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Autore: Lady I H V E Byron    05/07/2020    0 recensioni
(DescendantsXKingdom Hearts crossover)
Auradon è stata distrutta da creature oscure chiamate Heartless: i sopravvissuti decidono di divenire custodi dell'arma chiamata Keyblade per difendere ciò che è rimasto loro. Ma dovranno superare una prova...
(Un AU in cui gli eventi ed i personaggi di "Descendants" si incrociano con quelli di Kingdom Hearts. Un AU dove i personaggi di Descendants hanno vissuto nei mondi dei loro genitori fino ad essere condotti o abbandonati da essi su Auradon o nell'Isola degli Sperduti. Un AU dove Auradon non è un regno, ma un mondo. Un AU in cui, ad ogni capitolo, verrà raccontata la storia di ognuno dei personaggi principali di Descendants.)
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Organizzazione XIII, Riku, Sora, Terra, Yen Sid
Note: AU, Cross-over, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Carlos' Dive Into The Heart

https://www.youtube.com/watch?v=yq_9-uJOCGs

Il Tuffo nel Cuore.
La prova di ogni aspirante custode del Keyblade.
Carlos lo desiderava più di tutti i suoi amici.
Per vendicare la sorte di Auradon. Ma, soprattutto, per rivedere il padre, Xigbar.
Aveva stretto i ricordi legati a lui nel suo cuore, nella speranza che gli sarebbero stati utili nella prova che lo attendeva.
Stava sprofondando nel buio.
“Dove mi trovo…? Da quanto tempo sto cadendo…?” pensò, riaprendo lentamente gli occhi.
Qualcosa lo mise in orizzontale, e poi con i piedi in basso.
Guardò in basso: una piattaforma in vetro colorato. Il colore dominante era il rosso.
C’era lui, con gli occhi chiusi. Con Jane, Rudy e suo padre. E anche Mal, Jay ed Evie. Le persone a lui più care.
Atterrò dolcemente su di essa.
L’unica luce era quella piattaforma. Intorno a lui regnava solo il buio.
Osservava melanconico quella piattaforma; specie l’immagine del padre.
-Papà…-
Dal primo momento in cui era tornato umano che sperava di rivederlo.
Sapeva che era vivo. Ed era tornato umano. Lo sentiva nel suo cuore.
Eliminando il suo Nessuno, Sora aveva permesso che tornasse “qualcuno”.
Lo aveva portato via da lui, ma almeno, così, sarebbe tornato ad essere una persona vera, non una mera proiezione. Quindi, da un certo punto di vista, gli era grato.
“Perché mi hai chiamato Roxas?”
“Ehehe… Vorresti saperlo, eh…?”
Queste furono le ultime parole pronunciate da Sora e Xigbar, prima della sparizione di quest’ultimo.
Aveva uno sguardo malinconico in volto: stava pensando al figlio. Agli ultimi ricordi di Auradon, con lui che svaniva tra le sue braccia. Almeno, si sarebbero rincontrati. Se non in Kingdom Hearts, faccia a faccia, tra persone normali e complete.
Per questo Carlos, da Simile, si era gettato volontariamente sul Keyblade di Sora: aveva deciso di restare un Simile per stare con il padre. Ma lui era svanito, che senso aveva, per lui, continuare a non-vivere?
Ma ora Carlos era tornato normale. E anche Xigbar. Si sarebbero rincontrati. Di questo Carlos era fiducioso.
-Il Maestro Yen Sid non ha detto molto sul Tuffo nel Cuore…- mormorò, per farsi compagnia in quel luogo scuro e solitario –“Possa il tuo cuore essere la tua guida”… Cosa vorrà dire?-
Yen Sid non aveva voluto rivelare molto del Tuffo nel Cuore, se non che avrebbero superato delle prove per dimostrare di essere degni di brandire un Keyblade. E prima di iniziare, aveva pronunciato una frase:
“Possa il tuo cuore essere la tua chiave guida.”.
Forse comprendere il suo significato faceva parte della prova.
-E, soprattutto, come saranno queste prove? Io non sono ancora armato.-
Ebbe una strana sensazione: di essere osservato.
Si voltò. Non vide nessuno. Anche guardandosi intorno.
Niente.
Ma quella sensazione non voleva andare via.
Guardò in basso. Un meticcio dal pelo color sabbia.
Rudy.
Il suo cane.
Carlos aprì la bocca, sgomento. Era come se avesse visto un fantasma. Letteralmente.
Rudy era morto per proteggerlo da uno Shadow.
-Rudy?!- esclamò –Cosa… cosa fai qui?! Come puoi essere qui?! Tu sei… sei… deceduto! E questo posto... No, non può essere l’aldilà…!-
Era dentro il suo cuore. E nella piattaforma c’era l’immagine di Rudy.
Carlos comprese la realtà.
Rudy era stato importante per lui. Avrebbe avuto per sempre un posto speciale nel suo cuore.
Infatti, era di fronte a sé. Dimostrazione dell’affetto che provava per lui. Che continuava a provare per lui.
-Di cosa hai più paura?- domandò il cane.
Quella domanda sorprese il ragazzo.
-Cosa…?- fece, confuso.
Molte erano le cose di cui aveva paura. Di una in particolare.
-Restare da solo. Senza famiglia. Senza amici. Abbandonato da tutti.-
Rudy svanì. Esattamente come un fantasma.
Era solo una proiezione del ricordo che Carlos aveva di Rudy. Ma non riuscì a non piangere.
Il suo primo amico. La sua chiave per liberarsi dalla crudeltà della madre. E suo complice nel matricidio.
Per colpa di Xemnas.
Gli mancava. Tanto. Gli mancavano le carezze che gli faceva sulla pancia e le leccatine che riceveva come ringraziamento. Gli mancava passeggiare con lui, lanciare la palla, i tipici giochi che una persona è solita fare con il proprio cane.
Ma non doveva piangere lacrime di lutto: era anche per Rudy se era lì. Per vendicarlo.
E per affrontare gli Heartless gli serviva un Keyblade.
Lo avrebbe ottenuto ad ogni costo.
Accanto alla piattaforma comparvero dei gradini, anch’essi di vetro colorato. Collegavano la prima piattaforma alla seconda.
Percorrendo quei gradini, notò che la circonferenza di quelle piattaforme erano fatte di vetrate simili ad una cattedrale gotica, come quella di Auradon.
Al centro della seconda piattaforma, un’altra persona sembrava in attesa del ragazzo.
Un uomo. Alto. Con un cappotto nero. E una benda sull’occhio.
Carlos si illuminò.
-Papà!-
Era corso da lui, sorridendo. Ma si fermò: non era il suo vero padre. Ma una proiezione di come ricordava suo padre.
Provò gli stessi sentimenti che aveva provato poco prima con Rudy.
-Cosa è più importante per te?-
Carlos avrebbe tanto voluto prendere il padre per le mani, e stringerle forte. Ma la sua mano gli passò attraverso.
Abbassò lo sguardo, dando la risposta.
-Le persone che amo di più. Jane, mio padre, i miei amici.-
Come Rudy, anche Xigbar svanì.
Carlos pianse. Di nostalgia. Era per amore del padre che aveva ucciso la madre. L’amore aveva fomentato l’odio. Odiava, infatti, Xemnas persino più di Sora.
Xemnas aveva corrotto Audrey, poi lui, per distruggere Auradon. Tutto faceva parte del piano del Maestro Xehanort di estinguere la Luce, da come aveva rivelato Yen Sid.
E per distruggere un mondo, era sufficiente un cuore oscuro.
E quello di Carlos era oscuro a sufficienza per causare la distruzione del mondo in cui era rifugiato.
Si sentì un ingrato e responsabile per la sua distruzione.
Ma era determinato a rimediare. Divenendo un custode del Keyblade.
Sapeva che spettava a Ben, Chad ed Audrey, in quanto figli di Principesse della Luce, a ricostruire il mondo, ma lui voleva aiutarli a velocizzare il processo.
Ma ora, doveva solo concentrarsi per la sua prova.
Era apparsa una terza piattaforma. Ad attenderlo, una terza persona.
Jane.
La sua Jane.
Si era infatuato di lei quasi al primo sguardo: i suoi occhi, azzurri come il cielo, ed il suo sguardo puro.
Questo lo aveva colpito. E dove lei si reputava brutta, lui trovava bellezza e dolcezza.
Era stato solo grazie a Rudy ed a suo padre, se aveva trovato il coraggio di dichiararsi a lei.
Non avrebbe mai compreso cosa suo padre Xigbar avesse trovato in sua madre Crudelia, per avere una storia con lei. Forse anche lei appariva innocente e pura come Jane, in gioventù.
-Cosa ti aspetti dalla vita?-
Molte, troppe cose. E Jane era tra queste.
-Che questa situazione passi.- rispose -E che possa ricongiungermi con mio padre e vivere serenamente.-
Jane svanì. La prima parte della prova era stata superata.
Dove prima si trovava Jane, era apparso un oggetto etereo, trasparente: un mitra a canne mobili a forma di ossa.
-Sei a metà del tuo viaggio, Carlos.- disse una voce, nella mente del ragazzo –Sei ben cosciente della posizione che tuo padre ha preso nella guerra che verrà, eppure non demordi, continui a lottare, e continui a sperare che si ricongiunga con te. Sei pronto ad affrontare questo destino?-
Carlos avrebbe persino affrontato la morte, per rivedere suo padre. Non si sarebbe fermato di fronte a nulla.
-Farei qualunque cosa, per mio padre. Siamo schierati in fazioni opposte, e continueranno a dirmi di guardarmi da lui, ma questo non cambierà quello che provo per lui. È mio padre, è la mia famiglia. L’unica persona che mi abbia amato come avrebbe dovuto fare mia madre. Non posso abbandonarlo.-
-Allora prosegui. E non avere paura. Dentro di te batte il cuore di un prescelto. Non fallirai.-
Il cuore di un prescelto?
A cosa si stava riferendo?
Una scala a chiocciola formata da vetri colorati apparve di fronte a lui, al centro della piattaforma.
La voce gli aveva detto di proseguire.
Non aveva altra scelta.
Non appena mise piede sul primo scalino, la piattaforma svanì.
Ora poteva andare solo avanti.
Salì, notando gli scalini svanire uno per uno.
Decise di percorrerli di corsa.
Le scale lo stavano conducendo verso l'alto: verso la luce.
“Non posso aver già concluso la prova.” pensò, serio, ed in allerta; non sapeva cosa lo avrebbe atteso “Avrei già ottenuto il Keyblade.”
Era sempre più vicino alla luce.
Era troppo intensa per tenere aperti gli occhi. Fu costretto a chiuderli.
Un attimo.
In un attimo la luce era svanita.
Ma Carlos non era più su una scala a chiocciola.
Era in un atrio.
-Non può essere...!- esclamò, sgomento.
Era la villa di campagna dei De Mon. Dove lui viveva con Gaspare ed Orazio.
Era esattamente come la ricordava: polverosa ed in rovina.
Fece un giro per tutta la casa: le stanze, i mobili, tutto era come lo aveva lasciato. Come se il tempo non fosse mai scorso.
Si ricordò di essere ancora nel Tuffo nel Cuore: tutto quello che vedeva erano frammenti della sua memoria.
-Di tutti i posti, proprio qui dovevo tornare...?-
Quella casa non rievocava ricordi piacevoli: era il luogo in cui sua madre Crudelia lo aveva abbandonato insieme ai due ladri Gaspare ed Orazio. E loro non erano più gentili di sua madre.
Ogni suo tentativo di ribellione o esitazione, per loro, era un'occasione di ricatto: se non avesse obbedito, lo avrebbero detto a sua madre, che aveva minacciato di diseredarlo e buttarlo in mezzo alla strada.
Forse era stato un bene se Gambadilegno lo aveva fatto esiliare nell'Isola degli Sperduti: era libero da quella vita misera.
Tornando nell'atrio dalla sua stanza, si accorse di un particolare che non aveva notato prima: la porta principale era leggermente aperta. Quando ancora viveva lì, quella porta restava sempre chiusa. E con la chiave. Così lui non scappava.
Usciva solo in compagnia di entrambi i ladri, per le loro truffe.
Quella porta lo insospettì.
Ma dentro sentiva che doveva uscire dalla villa. Perché sarebbe stato fuori la sua vera Prova.
E uscire dalla villa avrebbe significato la rottura definitiva con il suo passato.
Senza indugio, Carlos allungò la mano verso la maniglia, spalancando la porta.
La campagna esterna alla villa non era tanto allegra della villa stessa, ma era comunque all'esterno di quell'inferno.
Ma ciò che vide non era la campagna inglese in cui era cresciuto: intorno a lui, un prato pieno di fiori.
Non crescevano mai fiori intorno alla villa.
E non era in piano. Era vicino al ciglio di un burrone.
Di fronte a lui c'era una città, con case e strade di pietra. Al centro si ergeva una grande torre dell'orologio.
Carlos era confuso.
-Ma cosa...?-
Non riconosceva la città. Non era la Città di Mezzo. Non era Crepuscopoli. Tantomeno Auradon.
Era molto bella. E, non sapeva perché, ma sentì come un senso di nostalgia.
-Bella, vero?-
Dal nulla, era apparsa una figura, accanto a lui, facendolo sobbalzare.
Era alto quanto lui. Con una tunica bianca con uno scialle color arancio che fungeva anche da cappuccio.
Sul volto portava una maschera da capra.
-Auropoli.-
Auropoli. Il nome della città.
Carlos era sempre più sorpreso. Il mondo da cui tutto era iniziato. Sapeva della sua esistenza, ma non aveva idea della sua forma. Nessun dipinto l'aveva mai raffigurata: tutto era andato distrutto con la Guerra dei Keyblade.
-Un tempo i mondi che conosci erano uno solo: questo. Secondo la leggenda, dopo la guerra, Auropoli si frammentò in tanti piccoli mondi, mentre la Luce venne divorata dall'Oscurità. O forse non del tutto, visto che con pochi frammenti di luce, un nuovo mondo venne costruito, Scala Ad Caelum. Ma nessuno sa che un frammento di Luce di Auropoli riuscì a sfuggire dall'Oscurità, fino a quando non venne ritrovato da uno stregone, grazie a cui fondò un nuovo mondo: Auradon. Rinata dalla Luce di Auropoli. Praticamente la sua discendente. Non lo trovi incredibile, Carlos?-
Solo la parte inferiore del volto era visibile.
Carlos fissò quel ragazzo con sospetto: non aveva mai visto quel ragazzo, prima di allora.
E si sarebbe ricordato di una maschera come quella che indossava.
Perché, allora, era nella sua Prova?
-Io non conosco questo posto!- disse, sempre più confuso -È impossibile che ci sia stato! È stato distrutto anni prima che nascessi!- poi guardò di nuovo il ragazzo -E non so nemmeno chi sei tu! Come potete essere nel mio cuore?-
Il ragazzo guardò Carlos negli occhi, da dietro la maschera. Era serio.
-La memoria non sta solo nella tua testa.- rivelò -Yen Sid non ti ha detto che questa prova è incentrata sul tuo cuore? È il tuo cuore che conosce questo posto.-
Più volte gli era stato spiegato dei misteri del cuore, ma nemmeno la scienza era riuscita ad arrivare ad uno studio completo, neppure gli scritti di Ansem il Saggio conservati ad Auradon.
Auropoli era un luogo completamente estraneo a lui. Ma quel ragazzo aveva appena affermato che il suo cuore conosceva quel mondo.
-Non mi credi, vero?-
Il ragazzo sembrava aver letto Carlos nel pensiero.
-Guarda dentro di te, Carlos. Dici di non aver mai visto Auropoli, eppure eccola qua, nel tuo Tuffo nel Cuore. Come puoi spiegarlo? Sono ancora tanti i misteri nei nostri cuori. Addirittura possono arrivare a contenere memorie che non ci appartengono. Memorie del passato, di altre persone. Il tuo non è differente. Anzi, si può dire che il tuo cuore è speciale.-
-Che vuoi dire? Io non capisco.-
-Rifletti. Perché proprio tu, tra tutti i tuoi amici, sei stato l'unico a proporre di divenire Custode del Keyblade?-
-Per difendere ciò che ci rimane.-
Era così che l'aveva messa. Avevano perduto Auradon, per colpa degli Heartless. Per colpa sua, era solito pensare.
Se avessero avuto un Keyblade, Auradon esisterebbe ancora.
Carlos non voleva farsi trovare impreparato, in caso di nuova aggressione degli Heartless, o a Crepuscopoli o nella Città di Mezzo. Non voleva veder distrutta la nuova vita che lui ed il resto dei profughi di Auradon stavano costruendo.
Il ragazzo scosse la testa.
-È davvero così? Non c'è altro?-
No, solo quel desiderio. O no? Carlos iniziò a nutrire dei dubbi sul suo fine. Lui, da cui era partita la proposta di avere un Keyblade. Che ci fosse davvero altro?
-Carlos, tu sei molto più di quello che credi di essere. Il Keyblade ti sta chiamando. In te scorre il sangue dei Custodi dei Keyblade.-
Quella rivelazione stupì ulteriormente il figlio di Crudelia De Mon: lui era un discendente degli antichi Custodi del Keyblade?
-Io... cosa...?!-
Non da parte di madre, sicuramente. E come era possibile che fosse da parte di padre?
-Nessuno più di te ne ha il diritto, Carlos. Tu sei un vero prescelto del Keyblade. Persino più di Sora e Riku. E lo sai. Lo hai sempre saputo. Ma ancora non lo accetti. Tu resisti!-
-Se così fosse stato, perché non ne ho avuto uno in mano quando Auradon stava per essere distrutta?!-
-Nessun Keyblade avrebbe salvato Auradon dalla distruzione. Sarebbe stato inutile. Inoltre, il tuo cuore era troppo distrutto dalla disperazione per chiamare un Keyblade.-
Il giorno della caduta di Auradon coincideva con lo stesso giorno in cui aveva ucciso sua madre Crudelia.
Era bastata quell'Oscurità per far crollare la protezione di Luce che circondava Auradon. Insieme alla vanità di Jane, alla vendetta di Uma ed alla corruzione di Audrey. Un'Oscurità peggiore: quella della persona che aveva ucciso una persona legata a lui da un mero vincolo di sangue.
-Ma ora sei in grado di ottenere un Keyblade. Potresti evocarlo anche adesso, Carlos. Prendi tutta quella rabbia, quella delusione e incanalala nella tua mano.-
La mano di Carlos formicolava. Qualcosa sembrava voler uscire da lì. Fece quanto suggerito dal ragazzo dalla maschera di capra: pensò alla rabbia contro Xemnas, che lo aveva ingannato, alla delusione, quando si era risvegliato nella Città di Mezzo. Al suo desiderio, proteggere ciò che gli era rimasto.
Una luce apparve sul suo palmo. Diventava sempre più grande ed assunse una forma.
Una lama a forma di zampa di dalmata. Un'elsa che ricordava i capelli di sua madre.
Il suo Keyblade.
Apparso dal nulla.
-L'ho detto. Quel potere giaceva sopito dentro di te. Dovevi solo attendere il momento giusto per evocarlo.-
Quel ragazzo sapeva troppe cose.
Carlos si insospettì. Finalmente poteva difendersi da un possibile attacco.
-Dimmi una cosa...- disse, infatti -Tu chi sei?-
La risposta non si fece attendere.
-Sono un sopravvissuto della Guerra del Keyblade. Sono la persona più vicina a te, Carlos. E la tua vera prova.-
Una luce strana era apparsa anche nella sua mano: divenne un Keyblade scuro, con una testa di capra sull'elsa ed un occhio azzurro incastonato sulla lama.
Bastò un piccolo movimento della mano che lo scenario cambiò: la città, la torre, ed il prato svanirono in una nube di denti di leone. I due ragazzi, ora, stavano di nuovo su una piattaforma raffigurante Carlos.
Carlos si mise in posizione. A differenza di Jay, lui non era bravo nei combattimenti ravvicinati. Come il padre, preferiva attaccare a distanza.
-Ora che hai un Keyblade, devi dimostrare di esserne davvero degno, Carlos.- sibilò il ragazzo, mettendosi anche lui in posizione -Affrontami e scopri la verità.-
Carlos non aveva altra scelta: se sconfiggere quel ragazzo lo avrebbe riportato nel mondo reale, e finalmente con un Keyblade in mano, allora doveva vincere.
Scattarono entrambi in avanti, caricando le proprie armi.
Le incrociarono, guardandosi negli occhi.
Fecero pressione l'uno contro l'altro. Entrambi non volevano far vincere l'altro.
Ma se l'altro era davvero una proiezione del suo cuore, doveva rappresentare una parte di Carlos.
Ma non sapeva cosa. Era sempre stato sicuro del suo fine. Tuttavia, quelle parole sulla sua ascendenza lo avevano confuso, dubitato del suo fine.
Il ragazzo sembrava prevalere, in quello scontro. E Carlos era sempre più dubbioso e confuso.
I suoi dubbi ed il suo disorientamento sembravano essere la forza del suo avversario.
Forse era proprio quello che rappresentava quel ragazzo.
Ma Carlos non doveva demordere: aveva ottenuto il Keyblade. Ora doveva mostrarsi degno.
Per il suo desiderio: difendere ciò che ancora aveva. E per vendicare Auradon.
Finalmente trovò la forza per contrastare il suo avversario.
La pressione non era servita: doveva scappare. Deviò, infatti, il suo Keyblade da un lato, poi fece una giravolta, finendo alle spalle del suo avversario.
Senza pensarci, diede un colpo di elsa sulla sua testa. Il ragazzo, però, era riuscito a schivare all'ultimo.
Fu solo la sua maschera ad essere colpita.
Cadde dal volto del suo possessore.
Finalmente Carlos riuscì a vederlo in faccia. E si sconvolse più di prima.
Indietreggiò.
-Cosa...? Tu... sei me?!-
Il volto, infatti, era uguale al suo: stesso colore degli occhi, stessa mandibola ovale, stesse lentiggini, stesse labbra carnose.
Ma lo sguardo... era diverso. Più freddo, rispetto a quello di Carlos.
-Solo perché ho il tuo stesso volto non vuol dire che siamo la stessa persona.- disse. Persino la sua voce era diversa da quella di Carlos.
Il Keyblade scuro scomparve dalla sua mano.
Ciò stranì Carlos. Ma non abbassò la guardia.
-No, io non sono te. Io sono un abitante di Auropoli. O, meglio, lo ero, prima della sua distruzione.-
I suoi abiti. La sua maschera.
Finalmente Carlos intuì l'identità del suo avversario. Era troppo assurdo per essere vero, ma con quella rivelazione, ne ebbe finalmente la certezza.
-Sei uno dei Maestri Perduti, vero?-
Il ragazzo sorrise. C'era una nota di orgoglio nei suoi occhi.
-Sei un ragazzo perspicace. Motivo di orgoglio, per me.-
-Non sembri, però, uno di quelli che ho visto nei miei libri di storia. Perché sei nel mio cuore?-
Il ragazzo rise di nuovo. C'era qualcosa di strano nel suo sguardo. Un ghigno familiare.
-Ah... da dove comincio...?- anche la sua voce stava cambiando; a quella da ragazzo, si stava sovrapponendo una voce adulta, quasi rauca -Forse faccio prima a mostrartelo, Carlos. Guarda la mia vita, dai miei occhi!-
Rapido, allungò una mano sul suo volto, coprendo i suoi occhi con le sue dita.
Una serie di visioni attraversarono la mente di Carlos: visioni su città, foreste, persone. Tutte vissute in prima persona. Una lunga vita. Impossibile che fosse una sola.
Poi, alla fine, vide uno specchio. E la sua immagine riflessa.
Ma non era lui.
Carlos venne scosso da un sentimento vicino alla paura, così vicino alla sorpresa.
Era paralizzato.
Fissò quel ragazzo, sgomento.
Questi ricambiava lo sguardo, freddo.
-Finalmente comprendi?- disse.
Carlos non osò pronunciare una parola. Era ancora scosso dalle visioni.
-Carlos, tu sei molto più di quello che sembri.- riprese l’altro -In te, scorre il sangue dei custodi del Keyblade. Per questo il Keyblade ti ha chiamato. Credi davvero che sia stato un caso, se hai proposto TU ai tuoi amici di allenarvi con il Keyblade? No… c’è molto altro…-
Carlos rimirò il suo Keyblade per qualche istante.
Rifletté sulle parole di quel ragazzo: era dunque un predestinato?
Cosa intendeva dire con “il sangue dei custodi del Keyblade”?
No, era impossibile, pensò. Lui voleva brandire il Keyblade per proteggere ciò che gli rimaneva, non perché il suo sangue lo esigeva.
O sì?
Prima di quelle visioni, avrebbe affermato il contrario.
-Tu sei nato per brandire un Keyblade. Ma ancora… resisti…-
Carlos ancora non parlava: guardava in basso, verso il suo Keyblade.
-La tua prova è conclusa, Carlos. Hai tutto il tempo del mondo per accettare chi sei davvero.-
Il ragazzo svanì in tante piccole luci, lasciando Carlos da solo con i suoi pensieri.
Persino la piattaforma sotto di lui si illuminò, per poi frammentarsi in tante luci.
Era impossibile scappare.
Carlos, ancora una volta, precipitò nel buio.
La sua prova era superata: non aveva affrontato il suo passato o cancellato il dolore della sua infanzia; ma aveva scoperto qualcosa su se stesso.
Presto, altre domande lo avrebbero angosciato e torturato; e la prima tra tutte era: chi era lui, davvero?


"With us evil lives on, the right side of wrong.
There's so many ways to be wicked"

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Note dell'autrice: 
bene, e ora si conclude il ciclo dei VK! Chi sarà il prossimo di cui narrerò? Appuntamento ai prossimi capitoli!
   
 
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