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Autore: Luinloth    04/07/2020    9 recensioni
Gli angeli sono scesi sulla terra e hanno soverchiato l’umanità, regredendola ad uno stato quasi medievale. Gli umani lavorano come schiavi alla costruzione di una torre, di diverse torri sparse intorno al globo, ma nessuno sa cosa succederà una volta che il loro lavoro sarà concluso. John Winchester è a capo di una delle cellule della Resistenza e Dean nei confronti degli angeli non ha mai provato altro che odio, per ciò che hanno fatto alla sua famiglia, per ciò che hanno fatto a Sam. Finché, un giorno, Castiel non viene assegnato al suo cantiere e tutte le certezze che aveva iniziano a sgretolarsi. Ma come gli ripete spesso suo padre, un umano non dovrebbe mai fidarsi di un angelo.
80% AU, 20% what if (vi assicuro che non è così complicato come sembra)
Dal testo:
«Perché?» […]
«Perché ho sempre creduto che non mi importasse» […] «Ma mi sbagliavo»
Genere: Angst, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Disclaimer: storia scritta senza scopo di lucro, nessuno dei personaggi mi appartiene






11. Incastrato




4 marzo 2009

Dean trascorse i giorni seguenti in uno stato di disordinata euforia. La sua mente continuava a tornare all'ottantaquattresimo piano e a Sam, a quell’appartamento che sembrava uscito da un catalogo d’arredamento e alle mani di Kelly posate placidamente sul pancione.

Non riusciva a concentrarsi su nient’altro e si era dimenticato per ben due volte di restituire i registri a Metatron, per fortuna c’era stata Claire a ricordarglielo.

«Adesso mi sono proprio stufata!»

Dean venne riscosso brutalmente dalle sue fantasticherie.

«Se non mi dici subito cosa è successo negli ultimi tre giorni da renderti così svampito giurò che ti prenderò a sberle!»

Claire era appena entrata nella sua camera — da un bel po’ aveva perso l’abitudine di bussare — e l’aveva trovato a fissare il muro con un sorrisetto idiota stampato in faccia, mentre la contabilità delle ultime due settimane aspettava pazientemente sul tavolo già da parecchie ore.

«Claire!» sussultò «Mi sono solo distratto un secondo, io…»

«Poche storie Winchester! Sputa il rospo!» la ragazza si piazzò a gambe larghe davanti a lui, con le braccia incrociate e un irremovibile — e quantomai minaccioso — scintillio negli occhi.

Dean sbuffò.

«E va bene, se la metti così…» chiuse definitivamente il registro con un colpo secco.

«Tre giorni fa ho rivisto mio fratello, per la prima volta dopo quattro anni» confessò «Pensavo di trovarlo ridotto allo spettro di se stesso e invece sta anche meglio di me!» la sua bocca si aprì in un nuovo, spontaneo sorriso a trentadue denti.

«Ritrovarlo è stato qualcosa di così assurdo e meraviglioso allo stesso tempo che…»

«…che ti sei rimbambito» Claire finì la frase al posto suo e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, rilassandosi.

Dean si pentì di averle taciuto del suo incontro con Sam.

«Avrei dovuto dirtelo subito» si scusò.

Dopotutto, ormai si fidava di quella ragazzetta impertinente.

«Beh, me l’hai detto ora: ed è una bellissima notizia comunque»

Lui le rivolse un'espressione riconoscente.

«E non ti ho detto tutto!» proseguì entusiasta, fin troppo lanciato, ora, nella descrizione «Il posto dove vive è così lussuoso, è praticamente una specie di reggia, anzi, tutto il piano lo è»

Claire socchiuse gli occhi «Quale piano?»

«L’ottantaquattresimo. Mi ci ha portato Castiel» si affrettò a specificare lui.

La ragazzina s’incupì e la sua mascella iniziò a contrarsi a intermittenza. D’un tratto sembrava estremamente irritata.

Dean s’interruppe, inquieto. Non gli pareva di aver fatto nulla di sbagliato: aveva pedissequamente seguito le direttive di Castiel, non si era ficcato in brutte situazioni e, tralasciando gli ultimi tre giorni, aveva sempre lavorato sodo.

«Ho detto qualcosa di male?»

Claire tremò tutta, sbatté a terra un piede, e poi prese a marciare avanti e indietro per la stanza a grandi passi.

«Stavolta gliene dico quattro! Oh se gliene dico quattro!»

Con un po’ di immaginazione, si sarebbe potuto dire che le fumavano le orecchie.

«Claire… » Dean invece si sentiva sempre più spaesato «Potresti per favore spiegarmi che cosa…»

«Hai una vaga idea…» sibilò la ragazza senza smettere di agitarsi «Di quanto abbia dovuto esporsi Castiel, per farti accedere ai piani superiori dopo appena due mesi dal tuo arrivo? Di quanto possa aver insistito con gli Arcangeli, per questo?»

Quelle parole lo colpirono come una secchiata d’acqua fredda.

Castiel non aveva mai accennato a un suo eventuale coinvolgimento in tutta quella faccenda — né tantomeno lui capiva in che modo l’angelo potesse esserne compromesso — eppure di fronte alla reazione angosciata di Claire non potè fare a meno di sentirsi un po’ colpevole.

«Lascia che ti spieghi un paio di cosette» continuò lei, sempre più nervosa «Il fatto che Castiel sia il tuo garante non significa che ci sia il suo nome cucito sul colletto della tua camicia…» stridette «Michael gli sta già perennemente col fiato sul collo e se tu finisci in qualche guaio, pesti i piedi alla persona sbagliata o anche solo pensi, per sbaglio, di poterti mettere in contatto con qualcuno della Resistenza, Castiel ne pagherebbe le conseguenze ancora prima di te»

Dean era lentamente impallidito, man mano che lei parlava.

«Io non farei mai niente del genere…» tentò di giustificarsi con un filo di voce.

Gli tornò alla mente quando, durante il suo primo giorno a Corte, si era rivolto a Castiel dicendogli di essere disgustato da lui.

Nemmeno le pensava per davvero quelle cose. Era solo spaventato, e stanco, e la morte di suo padre era ancora una ferita troppo fresca per permettergli di ragionare con lucidità.

Si era comportato in maniera schifosamente superficiale.

«Non è questo il punto» sospirò Claire fermandosi — finalmente — in mezzo alla stanza «Il punto è che se — come penso io — Michael non stia cercando altro che un pretesto, da quando sei arrivato tu Castiel sembra stia facendo di tutto per fornirglielo. E’ questa la cosa che mi fa incazzare!» sbottò.

Dean si contorse sopra la sedia «Cosa c’entra Michael in tutto questo?»

La ragazza si adombrò «E'una faccenda complicata» disse.

«Sai, Castiel non è un angelo come tanti» sospirò «Anni fa, ti parlo di prima che io nascessi, lui era uno dei migliori. O dei peggiori, immagino dipenda dai punti di vista» sul suo viso si disegnò una crudele smorfia sarcastica.

«Era un angelo sterminatore: nei primi scontri con la Resistenza era lui a guidare la controffensiva»

Dean la ascoltava sbalordito.

Gli sterminatori erano stati i primi angeli a scendere sulla terra, durante la notte di sangue. I primi, e i più violenti: quasi nulla sopravviveva al loro passaggio. Associare una brutalità del genere allo sguardo lunare di Castiel gli risultava quasi impossibile.

«Poi è accaduto qualcosa» Claire abbassò la voce, d’un tratto pareva essersi fatta guardinga «Qualcosa che ha fatto contrariare Michael, e parecchio anche. Castiel con me non ne parla mai ma io ero piccola, i miei genitori erano ancora vivi, e ricordo che quando l’Arcangelo gridava faceva tremare tutto il grattacielo»

Istintivamente Dean si accodò alla sua circospezione «E non si è mai saputo cosa fosse successo?» sussurrò.

«No» lei scosse la testa «Ti ho detto che lui con me non ne parla. Ma da allora Michael ha iniziato a tenerlo d’occhio. Castiel è un esasperante perfezionista come pochi, e a quanto pare continua ad eseguire gli ordini come il resto degli angeli ma l’hai visto anche tu, non se ne va certo a seminare morte e distruzione in giro ed ecco… deve pur esserci un motivo… e io…» incespicò, alla ricerca della perifrasi più adeguata.

«Io credo che Michael tema che Castiel non gli sia più leale come un tempo»

La quindicenne si sarebbe forse aspettata una reazione diversa, ma in quel momento tutto ciò che ottenne da Dean fu un dubbioso sollevamento delle sue sopracciglia.

«Castiel? Un traditore?» commentò infatti lui, scettico «Assolutamente impossibile»

«Beh, Michael non la pensa così» insistette Claire, quasi seccata dal fatto che l'altro apparisse così diffidente «Hai detto che prima di arrivare a Corte lavoravi nel cantiere di una torre, giusto?»

Il ragazzo annuì.

«Beh, uno degli ultimi scherzetti dell’Arcangelo è stato inviare Castiel in un cantiere nel Colorado. E Castiel li detesta quei posti. Gli ha dato tre mesi di tempo per localizzare e annientare la cellula della Resistenza locale e credimi… è meglio non disobbedire agli ordini di Michael»

Ora Dean aveva improvvisamente caldo.

«Ma perché… perché dargli un ultimatum del genere?»

Il suo corpo tradiva ciò che la sua voce tentava in ogni modo di dissimulare. Si sbottonò il colletto della camicia e si allentò la cravatta con due dita. Stava per togliersi anche la giacca ma poi si sorprese a rabbrividire e decise di tenersela addosso.

«Per assicurarsi che gli fosse ancora fedele, forse. O per vedere se avrebbe tradito, non lo so» Claire si era appoggiata con le spalle alla parete mordicchiandosi distrattamente le unghie «Però quello che so è che Michael è terrorizzato dal fatto che gli angeli possano schierarsi con gli umani. In particolar modo Castiel» precisò.

«Ed è per questo che quel tonto dovrebbe evitare di scarrozzarti prima del tempo oltre l’ottantesimo piano soltanto per una riunione familiare!» concluse, in un mugugno contrariato.

Il ragazzo la fulminò con un’occhiataccia.

«Scusa» biascicò lei, mentre con i denti si accaniva sulle pellicine intorno all’anulare «Lo so che non è colpa tua» tentò di ritrattare, di fronte allo sguardo di pietra del ragazzo «Sono solo preoccupata per Castiel: Michael potrebbe usare te e tuo fratello contro di lui, e se riuscisse a convincere gli altri Arcangeli del fatto che lui sia davvero in combutta con gli umani sarebbe…» deglutì.

«Sarebbe cosa?» la incalzò Dean, teso.

«Non lo so»

Claire si sfregò la mano sopra la camicia, tracciando una minuscola scia di sangue sulla stoffa azzurra.

«Non so cosa succede agli angeli che tradiscono, e ora dammi pure della vigliacca ma non voglio saperlo» proseguì inquieta «Né ora, né mai»




Dopo che Claire se ne fu andata, Dean si slacciò del tutto la cravatta, si tolse la giacca e si distese sulla branda.

Spesso, quando si sentiva in balia degli eventi, iniziava ad elencare mentalmente ciò che lo preoccupava, o che non era in grado di spiegarsi, e poi tentava con calma di districarsi tra i suoi dubbi così ordinatamente catalogati.

Punto numero uno: Castiel nascondeva molti più segreti di quanto non desse a vedere. Gli sterminatori erano tra gli angeli più fedeli, i più vicini agli Arcangeli, doveva essere successo qualcosa di davvero eccezionale perché Michael avesse iniziato a dubitare di lui.

Secondo punto, ma quello più che un interrogativo era una vera e propria certezza: l’angelo stava rischiando parecchio per lui. E Dean non aveva la minima idea del perché.

(In realtà, un’idea ce l’aveva. Ma era talmente assurda da non figurare nemmeno nell’elenco)

Terzo punto, forse il più ostico da sbrogliare: in Colorado, Michael aveva obbligato Castiel a scegliere tra — molto probabilmente — la sua stessa vita e quella di uomini e donne che conosceva appena. Ora, Dean non era nuovo ad atti altruistici ai limiti del masochismo, ma in una situazione del genere probabilmente si sarebbe comportato allo stesso modo. Non era del tutto colpa di Castiel se suo padre aveva deciso di ammazzarsi. E non era nemmeno colpa sua, in fondo.

Era colpa di quelle dannate torri, di quel grattacielo di centodue piani di cui lui e Sam erano prigionieri, di quel mondo marcio, che gli Arcangeli avevano plasmato con il sangue, e che continuava inesorabilmente a imputridire.

Non riusciva più a stare fermo: scese dalla branda e iniziò a girare in tondo.

Quarto punto: che cosa provava, lui, per Castiel?

Durante l’assalto al cantiere gli aveva salvato la vita in nome di una riconoscenza cresciuta sopra un inganno e poi, quando l’angelo era apparso davanti a lui, nell’acquedotto, si era sentito tradito, e subito dopo uno sciocco. Aveva fatto di tutto per odiarlo nelle ultime settimane ma non c’era mai riuscito e anzi, si era sentito ancora più stupido e in colpa per avergli lanciato addosso accuse tanto orribili. Ora, i suoi sentimenti verso Castiel cozzavano contro tutto ciò che suo padre gli aveva insegnato. Agli occhi di John Winchester, un angelo non era altro che la metastasi di un cancro diffuso, da estirpare a ogni costo dal mondo.

Dopo le parole di Claire, dopo il suo incontro anticipato con Sam, Dean non sapeva più a cosa credere.

I pensieri che si sforzava così faticosamente di ordinare continuavano a sgusciare fuori dalle loro caselle, si mescolavano e si confondevano uno con l’altro come gocce d’inchiostro in un bicchiere d’acqua.

Aveva bisogno d’aria.

Chiuso nella sua camera senza finestre, si sentiva una di quelle farfalline notturne che, nelle notti estive, entravano nelle baracche degli umani attirate dalla luce delle candele e si mettevano a svolazzare intorno alle loro deboli fiammelle.

Dean aveva la sensazione che le sue ali fossero a un soffio dal bruciarsi.

Spalancò la porta e…

E si ritrovò davanti un affannatissimo Castiel.

«Dean, stavo venendo proprio da te, volevo…» l’angelo aveva un pugno levato, doveva essere sul punto di bussare «…volevo chiederti come stavi. Immagino che rivedere tuo fratello ti abbia turbato»

In verità quello turbato sembrava proprio lui; la cravatta gli pendeva tutta storta da un lato e la sua voce era affaticata come se fosse arrivato di corsa.

«Io sto, uhm, bene direi» Dean si era fermato con la mano sulla maniglia della porta.

«Oh, bene! Ottimo» Castiel aveva un’espressione nervosa e vagamente imbarazzata che lui faceva fatica a decifrare.

Decise di prendere il toro per le corna.

«Castiel, ho parlato con Claire poco fa»

Le labbra dell’angelo si serrarono in una smorfia colpevole, e Dean si rese conto che Claire doveva avergliene davvero dette quattro, come aveva minacciato.

Per quello si era scaraventato da lui senza neanche guardarsi allo specchio.

«Cosa ti ha detto?»

«Quello che avresti dovuto dirmi tu, e molto tempo fa»

Adesso era vicino, pericolosamente vicino alla fiamma, esattamente come la falena, e la domanda successiva scivolò via dalle sue labbra in maniera molto più dura di quanto avrebbe voluto.

«Perché?»

Castiel lo spinse bruscamente dentro la stanza sbattendosi la porta alle spalle.

Tutta la baldanza di Dean si disintegrò e svanì, mentre un’ondata di terrore lo sopraffaceva.

Non doveva rivolgersi ad un angelo in quel modo. Lo aveva già fatto troppe volte, con Castiel, e avrebbe dovuto saperlo, che prima o poi ne avrebbe pagato le conseguenze.

Qualsiasi castigo avesse intenzione di infliggergli l’angelo non sarebbe stato nemmeno lontanamente paragonabile a quello che gli avrebbe fatto passare Zaccaria se una cosa del genere fosse successa al cantiere, eppure lui sentiva — ne era certo — che ne sarebbe stato ferito molto di più.

Lo avrebbe colpito? O lo avrebbe fatto punire da qualcun altro? Oh, Dean avrebbe avrebbe preferito in gran misura quell’eventualità. E dopotutto — se ne rese sorprendentemente conto solo allora — Castiel non gli aveva mai dato nemmeno uno schiaffo.

Era indietreggiato fino alla parete opposta, la schiena appiccicata al muro ruvido quasi sperasse di affondarci dentro e sparire.

L’angelo teneva il palmo della mano premuto contro il suo petto che si alzava e si abbassava rumorosamente, con la violenza di un mantice.

Poi Castiel si sporse appena in avanti, e lo baciò.

Fu la sorpresa di un istante, la percezione sbigottita di appena un secondo.

Il corpo di Dean vibrò, irrimediabilmente incastrato tra l’intonaco freddo che grattava contro le sue scapole e il fronte d’urto di un’esplosione bianca, incandescente, la cui intensità disperata gli sottraeva qualsiasi via di fuga, praticabile o meno che fosse.

Ma si trattò, appunto, di un attimo.

Perché l’attimo dopo, le dita del ragazzo risalirono lungo le braccia di Castiel, scivolarono con una certa urgenza sulla stoffa immacolata delle maniche della sua giacca e si intrecciarono — come se non avessero mai desiderato altro, da quando l’angelo era comparso davanti alla sua porta col fiato corto — nei suoi capelli.

Quando, ansimando, Castiel si staccò dalla sua bocca, Dean seppe di essersi bruciato.

La fiamma si era inaspettatamente allungata verso l’alto e le ali della falena avevano preso fuoco.

«E’ una spiegazione abbastanza esauriente per te?» gemette Castiel, con la fronte premuta contro la sua. Anche il suo corpo, ora, vibrava.

Dean fu appena capace di annuire. Poi decise di afferrare la cravatta sghemba dell’angelo e di attirarlo di nuovo verso di sé.











Hola!
Lo so, lo so cosa state pensando adesso: prima Sam tutto intero e adesso pure la Destiel. Loth si è rammollita, Dean le ha dato una botta in testa e Castiel si è impadronito della sua tastiera.
Ma ormai dovreste aver imparato a conoscermi, no? ^^’
E poi, non siamo nemmeno a metà della seconda parte di questa storia! ^^’’
Non vedo l’ora di scoprire le vostre opinioni in merito a questo tanto agognato principio di sana (?) Destiel perciò, lasciandovi di nuovo i miei ringraziamenti per le splendide recensioni al capitolo precedente ♡.♡ mi metto qui, in paziente attesa dei vostri commenti.
Un grande abbraccio, e a sabato prossimo! ❀*

   
 
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