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Autore: manpolisc_    04/07/2020    2 recensioni
•Primo libro della trilogia•
Sharon Steel è una ragazza di diciassette anni che vive a Ruddy Village, una cittadina tra il Nevada e la California. La sua vita non è mai stata semplice: è stata definita pazza per le cose che vede e alle quali la gente non crede, che l'hanno portata a sentirsi esclusa. Solo l'arrivo di una persona come lei riuscirà a farle capire di non essere sbagliata, ma solo diversa. Scoprirà la sua vera natura e dovrà decidere del proprio destino.
Dal testo:
- È solo un bicchiere che è caduto. - Mormoro. Mi guarda, accennando un sorriso divertito.
- E la causa della sua caduta è solo qualcosa alle tue spalle, che brancola nel buio, pronto ad ucciderti. -
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo 20

Sposto nuovamente le tende dalla finestra per guardare la strada. L'attesa mi sta uccidendo. Dove diamine si è cacciato Harry? Aveva detto che sarebbe stato qui entro qualche minuto, invece si è fatto buio. Lo abbiamo aspettato per più di due ore. A questo punto, saremmo potuti benissimo entrare nella casa abbandonata, indagare quanto volevamo (beh, volevo) e poi tornare. Però non ci siamo mosse, sapendo che da un momento all'altro sarebbe arrivato. Delice continua a far avanti e dietro per il salotto, nervosa, dopo aver passato la maggior parte del tempo a far zapping e aver letto un po' quel documento che ho studiato questa mattina. Ora si mordicchia le unghie colorate di verde, tirando con i denti qualche pellicina intorno. Alla fine si decide ad alzare lo sguardo su di me, impaziente ma allo stesso tempo agitata. Non vedendolo arrivare, abbiamo anche preso in considerazione l'idea di andare fuori a cercarlo, pensando al peggio, ma alla fine ci siamo limitate a rimanere sedute ad aspettare il suo arrivo. Non sappiamo dove sia, quindi è inutile uscire.
- È arrivato? - Chiede con tono preoccupato. Porto lo sguardo su di lei e scuoto la testa, poi scruto di nuovo fuori dalla finestra. Delice sospira e si siede sul divano, abbattuta. - Siamo sicure che davvero verrà? -
- È un tipo affidabile. - Mormoro mentre vado ad accomodarmi sulla poltrona. Porto le gambe al petto, poggiandoci la testa sopra. - Forse sta ancora dietro quella strega. - Sbuffo, stanca di aspettare. È vero che se ne dovrebbe occupare lui, ma sono curiosa di sapere chi sia. Sono stata ore con lui per tentare di scoprire la sua identità e non abbiamo mai trovato nulla. Ora non può tenermi sulle spine in questo modo. Credo anche che gli serva una mano date le condizioni in cui la strega l'ha ridotto la scorsa volta. Non può affrontarla di nuovo senza l'aiuto di nessuno. Non sono sicura di essergli davvero utile, non essendo brava quanto lui, ma meglio di star del tutto da solo. Mi dispiace anche di averlo congedato così velocemente al telefono prima, ma quando voglio delle risposte divento troppo egoista e agisco senza pensare alle conseguenze. Se avessi riflettuto meglio prima di costringere Jackson a dirmi la verità, non sarei caduta in una specie di stato di angoscia ad esempio.
Smetto di pensare ai possibili posti in cui possa essersi disperso quando sento il rumore di una macchina che si fa man mano più vicina. Non è la prima volta che ne passa una e non vorrei alzarmi inutilmente per poi scoprire che qualcuno ha sbagliato strada e sta solo facendo inversione di marcia. Solo quando sento la portiera dell'auto essere sbattuta in quel modo così familiare mi alzo e scatto verso la finestra, spostando le tende. Un piccolo sorriso spunta sul mio volto quando noto il dampiro con i suoi soliti abiti neri (una maglietta a maniche corte, gli skinny strappati sul ginocchio e gli anfibi) camminare velocemente verso casa mia dopo aver chiuso la Range Rover.
- È lui? - Chiede Delice, che si è messa in piedi e sta camminando verso la porta per farlo entrare, mentre io annuisco in risposta. Harry non le dà il tempo di aprirla del tutto che la spalanca e in un nanosecondo è già in casa. Osserva prima lei freddamente, poi me, ancora con sguardo duro.
- Anche lei deve stare qui? - Chiede abbastanza infastidito. Lancia un'altra occhiata di disprezzo alla bionda. Non gli sta davvero antipatica, ma gli dà fastidio il fatto che abbia comunque voluto cercar di capire quello che noi affrontiamo quando, in fondo, non ci riuscirà mai completamente. E poi credo che ce l'abbia ancora con lei per aver guidato la sua macchina quando dovevamo portarlo in ospedale.
Lei si mordicchia il labbro, sentendosi forse fuori luogo o un po' mortificata, oppure intimidita da Harry, ma escludo subito quest'ultima opzione dato che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, mai. Muove lo sguardo su di me, forse aspettando che dica qualcosa a suo favore per farla rimanere, ma la guardo dispiaciuta mentre le mimo un "mi dispiace" con le labbra. Se avessimo discusso riguardo alla casa abbandonata, sarebbe rimasta di certo, ma la voglio tenere fuori dalla faccenda della strega. È vero, sa che Harry le sta dando la caccia da quando si è tolto i punti (da solo) e sta programmando la sua vendetta già dal pronto soccorso, ma non è al corrente di tutte le altre cose che le ho tenuto nascoste. Ad esempio, la nostra nottata all'ufficio anagrafe. Sicuramente mi rinfaccerà di averla esclusa per l'ennesima volta.
- No. Me ne stavo giusto andando. - Risponde poi mentre fissa il dampiro. - Vado a posare la tua felpa. - Dice con tono leggermente irritato quando sale i gradini, fino a sparire in cima alle scale. Guardo Harry in attesa che cominci a parlare, ma lui sembra non voler ancora aprire bocca, non finché ci sarà ancora Delice in casa, almeno. Tiene lo sguardo fisso sulle scale e incrocia le braccia al petto, aspettando con impazienza che la mia amica se ne vada. Qualche secondo dopo, Delice riscende giù. - Ci teniamo in contatto. - Incurva un angolo della bocca in un piccolo sorriso forzato mentre annuisco debolmente, sentendomi in colpa a mandarla via. Si affretta a lasciare la casa, senza neanche degnare di un saluto il dampiro, ma lui non si cura minimamente di ciò. Si gira verso di me, fissandomi, ma io continuo a mantenere lo sguardo sulla porta, ancora desolata. A volte vorrei che anche lei fosse come me, ma altre penso invece che sia meglio per lei rimanere più legata e fedele alla sua vita normale, ringraziando anche di averne una. Molta gente ne preferirebbe una spericolata, piena di avventure, ma si sofferma solo ai pro di ciò, non ai rischi che potrebbe correre. Devo ammetterlo, anch'io ho desiderato questo, ma ora che conosco tutte le sue sfumature farei di tutto pur di tornare indietro a quel momento quando incrociai lo sguardo di Jackson Mitchell perché, dentro di me, sapevo già che tutto era cambiato permanentemente e l'unica cosa che ho fatto è stato continuare ad alterare la mia vita. Forse è meglio che lei eviti di commettere il mio stesso errore. Delice è davvero umana. Non riuscirebbe a reggere anche questo universo. È già ammirevole come non sia crollata e non sia finita in un istituto psichiatrico. Ed è anche strano come io non abbia fatto quella fine. Credo che una parte di me abbia sempre saputo di tutto questo, essendo da sempre un Elementale, ma mi serviva solo una spinta per scoprirlo.
- Chi è? - Guardo Harry negli occhi. Non so perché, ma il mio cuore comincia a battere più forte, in ansia per la risposta.
- Mi dispiace di non averlo capito prima. Forse ora è troppo tardi. - Mormora serrando la mascella. - Avevo la risposta davanti ai miei occhi! - Sbraita indignato mentre lascia le braccia lungo i fianchi e stringe i pugni. Deglutisco, insicura di voler sapere il nome. Sta reagendo troppo male per essere qualcuno che nessuno dei due conosce. Non sono al corrente delle identità delle streghe, se ce ne sono altre, ma molto probabilmente lui sì per opporsi in questo modo.
- Harry. - Lo richiamo con tono tranquillo. Lui cerca di calmarsi, respirando rumorosamente dalle narici. - Chi è? - Chiedo di nuovo con un filo di voce.
- È June! - Esclama prima di riprendere a respirare. Io mi sento mancare il respiro. Non credo di aver capito bene; non ha senso. Quando si accorge che non parlerò, troppo turbata in questo momento, riprende la parola. - È quella puttana con cui Jackson continua a frequentarsi! - Sbraita nuovamente. Schiudo la bocca, sconvolta dalle sue parole. Non può essere vero. Ci sono stata per anni a scuola, ogni giorno, e non mi sono mai accorta di nulla. Certo, ormai ho perso il conto di quante volte io e Delice le abbiamo associato quel nome, ma non pensavo fosse il più adatto tra tutti quelli detti. La cosa più brutta di ciò che mi sta dicendo è che non sono del tutto scioccata, forse perché non riesco a capacitarmene, oppure perché l'ho sempre sospettato nel profondo. Però, da quando ho visto quei due insieme, ho vissuto con la costante sensazione che Jackson fosse in pericolo e, ammettendo che lei sia una strega, potrei darmi una spiegazione a quel timore.
- Ma cosa stai dicendo? June non è una strega, Harry. Jackson se ne sarebbe accorto. Tu, te ne saresti accorto. - Incrocio le braccia al petto, ancora incredula.
- Sharon, è lei! Non ti sto mentendo! Torna tutto! - Comincia a camminare per il salotto mentre si tortura le mani. Non l'ho mai visto così in ansia da quando lo conosco, e questo è preoccupante, forse anche più del fatto che June sia una strega. - Da quando Jackson esce con quella è cambiato. Quando è venuto da te era rimbambito, direi ammaliato. - Mi guarda e per un secondo si ferma, evitando di formare un solco nel pavimento. - E questa è una delle loro specialità. - Aggiunge mentre riprende a muoversi.
- Beh, sì, sembrava ammaliato, ma non può essere lei. - Lui smette di spostarsi e mi guarda con occhi sgranati, esasperato e incredulo. Sono lievemente sorpresa anch'io di ciò che sto dicendo, la odio eppure sembra che la stia difendendo, però sto solo cercando di non puntare il dito contro di lei e commettere un errore. Non posso subito condannarla perché mi sta antipatica e perché voglio solo un pretesto per allontanarla da Jackson.
- Possono sembrare coincidenze, va bene, te lo concedo, ma non al pronto soccorso. Quando mi feci male combattendo contro una strega, contro di lei, Jackson venne in ospedale perché qualcuno gli aveva detto che mi ero fatto male. Jackson è stato con June quel giorno! E June ha lottato contro di me prima di andare da lui! Chi altro potrebbe averglielo detto?! Neanche Lizzie sapeva ciò che è successo! - Lo guardo prima di mordermi il labbro e abbassare gli occhi sul pavimento, riflettendo. In effetti, su questo ha ragione. Lo Gnomo non ha mollato June per tutto il pomeriggio e nessuno avrebbe potuto dirgli cosa fosse accaduto. Siamo gli unici che conosce e che sanno del suo segreto da Elementale, non c'è proprio possibilità che qualcuno abbia parlato con lui di questo. Beh, nessuno tranne June. Se fosse davvero la verità, solo una cosa non torna: perché lei l'avrebbe spinto ad andare in ospedale? Sul motivo per il quale Jackson non abbia fatto domande riguardo al fatto di raggiungerci al pronto soccorso non mi pongo tanti dubbi: con l'ammaliamento, June riesce a controllarlo perfettamente. Ora sono perplessa anche riguardo a un'altra cosa: quando Jackson venne a casa mia per porgermi le sue "scuse", quando sembrava rimbambito, anche lì era ammaliato, allora? E lo stesso quando mi trattò in maniera fredda durante il nostro ultimo allenamento, che ormai risale a settimane fa? È l'unica spiegazione plausibile riguardo al suo comportamento.
- Se questo che mi stai dicendo è vero, perché lei vorrebbe Jackson? Perché avrebbe dovuto avvertirlo delle tue condizioni, di cui lei era la causa? - Chiedo, non riuscendo a riflettere su nessuna possibile ipotesi.
- Non lo so! Blaterava qualcosa su un demone... e su un Elementale. - Corruga la fronte, cercando di ricordare le parole di June. Alzo la testa senza smettere di riflettere su tutto ciò che riguarda June e le sue azioni strane che potrebbero darmi la certezza che lei sia più che umana.
- Quando Jackson lanciò i nostri compiti di matematica contro la lavagna, June fu l'unica a non correre fuori terrorizzata, anzi lo guardava ammirata come se... avesse trovato ciò che cercava, un Elementale. - Dico dopo un paio di secondi, avendo racimolato diversi momenti recenti. Harry incrocia il mio sguardo, prestandomi ascolto ma con un'espressione confusa. - E anche in ospedale! - Aggiungo quando anche questo ricordo risalta chiaro nella mia mente. - Non ha battuto ciglio quando ho fatto esplodere quel dispenser d'acqua. Delice conosce la mia natura, non si è sconvolta tanto, ma per June davvero sembrava una cosa normale, e non doveva essere così. -
- Dobbiamo avvisare Jackson. - Harry era convinto delle sue parole già prima, essendo un tipo testardo e che non ammette di aver torto, ma ora lo è di più, così io. Però adesso mi sento il cuore esplodere in petto. Ho paura che sia troppo tardi e di non riuscire a fargli capire ciò che gli sta succedendo. Non posso neanche perdere tempo per rimanere scioccata riguardo June: dobbiamo aiutare Jackson.
- Non ci ascolterà se è sotto ammaliamento. Già sembra impossibile resistere a quella tua specie d’ipnosi. - Mormoro irritata di non aver una soluzione in mente.
- Chi ha detto di parlargli? - Batte un pugno contro il palmo dell'altra mano, guardandomi negli occhi, ma io sospiro e scuoto la testa: non risolveremo niente con la violenza.
***
- Ed io dovrei credervi? - Jackson scoppia in una grossa risata, ancora appoggiato al muro del soggiorno con le braccia incrociate al petto, diffidente. Pensavo che la stanza fosse più grande vista dall'esterno, invece è quasi priva di mobili, la maggior parte di legno. Di fianco alla porta d'ingresso, sulla destra, c'è un piccolo tavolino con sopra una lampada verde pastello dalla forma ovale; accanto, un divano di pelle bianca a tre posti con vari cuscini di diversi colori, tutti prettamente chiari, soprattutto beige. Alla fine del sofà, un altro tavolino regge un'altra lampada identica alla prima; davanti, un tavolo basso con nulla sopra. Alle spalle, una finestra abbastanza grande, la stessa da cui io e Delice spiammo Jackson. Di fronte, c'è una semplice e vecchia televisione contro il muro sul quale c'è solo un orologio dai contorni neri, così come le lancette e i numeri romani, e a sfondo marroncino chiaro rappresentante tutti i continenti, come se fosse una cartina geografica.
Sento Harry sospirare più volte rumorosamente: sta cercando in tutti i modi di non perdere il controllo e fargli male. Il biondo non ha creduto neanche un po' a quello che gli abbiamo appena raccontato. Ragionevole, essendo sotto ammaliamento.
- Jackson. - Provo a parlare con voce tranquilla rispetto al dampiro che subito si è infastidito. - Harry è il tuo migliore amico, perché dovrebbe mentirti? - Jackson sposta lo sguardo su di me.
- Perché magari lui vorrebbe stare con June. - Il riccio lascia un respiro furioso dalle narici mentre serra la mascella e si sposta minacciosamente verso lo Gnomo, gli afferra il colletto della maglia e lo sbatte al muro. In altre occasione mi sarei già fiondata a fermarlo, ma ora no. So che non lo ucciderà di botte, almeno spero.
- Ora ascoltami bene, testa di cazzo. - Sbatte la testa di Jackson contro il muro, senza fargli davvero male, mentre i suoi pugni stringono di più la maglietta del ragazzo. Cominciano una gara di sguardi che nessuno dei due è intenzionato a perdere. - Capisco che sei sotto l'effetto di una sua fottuta pozione ma chiama a raccolta i tuoi pochi neuroni, magari qualcosa di ciò che ti stiamo dicendo rimane nel tuo cervello. - Ringhia a pochi centimetri dal suo viso. - Svegliati da questa merda d’illusione che ti sta facendo vivere quella strega. - Dice con tono più seducente questa volta. Cerco di concentrarmi su Jackson, non ascoltando la lingua ammaliante di Harry. Jackson lo guarda e poi scoppia a ridere. Il riccio si acciglia, confuso, addirittura deluso di non essere riuscito a vincere contro i poteri di June. Doveva aspettarselo, però: lei sa che Harry è un dampiro, quindi è a conoscenza anche delle sue abilità e sicuramente ha preso qualche precauzione per evitare che svegliassimo Jackson con il soggiogamento. Il biondo gli dà una testata, dritto sul naso, per allontanarlo. L'altro barcolla e si porta immediatamente una mano sul volto. Rimpiango che Lizzie non sia in casa: avrebbe potuto darci un grande aiuto. Però forse è meglio non mettere in mezzo sua madre. Prima di tutto, la faremmo preoccupare; secondo, Harry mi ha detto che è molto occupata con delle faccende che non ha menzionato, ma sicuramente riguardano andare a cacciare. Credo che toccherà a noi due aiutarlo.
- Non sai niente di lei. Smettila di chiamarla strega! - Ringhia a sua volta Jackson. Appena avanza verso Harry, che si è appena accorto di star sanguinando, date le dita sporche, gli taglio la strada per mettermi tra i due e poggiare le mani sui petti di entrambi prima che comincino a pestarsi sul serio.
-Ora basta. Basta. - Dico alternando lo sguardo tra di loro, timorosa che uno dei due mi potrebbe togliere di mezzo per prendere a pugni l'altro, ma loro continuano solamente a scambiarsi occhiate di odio.
- Vai a farti fottere. - Dice Harry a denti stretti prima di allontanarsi e aprire la porta d'ingresso per uscire. Nel chiuderla, la sbatte con così tanta forza che vicino allo stipite si sono formate delle piccole crepe. Osservo per l'ultima volta lo Gnomo con disprezzo, poi corro fuori per raggiungere il dampiro. Quando lo chiamo, lui gira solamente la testa senza rallentarsi o fermarsi, bensì procede verso il cancello per aprirlo. È ancora sporco di sangue sotto il naso e sul labbro superiore.
- Quella vecchia! Se solo avesse mostrato il suo vero aspetto davanti a me l'avrei riconosciuta. - Ringhia con tono arrabbiato, ma anche rammaricato.
- Non è colpa tua. - Mormoro mentre cerco di tenere a fatica il suo passo, veloce e deciso quando è furibondo. Non ho capito però se con se stesso o Jackson. Spalanca il cancello così forte che ho seriamente pensato che si sarebbe staccato, ma per fortuna si limita a sbattere contro il muretto. Sono costretta a bloccarlo e richiuderlo con calma quando entrambi siamo usciti, sicura che si sarebbe rotto nell'impatto.
- Lo so. - Sbuffa, alzando gli occhi al cielo. Finalmente si decide a fermarsi prima di raggiungere la sua macchina, o attraversare la strada, o andare da qualunque parte stesse pensando. Si passa due dita sotto il naso per cercare di pulirsi, ma si sporca solo di più le dita. Quindi afferra il bordo della sua maglietta e lo alza per darsi una pulita, scoprendosi un po' la vita.
- Che cosa facciamo ora? - Mormoro mentre do uno sguardo alla strada deserta davanti a me, poi lo riporto sul suo volto.
- Gli salvo il culo di nuovo. Anzi, glielo salviamo. Abbiamo una festa tra due giorni, no? - Annuisco mentre torno a osservarlo. Si sta sporcando tutta la maglia e c'è un odore orribile di sangue nell'aria.
- Vieni dentro. Ti aiuto a darti una ripulita. - Gli faccio segno col capo di seguirmi e, stranamente, questa volta non fa tante storie. Continua solo a borbottare riguardo quanto stupido sia Jackson mentre attraversiamo la strada per andare a casa mia.
   
 
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