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Autore: Lady I H V E Byron    04/07/2020    0 recensioni
(DescendantsXKingdom Hearts crossover)
Auradon è stata distrutta da creature oscure chiamate Heartless: i sopravvissuti decidono di divenire custodi dell'arma chiamata Keyblade per difendere ciò che è rimasto loro. Ma dovranno superare una prova...
(Un AU in cui gli eventi ed i personaggi di "Descendants" si incrociano con quelli di Kingdom Hearts. Un AU dove i personaggi di Descendants hanno vissuto nei mondi dei loro genitori fino ad essere condotti o abbandonati da essi su Auradon o nell'Isola degli Sperduti. Un AU dove Auradon non è un regno, ma un mondo. Un AU in cui, ad ogni capitolo, verrà raccontata la storia di ognuno dei personaggi principali di Descendants.)
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Organizzazione XIII, Riku, Sora, Terra, Yen Sid
Note: AU, Cross-over, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Note dell'autrice: oh! Finalmente il mio Descendant preferito! ^-^ Preparatevi al colpo di scena. Qui ci sono altre citazioni a "Once Upon A Time"

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Carlos' Story



Il matrimonio tra due baroni inglesi era arrangiato, ma ciò non significava che non si rispettassero a vicenda. Il barone era un uomo buono e gentile, ma la baronessa era una narcisista, una cacciatrice di dote.
La figlia che nacque dalla loro unione, Adele, mostrò fin dall'infanzia segni di infermità mentale.
Quando la baronessa Madeline, maritata De Mon, scoprì il marito defunto di fronte al camino e la figlia di cinque anni che sorrideva maligna, decise di cambiare i suoi piani, rinunciando all'idea di mandare la figlia in un collegio. La morte per avvelenamento del barone venne addossata alla cameriera che gli aveva portato il tè della sera. Anche se avesse voluto, non avrebbe denunciato la figlia: non voleva macchiare la sua reputazione.
Madeline non rinunciò alla sua caccia di dote: nei successivi quindici anni, si era risposata altre due volte. Entrambi i mariti erano ricchi imprenditori, che potevano giovare alla reputazione della baronessa, come loro erano allettati all'idea di avere un titolo.
Tuttavia, entrambi i mariti vennero uccisi da Adele, nello stesso modo in cui aveva ucciso suo padre.
Ma per non destare sospetti, uno venne gettato in un dirupo con la sua macchina, dopo avergli fatto ingerire dell'alcool, per giustificare la guida in stato di ebbrezza, mentre l'altro venne sbranato dai dalmata della baronessa, facendola poi passare per legittima difesa a causa di aggressione da parte del marito.
Madeline, quindi, ne usciva sempre pulita, guadagnando i soldi e le attività dei mariti, grazie alla follia della figlia, che dall'omicidio del primo marito chiamava affettuosamente “Crudelia”. Per entrambe era come un gioco.
La sua reputazione non subì alcun ribasso. Continuava ad organizzare ricevimenti sontuosi e, grazie alla casa di moda “lasciatale” dal suo secondo marito, vestiva sempre in modo impeccabile, talvolta presentando i nuovi capi prima ancora delle sfilate. Anche Adele veniva sempre vestita in modo impeccabile. Ma ciò che richiedeva sempre erano le pellicce, o qualunque altro capo che avesse manto di animale. Da quando il suo primo patrigno le aveva regalato una pelliccia, non riusciva più a farne a meno. Amava come “abbracciassero” il suo gracile corpo. Era come avere un animale sempre a portata di mano, immortale.
Vedere madre e figlia insieme era uno spettacolo. Tutti gli invitati le coprivano di complimenti. Nessuno sospettava che fossero delle folli. Fu in uno di quei ricevimenti che Adele incontrò un uomo che le avrebbe cambiato la vita.
A prima vista, doveva avere una decina di anni in più di lei. Di aspetto non era una gran bellezza, ma c'era qualcosa in lui che attirava la giovane De Mon. Forse era la cicatrice che aveva sulla guancia sinistra. E aveva una benda sull'occhio destro, mentre l'altro era giallo.
Lui la fissava e lei si avvicinò, avvolgendosi nella sua stola di pelliccia di tigre siberiana che copriva solo una parte del suo vestito argentato. Anche l'abito dell'uomo era tendente al grigio, con una camicia nera sottostante.
-Vostra madre è favolosa, milady, ma voi lo siete di più.- iniziò, complimentandola.
-Un adulatore. La mammina non ne sarebbe contenta. Lei gli adulatori li vuole tutti per sé. Ma non è giusto che ammirino solo lei. Voglio dire, guardate che meraviglia questa stola, non trovate?-
-Tigre siberiana. Il suo manto è tra i più belli, è vero. E su di voi fa faville.- si inchinò, baciando la mano guantata di nero della giovane -Braig. Molto piacere, signorina De Mon.-
Braig aveva subito affascinato Adele.
La baronessa, come al solito, si guardava intorno, alla ricerca di un nuovo, facoltoso marito. Non pensava mai a sistemare la figlia. O avrebbe perduto il suo più prezioso mezzo per la sua caccia alla dote. Ogni tanto, però, le lanciava occhiate sfuggenti, notando subito l'uomo a cui si era avvicinata. Pensò subito che volesse fare lei da cupido, perciò non reagì o intervenne.
Ma Adele non presentò Braig alla madre: erano rimasti insieme tutta la sera, a parlare, bere champagne, anche a ballare.
-Adele, io conosco il tuo segreto.- le sussurrò Braig, all'orecchio -So che ci sei tu dietro agli assassini di tuo padre e dei tuoi patrigni.-
Era impossibile, pensò la giovane. Sua madre aveva cancellato ogni traccia di quei delitti. Era forse un detective con l'intenzione di ricattare la baronessa?
-Ma non temere. Io non dirò niente. E non voglio niente. Sono qui per un'offerta.-
-Che tipo di offerta?-
-Prima rispondi alla domanda: perché hai ucciso tuo padre?-
-Non lo so. Il solo pensiero sembrava divertente. E l'ho fatto.-
Era una folle. Ma questo non spaventò Braig.
-La cara mammina poi mi ha chiesto di fare la stessa cosa con gli altri due mariti. E' praticamente un gioco tra noi. Io uccido e lei mente alla polizia.-
Folle e nessuna capacità di giudizio.
-Un gioco pericoloso.- commentò Braig, quasi indifferente -E se ti proponessi io, un bel gioco?-
-Sono tutta orecchie.-
-Che ne pensi di ripetere questo gioco direttamente su tua madre?-
La baronessa trattava la figlia come uno dei suoi cani dalmata. Ai suoi occhi, tutti erano formiche. Adulava la figlia senza, però, amarla, perché era una sua creazione.
-Per forza è favolosa, è mia.- diceva a tutti coloro che si complimentavano con l'aspetto di Adele.
Gli occhi della giovane brillarono.
-Di conseguenza, se lei muore, tutto quello che ha diventa tuo. O nostro, se lo desideri.-
-Mi piace questo gioco. Hai un piano?-
Fu un gioco di sussurri, quello tra Adele e Braig, due menti egualmente folli.
Quel piano doveva essere effettuato quella sera stessa.
Per prima fase, gli ospiti dovevano congedarsi. Braig sarebbe rimasto nascosto da una parte fino al momento giusto.
Adele si offrì volontaria per portare i cani nelle loro cucce, al posto dei servi. Ma, invece, li portò da Braig.
-Guarda cosa posso fare.-
Agitò le dita delle mani con movimenti lenti e fluidi, quasi ipnotizzatori. Una nebbiolina oscura partì da quelle dita, circondando, per un breve tempo, i due cani.
-Ora sono sotto il tuo controllo. Puoi ordinare loro quello che vuoi, adesso. Non ascolteranno più i comandi di tua madre.-
-E poi posso farci quello che voglio?-
-Tutto quello che vuoi. Tanto, tutto sarà tuo, mia cara.-
-Oh, quanto ho desiderato una pelliccia con il loro manto...-
La baronessa, quella notte, sotto lo sguardo soddisfatto della figlia Adele, venne aggredita dai suoi cani, che la spinsero dalla finestra della sua stanza. La caduta risultò fatale.
Per legge, i due dalmata vennero soppressi il giorno seguente, proprio quando venne ritrovato il corpo della baronessa, segnalato da Adele stessa.
Lei stessa non ci pensò due volte a squoiare i due cani e fare la pelliccia che tanto desiderava.
Festeggiò l'eredità lasciatale dalla madre con il suo complice Braig, un'anima affine alla sua. La notte, e la dimora erano tutte per loro.
Tuttavia, al suo risveglio, era da sola. Braig era sparito. Niente biglietti.
Era stata abbandonata. E questo causò la sua ira.
Qualcosa cambiò, da quel giorno: i suoi capelli, per magia, cambiarono colore, solo da una parte. Erano sempre stati biondi chiari. Ma l'Oscurità acquisita per tutto quel tempo e la delusione di essere stata abbandonata dall'uomo che le era stato complice nell'assassinio di sua madre Madeline, li aveva ormai colorati di nero, sebbene solo dalla parte destra. E non solo: decise di abbandonare il nome di battesimo, Adele, per adottare definitivamente il nome che la descriveva per quello che era: Crudelia.
Un mese dopo, scoprì di essere incinta.
E dopo nove mesi, diede alla luce un maschio, Carlos. Non lo abbandonò, anzi: decise di tenerlo, come strumento di vendetta contro Braig.
Il bambino era uguale al padre. Aveva solo i capelli della madre.
Crudelia non lo aveva mai amato: Carlos, infatti, rappresentava il male che le aveva fatto Braig.
Nei primi anni della sua vita, lo aveva affidato ad una comunità gestita da suore, con la promessa di riprenderlo non appena compiuti gli otto anni.
Non voleva vederlo crescere. Non voleva affezionarsi a lui. Era solo uno strumento, ai suoi occhi.
Carlos crebbe nella rigidità delle suore, ma aveva stretto amicizia con gli altri bambini. Insieme, passavano il tempo ad immaginare che volto avrebbero avuto i loro nuovi genitori, le loro case, e immaginavano le cose più assurde, come un padre milionario, la madre una stella della musica, la casa fatta di gelatina di frutta ed altre cose.
Poi, in effetti, era arrivato qualcuno per Carlos: una donna scheletrica, dai capelli bicolori, neri e bianchi, e una pelliccia che l’avrebbe riempita tredici volte tanto. Era davvero orrenda.
Non volle credere che fosse la sua vera madre.
Aveva urlato e pianto, implorando le suore di non lasciarlo andare.
Ma Crudelia era la sua vera madre. Ed aveva pagato una cospicua cifra per la sua permanenza: un milione di sterline per l’orfanatrofio, se le avessero ceduto il figlio dopo l’ottavo anno di età.
Carlos aveva sempre pensato, come il resto dei bambini, che i suoi genitori lo avessero lasciato lì perché non potevano permettersi di prendersi cura di lui, economicamente, soprattutto.
Ma dopo aver visto la casa della madre, dovette ricredersi: Crudelia era un’ereditiera. Alla morte della madre, la casa, il denaro e tutte le attività dei De Mon erano passati a lei.
Carlos non immaginava di essere ricco.
Pensava di vestire ogni giorno abiti nuovi e sontuosi: abiti nuovi ne indossava ogni giorno, ma non da vero ereditiero. Crudelia non vedeva e trattava suo figlio come tale: era più un suo servo.
Doveva lavarle i vestiti, farle la tinta, sprimacciare le pellicce e tagliarle le unghie, oltre ad occuparsi delle faccende di casa.
Per questo Crudelia aveva licenziato la servitù: aveva il figlio, che poteva lavorare gratis.
Solo negli eventi mondani lo metteva in ghingheri e lo portava con sé. Ma solo per mostra.
Tutti gli aristocratici facevano i complimenti a quel bambino, sempre così pulito ed ordinato.
Carlos non parlava: annuiva e basta. Sua madre lo obbligava a tacere, o lo avrebbe messo in castigo in camera sua.
Se qualcuno chiedeva, Carlos era un autistico, incapace di parlare. Crudelia narrava sempre di averlo salvato dalle grinfie di un padre violento e sempre ubriaco che lo picchiava ogni giorno e lo aveva costretto al mutismo.
Solo lì Crudelia appariva gentile con il figlio. Ma appena tornati a casa, lo mandava subito nella sua stanza e gli ordinava di non uscire fino alla mattina seguente.
La follia della madre peggiorava di giorno in giorno: era ossessionata dalle pellicce, in particolare dalle pelli degli animali, soprattutto quelle dei cani. Era dalla sera in cui aveva creato pellicce con i manti dei cani dalmata della madre che ne era davvero ossessionata.
In quel periodo, aveva fatto conoscenza dei due ladri Orazio e Gaspare: avevano cercato di irrompere in casa sua, per rubare i preziosi. Carlos, sceso in cucina per un bicchiere d’acqua, si era accorto della loro presenza, e aveva urlato, per avvertire la madre. Ma la manona di Orazio gli aveva bloccato la bocca.
Ma Crudelia era scesa ugualmente.
-Indietro, signora, o il bambino qui rimane secco!- aveva minacciato l’altro, Gaspare, con una pistola puntata sulla tempia di Carlos.
Lei aveva fatto spallucce.
-Fate pure. Non è importante per me.- rivelò, indifferente; quella notte, Carlos comprese definitivamente i sentimenti della madre nei suoi confronti –Ma per voi quanto importa andare in prigione? Possiamo raggiungere un compromesso, se volete. Io non chiamerò la polizia, ma voi dovrete lavorare per me e io posso pagarvi bene. A patto, inoltre, di portare mio figlio con voi.-
L’offerta dei soldi fece gola ai due ladri. Venne loro concesso di dimorare nella vecchia villa di campagna dei De Mon.
Carlos non abitò più dalla madre. I due ladri erano divenuti i suoi nuovi tutori.
Gaspare ed Orazio usavano il bambino per distrarre la gente, mentre loro svaligiavano negozi e case, oppure per entrare in posti larghi abbastanza per far passare un bambino. Gli avevano insegnato come essere un ladro, scassinare le porte e borseggiare. Nessuno avrebbe mai sospettato di un bambino.
Sua madre gli aveva minacciato di diseredarlo e di buttarlo in mezzo alla strada, se si fosse rifiutato di stare con i due ladri.
Ma una notte nevosa, Carlos, Gaspare ed Orazio stavano tornando nella magione dopo una rapina in gioielleria ed in un canile, e qualcosa aveva attraversato la strada.
-Attenti! C’è un cane!- aveva urlato Carlos. Quell’urlo aveva fatto sobbalzare Gaspare, e fatto derapare l’auto. Orazio stava dormendo sul sedile passeggero, neppure la manovra lo aveva svegliato.
Non si ribaltarono, per fortuna.
-Sei pazzo, ragazzino?!- aveva esclamato Gaspare, come rimprovero –Ora chi la sente, tua madre?-
Ma Carlos era sceso lo stesso, scavalcando l’enorme corpo di Orazio. Questo lo aveva svegliato.
Si era avvicinato al bordo, dove aveva intravisto il cane.
-Vieni, bello, non ti faccio niente.- aveva detto, con voce dolce ed allungando una mano. All’orfanatrofio c’erano due gatti ed un cane. Sapeva già come trattarlo.
Vide due occhietti neri nell’ombra. E dei guaiti. Aveva paura. Doveva essere un cucciolo.
Fece qualche passo verso il piccolo umano. Gli annusò la mano. E poi la leccò. Si lasciò grattare sotto il muso e persino dietro le orecchie. Poi si era messo sulla schiena, lasciandosi grattare anche sulla pancia.
Carlos, per la prima volta dopo anni, sorrise.
Lo prese in braccio, ed il cane, un meticcio dal pelo color miele, non si oppose.
-Sì, tu vieni a casa con me. Ti chiamerò Rudy.-
Gaspare era alle sue spalle, costantemente in agguato.
Era ancora arrabbiato con il bambino; ma sorrise in modo strano appena vide il cane.
-Ah… ma guarda che bel cagnetto… Bravo, ragazzino. Lo metteremo con gli altri.- aveva allungato una mano, per carezzargli la testa con un dito. Ma Rudy gli aveva ringhiato. E Carlos gli aveva dato le spalle, per fare da scudo al cucciolo.
-Non toccarlo! È mio!- protestò.
-Come osi rivolgerti a noi così?!- brontolò l’uomo.
-Guarda che noi lo diciamo alla tua mamma!- aggiunse Orazio, puntandogli il dito contro.
Infatti, si erano diretti nella villa di Crudelia. Ella aveva riposto la sua attenzione sul cucciolo di meticcio.
Non le importava che cosa il figlio avesse detto ai due ladri.
-Ma guarda un po’ qua…- sibilò, fissando quel cucciolo spaventato con occhi bramosi –Bravo, figlio mio. Ancora qualche mese e sarà della misura perfetta per farne dei paraorecchie.-
Ma Carlos non era del suo stesso parere.
-È già perfetto, ma come amico!- esclamò; persino Orazio e Gaspare si stupirono di quel tono sfrontato –Sono stufo di rapire animali per le tue stupide pellicce, mamma! E anche essere il tuo bambolotto nelle feste con gli aristocratici! Quindi smettila!-
Crudelia aveva fissato il figlio con aria fredda. Poi gli aveva mollato uno schiaffo sulla guancia. Essendo magra e con le dita nodose, il colpo risultò persino più forte e doloroso di una mano tornita.
-Ingrato ragazzino viziato!- rimproverò lei –Ho fatto di tutto per te, ti ho dato da mangiare, hai avuto un tetto sulla testa ed è così che mi ringrazi?!-
Lo mise in castigo nella sua vecchia stanza, senza cena. Ma non gli rubò Rudy.
Il piano principale era fallito, a causa della presenza di Rudy. E sapeva che ormai Carlos non le avrebbe più obbedito.
-Sapete cosa fare.- ordinò a Gaspare ed Orazio.
Carlos, a causa dei morsi della fame, non riusciva a dormire. Persino Rudy stava guaendo dalla tristezza del padroncino.
Gaspare ed Orazio entrarono in camera sua. Il ragazzo non fece in tempo a reagire che la sua faccia venne coperta da un fazzoletto. Lo stesso fece Orazio con Rudy.
-Sei davvero un bambino ingrato!- rimproverò Gaspare -Tua madre ti ha liberato da uno squallido orfanatrofio! Come minimo, avresti dovuto darle quel cagnaccio come ringraziamento!-
Entrambi il cane ed il ragazzo erano stati addormentati. Così fu facile metterli entrambi in un sacco.
La macchina si fermò lontano dalla villa De Mon, precisamente sul ponte che sovrastava il Tamigi. Nessuno li avrebbe visti. Era notte, ed erano in aperta campagna.
-Arrivare ad uccidere il proprio figlio...- commentò Orazio, trasportando fuori il sacco con Carlos e Rudy -La signorina De Mon è proprio impazzita.-
-Non dirmi che ti sei affezionato a quel marmocchio.-
-No, ma era davvero utile a distrarre le guardie. Ora dovremo trovare un altro diversivo.-
-Mah, un altro colpo, e saremo finalmente sistemati. Non ci servirà più un marmocchio.-
-Hai detto così anche l'ultima volta.-
-Smettila di blaterare e finiamo questa seccatura.-
Carlos non era pesante, ma anche Gaspare contribuì a lanciare il sacco.
Se ne andarono non appena sentirono il suono di un oggetto caduto in acqua.
Ma l'oggetto non era il sacco, ma un sasso. I due ladri non si erano accorti di essere seguiti. Qualcuno, a quanto pare, non voleva vedere Carlos morto.
Era bastato uno schiocco di dita e il sacco, come per magia, era svanito nel nulla.
Il buio aveva giocato un ruolo a favore.
E Carlos e Rudy non si erano accorti di nulla. Nemmeno che qualcuno lo aveva appena liberati dal sacco.
-Mi dispiace non poter fare di più, figlio mio. Ma so che te la caverai. E un giorno ci rivedremo.-
Una mano guantata di nero toccò i capelli del ragazzo e nessuno poté vedere un uomo con una benda nera sull'occhio destro ed una cicatrice sulla guancia sinistra baciare la sua fronte.
Carlos sentì una sensazione strana, al tatto. Era sdraiato su qualcosa di duro, ruvido. La lingua di Rudy gli bagnò la punta del naso.
-Dove mi trovo...?-
Non era nella villa di campagna. E la strada e gli edifici circostanti non assomigliavano affatto a Londra.
Quando lesse qualcosa su un cartello impallidì: l'Isola degli Sperduti. Sua madre lo aveva abbandonato.
Era rimasto solo con Rudy.
Dovevano affidarsi l’uno all’altro, per sopravvivere. Carlos aveva trovato un rifugio dove ripararsi dalla pioggia, mentre Rudy rubava di nascosto dei viveri.
Tuttavia, un giorno, il cane aveva rubato del pane dalla tasca di un ragazzo. Questi se ne accorse subito, infatti si era lanciato al suo inseguimento.
Quello fu il primo incontro tra Jay e Carlos.
La storia e la condizione del secondo fecero provare compassione nel primo. Gli propose di seguirlo nel suo rifugio: Carlos fece la conoscenza anche di Evie.
Poco tempo dopo, anche Mal si unì al gruppo.
I quattro scoprirono di avere molte cose in comune; per questo divennero inseparabili.
Rudy aveva stretto amicizia anche con Mal, Evie e Jay. Era diventato anche il loro cane.
Con il decreto del futuro re Ben, Carlos ebbe l’opportunità di vivere ad Auradon.
Ivi poteva passeggiare tranquillamente con Rudy senza il rischio di essere aggredito o inseguito.
Anzi, ebbe persino l’occasione di frequentare dei corsi di addestramento dei cani. Essendo stati compagni di furti nell’Isola degli Sperduti, avevano già instaurato un legame.
Fu questione di poco tempo che Carlos e Rudy primeggiassero nelle gare cinofile, soprattutto gli ostacoli.
Grazie a queste opportunità che avevano ottenuto su Auradon, nessuno dei quattro ragazzi volle seguire l’ordine di rubare la bacchetta della Fata Smemorina per conto di Malefica.
Successivamente l’incursione di Malefica e Pietro nel mondo di Auradon, con lo scopo di conquistarlo e sommergerlo dall’Oscurità, un altro evento avvenne. Un evento che cambiò per sempre la vita di Carlos: l’incontro con suo padre.
Era avvenuto quasi per caso. Carlos, come ogni mattina, stava passeggiando con Rudy per il cortile della scuola, quando notò un uomo dai capelli grigi, una benda sull’occhio e un curioso cappotto nero.
Carlos avrebbe dovuto avvertire i sorveglianti per la presenza di un intruso, ma l’uomo era riuscito a calmarlo.
-Tu sei il figlio di Crudelia De Mon?-
-E tu come fai a saperlo?-
-Io sono tuo padre.-
L’uomo si era presentato come Xigbar.
Carlos non volle credere alle parole di quello sconosciuto. Ma egli gli aveva mostrato un tovagliolo di carta, con una dedica ed un segno di un bacio fatto con il rossetto.
“Al mio salvatore”
Carlos riconobbe la calligrafia della madre.
Crudelia non aveva mai parlato al figlio del padre: anzi, evitava ogni domanda del figlio al riguardo.
Osservandolo bene, Carlos notò delle somiglianze con se stesso. Aveva sempre pensato di essere stato adottato dalla madre. Aveva ereditato soprattutto i lineamenti del padre.
Non furono rare, da quel giorno, le visite di Xigbar al figlio, persino dopo Uma ed Audrey. Passava a trovarlo ogni volta che finiva una missione di ricognizione dei mondi. E si erano promessi di passare un’intera giornata insieme, ogni volta che Xigbar avrebbe avuto il giorno libero.
A volte gli permetteva persino di unirsi a lui nelle missioni di ricognizione. Ma per tutti i giorni in cui portava il figlio nei mondi esterni, Xigbar aveva in mano un altro cappotto nero, della misura del ragazzo: viaggiavano per i mondi attraverso i Portali Oscuri. Senza una protezione, aveva spiegato l’uomo, si rischiava di essere divorati dall’Oscurità e divenire Heartless.
Riuscivano persino ad incontrarsi all’insaputa degli amici di Carlos, di Jane e di Rudy, che, da quando aveva iniziato a parlare per colpa di un incantesimo di Mal, non riusciva a fare a meno di fare la spia. Avrebbe riferito alla Fata Smemorina dell’incursione di uno dell’OrganizzazioneXIII ad Auradon. Xigbar sarebbe stato messo in prigione e questo Carlos non poteva permetterlo.
Amava i momenti che trascorreva con il padre. Amava le avventure che viveva con lui. Amava la sua compagnia. Parlando, si era reso conto di avere molte cose in comune con lui. Si sentiva se stesso. Libero. Non aveva trovato solo un padre, ma un amico. Cosa che non aveva mai trovato con la madre Crudelia.
Anche Xigbar scoprì di starsi affezionando al figlio. Essendo Nessuno, un essere senza cuore, non doveva provare emozioni. Ma lui un cuore lo aveva, sebbene fosse solo una proiezione di quello vero. E quello che provava per il figlio era vero.
Ciò che inquietava sempre questi, però, era sempre l’occhio giallo del padre.
Xigbar gli aveva raccontato la storia al riguardo, e che, un tempo, aveva gli occhi marroni, esattamente come i suoi.
Secondo la Fata Smemorina, una persona che si avvicinava troppo all’Oscurità ne portava i segni partendo dagli occhi: gli occhi sono lo specchio dell’anima, come affermavano scrittori del passato. E quegli scritti erano fondati.
Carlos non poteva credere che suo padre si fosse avvicinato all’Oscurità. Ma aveva visto del buono, in lui.
Qualunque maleficio, sempre secondo la Fata Smemorina, poteva essere spezzato con un atto di vero amore. Come aveva dimostrato il bacio di Mal con Ben, vanificando l’incantesimo su di lui lanciato da Uma.
Ma l’amore non è solo quello romantico. Anche l’affetto tra i membri di una famiglia è amore, poiché coinvolge un legame tra due o più persone.
Poteva essere un abbraccio, un bacio, una carezza.
A Carlos era bastato un abbraccio, per cambiare qualcosa di suo padre: il suo occhio si stava sfumando, divenendo quasi marrone.
-Abbracciami di nuovo, papà!- aveva esultato Carlos –Qualunque maleficio può essere spezzato da un atto di vero amore!-
Xigbar non eseguì il desiderio del figlio. Anzi. Furioso, lo aveva spinto in avanti. L’occhio era tornato giallo.
-No! È un trucco di tua madre, vero?- insinuò, deluso –Per farmi rammollire, farmi affezionare a te, e poi usarti come ostaggio per cercare di manovrarmi, per soddisfare il suo desiderio di vendetta, non è così?-
Il piano di Crudelia era quello, in effetti. Ma il gesto di Carlos non dipendeva dalla madre: era partito dal suo cuore. Voleva davvero liberare il padre dall’Oscurità.
-Mi hai deluso, figliolo. Addio.-
Tali erano state le sue parole. Amarezza, mescolata a delusione.
Doveva essere un momento lieto, per Carlos. Ma il suo cuore, da quel giorno, conobbe di nuovo la tristezza e la solitudine.
Evitava i suoi amici, per non farli preoccupare. Quando era in loro compagnia, invece, esibiva sorrisi forzati.
Avevano intuito che qualcosa torturava Carlos.
La sua tristezza lo avrebbe condotto nell’Oscurità.
Fu allora che, nello stesso luogo in cui aveva incontrato suo padre per la prima volta, notò nuovamente una sagoma incappucciata.
-Papà?-
Non era suo padre: era un giovane dalla pelle scura, capelli grigi. Occhi rossi.
Il suo nome era Xemnas. Audrey aveva già parlato di lui: era lo stesso uomo che l’aveva spinta a cedere all’Oscurità, divenendo la Regina del Male.
-Vuoi rivedere tuo padre, non è così?-
La tentazione di chiamare le guardie era forte. Ma più forte era il desiderio di ricongiungersi col padre Xigbar. L’unico ostacolo che lo separava da lui era sua madre Crudelia.
Tolta di mezzo, suo padre non avrebbe dovuto temere di essere vittima di una congiura.
Esattamente come con Audrey, Xemnas aveva corrotto Carlos.
Lo fece tornare nel suo mondo, con Rudy, corrotto anche lui, per evitare che desse l’allarme a tutta Auradon.
Crudelia era appena uscita dal manicomio per il suo secondo tentativo di rapimento e scuoiamento dei 99 cuccioli di dalmata ed era rientrata a casa. Quella sera mancava la luce, e, all’esterno, imperversava un temporale.
Tra la luce dei lampi notò con sorpresa il figlio.
Lo trovò cambiato: freddo, minaccioso. Come il cane che avanzava minaccioso verso di lei.
-In questi anni ho addestrato Rudy e gli ho insegnato diversi comandi.- sibilò il ragazzo, con sguardo malefico, come quello di Xigbar -Questo è quello più recente. Uccidi.-
Il giorno seguente, la polizia trovò un cadavere all’interno della casa dei De Mon, una donna scheletrica, con dei segni di morsi di cane sulla giugulare.
Xemnas, Carlos e Rudy erano tornati appena in tempo ad Auradon, prima di essere scoperti.
Carlos fu distolto dalla sua “ipnosi”. Ma sapeva quello che aveva fatto.
-Bene, mia madre è morta. Ora riportami da mio padre!- ordinò Carlos.
La risposta che diede il giovane gelò letteralmente il sangue nelle sue vene.
-E davvero credi che ti riporterò da tuo padre nelle tue condizioni?- fece, con sguardo altezzoso –Hai ucciso tua madre, Carlos. Hai compiuto un atto oscuro. Guarda il tuo cuore.- gli aveva affondato la mano nel petto, ed estratto qualcosa: il suo cuore; notò una grande macchia nera al centro –Con questo gesto hai macchiato il tuo cuore di Oscurità. Tuo padre ti amava perché eri ancora un essere puro. Come credi ti guarderà, sapendo che ora il tuo cuore è oscuro come il suo?-
Carlos era stato ingannato. Ciò provocò ira, nel suo cuore. Altra Oscurità.
-Mi hai ingannato!-
-Fammi capire… tu mi implori di farti rivedere tuo padre, hai ucciso tua madre di tua spontanea volontà e poi te la prendi con me?-
Non era stato Xemnas a manovrarlo contro sua madre: era davvero un desiderio di Carlos, per rancore e vendetta della vita che era stato costretto a vivere.
L’Oscurità di Jane, Uma ed Audrey messe insieme non bastavano per far cadere Auradon nell’Oscurità: fu quella di Carlos la sua rovina, causata dal matricidio.
Il cielo si era fatto scuro, ed una sfera enorme aveva preso il posto del sole: stava risucchiando tutto ciò che esisteva ad Auradon.
Con quella sfera erano apparsi gli Heartless, i quali, uno ad uno, rubarono i cuori degli abitanti. Anche di quelli dell’Isola degli Sperduti.
Carlos vide i suoi amici cadere per colpa degli Heartless. E Rudy si era sacrificato per lui, saltando su uno Shadow apparso alla finestra della sua stanza. Non era sopravvissuto alla caduta.
Rivide suo padre, per l’ultima volta: Xigbar era venuto a conoscenza dell’orda di Heartless ad Auradon e il suo primo pensiero fu per il figlio.
Aveva pianificato di portarlo con sé nel Mondo Che Non Esiste. Ma, infine, anche Carlos venne colpito da uno Shadow, per fare da scudo al padre, intento, nel frattempo, a sparare ad altri Heartless.
Svanì tra le sue braccia e le sue urla di imploro di non svanire.
Era rinato come Heartless e come Simile. In entrambi i corpi, non poteva avvicinarsi al padre, per ordine di Xemnas, o lo avrebbe eliminato.
Come Heartless era stato eliminato da Roxas.
Come Nessuno aveva assistito alla scomparsa del padre per mano di Sora.
Disperato, Carlos-Simile si era buttato sul Keyblade.
Alla liberazione dei cuori dal Kingdom Hearts artificiale dell’OrganizzazioneXIII, anche lui era tornato completo, insieme a Jane ed i suoi amici.
L’omicidio di sua madre lo aveva cambiato, segnato per sempre: era diventato più freddo, distaccato, malinconico, da quando era tornato umano.
 
Durante una gita a Crepuscopoli con gli amici, decide di rivelare il suo desiderio: divenire custode del Keyblade. Per difendere il poco che ancora possedevano.
Gli amici lo supportano, accettando la sua proposta. Yen Sid riconosce in Carlos i tratti di Xigbar, membro dell’OrganizzazioneXIII, ma accetta comunque di renderlo suo allievo.
A tutti i profughi viene proposto il Tuffo nel Cuore, per ottenere il proprio Keyblade. Yen Sid afferma che è una prova pericolosa, ma Carlos non si tira indietro.
Avrebbe affrontato anche la morte, per rivedere il padre. Sa che è ancora vivo e che lo sta aspettando…
   
 
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