l’esercito britannico avesse bisogno di rientrare in guerra con una grande operazione, ma non si aspettava di tornare immediatamente in prima linea.
Dopo essere caduta in mano ai tedeschi all’inizio del conflitto Cambrai era diventata uno strategico centro ferroviario e commerciale, oltre ad essere un importante quartier generale. Si trovava nel mezzo di un incrocio di ferrovie che collegavano Douai, Valenciennes e Saint-Quentin. Era il centro di intersezione delle rotte di approvvigionamento provenienti dalla Germania e dalle aree industriali settentrionali e orientali della Francia occupata. Come bersaglio militare Cambrai sarebbe stata una cattura utile per negare al nemico una parte fondamentale del suo sistema di comunicazione, ma il problema sarebbe stato superare la sua formidabile barriera difensiva.
In quell’area si estendevano intricate trincee e profonde gallerie collegate al possente scheletro della linea Hindenburg. La difesa tedesca comprendeva due file di fortificazioni, con reticolati di filo spinato che si propagavano in larghezza per decine di metri. Ad intervalli più o meno regolari erano posizionate casematte di cemento ben armate e con rifugi sotterranei.
Almeno queste erano le informazioni che gli inglesi avevano ricavato dalle preziose ricognizioni aeree.
 
Il colonnello Harrison rivelò i piani dell’attacco riportando gli ordini del quartier generale.
«L’attacco deve sfruttare l’attuale situazione favorevole, la sorpresa e la rapidità dell’azione sono della massima importanza. L’area coinvolta è un fronte di sei miglia, ma sarà ampliata al più presto possibile. Il primo obiettivo è la linea tedesca di Masnieres-Beaurevoir, una volta sfondata la difesa la cavalleria potrà penetrare all’interno per raggiungere e isolare Cambrai»
«Se lo scopo è costringere il nemico a ritirarsi tra i due fiumi i primi obiettivi dovranno essere raggiunti entro due giorni di combattimento, ovvero prima dell’arrivo dei rinforzi. Sappiamo che i tedeschi possono contare su un buon numero di truppe fresche e riposate, non possiamo lasciare al nemico il tempo mettere in campo le nuove unità» constatò Green studiando attentamente la cartina.
«Le sue considerazioni sono esatte tenente. Si tratterà infatti di un’operazione rapida e decisiva»
«Come potremo sfondare una difesa talmente compatta in così poco tempo?» domandò Richard con aria perplessa.
Il colonnello sorrise: «anche l’Esercito britannico ha le sue risorse, in questo caso si tratta delle divisioni dei corpi corrazzati»
Green osservò la nuova cartina, il piano avrebbe previsto l’utilizzo di almeno quattrocento carri armati nell’intera area di combattimento.
«Sarà un’azione senza precedenti, si tratterà probabilmente del più grande attacco meccanico mai visto!»
Richard osservò i volti dei suoi commilitoni, non furono in molti a manifestare il medesimo entusiasmo del colonnello.
Un grande attacco, con o senza carri armati, era sempre accompagnato da un proporzionale massacro.
 
***

Il tenente Green si ritirò nella sua stanza, terminò di fumare la sua sigaretta e si versò un bicchiere di brandy.
Si avvicinò alla finestra, scrutando l’oscurità con aria assorta. La luna era coperta da dense nubi, mentre le rare stelle brillavano di una luce fredda e lontana.
Si era trovato più volte in quella situazione prima di partire per una battaglia. Erano momenti difficili, quando non restava più alcuna certezza, e ci si preparava ad affrontare l’ignoto.
Con il tempo aveva imparato a gestire la paura, traendo anche qualcosa di positivo in tutto ciò. Infatti era proprio in quegli istanti, quando bisognava trovare un motivo per continuare a combattere, che al cuore si manifestava solo ciò che realmente era importante.
Era immerso in questi pensieri quando avvertì dei battiti alla porta.
«Richard…per favore, ho bisogno di parlarti»
Il tenente sussultò nel riconoscere la voce del suo assistente, non avevano più avuto alcun confronto dopo la sua confessione.
Green invitò il giovane ad entrare, egli varcò la soglia con una certa titubanza.
«Sono contento che tu sia qui» ammise Richard con sincerità.
Finn si rincuorò nel sentire quelle parole.
«Mi dispiace per aver dubitato di te»
«È stata colpa mia, non avrei dovuto nasconderti la verità»
«Non voglio che il tuo passato continui ad essere un ostacolo tra di noi»
«Non è così semplice»
«Se solo sapessi come aiutarti…»
«Non hai nulla di cui rimproverarti»
«Vorrei essere abbastanza forte per sopportare tutto questo» rivelò tra i singhiozzi.
Il tenente si avvicinò: «nemmeno tu dovresti affrontare da solo il tuo dolore»
Finn si nascose il volto tra le mani cedendo a un silenzioso pianto.
Richard attirò il giovane a sé con un gesto dolce, ma deciso. Finn poggiò la testa alla sua spalla, la giubba dell’ufficiale si inumidì con le sue calde lacrime. Lentamente il giovane si lasciò calmare da quella vicinanza, ancora una volta la presenza di Richard riuscì a rassicurarlo.
Il tenente gli rivolse attenzioni colme d’affetto, passando le dita tra i suoi ricci biondi e sfiorando il suo volto con tenere carezze.
Il ragazzo si abbandonò tra le sue braccia, la sua iniziale richiesta di conforto si tramutò in un desiderio più intimo e profondo.
I due si guardarono negli occhi, riconoscendo l’uno nell’altro la medesima scintilla che ardeva di passione.
Richard cinse i fianchi del suo attendente, trattenendolo a sé, poi si avventò sulla sua bocca, bramando con ardore le sue labbra. Finn ricambiò quei baci infuocati, aiutò il suo superiore a liberarsi dall’ingombro della giacca e con le dita tremanti iniziò a sbottonare la sua camicia.  
Freneticamente i due amanti ripresero a spogliarsi a vicenda, accompagnando quei gesti con baci e carezze.
Il tenente condusse il giovane sul letto, Finn si distese sul ventre, l’iniziale percezione di freddo sparì appena avvertì la presenza del suo compagno, il quale si adagiò dolcemente su di lui.
Le mani di Richard esplorarono la sua schiena provocandogli brividi e tremori. Finn percepì il suo respiro caldo sulla pelle. I suoi baci sul collo lo lasciarono senza respiro. Ansimò, abbandonandosi completamente a quelle intense sensazioni.
Il ragazzo si inarcò, il suo corpo esile fremette a contatto con quello vigoroso del suo superiore.
Richard cercò le sue mani, le loro dita si intrecciarono, restando unite in quel passionale amplesso.
 
Finn si lasciò avvolgere da un tenero abbraccio, poggiò la testa sul petto nudo dell’ufficiale, ascoltando il battito del suo cuore che pian piano tornava alla regolarità.
Richard sentì il corpo del giovane tremare tra le sue braccia, intuì che non fossero stati i gelidi spifferi che filtravano tra le assi a causare quella reazione.
Il tenente sfiorò il suo volto con una dolce carezza, Finn alzò lo sguardo mostrando gli occhi lucidi.
«Io…non voglio perderti» confessò tristemente.
Richard avrebbe desiderato con tutto se stesso rassicurare il suo compagno, ma era consapevole che ciò non sarebbe stato possibile. Ogni tentativo di conforto sarebbe stato soltanto un pericoloso inganno, non poteva permettere che Finn riponesse le sue speranze in una menzogna.
Green strinse il ragazzo a sé, condividendo in silenzio le sue stesse paure.
 
***

Le strade che portavano a Cambrai erano ostruite da vagoni carichi di pezzi d’artiglieria e munizioni, carri trainati da cavalli e veicoli di ogni genere proseguivano in colonne infinite. Ad ogni incrocio erano presenti posti di blocco per il controllo dei mezzi e per fornire indicazioni alle numerose divisioni in movimento.
I soldati dovettero sostenere tre giorni di marcia, interrompendo il cammino solo per poche ore di sonno.
 
Il tenente Green raggiunse il luogo da cui sarebbe partito l’attacco, una zona ben nascosta in una foresta sperduta. Tutto ciò che sapeva era che si trovava a sud del sentiero per Flesquieres, per orientarsi avrebbe dovuto fidarsi del tenente Miller. L’ufficiale però non sembrava particolarmente propenso a diffondere informazioni, nemmeno al suo collega. Richard lo seguì con una certa diffidenza attraverso un intricato percorso nel bosco.   
«Il ragazzo deve venire per forza?» chiese Miller con tono burbero.
«Il soldato Coogan è il mio attendente»
«D’accordo, ma in ogni caso sarà una sua responsabilità!»
«Le posso assicurare che può fidarsi della sua riservatezza»
Miller rispose con una smorfia e si affrettò ad accelerare il passo.
Finalmente la vegetazione si diradò e i soldati giunsero in una piccola radura.
Il tenente Green aveva già visto i carri armati in azione in quella guerra, ma il Mark IV che si ergeva minaccioso e imponente riuscì a impressionarlo notevolmente.
Finn si fermò al margine del sentiero, le sensazioni di fascino e meraviglia furono accompagnate da un senso di inquietudine.
«È
…veramente grandioso!» commentò con sincera ammirazione.
Per la prima volta Miller sorrise sotto ai folti baffi.
«Siamo entrati in guerra a cavallo e ne usciremo sui carri armati!» esclamò con orgoglio.
Richard non perse tempo: «il colonnello Harrison mi ha già rivelato il piano d’attacco, ma vorrei confrontarmi con lei»
«Le truppe copriranno l’avanzata dei carri armati e proseguiranno in gruppi attraverso i varchi creati nelle linee nemiche. Abbiamo già avuto prova della potenza di queste macchine di metallo durante la battaglia della Somme, ma sono cambiate molte cose da allora. Le nuove tecniche risultano più efficaci, abbiamo ben addestrato i nostri uomini ad affrontare questo genere di operazioni. Ci infiltreremo nelle difese tedesche senza difficoltà, nelle fasi iniziali praticamente non troveremo alcuna resistenza»
Il tenente Green non era del tutto convinto di quelle parole, anche se quell’ufficiale sembrava estremamente sicuro di sé. Per quanto enormi e minacciose quelle macchine erano gestite da uomini, dunque errori ed imprevisti sarebbero stati inevitabili.
Al contrario il suo giovane assistente si mostrò particolarmente attratto dalla nuova scoperta.
Un meccanico si sporse dal vano motore, aveva il volto scuro e le mani ancora sporche di olio. Notando il genuino interesse di Finn decise di prendersi una pausa per fare due chiacchiere.
«Queste sono vere macchine da guerra!» esclamò con esaltazione.
«Non avevo mai visto nulla del genere prima d’ora»
«Sicuramente i tedeschi penseranno la stessa cosa»
Finn si avvicinò cautamente al mostro di metallo.
«Che cosa c’è lì dentro?» chiese indicando alcune casse sistemate con particolare cura.
«Esplosivo» replicò l’altro con incredibile naturalezza.
Il giovane sussultò.
«Non possiamo lasciare questo gioiello nelle mani del nemico, abbiamo l’ordine di distruggerlo se necessario. Nel peggiore dei casi con noi all’interno»
Finn impallidì avvertendo un brivido di terrore.
La loro conversazione fu interrotta dal tenente Miller che riprese il suo sottoposto con tono severo.
«Smettila di perdere tempo con il ragazzino e torna al lavoro, deve essere tutto pronto entro questa sera!»
Il meccanico rispose con una smorfia ed obbedì controvoglia.
 
L’accampamento era quieto e silenzioso. I soldati si erano rintanati nei loro rifugi, li attendeva una lunga notte insonne prima dell’attacco.
Quando il tenente Green tornò dal suo solito giro d’ispezione si sorprese nel trovare il suo attendente ancora sveglio accanto al falò.
«Non dovresti essere qui, è tardi e fa freddo qua fuori»  
Finn ignorò il suo benevolo rimprovero.
Il tenente si levò il pesante mantello e lo pose sulle spalle del suo assistente: «dopo quello che ti è successo dovresti essere più prudente, hai intenzione di prenderti anche una polmonite?»
Il ragazzo rimase impassibile: «non riuscivo a dormire…»
Richard si sistemò al suo fianco: «a cosa stai pensando?»
Finn abbassò lo sguardo: «a mio padre»
«Non mi hai mai parlato di lui»
Il giovane scosse le spalle: «è morto quando avevo quattordici anni. Non è sempre stato un buon genitore, ma a modo suo mi voleva bene…suppongo che sarebbe stato orgoglioso di vedermi nell’esercito»
«Sono certo che egli sia sempre stato orgoglioso di te»
Finn apprezzò quelle parole di conforto.
«Il tenente Miller mi ha ricordato molto la figura di mio padre. Anche lui appariva sempre burbero e severo»
«Devo dedurre che tu non abbia preso molto da lui» commentò Richard riferendosi sia all’aspetto innocente del suo assistente che al suo animo puro e gentile.
«Già, siamo sempre stati uno l’opposto dell’altro. Per questo credo di averlo deluso»
Il tenente notò un velo di tristezza nel suo sguardo.
«Non so cosa avrebbe voluto tuo padre, ma io ti amo per quello che sei, e sono certo che tu sia la persona migliore che abbia mai conosciuto»
Finn guardò il tenente negli occhi, quelle parole erano sincere e provenivano direttamente dal suo cuore.
Il ragazzo poggiò la testa sulla spalla del suo compagno, stringendo dolcemente il suo braccio. Avrebbe desiderato mostrare in altro modo il suo affetto, ma non poteva osare di più.
In quel momento avvertì un gelido brivido sul collo, il ragazzo alzò lo sguardo notando i fiocchi che volteggiavano in aria, per poi adagiarsi delicatamente sul terreno ghiacciato.
«Sta nevicando» constatò con ingenuo stupore.
La reazione di Richard fu meno romantica: «si sta alzando il vento, domani in battaglia dovremo affrontare una bufera»
Finn si strinse nel mantello, quella nuova consapevolezza era preoccupante, ma il giovane non si abbandonò allo sconforto. Accanto al suo comandante si sentì pronto ad affrontare ogni avversità.
 
***

L’attacco britannico sul fronte di Cambrai fu maestoso e impressionante. La divisione dei corpi corrazzati ebbe il ruolo più imponente, ma anche l’aviazione intimorì il nemico oscurando il cielo con le coccarde inglesi.
Le trincee tedesche furono prese di mira con un intenso bombardamento, ogni colpo d’artiglieria scoppiava all’orizzonte con una fragorosa esplosione. Il nemico fu colto di sorpresa, inizialmente i soldati restarono attoniti davanti a quell’orrore.
Vennero utilizzate anche bombe fumogene per dare l’impressione che fosse in atto un attacco con i gas, per mettere in difficoltà il nemico e diffondere il panico tra le linee tedesche. 
Le brigate irlandesi furono le prime a raggiungere le trincee nemiche, in breve riuscirono ad occupare le gallerie sotterranee con un esiguo numero di perdite.
In superficie invece la situazione risultò ben più complessa. I tedeschi riconquistarono un importante avamposto. Dalla casamatta in cemento, posizionata su una collina strategica, il fuoco di cinque mitragliatrici si scagliò violentemente contro le truppe in avanzamento.
 
Il tenente Green si attenne al piano ed eseguì gli ordini che gli erano stati assegnati. La fanteria avanzò a poca distanza dai carri armati, in modo da poter passare attraverso il filo spinato per disperdersi e svolgere un ruolo di protezione.
Dopo aver superato i reticolati i soldati si divisero in piccole unità per individuare e colpire le postazioni nemiche, evitando così che l’artiglieria potesse danneggiare i preziosi Mark IV.
I carri armati erano stati modificati e notevolmente migliorati dal loro primo utilizzo sulla Somme, ma erano ancora soggetti a guasti meccanici. Non era raro trovare sul campo di battaglia delle carcasse di metallo abbandonate alle fiamme. In certi casi i cingolati restavano bloccati nel fango delle trincee, e per l’equipaggio non c’era altra soluzione che rifugiarsi all’interno come in una fortezza, accanendosi sulle mitragliatrici Lewis, sparando raffiche di proiettili contro il nemico.
 
Finn seguì i suoi compagni tra i crateri fumanti. I soldati si trovarono a vagare nel campo di battaglia devastato dall’azione sterminatrice dei carri armati. Davanti ai loro occhi si estendeva una landa desolata di morte e distruzione. I reticolati erano stati sfondati senza difficoltà, le trincee sventrate erano uno spettacolo orrendo e raccapricciante. Il percorso era disseminato di cadaveri, i tedeschi non avevano avuto alcuna possibilità, durante l’avanzata erano stati falciati senza pietà delle micidiali raffiche delle mitragliatrici.
Finn batté gli scarponi sul terreno indurito dal gelo, la leggera nevicata aveva aumentato di intensità, i fiocchi cadevano sempre più fitti, trasportati dal vento. Le previsioni del tenente Green si stavano concretizzando.
In breve il campo di battaglia fu ricoperto da un soffice manto candido. Il cielo grigio si rabbuiò. Il fragore dell’ennesima esplosione riportò Finn alla realtà, il ragazzo strinse il fucile tra le mani tremanti, per poi riprendere la sua marcia in quell’inferno ghiacciato.
 
Il tenente Green guidò i suoi uomini in direzione del loro obiettivo, lungo il percorso non trovarono alcuna resistenza. Il nemico si era ritirato con troppa facilità, Richard era certo che stessero per imbattersi in una pericolosa imboscata.
L’ufficiale scorse alcune rovine in lontananza, doveva trattarsi della loro meta.
Due carri armati si avventurarono per le strade del paese apparentemente deserto.
Il tenente Green ordinò ai suoi uomini di dividersi ai margini del villaggio, in modo da poter esplorare l’area più agevolmente. L’ufficiale percepì la sensazione di essere osservato, da qualche parte si stavano nascondendo occhi indiscreti, anche se tutto appariva calmo e silenzioso.
«Sembra che il posto sia abbandonato» affermò il sergente Redmond.
Richard avvertì qualcosa di strano: «restate in allerta, qui siamo noi le prede»
«Crede che sia una trappola?»
Il tenente annuì: «è tutto troppo tranquillo da queste parti»
Le parole del tenente risultarono profetiche, appena il primo carro armato si avviò lungo la strada principale venne travolto da un uragano di fuoco. I tedeschi spararono dai tetti e dalle finestre degli edifici diroccati.
Gli inglesi tentarono di difendersi, ma i lampi degli spari provenivano da ogni direzione rendendo difficile localizzare la posizione esatta del nemico.
Richard ordinò ai suoi uomini di correre al riparo, i soldati si sparpagliarono tra le rovine, tra l’eco degli spari e l’assordante frastuono delle granate.
L’ufficiale si strinse contro ad un muro diroccato. Quando tornò ad osservare il Mark IV vide solamente un vortice di scintille tra la polvere e le schegge.
Il carro armato prese fuoco, il tenente Miller e i suoi uomini tentarono una fuga disperata. Il secondo equipaggio però non fu altrettanto fortunato. Il mezzo cingolato infatti si era trovato sulla traiettoria dei cannoni, e ben presto fu avvolto da una colonna incandescente.
Il tenente Green si avvicinò alle fiamme per cercare di soccorrere i suoi commilitoni, ma ormai era troppo tardi. Accanto al relitto riconobbe con orrore i loro corpi carbonizzati. Atterrito e sconvolto Richard tornò al riparo, rannicchiandosi dietro a un cumulo di macerie. Nel mezzo dello scontro tentò di comprendere al meglio la situazione, i tedeschi avevano preparato con cura quell’attacco, prevedendo con anticipo le loro mosse. Ogni angolo di quel villaggio era stato utilizzato per nascondere pezzi d’artiglieria di ogni calibro. Richard individuò la presenza di mitragliatrici, obici e mortai perfettamente camuffati tra le rovine.
Non aveva idea di quante unità fossero coinvolte in quell’agguato, ma lo svantaggio numerico era un ulteriore ostacolo per quello scontro.
Inevitabilmente il tenente si considerò responsabile, aveva commesso un grave errore sottovalutando il pericolo. Non c’era più tempo, doveva trovare il modo di portare al sicuro i suoi uomini. La ritirata era l’unica possibilità di salvezza per evitare un cruento massacro.
 
Finn continuò a correre tra i vicoli ostruiti dai detriti, scavalcando cumuli di macerie e barricate abbandonate. Alle sue spalle avvertì l’eco degli spari, l’ultima esplosione l’aveva separato dai suoi compagni, tra il fumo e la nebbia aveva perso rapidamente il senso dell’orientamento.
Il ragazzo si fermò all’improvviso avvertendo i polmoni in fiamme e il cuore che batteva all’impazzata nel petto. Era giunto in un piccolo spiazzo tra le rovine, intorno a lui percepì un irreale silenzio. Mosse qualche passo con titubanza, l’unico rumore proveniva dalla neve che scricchiolava sotto ai suoi scarponi.
Ad un tratto notò qualcosa, un’ombra comparve davanti a sé sul lato opposto della strada.
Finn si bloccò, il suo istinto l’avrebbe spinto alla fuga, ma in quell’occasione riuscì a mantenere il controllo, impedendo alla paura di prendere il sopravvento.
La figura in uniforme grigia si rialzò dalle macerie, apparentemente parve arrendersi.
Finn si avvicinò lentamente con l’arma puntata. Il tedesco rimase immobile, con aria truce, mantenendo lo sguardo fisso su di lui.
L’inglese si fermò a pochi passi di distanza. Accadde tutto in un istante, il suo avversario abbassò la mano destra sulla cinta e con uno scatto estrasse la pistola.
Un solo sparo echeggiò nel vicolo deserto.
 
***

Il tenente Foley trattenne a stento un lamento di frustrazione. La situazione era degenerata in fretta, il contrattacco tedesco si era rivelato più violento ed efficace del previsto. La difesa britannica non avrebbe potuto resistere ancora a lungo.
Il capitano Lloyd era stato gravemente ferito, così egli si era ritrovato al comando di due plotoni nel mezzo di quella tempesta di fuoco.
In quel momento giunse un sergente, il sottufficiale era pallido e ansante.
«Signor tenente, abbiamo perso ogni contatto con il plotone in avanscoperta sulla strada di Flesquieres»
«Qual è il messaggio della staffetta?»
«L’ordine è di ritararci»
Foley sospirò: «non possiamo abbandonare i nostri compagni sul campo di battaglia»
«Lei pensa che potrebbero avere qualche possibilità?»
«Tutto dipende dal loro comandante…»
«L’ufficiale in comando è il tenente Green» rivelò il sergente.
William sussultò, in quel momento si trovò davanti ad una scelta. Avrebbe potuto pensare solo ai suoi uomini e ordinare la ritirata, oppure mettere in pericolo le loro vite per soccorrere un plotone disperso…
Foley strinse tra le dita l’orologio dorato.
«Se riuscissimo ad arrivare in tempo potremmo ancora salvarli» azzardò.
«Sarebbe un grosso rischio»
«Per quei soldati noi siamo l’unica speranza»
«Potremmo trovare solamente dei cadaveri»
«Conosco il tenente Green, quegli uomini sono ancora vivi, ne sono certo»
«Che ha intenzione di fare?»
William rispose senza esitazione: «soltanto il mio dovere»
   
 
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