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Autore: Stillintoyou    03/07/2020    0 recensioni
{Fourquel di "Benvenuta nella radura"}
‹‹ Elicottero. C'è un elicottero in avvicinamento. ›› disse.
Non sapevo come caspio facesse a saperlo, ma provai ad ipotizzare che fosse per via della sua esperienza militare, o qualcosa del genere.
‹‹ È una cosa positiva o negativa? ››
‹‹ Positiva, forse. Se è quello che penso io, ovviamente ›› inclinò la testa, ma non aveva un'aria molto convinta ‹‹ l'Hae ››
‹‹ E sarebbe? ››
‹‹ L'associazione a cui il governo Coreano affidò il compito di testare quella medicina di cui vi ho parlato prima ››
‹‹ Praticamente la C.A.T.T.I.V.O. coreana ›› disse Newt, toccandosi il labbro inferiore in modo nervoso. Non gli faceva piacere l'idea di avere a che fare con un'altra associazione simile, e non faceva piacere nemmeno a me.
‹‹ Più simili all'Eden. A differenza della C.A.T.T.I.V.O., mandano degli elicotteri a controllare le zone come questa per vedere se ci sono sopravvissuti o intrusi almeno una volta alla settimana. E cosa non meno importante: non vedono di buon occhio la C.A.T.T.I.V.O. ››
‹‹ Cosa significa Hae? È un nome? ››
‹‹ Significa sole ››
Genere: Angst, Avventura, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Minho, Newt, Nuovo personaggio, Teresa, Thomas
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Aprii di scatto gli occhi, prendendo una botta d'aria improvvisa.

I miei polmoni sembravano bruciare per quell'aria che li invase di colpo... o, per meglio dire, quel fumo e quella polvere.

La prima cosa che vidi davanti a me, fu il faccione di Thomas, improvvisamente rasserenato dal vedermi con gli occhi aperti. La mia testa era leggermente sollevata dalle sue mani.

Secondariamente, il mio sguardo vagò intorno, senza però riuscire a vedere nulla in particolare.

Era tutto sfuocato, ed il mio sguardo sembrava quasi andare a rallentatore.

Le mie orecchie fischiavano parecchio, la puzza di bruciato penetrava nelle mie narici assieme a parecchia polvere e fumo che pizzicava, ma niente di tutto questo era brutto quanto tutto il mio corpo che doleva in punti che non sapevo nemmeno di avere.

Inspirai profondamente, poi cominciai a tossire.

Mi sembrava di star sputando fuori della ghiaia, o qualcosa del genere, perché la mia gola raschiava come non aveva mai fatto prima.

E la cosa peggiore era che non riuscivo a smettere. Ogni colpo di tosse era come un colpo di martello lungo la spina dorsale, e pensai di lasciarci le penne considerando che non riuscivo a prendere un respiro in santa pace.

Quando la crisi di tosse mi passò, mi osservai attorno, di nuovo, ignorando – involontariamente – le domande di Thomas. Mi diedi un piccolo slancio con la schiena e, in breve, mi trovai a carponi sul terriccio. Mi sollevai lentamente sulle gambe, ed imprecai silenziosamente. Sentivo le scosse di dolore lungo tutto il corpo.

Ora riuscivo a vedere meglio le cose, e realizzai in breve tempo la gravità della situazione.

Thomas mi aveva trascinata fuori dalla berga, e forse era meglio così:

Il muso di questa era incrinato verso l'interno, i vetri della cabina del pilota completamente distrutti, il portellone era spaccato e a terra, i motori a fuoco... e non osavo immaginare cosa fosse successo all'interno.

In poche parole: era tutto distrutto.

Ero stupita del fatto che la berga, tutto sommato, non fosse messa tanto male esteriormente.

Per essersi schiantata al suono, era anche troppo intatta.

Non riuscivo a trovare un imprecazione adatta per quella visione.
Poi, sgranai gli occhi, realizzando che lì attorno, oltre me e Thomas, non c'era nessun altro.

Dov'erano Newt, Teresa, Huan, Minho e Jorge?

Apparentemente, eravamo completamente soli, e la cosa non mi piaceva affatto.

Cominciai a girarmi a destra e a sinistra più volte e velocemente, respirando ad una velocità che non credevo nemmeno fosse possibile.

Poi, Thomas mi fece girare verso di sé, e mi strinse in un abbraccio improvviso.

Mi sorprese, perché Thomas non era solito a mostrare affetto in quel modo.

Ma tremava come una foglia, e potevo giurare di aver sentito una sorta di singhiozzo. Tremava come una foglia.

Questo mi fece gelare il sangue, facendomi immediatamente presagire la risposta della domanda che ancora non avevo fatto. Eravamo soli, d'altronde... e questo era tutto un dire.

Ricambiai l'abbraccio, poi, e diedi due colpetti leggeri, che in teoria dovevano essere delle carezze.

Fino a quel momento non avevo mai riflettuto seriamente su quanto i miei abbracci facessero schifo. Ma Thomas non sembrò nemmeno farci peso, e sciolse l'abbraccio, storcendo le labbra.

Era pallido come un cadavere, ma sporco di terra e con qualche livido sul volto.

Le sue mani scivolarono sulle mie spalle, poi le strinse con forza.

In quel momento, notai anche i suoi occhi lucidi. Un po' per la preoccupazione, un po' per via del fumo. La sua espressione si fece seria, preoccupata, e mi scrutò dalla testa ai piedi.

‹‹ Stai bene, vero? È tutto okay? ›› la sua voce tremava, ma aveva l'aria di chi avesse un urgenza estrema di risposte.

‹‹ Sì, sto bene. Ho solo parecchio mal di testa, e dolori ovunque ›› risposi, poggiando una mano sul suo zigomo, dove un grosso livido aveva sostituito il classico colorito della sua pelle ‹‹ tu? ››

‹‹ è tutto okay, mi sono abituato a prendere colpi ›› rispose, ma il suo tono di voce era smorto.

‹‹ Bene così ›› mormorai, poi, col cuore in gola, presi coraggio per porgli la domanda che più stava a cuore.

Ma Thomas girò lo sguardo verso la berga, e m'interruppe ancora ‹‹ siamo nella sploff fino al collo. Quel dannato affare non potrà più partire ››

‹‹ Non lo possiamo riparare? ›› azzardai ‹‹ Magari J – ››

‹‹ Ripararlo è fuori questione ›› non mi lasciò nemmeno finire, ed ebbi la terribile sensazione che stesse evitando ampiamente di entrare nel discorso ‹‹ anche se Jorge, prima dello schianto, è riuscito a mettere “dritta” la berga così da evitare uno scoppio... Ma come vedi, non è finita ugualmente per il meglio ››

Non mi lasciò presagire niente di buono, ancora una volta.

Ma questo non poteva levarmi totalmente la poca speranza che mi era rimasta. Non potevo accettare gli aver perso tutti, un'altra volta... e magari, sta volta, in modo definitivo.

Non dopo tutto ciò che avevamo passato.

‹‹ Cosa possiamo fare, adesso? ›› provai a chiedere, inspirando profondamente – e pentendomene subito dopo, per via della tosse –

‹‹ Non ne ho la benché minima idea... temo che dovremo percorrere questa zona fino a Seul ››

‹‹ A piedi? ››

‹‹ A meno che tu non sia capace di costruire una macchina con i resti della berga, sì ›› rispose con un tono sarcastico, che non si s'addiceva per niente a Thomas. Infatti, l'unica cosa che guadagnò da parte mia, fu un'occhiataccia. Rendendosene conto, diede un finto colpo di tosse, come se nulla fosse, ed infine sospirò in modo frustrato ‹‹ siamo veramente nella sploff ›› continuò.

Lo guardai ancora, analizzando la sua espressione che, da pallida, era diventata verdognola, come se fosse sul punto di vomitare dal nervoso.

Promisi a me stessa che se non mi avesse fatto finire di parlare, gli avrei riempito la bocca col terriccio e chiusa con le mie stesse mani.

‹‹ Smettila di utilizzare il gergo dei radurai, a distanza di tempo, continui a sembrare scemo ›› lo riprese giocosamente Minho.

Mi girai, così, nella direzione di quella voce, con un improvviso senso di sollievo.

Jorge, Huan e Minho camminavano lentamente nella nostra direzione.

E Huan borbottava qualcosa in modo silenzioso.

Quando, però, poggiò lo sguardo su di noi, allargò le braccia, assumendo un espressione piuttosto offesa.

‹‹ Non c'è un cazzo. Siamo nel bel mezzo del fottutissimo nulla! ››

‹‹ Sta calmo, hermano ›› sbuffò Jorge, e dall'espressione che assunse, si poteva intendere quanto fosse stufo di ascoltare di nuovo le sue lamentele.

‹‹ Calmo? Il mio portatile è distrutto! Le mie armi! Tutto! Col mio pc è morta una parte di me. Jorge, sarò costretto a cambiare identità! ››

‹‹ Come sei tragico... ››

‹‹ Non sono tragico, sono semplicemente distrutto dalla perdita! ››

e continuarono a discutere sul valore della perdita del pc.

Guardai, poi, Thomas. Sul suo volto era comparso un sorrisetto divertito dal discutere di Huan e Jorge, ma i suoi occhi erano spenti.

‹‹ Thomas? ›› lo chiamai, e lui, senza esitazione, abbassò lo sguardo su di me, accennando un gesto del capo per farmi capire di avere la sua attenzione ‹‹ dove sono Newt e Teresa? ››

Sulle prime, il suo sorriso si congelò sulle labbra, ed il suo sguardo divenne di nuovo totalmente perso nel vuoto. Si spostò, vagando altrove, ed ebbi quella conferma silenziosa che non volevo avere veramente.

Forse non volevo sapere proprio nulla, ed in verità stavo solamente cercando di evadere dalla realtà che, però, era piuttosto palese.

Non volevo accettarlo, ma allo stesso tempo, volevo sembrare forte.

O forse, semplicemente, dentro di me avevo già metabolizzato la notizia, ma non l'avevo capito a fondo, e quindi per ora andava tutto bene.

Sentivo il cuore pesante, ma non facevo ancora fatica a respirare.

Era tutto in una zona neutrale.

Sensazioni strane, come se non toccassi terra, e quello fosse tutto solo un brutto sogno.

Temevo per il risveglio.

‹‹ Capito... ›› dissi sottovoce, con un tono piatto.

Thomas, allora, abbassò lo sguardo. Era tutto silenzioso, eccetto per il continuo discutere di Jorge e Huan.

‹‹ Mi dispiace ›› sussurrò Thomas.

Poi nient altro. Il vento cominciò ad alzarsi, sollevando così anche la polvere attorno a noi. Il poco tempo, il cielo si era annuvolato, ma non erano nuvole che minacciavano pioggia.

O forse, a causa del cielo dell'alba, era solo una cosa illusoria.

‹‹ Dobbiamo trovare un riparo temporaneo ›› disse Minho ‹‹ o comunque un modo per cominciare a camminare verso Seul ››

‹‹ Senza alcuna indicazione siamo solo dei morti che camminano. Questa zona è desertica se non per qualche ex-città fantasma. Ci sono spaccati e.. cose brutte ›› Huan storse le labbra, poi passò le dita su queste, con aria pensierosa.

Corrugai la fronte ‹‹ Cose brutte? ››

‹‹ Sì, cose brutte. Il governo coreano pensò bene di testare una medicina tutta loro in un macchinario simile a quello per la Chemioterapia, non so se hai presente... ››

‹‹ Non proprio, ma va avanti ››

‹‹ In sintesi: il paziente si sdraiava su un lettino, che poi lo portava all'interno di una macchina.

Il punto è che questa macchina produceva radiazioni che, in teoria, distruggevano le cellule malate... in pratica, invece, le cellule malate si “tranquillizzavano”, ma lentamente crescevano e si sdoppiavano e, nel giro di una settimana, peggioravi tre volte più velocemente. In più eri radioattivo. Alcune persone esposte alle radiazioni hanno sviluppato caratteristiche fisiche fuori dal normale. Poi, il problema, è che una persona malata di norma non può contagiarti. Questi cosi sono infetti, e sì, possono contagiarti ››

‹‹ “Cosi”... ›› grugnì Jorge in modo contrariato.

‹‹ Come chiameresti una persona con tre braccia, gli occhi fuori dalle orbite e la bocca deforme? ››

‹‹ Non credo che arrivino fino a quel punto. Ingigantisci troppo la questione. ››

‹‹ Un infetto adulto no. Un feto sì ›› gli fece notare Huan, poi schioccò le dita delle mani e guardò la berga ‹‹ comunque, non voglio camminare alla cieca e rischiare di farmi mordere. Sono troppo carino per essere deformato ››

‹‹ Anche io ›› brontolò Minho, che si era accovacciato per terra ed imbronciato come un bambino capriccioso.

‹‹ M'infilo nella berga e vedo se riesco a recuperare qualcosa di utile. A questo punto, giuro, mi accontento anche di una cartina ››

‹‹ E se non trovi nulla? ››

‹‹ Darò la colpa a Thomas, ovvio! D'altronde l'idea del labirinto è stata sua ›› rispose, come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo, ed infine si avviò verso la berga.

Il vento cominciava a diventare più forte, e non mi piaceva per niente. Ricordavo bene come si stava nella zona bruciata, e mi chiedevo se lì fosse la stessa cosa. Un caldo insopportabile durante il giorno ed un freddo pungente la notte.

Attualmente, sapevo per certo che quel vento sembrava quasi penetrarmi nelle ossa come tanti piccoli chiodi.

Mi strinsi nelle spalle, sfregando le mani contro le braccia nel tentativo di scaldarmi, ma poco dopo, sentii delle braccia avvolgermi in un abbraccio da dietro, poi un mento poggiarsi sulla mia nuca.

La stretta dell'abbraccio si fece più forte, e poi, cominciò a dondolare come un bambino in attesa delle caramelle.

Mi sentii improvvisamente euforica, e cominciai a sorridere come una bambina, inondata dalla sensazione di sollievo nel sapere che Newt stava bene.

Ma, allo stesso tempo, provai una sorta di dispiacere. Perché si era allontanato, e non era lì al mio risveglio? E perché Thomas faceva finta di niente?

‹‹ Abbiamo controllato a Nord, e l'unica cosa che abbiamo trovato sono i residui di ciò che doveva essere un sottopassaggio inagibile ›› disse Teresa, con un tono deluso dal non aver trovato niente che potesse essere utile. Eravamo, quindi, punto e a capo.

Sollevai la testa, incrociando lo sguardo di Newt, che continuava a sorridere come un bambino.

Il mio sguardo, però, non era così allegro.

Ero preoccupata, seppure sollevata nel vedere che non sembrava aver subito nessun danno. O almeno, così, a prima vista, stava da Dio.

‹‹ Dov'eravate? Mi avete fatto prendere un colpo! ›› sibilai, spostandomi dall'abbraccio e girandomi completamente verso di lui, così da non dover sembrare una contorsionista.

‹‹ Io e Teresa siamo andati a controllare se trovavamo qualche indicazione, o comunque qualsiasi cosa che potesse esserci utile.... Anche se in verità eravamo piuttosto certi che saremo tornati a mani vuote... Almeno ci abbiamo provato ›› accennò un sorriso, ed inclinò la testa ‹‹ perché ti sei spaventata? ››

‹‹ Quell'idiota di Thomas mi ha fatto pensare tutt'altra cosa. Non rispondeva alla domanda su dov'eravate e prima, quando gli ho detto di aver capito, ha sussurrato “mi dispiace” ››

Newt corrugò la fronte, poi scosse la testa ‹‹ probabilmente era perché non sapeva dove fossimo. L'unica cosa che gli ho detto, prima di andare via, è stata di controllarti. Sapevo che stavi bene, ma dovevamo dividerci per controllare la zona e Thomas non era in grado di camminare. Gli è caduto addosso il tavolo. A dire il vero è un miracolo che siamo tutti interi... per così dire. Ho dolori ovunque, ma almeno cammino ancora. Tu, piuttosto, come stai? Qualcosa di rotto? ›› chiese, con tono improvvisamente premuroso, com'era solito di Newt.

Annuii ‹‹ tutto okay. Ho dolori ovunque anche io ››

‹‹ Potreste smetterla, voi due? ›› brontolò Minho.

C'eravamo isolati tra di noi, eppure non stavamo facendo nulla di male.

Teresa e Thomas erano poggiati con la schiena alla berga, anche loro, isolati. Infatti non sapevamo se Minho si stesse riferendo a me e Newt o a loro due, e ci guardammo tutti e quattro consultandoci silenziosamente. E nel silenzio, infatti, rimanemmo.

Minho non guardò nessuno, e non disse nient altro, troppo concentrato a disegnare qualcosa sul terriccio col dito. Anche Jorge lo guardò con aria incuriosita.

  
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