Serie TV > Poldark
Segui la storia  |       
Autore: lady lina 77    01/07/2020    2 recensioni
La storia dei Romelza riscritta in modo del tutto nuovo, partendo da zero...
Lui è un giovane disilluso dall'amore che dopo aver trascorso tre anni a combattere in Virginia, torna in Cornovaglia e scopre che tutto il mondo che aveva lasciato è in distruzione, suo padre è morto lasciandolo pieno di debiti e il suo grande amore, Elizabeth, è in procinto di sposare suo cugino Francis.
Lei è una giovane ragazza povera di Illugan che viene presa per caso alle dipendenze dei Boscawen e finisce per sposare il nipote di Lord Falmouth, Hugh Armitage, un giovane dalla salute malferma che ha perso la testa per lei...
Ross e Demelza, anime sconosciute, lontane, le cui strade si incrocieranno in modo del tutto imprevisto scardinando ogni loro convinzione sull'amore, sulla vita e sul futuro...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Francis Poldark, Ross Poldark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

"Come sta?".

La voce di Falmouth la raggiunse mentre con aria assorta guardava fuori da una delle finestre del lungo corrodoio al primo piano, il suo giardino a cui l'inverno aveva spento i colori e che sembrava voler sparire sotto la leggera coltre di neve caduta nella notte. Mancava ancora un mese al Natale e nelle strade di Londra si iniziava a respirare l'atmosfera festosa e d'attesa che da sempre allietava quel freddo periodo dell'anno, una ricorrenza che lei amava e che sapeva di calore, famiglia, affetto, ma che quell'anno aveva un sapore particolarmente amaro.

Per Demelza c'era ben poco da festeggiare in quel momento e il suo cuore si era fatto opaco e spento, come il suo giardino. "Vorrei poter dire che sta meglio ma non è così".

Gli occhi di Falmouth si fecero lucidi. "Il mio maggiordomo personale mi ha informato della crisi di questa notte. Vorrei poter cercare un altro medico, sentire pareri diversi, tentare altre cure che magari...".

Demelza lo bloccò. Era troppo stanca e provata per avere la forza di consolarlo e dargli speranza e non se la sentiva di mentire circa le condizioni di Hugh, tanto chiare a tutti eccetto che a suo zio che sembrava rifiutare la triste verità. Hugh stava deperendo, i momenti di veglia erano ormai rari, non si alimentava più, il suo respiro si stava facendo via via più affannoso e lei sapeva... Lei sapeva che nessuno al mondo avrebbe più potuto fare qualcosa per salvarlo. La malattia di suo marito, tenuta a bada per anni, era riesplosa con violenza ed avanzava inarrestabile verso il suo prevedibile epilogo. E lei era spezzata, devastata e si sentiva impotente davanti alla sofferenza dell'uomo che l'aveva sposata, amata, riempita di attenzioni e le aveva donato un futuro. Sarebbe rimasta sola, in una grande e potente famiglia, senza la protezione gentile che Hugh le aveva accordato sempre, proteggendola dalle situazioni che le facevano tremare le gambe... Era un poeta, un uomo gentile e colto ed era giovane. E la vita gli veniva strappata dal corpo da un male oscuro che non conosceva pietà.

"Credo... Credo che sia inutile chiamare altri medici. Quelli che lo seguono sono i migliori di Londra".

Falmouth picchiò il pugno contro il muro e il suono riecheggiò nel corridoio. "I migliori saprebbero curarlo! Non si limiterebbero a scuotere la testa".

"A volte anche i migliori devono arrendersi" – rispose, con voce spezzata.

L'uomo fece per replicare ma poi si bloccò. Era troppo intelligente per fingere di non comprendere quanto fosse grave la situazione e quanto fosse inutile vedere realtà inesistenti... "E allora, che si fa?".

Demelza scosse la testa. "Si aspetta... E non lo si lascia solo, mai! Tutto quello che voglio fare, è essere al suo fianco". Era spaventoso per lei vederlo soffrire, vederlo avere crisi come quella avuta nella notte, vederlo sbiancare, tremare preda di convulsioni, urlare dal dolore e non poter fare niente. Niente!!!

Falmouth poggiò le mani sul davanzale della finestra, guardando fuori la neve che aveva ripreso a scendere. "Questo sarà un inverno tremendamente freddo e duro..." - sussurrò.

Demelza si voltò verso di lui accigliata, stranita da quell'affermazione. Ma poi capì... Conosceva quell'uomo da abbastanza tempo per capire che quando per lui il dolore diventava troppo lancinante, preferiva cambiare discorso e distaccarsi dai problemi che lo affliggevano. "Già... E' iniziato a nevicare presto e normalmente, questo mi farebbe piacere. Amo la neve e le serate passate davanti al camino assieme alle persone che amo".

"C'è abbastanza legna in camera? Il domestico ne ha portata a sufficenza?" - chiese Falmouth, ancora rintanato nella gestione delle faccende ordinarie per evitare i tumulti del cuore.

"Sì, abbastanza. Viene ogni giono a controllare che la cesta sia piena di ciocchi".

"Dovremmo assumere qualche infermiere per curare Hugh. Per te è tutto troppo pesante e hai bisogno di aiuto, anche se ti ostini a dire che ce la fai a fare tutto".

La donna sospirò, preparandosi a quell'ennesimo match. Falmouth era tornato alla realtà di Hugh e di nuovo aveva tirato fuori quella storia. Gli era grata per tutte le premure e preoccupazioni verso di lei, per l'aiuto che voleva darle, per la presenza anche se discreta, per il suo voler esserci anche se non era un uomo preparato a gestire di persona un malato. Ma lei era nata ad Illugan e lì ci si prendeva cura di persona delle persone malate, era la famiglia a fare cerchio attorno a un moribondo e non si assumevano estranei per farlo al proprio posto. Voleva prendersi cura di suo marito, fargli sentire la sua presenza e dargli le sue cure che un infermiere, per quanto bravo, non poteva assicurare. Era l'amore e l'affetto a fare la differenza e questo non poteva appartenere a un estraneo... "C'è già Miss Mipple ad aiutarmi".

"E' solo una domestica di cucina!".

"Ma mi è accanto ogni volta che ne ho bisogno e mi basta così".

Falmouth sbuffò. "Sei proprio una testarda donna della Cornovaglia, orgogliosa e incapace di stare ferma anche quando potresti avere tutto l'aiuto del mondo".

A dispetto di tutto, Demelza sorrise. "Beh, lo prendo come un complimento".

Falmouth la occhieggiò con aria di bonario rimprovero per quella battuta. "A proposito di Cornovaglia...".

"Sì?".

"Ho visto Lord Basset l'altro ieri, a Westminster. Mi ha portato delle notizie davvero tragiche da quei luoghi, tragiche, inaspettate e che mi costringeranno a modificare i miei piani e a rivedere le mie certezze...".

Demelza cercò di comprendere cosa intendesse dire ma alla fine si arrese. "Che è successo?".

Falmouth scostò leggermente la tenda, fissando un punto imprecisato del giardino innevato. "Questo è davvero un inverno duro e maledetto non solo per noi".

"Cosa volete dire?" - chiese. Ora iniziava davvero ad allarmarsi...

Falmouth sospirò. "Ti ricordi dei Poldark?".

Demelza sussultò. Da quando Ross era partito, nonostante il grande turbamento generato in lei dalla sua presenza, non era riuscita a pensare troppo spesso a lui. La malattia di Hugh aveva assorbito tutti i suoi pensieri e le sue energie e forse essere cuore e mente solo di suo marito era l'unico risvolto positivo alla malattia che glielo stava portando via. Non vedeva Ross da mesi, da quando era tornato a casa con il prestito ottenuto alla Banca di Londra e dopo non aveva osato chiedere di lui. Ma ora? Era successo qualcosa di grave? "Ross Poldark?" - azzardò – "Gli è successo qualcosa?". Lo chiese col cuore in gola e col terrore che qualche evento irreparabile gli fosse occorso dopo il suo rientro in Cornovaglia.

L'uomo scosse la testa. "No, non a lui personalmente. Ma in un certo senso, quanto accaduto lo tocca direttamente e rimette in discussione ogni sua scelta futura".

"Cosa è successo?" - chiese ancora, con voce rotta.

"Suo cugino Francis, lo ricordi?".

"Sì, era venuto ad alcuni dei balli che abbiamo tenuto a casa nostra in Cornovaglia. Assieme a sua sorella Verity e a sua moglie. Un uomo particolare, intelligente, ironico ma con occhi a volte velati di tristezza e malinconia".

Falmouth sorrise amaramente. "Sai osservare bene le persone... Di lui han sempre detto che era la pecora nera di casa, che non aveva carattere, che era un inetto, che avrebbe portato alla rovina la sua attività e la sua famiglia... Un confronto impietoso con il vigore di Ross Poldark".

Demelza deglutì. "Perché parlate al passato?".

Falmouth chinò il capo. "Ha avuto un incidente alla Wheal Grace mentre Ross Poldark era quì a Londra. Lo hanno trovato morto in un pozzo sotterraneo nel quale era scivolato. Non era mai riuscito ad imparare a nuotare".

"Giuda!!!" - urlò quasi, mettendosi le mani sul viso.

Falmouth la guardò storto. "Demelza, contegno!".

Lei arrossì, ma era troppo sconvolta per chiedere scusa e per pensare all'etichetta. Era incredibile pensare che la morte fosse arrivata così, a tradimento, e che avesse strappato alla vita un uomo che aveva ancora molto da dire e fare per dimostrare al mondo quanto valeva. Aveva visto Francis Poldark poche volte, non poteva dire di conoscerlo eppure lo aveva apprezzato e lo aveva trovato una persona squisita... A differenza di sua moglie, forse la causa della tristezza che a volte gli trafiggeva il viso"E... E ora?".

"E ora la Wheal Grace è chiusa, per quanto nessuno può dirlo. Basset mi ha detto che Poldark ha risarcito la vedova di Francis del denaro impegnato nell'apertura della miniera, ha acquistato le azioni del cugino defunto con parte dei soldi ottenuti quì e per il resto sta ripagando i suoi debiti con gli azionisti della zona. Credo abbia perso la volontà di continuare".

Demelza entrò in allarme. "E il prestito? Come farà a restituirlo?".

Falmouth sospirò. "Se sarà nei guai, interverrò in sua vece. E' il mio pupillo, garantirò per lui e farò in modo che non si cacci nei pasticci o che finisca nella prigione dei debitori. Ho ancora molte speranze su di lui".

"Non si farà comprare" – obiettò Demelza con sicurezza. Non poteva dire di conoscere bene Francis ma in cuor suo sentiva di conoscere piuttosto bene l'animo di Ross Poldark.

Falmouth la guardò con aria stupita per la sicurezza nel suo tono di voce. Fece per chiedere qualcosa ma poi parve volersi imporre il silenzio e quindi voltò il capo con fare pensieroso, tornando a guardare il giardino. "Ha un carattere che colpisce quell'uomo, vero?".

Demelza ci pensò alcuni istanti prima di rispondere. Non aveva fatto nulla di male fino a quel momento ma i suoi pensieri spesso erano andati oltre il lecito e aveva paura, vergogna per questa sua debolezza che di certo sarebbe stata poco tollerata dai Boscawen. "Ha un carattere forte e sembra uno che non accetta regole né costrizioni".

"Nemmeno dell'amichevole aiuto?" - la punzecchiò il lord.

"Non si tratta di amichevole aiuto, si tratta di aiutare aspettandosi qualcosa in cambio. Questo non è sbagliato, non negli affari. Ma è un aspetto della vita che Ross Poldark sembra odiare sopra ogni cosa e se è così che intendete avvicinarlo, siete destinato a fallire".

Falmouth parve nuovamente sorpreso per quanto appena udito e per la sua sicurezza. Demelza aveva già dimostrato di saperci fare con Ross Poldark e anche se la cosa in un certo senso lo indispettiva per molti motivi che non voleva nemmeno elencare a se stesso, dall'altro non poteva che fargli comodo questo feeling che si era creato fra i due. Certo, non era stupido, sapeva che un uomo come Ross Poldark poteva risultare estremamente attraente agli occhi di una giovane ragazza che da sempre aveva dovuto lottare con mille problemi, ma era altrettanto sicuro che Demelza fosse una persona onesta e che il matrimonio con Hugh non fosse assolutamente messo in discussione. "Che consigli di fare?".

Demelza scosse il capo, assorta, tornando a pensare alla insensata morte di Francis. "Un'amicizia discreta, un telegramma di condoglianze, nulla più. Lo apprezzerebbe più di qualsiasi altra cosa".

"Ha bisogno di denaro e fiducia nella sua impresa e nelle sue capacità, non di una amicizia discreta!" - sbottò l'uomo.

Demelza strinse i pugni, frustrata che non capisse. Che non VOLESSE capire... Perché sapeva che Falmouth non voleva pensare al lutto degli altri e a quanto fosse devastante viverlo perché pensarci, significava ammettere che presto sarebbe capitato anche a lui e tutto avrebbe perso senso. "Sta piangendo suo cugino, dubito che il resto possa interessargli".

Si voltò a guardarlo e a Falmouth mancarono le parole per ribattere.

E in quel momento, trafelata, arrivò la domestica che era stata lasciata al capezzale di Hugh. "Signore, signora".

Falmouth le si avvicinò. "Cos'hai, cos'è questa foga?".

La ragazza guardò con rammarico Demelza e poi, quasi intimorita nel dirlo, abbassò il viso mentre si decideva a parlare. "Il tenente Armitage sta avendo un'altra crisi e chiede della signora".

Il cuore di Demelza parve prima fermarsi e poi accelerare di colpo. Senza chiedere ulteriori spiegazioni corse verso le scale, a perdifiato, salì al piano di sopra maledicendosi per aver lasciato solo suo marito per mezz'ora e poi piombò nella stanza.

Hugh, sprofondanto sotto una pesante coperta, si dimenava dal dolore, tossiva sangue e sembrava percorso da un male oscuro che lo prendeva a morsi. Gli apparve ancora più delicato e fragile di quanto non fosse mai stato, tutta la loro vita insieme le scorse davanti agli occhi e capì che erano davvero alla fine. Nessuno lo aveva mai detto ad alta voce ma tutti sapevano, in cuor loro, che quel momento sarebbe arrivato.

Dietro di lei, sentì la presenza di Falmouth che l'aveva seguita. L'uomo, pallido e improvvisamente con sguardo smarrito e senza speranza, stava forse pensando alle stesse cose. La guardò e capì che era spaventata quanto lui e con un gesto affettuoso le diede una leggera spinta verso il letto.

Demelza annuì, capì che Hugh aveva bisogno di lei e che doveva essere forte e coraggiosa. Si avvicinò, si sedette accanto a lui e gli prese la mano. "Hugh...".

Lui, smettendo di agitarsi, aprì gli occhi a fatica. "Amore mio, dov'eri?".

Gli occhi di Demelza si inumidirono. "Mi sono allontanata un attimo perché avevo bisogno di fare un bagno e mi sono fermata a guardare il giardino mentre tornavo in camera".

Lui tentò di sedersi ma fallì, risprofondando fra i cuscini. "Ti aspettavo...".

"Perdonami, non mi allontanerò più. Dove hai male?".

"Alla testa... E la tosse, mi spacca i polmoni, non riesco a smettere".

"E le gambe e le braccia? Ti fanno ancora male anche loro?".

Hugh scosse la testa mentre anche Falmouth si avvicinava al letto. "No, non le sento nemmeno".

Demelza e Falmouth si guardarono negli occhi, spaventati. Era un bene? O un male? "Vuoi un pò di medicina?" - chiese la donna.

Ma Hugh, con un grande sforzo, si rifiutò con fermezza. "Basta, non voglio più quella droga! Se devo dormire, allora avrò tempo da morto per farlo! Ma finché respiro, voglio vederti!".

Demelza sentì gli occhi pungerle ma si impose di essere forte. In fondo lo sapeva anche lei, quelle medicine erano inutili... E quel poco tempo che restava loro, era quanto di più prezioso avessero e non andava sprecato. "Come vuoi".

"Almeno qualche goccia di cordiale" – suggerì Falmouth, cercando di mantenere ferma la voce.

"Zio, no" – rispose Hugh, con fermezza ma anche gentilezza. C'era sempre stato grande affetto verso suo zio, era stato un padre per lui e sapeva quanto soffrisse in quel momento e avrebbe fatto di tutto per dargli conforto. Ma sapeva che non era in suo potere farlo...

"E sia" – si arrese Falmouth.

Hugh sorrise, poi tornò a guardare Demelza. "Fa freddo, vero?".

"Sì, è inverno ormai. Fuori c'è la neve".

Gli occhi di Hugh parvero perdersi in ricordi lontani. Li chiuse e per un attimo parve persino smettere di respirare, ma poi li riaprì. "Amo la neve. Terrai le mie poesie? Ne ho scritte molte sulla neve".

"Le conserveremo insieme a quelle che scriverai quando starai meglio" – rispose lei, con voce rotta.

"Sì, certo".

Hugh guardò suo zio, cercando di riprendere un fiato sempre più flebile. "Mi sarebbe piaciuto che fossi più contento di me".

Falmouth gli sfiorò la mano. "Sono sempre stato contento di te".

"E la politica? Non mi è mai piaciuta e questo non è piaciuto a te".

Falmouth si sforzò di sorridere. "Ah, hai un animo troppo buono e gentile per i demoni che affollano Westminster. Meglio così, che te ne sia rimasto lontano. Sei rimasto umano, in questo modo...".

Hugh parve essergli grato per quelle parole che in un certo senso rimettevano pace nel suo animo tormentato dall'estate precedente in cui aveva cercato di diventare simile a Ross Poldark per piacere di più a lui e a sua moglie. "Grazie zio... Ti prenderai cura della mia Demelza?".

"E' mio dovere prendermi cura di tutti voi e continuerò a farlo".

Demelza intervenne. "Hugh, non ti sforzare" – gli intimò, incapace di ascoltare certi discorsi.

Lui parve non volerla sentire. Tossì di nuovo e il fiato tardò a tornare... Prese ad ansimare e ad agitarsi di nuovo come in cerca d'aria e Demelza gli tenne la mano, stretta. "Hugh, sono quì, tranquillo".

Lui la guardò ancora una volta, intensamente, con lo sguardo di qualcuno che guarda ciò che c'è di più bello al mondo. "Mi ami?".

Lei gli sorrise, baciandolo lievemente. "Certo, lo sai". Lo aveva sempre amato, di un amore tenero e gentile e questo sentimento lo avrebbe portato dentro di lei per sempre.

Hugh rispose alla stretta alla sua mano, lievemente, comprendendo la sincerità dei suoi sentimenti. "Sì, lo so...".

E poi chiuse gli occhi, reclinò il capo di lato e in un attimo, senza quasi che i presenti se ne accorgessero, smise di respirare.

In pace col mondo e con chi aveva più amato, Hugh Armitage lasciò la sua vita mortale in un freddo giorno di neve...

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Poldark / Vai alla pagina dell'autore: lady lina 77