Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: BlueBell9    29/06/2020    10 recensioni
«Io non andrò a Hogwarts!» esclamò Al categorico, allontanandosi con un scatto rabbioso.
James sbatté le palpebre, perplesso. «Ah, preferisci Beauxbatons?» chiese compassato, ricordando con fastidio come, anche quel pomeriggio, zia Fleur si fosse lasciata andare in un sacco di blablabla su quanto la scuola francese fosse superiore a quella inglese.
Giuro che se gli ha messo in testa questa cavolata, io...
Ma i pensieri vagamente inquietanti di James furono interrotti dallo scuotere furioso della testa – come diavolo faceva a rimanergli attaccata al collo? – del minore. Al lo scrutava ostile e determinato, le guance tinte di un bel rosso accesso.
«Io andrò non ad Hogwarts» ripeté di nuovo, afflosciandosi. «Perché sono un Maganò!» annunciò melodrammatico, sull'orlo della crisi.

Essere una fratello maggiore significa affrontare drammi esistenziali full-time, sette giorni su sette, notti comprese. E James lo sa bene.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
2

Scocciatore









«Jamie?»
Il suddetto rimase immobile, gli occhi cocciutamente chiusi, limitandosi a sbuffare. Si premurò di farlo in maniera più teatrale e rumorosa possibile, così che lo scocciatore – sempre lo stesso da nove anni – capisse l'antifona e lo lasciasse al suo meritato riposo. Era stata una giornata gloriosa quella del suo compleanno: nonna Molly aveva realizzato la torta del Puddlemere United più pazzesca della storia, era stato sommerso di regali – la MaxiCaccabomba allo sterco di Drago di zio George era troppo figa! - e, con la complicità di Fred, aveva organizzato scherzi che avevano attentato alla vita di metà dei presenti, rendendo i suoi omonimi fieri di lui. Insomma, era stato un trionfo di risate e colori. Tutto assolutamente perfetto.
Se. Non. Fosse. Per. Un. Particolare.
«Jamie» riprese lagnoso lo scocciatore, alzando la voce e iniziando a scuoterlo convulsamente per una spalla. «Jamie».
«Sto dormendo!» sbottò spazientito, gli occhi sempre ben serrati.
«Se stai dormendo allora perché mi rispondi?» strillò quello con tono acuto e recriminatorio, facendogli scomparire ogni traccia di sonno rimasta. «Ho fatto un incubo» smozzicò vergognoso.
Con un gesto carico di lieve insofferenza, James si portò seduto e accese la luce sul comodino. Suo fratello, annegato in un accecante pigiama arancione, era in piedi accanto al letto, il viso corrucciato in un broncio adorabile.
«Erano Troll o Acromantule, questa volta?» domandò distratto, stropicciandosi gli occhi con una mano. Al silenziò che seguì, sollevò lo sguardo: Al stava sfoggiando la sua classica espressione da Elfo bastonato con gli occhi verdi già prossimi al pianto. Non era consapevole, ovviamente, che James si era accorto da tempo che era tutta una messinscena e che fingeva solo per reggergli il gioco. «Dai, vieni» cedette benevolo, scostando le coperte e facendogli spazio nel letto.
Albus si sciolse in un sorriso luminoso per mezzo secondo, prima di tuffarsi rapido ed entusiasta addosso a lui. Ignorando la gomitata allo stomaco, James sentì le sue labbra arcuarsi all'insù mentre il fratello si stringeva contro il suo petto. Recuperò la coperta e gli accarezzò la schiena con movimenti lenti e circolari, constatando con stupore la tensione dei muscoli.
«Allora, questo incubo?»
Al trattenne il respiro. «Andrai ad Hogwarts» espulse, vagamente accusatorio.
«A settembre» confermò James, placido. «Quindi?»
Lo sentì irrigidirsi, le piccole mani paffute che stringevano la maglia del suo pigiama in una morsa nervosa.
«Ti scriverò tutte le settimane» promise bonario, sperando di sedare sul nascere lo scoppio di pianto. Perché quando Al si contraeva in quel modo prometteva fiumi di lacrime per ore. E sì, stavolta erano autentiche. «E tornerò a casa per le vacanze, così potrai raccontarmi della tua Puffola. E poi, quando anche tu avrai undici anni, andremo a Hogwarts insieme-».
«Io non andrò a Hogwarts!» esclamò Al categorico, allontanandosi con un scatto rabbioso.
James sbatté le palpebre, perplesso. «Ah, preferisci Beauxbatons?» chiese compassato, ricordando con fastidio come, anche quel pomeriggio, zia Fleur si fosse lasciata andare in un sacco di blablabla su quanto la scuola francese fosse superiore a quella inglese.
Giuro che se gli ha messo in testa questa cavolata, io...
Ma i pensieri vagamente inquietanti di James furono interrotti dallo scuotere furioso della testa – come diavolo faceva a rimanergli attaccata al collo? – del minore. Al lo scrutava ostile e determinato, le guance tinte di un bel rosso accesso.
«Io non andrò ad Hogwarts» ripeté di nuovo, afflosciandosi. «Perché sono un Maganò!» annunciò melodrammatico, sull'orlo della crisi.
James rimase una manciata di secondi a guardarlo inebetito con occhi e bocca spalancati, prima di scoppiare a ridere di cuore.
«È così!» protesto Al, offeso a morte.
«Che cavolata» commentò implacabile, a bassa voce.
«Ti dico che è vero!» affermò il bambino, contrariato da quella scarsa considerazione a un problema di fondamentale importanza.
James, con ancora il sorriso sulle labbra, gli sfregò la mano tra i capelli, dispettoso.
«Perché dici così?» chiese condiscendente.
«Perché lo so».
«Ah bhe, allora» sbuffò James con scherno.
Al continuò a guardarlo con muto rimprovero, prima di abbassare gli occhi con una smorfia di vergogna. Iniziò anche a tormentarsi il labbro inferiore con i denti.
«Ho sentito zio Ron parlare con papà, oggi» rivelò infine con voce tremante. «Ha detto che è strano che io non abbia manifestato nessuna magia. Tutti i nostri cugini lo hanno fatto prima dei dieci anni. Anche tu» lo accusò infantile, come se fosse tutta colpa sua.
James sospirò a denti stretti, per evitare di lasciarsi sfuggire un'imprecazione. Adorava zio Ron, sul serio, ma a volte aveva davvero delle uscite pessime. Come quando iniziava con i confronti. Detestava che ogni volta che lo vedeva in sella ad una scopa, si sentisse in dovere di ricordargli quanto bravi fossero a Quidditch suo padre e suo nonno e che quindi doveva fare del suo meglio per non sfigurare. Se James cercava di ignorarlo e di ingoiare la risposta velenosa che era solita salirgli sulla punta della lingua, era molto meno ragionevole quanto si trattava del fratellino. Al era più piccolo, più fragile e più suggestionabile, e zio Ron doveva imparare a tenere per sé le sue opinioni invece di sfogare le sue ambizioni adolescenziali sui nipoti e figli.
Iniziava a sospettare che forse suo fratello non dava segni di magia perché schiacciato dalla pressione. La cosa lo fece infuriare ancora di più.
«Non sei un Maganò» obiettò ragionevole e fermo, afferrandolo per un braccio e tirandolo a sé. «Devi smetterla di ascoltare zio Ron, la metà del tempo non sa nemmeno lui quello che dice. Dieci anni non è il limite massimo. E poi tu sei speciale, è ovvio che non rientri nella regola».
Al lo guardò riluttante.
«Davvero?» pigolò rasserenato.
«È statisticamente provato che i Maganò siano estremamente rari e capitino per lo più nelle famiglie Purosangue. Noi non lo siamo, quindi stai tranquillo».
«Sì, ma io non so fare nulla» protestò Al indispettito, aggrottando la fronte. «Tu facevi volare le padelle, Freddy una volta è riuscito a smaterilizzarsi, Teddy faceva esplodere gli oggetti se si innervosiva, Lily.... Persino Lily riesce ad usare la magia. Perché io non ci riesco?» articolò in un singhiozzo, gli occhi lucidi.
James rimane in silenzio, terribilmente serio.
«Voglio che tu mi ascolti molto attentamente*, Al. Tu non vali meno degli altri solo perché non sai fare qualcosa. Non è una gara. Forse ci metterai più tempo, ma alla fine ce la farai anche tu. Quindi non farti ossessionare da questi paragoni. È stupido e senza senso... Davvero, Al, non devi sforzarti ad essere come me, non ne vale la pena».
Non si trattava di ipocrisia, lo pensava davvero. Da quando era nato, Al non aveva fatto altro che imitarlo in tutto e per tutto. Si era detto che fosse normale. In fondo era il fratello maggiore, era ovvio che lo avesse assunto come modello. Però con gli anni qualcosa era cambiato: se prima ogni sua azione sprizzava ammirazione e allegria, adesso scorgeva una velo di bruciante gelosia ad oscurare quegli occhi verdi. Al poteva nasconderla dietro ai sorrisi, agli strilli o ai capricci, ma c'era. E lo stava divorando lentamente.
Lo strinse tra le sue braccia, rassicurato dal calore che quel corpicino emanava e ignorò la stretta alla gola. Al non lo sapeva e James era stato ben attento dal farglielo capire, ma avrebbe fatto qualunque cosa per far in modo che le ombre sparissero da quel viso.
Ci avrebbe pensato lui a scacciarle. Si erano prese fin troppo di suo fratello in tutti quegli anni, non avrebbe permesso che avanzassero oltre.
«Andremo a Hogwarts insieme?» domandò Al più sereno, ignorando i suoi pensieri.
James si schiarì la voce, controllandosi. «Te lo prometto» rispose con affetto. Si godette il sorriso di gratitudine che spuntò sulle labbra del fratellino, prima di allungarsi per spegnere la luce.
Appena la stanza tornò nell'oscurità, Al aspettò dieci secondi scarsi prima di iniziare ad agitarsi nervoso.
James soffocò una risata: prevedibile.
«Che c'è ora?»
Al mugugnò qualcosa, appiccicandosi ancor di più, per quanto fosse umanamente possibile, a lui. «E se arrivano le Acromantule?» chiese allarmato, muovendo la testa per avere sotto tiro sia la porta che la finestra.
James trattenne a stento uno sbuffo di scherno. Appoggiò il suo mento sulla fronte dell'altro, respirando l'odore di quei capelli morbidissimi e disordinati. «Ci sono io, no?» mormorò, riprendendo ad accarezzargli la schiena. «Non ti accadrà mai nulla finché ci sarò io».
Le piccole braccia di Al ripresero a stritolarlo mentre una risatina deliziata sfuggiva dalle sue labbra. Non lo poteva vedere ma, all'udire quel suono, James aveva ripreso a sorridere. E stavolta il suo sorriso era vero, sereno, senza ironia.
Sistemandosi meglio sul materasso rilassò i muscoli, pronto ad abbandonarsi alla stanchezza e al sonno. Albus non dava segno di volersi allontanare da lui, anzi si era incollato meglio così da potersi godere le coccole nella più completa comodità.
«Jamie» lo richiamò dopo un po', assonnato.
«Mmm?»
«Mi racconti una storia?»
James sembrò pensarci.
«Preferirei spiegarti come verrà impiegata quella MaxiCaccabomba» sussurrò divertito, pensando ad un certo zio di sua conoscenza e ignorando con coraggio la punizione che ne sarebbe seguita.











*Voglio che tu mi ascolti molto attentamente citazione di Sirius.
Piccolo esperimento, così, senza troppe pretese. In realtà doveva svilupparsi in tutt'altro modo ma è scientificamente provato che, quando inizio a scrivere, faccio deviazioni su deviazioni rispetto al progetto originale. Tanto anche quando mi sforzo di rispettarlo non esce mai come ce l'ho in testa, quindi...
Non so perché ma James è il personaggio che mi ispira di più della nuova generazione (me lo immagino molto diverso sia da James Senior che da Sirius, ringraziando Godric!) quindi doveva esserci in questa prima fic.

   
 
Leggi le 10 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: BlueBell9